• Non ci sono risultati.

Dove lavorano e chi sono coloro che hanno un tempo parziale involontario

Evoluzione dell’occupazione: intensità, polarizzazione e soddisfazio ne del lavoro

4. Dove lavorano e chi sono coloro che hanno un tempo parziale involontario

La diversa diffusione del part time involontario conferma quanto sia collegata alla di- versa difficoltà di trovare un lavoro a tempo pieno. Mentre il part time volontario, diretto a conciliare i tempi di lavoro e i tempi di vita, è più diffuso nelle regioni del Centro-Nord, ove è più facile che vi sia in famiglia anche un occupato a tempo pieno, quello involontario è decisamente più diffuso nel Mezzogiorno, ove le difficoltà di trovare un lavoro a tempo pieno sono più gravi. Come mostra la figura 7, in termini relativi la differenza è più forte per i maschi, ma è impressionante che nel 2018 quasi un quarto delle (poche) donne occupate nel Mezzogiorno sia stato costretto ad accet- tare un tempo parziale. Inoltre, per le donne, ma anche per i maschi, la differenza tra le regioni meridionali e quelle settentrionali si è acuita nel decennio, sia pure di poco; quindi in termini di intensità dell’occupazione il divario territoriale si è ampliato an- cor più di quanto risulta dall’andamento del mero livello dell’occupazione.

La fortissima crescita del part time involontario si è accompagnata a un’accentuazione del processo di terziarizzazione dell’occupazione in Italia. Tuttavia, l’aumento del la- voro a tempo parziale è dovuto al mutamento della struttura dell’occupazione solo in parte. Infatti, non soltanto i settori a elevata intensità di part time crescono di più, ma la percentuale di part time involontario cresce anche in tutti gli altri settori economici. Come mostra la tabella 1, il part time involontario non cresce soltanto in un settore in forte declino, quello della pubblica amministrazione, e cresce poco soltanto nell’altro settore che ha perso molti posti di lavoro dal 2008 al 2018, quello delle costruzioni. Per contro, il part time involontario si diffonde significativamente sia nei settori che sono molto cresciuti, da quello degli alberghi e ristoranti ai trasporti e comunicazioni e agli altri servizi collettivi, sia in quelli in leggera crescita, quali l’istruzione e la sanità, o in leggero declino, il commercio e l’industria.

Tabella 1 - Variazione dell’occupazione per tipo di orario di lavoro e settori

Tasso di crescita dell’occupazione

dal 2008 al 2018 Percentuale di part time involontario Full time Part time involontario Altro part time Totale 2008 2018 Variazione 2018-2008 Agricoltura -4,3 123,4 -24,3 -0,8 3,8 8,6 4,8 Industria -6,1 135,6 -30,7 -5,0 1,7 4,3 2,6 Costruzioni -27,3 77,1 -47,9 -25,8 2,1 4,9 2,9 Commercio -11,9 131,9 -34,0 -6,1 5,7 14,0 8,3 Alberghi e ri- storanti 14,6 162,7 -20,6 27,2 11,8 24,4 12,6 Trasporti, co- municazione 5,7 122,3 -14,1 10,9 6,1 12,3 6,1 Pubblica ammi- nistrazione -15,2 5,8 -23,4 -14,9 3,3 4,2 0,8 Istruzione, sanità, servizi sociali 3,4 88,5 -7,6 7,9 6,6 11,5 4,9 Altri servizi collettivi 6,0 84,7 -26,3 16,1 19,6 31,1 11,6 Totale -4,4 109,2 -22,7 0,5 5,8 12,0 6,2

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione continua sulle forze di lavoro.

Che l’effetto del cambiamento della struttura dell’occupazione sulla crescita del part time involontario sia molto limitato è confermato da un’analisi shift-share, che scompo- ne la crescita del part time involontario tra le sue componenti. Come mostra la tabella 2, considerando i 9 macro-settori dal 2008 al 2018 l’effetto mutamento della composi- zione per settori economici è minimo rispetto all’effetto dovuto alla crescita del contratto di part time involontario all’interno di tutti i settori: poco più del 6%.V Purtroppo i

cambiamenti nella classificazione dei micro-settori dal 2012 al 2013 impedisce un’a- nalisi più fine per l’intero periodo. Tuttavia, un’analisi su 81 micro-settori dal 2013 al 2018 rivela che il mutamento nella composizione per settori ha un impatto un poco maggiore (intorno al 17%), ma comunque nettamente minoritario rispetto all’effetto dovuto alla crescita del part time involontario nella stragrande maggioranza dei mi- cro-settori.

V. Secondo l’ISTAT, che è riuscita a collegare i micro-settori nonostante la cesura del 2013 (ISTAT, Il mercato del lavoro,

Statistiche flash, settembre 2019) dal secondo trimestre del 2008 al secondo trimestre del 2019 l’effetto del mutamento nella

Tabella 2 - Scomposizione della crescita del part time involontario per settori

2018/2008 2018/2013

(9 settori) (81 settori) valore

assoluto % assolutovalore % Effetto occupazione totale 7 0,5 112 4,6

Effetto settore 91 6,9 59 2,4

Effetto contratto 1 352 101,8 174 7,2

Totale 1 451 109,2 346 14,2

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione continua sulle forze di lavoro.

Invece, il cambiamento della composizione dell’occupazione per professioni ha avuto un ruolo importante per la forte crescita del part time involontario. Infatti, in Italia, come in tutti i paesi europei, il lavoro a tempo parziale in generale e quello involonta- rio in particolare è molto più diffuso tra gli impiegati e soprattutto tra gli addetti alle vendite e ai servizi alla persona, che recentemente sono le professioni che più sono cresciute. Purtroppo il cambiamento nella classificazione delle professioni dal 2012 al 2013 impedisce di considerare l’intero periodo. Tuttavia, anche considerando soltanto la ripresa dell’occupazione dal 2013 al 2018, la tabella 3 mostra proprio come la cresci- ta del part time sia stata molto elevata in alcune professioni, che sono molto cresciute, e abbastanza contenuta in altre, che invece sono cresciute meno o sono addirittura diminuite.

Tabella 3 - Variazione dell’occupazione per tipo di orario di lavoro e professioni

Tasso di crescita dell’occupa-

zione dal 2013 al 2018 Percentuale di part time involontario

Full time Part time invo- lonta- rio Altro part time Totale 2013 2018 Varia- zione 2018- 2013 Imprenditori e dirigenti 5,3 3,5 -5,0 4,8 1,5 1,5 0,0 Professioni intellettuali 11,7 13,5 3,4 11,3 6,5 6,6 0,1 Professioni tecniche 3,7 15,7 -2,3 4,0 6,0 6,7 0,7 Impiegati -0,4 19,3 0,6 1,9 11,1 13,0 1,9

Addetti a vendite e ser-

vizi 5,1 23,1 1,9 8,2 18,5 21,1 2,6

Operai specializzati -3,0 7,4 -14,4 -2,9 5,0 5,5 0,5

Operai qualificati 2,2 8,5 -7,6 2,2 3,9 4,1 0,2

Occupazioni non quali-

ficate 9,1 4,4 2,3 7,2 29,3 28,6 -0,8

Totale 3,8 14,2 -0,4 4,7 11,1 12,1 1,0

L’analisi shift share conferma l’importanza dell’effetto del mutamento della composi- zione dell’occupazione sulla diffusione del part time involontario. Infatti, come mo- stra la tabella 4, dal 2013 al 2018 oltre la metà della crescita del part time involontario si deve all’effetto professione.

Tabella 4 - Scomposizione della crescita del part time involontario per professione

2018/2013

migliaia %

Effetto occupazione totale 114 4,7

Effetto professione 199 8,2

Effetto contratto 33 1,4

Totale 346 14,2

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione continua sulle forze di lavoro.

Tra il lavoro a tempo parziale trovato in mancanza di un tempo pieno e quello per al- tri motivi, ma per lo più scelto per far fronte a problemi familiari o a esigenze di studio o anche di pensionamento parziale non vi sono serie differenze né di qualificazione professionale, né di durata dell’impegno lavorativo. Sia il part time involontario, sia quello volontario sono più diffusi nelle stesse professioni e anche le differenze di ora- rio sono minime. Nel 2018 l’orario medio di una lavoratrice a part time era di poco più di 21 ore alla settimana in caso di part time involontario e di poco più di 23 ore in caso di part time volontario, mentre per un lavoratore maschio la differenza era rovesciata: 23 ore alla settimana in caso di part time involontario e quasi 21 ore in caso di part time volontario. Tuttavia, le differenze quanto alla stabilità normativa sono importanti: ben un terzo dei part timer involontari ha un rapporto a tempo determinato contro il 10% di coloro che lavorano a tempo parziale per altri motivi. E la differenza è rile- vante anche per la precarietà di fatto: un recente studioVI ha mostrato come dal 2014

al 2017 solo poco più della metà dei part timer involontari abbia lavorato tutti i mesi contro quasi il 70% dei part timer volontari e il 72% dei full timer.

Anche per quanto riguarda la retribuzione la differenza a sfavore dei part timer in- volontari è significativa, soprattutto per i maschi e per le mansioni meno qualificate. La figura 8 presenta la penalizzazione retributiva dei lavoratori dipendenti a tempo parziale involontario rispetto ai lavoratori dipendenti a tempo parziale per altri mo- tivi. Apparentemente la penalizzazione risulta maggiore per le donne, ma bisogna considerare che, come si è visto, l’orario settimanale medio delle lavoratrici a part ti- mer involontario è inferiore del 10% a quello delle donne che lavorano a part time per altri motivi. Quindi di fatto la penalizzazione si riduce di parecchio e per le (poche) donne occupate in professioni intellettuali e tecniche praticamente si annulla. Per con- tro, poiché l’orario settimanale medio dei lavoratori a part time involontario è invece maggiore del 10% a quello dei (pochi) maschi che lavorano a part time per altri motivi, la loro penalizzazione retributiva risulta di fatto molto maggiore. Ma l’aspetto più

VI. Carlo De Gregorio, Federica Pintaldi, et al., Income and job trajectories of Italian employees: an analysis of longitudinal

indicators obtained through the micro integration of LFS and statistical registers, paper presentato al «Group of Experts on

importante è che sia per gli uomini, sia per le donne la penalizzazione retributiva di chi ha un part time non essendo riuscito a trovare un tempo pieno cresce man mano si abbassa il livello professionale della mansione svolta. È nelle occupazioni meno quali- ficate, proprio quelle in cui si concentrano i part timer involontari, che la retribuzione è più bassa rispetto a quella di chi ha in qualche misura scelto di lavorare a part time. Chi ha un’occupazione poco qualificata a tempo parziale non essendo riuscito a tro- vare un lavoro a tempo pieno e/o più qualificato va indubbiamente classificato tra i working poor, cioè tra coloro che pur lavorando non sono riusciti a uscire dalla pover- tà.VII Infatti, come mostra la tabella 5, i part timer involontari che svolgono un lavoro

manuale o anche non manuale, ma non qualificato (come addetto alla vendita o ai servizi alla persona) riesce a guadagnare soltanto tra 580 e 760 euro al mese. In Italia costoro sono quasi il 70% dei part timer involontari e quindi oltre l’8% di tutti gli oc- cupati. Qualora in famiglia non entrassero altri redditi da lavoro, le loro condizioni economiche non sarebbero molto diverse da quelle economicamente molto difficili delle famiglie in cui nessuno è occupato.

VII. Si veda il recentissimo Paolo Barbieri, Il lavoro povero in Italia: determinanti strutturali e politiche di contrasto, in «Lavoro e diritto Rivista rimestrale», n. 1, 2019, pp. 5-27 che però stranamente ignora il problema del part time involontario. Figura 8 - Differenza tra la retribuzione mensile dei dipendenti part timer involontari rispetto a quella dei dipendenti part timer volontari per livello di qualificazione, 2017 (valori percentuali)

Tabella 5 - Retribuzione media netta mensile dei dipendenti a tempo parziale involontario per livello di qua- lificazione e genere, 2017 (euro)

Uomini Donne

Professioni dirigenziali, intellettuali e tecniche 1 170 1 116

Impiegati 882 828

Addetti vendita e servizi 762 708

Operai specializzati 712 658

Operai semiqualificati 762 708

Occupazioni elementari 634 580

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione continua sulle forze di lavoro.

Purtroppo questa è la situazione di un numero sempre maggiore di famiglie. come mostra la tabella 6. Infatti, nel 2017 oltre il 39% dei lavoratori a tempo parziale invo- lontario vive in famiglie in cui non entra un altro reddito da lavoro: si tratta di un mi- lione di famiglie, il 6,5% dei poco più di 15 milioni di famiglie con almeno un occupa- to. Erano il 34% nel 2008, quando il part time involontario era molto meno diffuso, e le famiglie in cui entrava un solo reddito da lavoro part time involontario erano soltanto poco più di 450 mila. Di questo milione di famiglie un terzo sono unipersonali, cioè il part timer involontario o più spesso la part timer involontaria non ha altre persone da mantenere. In tal caso, il reddito mensile è intorno alla soglia della povertà, un poco superiore se l’occupazione è qualificata e il/la part timer vive nel Mezzogiorno, ove il costo della vita è più basso, un poco inferiore se l’occupazione è poco qualificata e il/ la part timer vive nel Centro-Nord. Però per gli altri due terzi, quasi 700.000 famiglie, il 4,5% delle famiglie con almeno un occupato, siamo sempre ben sotto la soglia di po- vertà, perché vi sono altri componenti da mantenere, tranne che vi siano altri redditi, in particolare da pensione.

Tabella 6 - Numero di persone che lavorano in famiglia per gli occupati a part time

Part time involontario Part time altri motivi Uomini Donne Totale Uomini Donne Totale 2008

lavora solo il part timer 45,5 29,7 34,0 43,4 16,1 21,2

1 altro occupato 37,1 51,9 47,9 36,6 69,7 63,6

2 o più altri occupati 17,3 18,5 18,2 19,9 14,2 15,3

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

2017

lavora solo il part timer 48,3 34,6 39,1 47,0 21,1 24,8

1 altro occupato 37,5 50,7 46,4 38,3 66,2 61,1

2 o più altri occupati 14,2 14,7 14,5 14,6 12,7 13,1

Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0

È molto probabile che buona parte di queste famiglie, in cui l’unico reddito da lavoro part time involontario deve mantenere anche altri componenti, non abbia la cittadi- nanza italiana, perché la percentuale di immigrati e soprattutto di immigrate che lavo- rano a tempo parziale avendo cercato invano un tempo pieno è molto più elevata che

Figura 9 - Percentuale di occupati a tempo parziale involontario per genere e cittadinanza

Fonte: elaborazioni su dati ISTAT, Rilevazione continua sulle forze di lavoro.

Figura 10 - Variazioni dell’occupazione dal 2008 al 2018 per tempo di lavoro, cittadinanza e genere (migliaia)

49

non tra gli italiani. Come mostra la figura 9, ormai quasi un terzo delle donne stranie- re e quasi il 12% degli uomini stranieri lavora a tempo parziale non avendo trovato un tempo pieno; come anche prima della crisi sono livelli molto superiori a quelli dei lavoratori e delle lavoratrici con la cittadinanza italiana.

Tuttavia, il contributo degli immigrati e delle immigrate alla forte diffusione del part time involontario è minore di quello degli italiani e delle italiane: dal 2008 al 2018 soltanto un quinto dell’aumento dell’occupazione a tempo parziale involontario si deve a lavoratori e lavoratrici non italiani. Invece, come mostra la figura 10, la cresci- ta dell’occupazione straniera in Italia (in dieci anni oltre 760 mila, dal 7,3% al 10,6% dell’occupazione totale) si deve in maggior misura al lavoro a tempo pieno, ove immi- grate e immigrati addirittura sostituiscono le donne italiane e soprattutto i maschi ita- liani, la cui occupazione crolla di oltre un milione di unità. Questo processo si spiega con fattori demografici (la popolazione italiana in età attiva sta ormai riducendosi) e con i nuovi ingressi (accresciuti dalla sanatoria del 2012), ma anche con una domanda di lavoro molto orientata verso le posizioni meno qualificate.

Outline

Documenti correlati