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I PARCHI SCIENTIFICI E TECNOLOGICI

1.6 UN CONFRONTO TRA GLI INCUBATORI ITALIANI E LA REALTA’

INTERNAZIONALE

Lo sviluppo dell’attività di incubazione in Italia, nonostante un quadro normativo lacunoso38, ci permette oggi l’effettuazione di confronti con le realtà di incubazione internazionali del mondo occidentale. In particolare, è utile rapportare la realtà italiana alle esperienze di incubazione europee, americane e israeliane, poiché in questi paesi è più alta la concentrazione di incubatori.

Dal confronto con l’Europa emerge un differente rapporto numerico tra strutture non profit e strutture di incubazione profit oriented, poiché in Europa risultano essere particolarmente diffuse le strutture di incubazione privata. Infatti, mentre dall’esperienza europea risulta esserci un rapporto no profit/profit pari a 2/1, in Italia (considerando il campione della ricerca Aifi) è pari a 44/15, ossia 3/1. Tale differenza è dovuta al fatto che le strutture private in Italia sono nate con un notevole ritardo e solo dalla fine anni ‘90 stanno cercando di recuperare il gap che le divide da quelle di origine e derivazione pubblica. Inoltre, una differenza molto interessante emerge osservando la compagine sociale delle strutture di incubazione delle due realtà osservate. Anche se i promotori-soci degli incubatori in Europa sono chiaramente privati o di origine pubblica ciò non toglie che i privati cerchino collaborazione dei soggetti pubblici e viceversa,ma questo non succede nel Nostro Paese. In Italia, invece, non si assiste ancora alla nascita di strutture in cui il settore pubblico e quello privato collaborano per il raggiungimento degli obiettivi, ma, anzi, si tendono a riempire vuoti di domanda completamente diversi.

Infine, dal punto di vista numerico è chiaro che rispetto all’Italia le strutture presenti in Francia, Germania e Gran Bretagna sono sicuramente più numerose e questo è senz’altro negativo, visto e considerato che tali Paesi risultano essere direttamente nostri concorrenti.

“Comunque il numero di strutture presenti in una nazione non è, per forza, direttamente proporzionale sia al numero di imprese incubate sia al livello di efficienza delle

38 A livello di governo, non si ha tuttora una precisa definizione delle competenze in materia di interfaccia tra ricerca pubblica e industria e di politiche di supporto alle nuove imprese e analoga incertezza si riscontra nei rapporti tra Stato, Regioni e enti locali. Il mondo della ricerca e degli spin-off universitari si regolano spesso sull’ex D.Lgs 297 e sulle leggi che regolano il diritto di proprietà intellettuale ma anche questi presentano molte lacune che lasciano aperte questioni chiave.

iniziative, anche se purè in questo l’Italia sembra essere in ritardo. Infatti, in Europa, la superficie media a disposizione delle imprese, per ciascun incubatore, risulta pari a 5.860 mq, sensibilmente più elevata rispetto ai 3.000 mq offerti dalle strutture italiane (media ponderata delle strutture non profit e profit oriented analizzate nella ricerca AIFI). Contrariamente, in termini di addetti per ciascun incubatore, il dato medio ponderato italiano risulta essere superiore, ovvero pari a 7 (5 o 6 per gli incubatori europei).”39

Differenze simili a quelle riscontrabili nel confronto Italia ed Europa si possono ritrovare confrontando l’esperienza di incubazione italiana con quella israeliana. Infatti, anche in questo caso emerge subito la mancanza, nel nostro Paese, di strutture in cui pubblico e privato collaborino. Questa particolarità dell’Italia è facilmente comprensibile nel caso di strutture private orientate al profitto ma lo è meno nel caso di strutture no profit oriented. Infatti, mentre è difficile che un ente o un soggetto di derivazione pubblica partecipi ad un progetto di incubatore che fa del profitto il suo principale obiettivo, non dovrebbe risultare così strano che un privato investa in un incubatore no profit con l’intento sociale di creare delle ricadute positive sul territorio.

Comunque, confrontando gli incubatori italiani e quelli israeliani emerge, dal punto di vista numerico, una differenza che sembrerebbe essere a vantaggio dell’Italia. Infatti, il numero di strutture presenti sul territorio israeliano risulta essere in totale pari a 26 e quindi di molto inferiore sia all’Italia che alla media europea. Anche se, come detto, il numero inferiore non è di per se un valore negativo; infatti, gli incubatori israeliani sembrano produrre un numero decisamente più elevato di imprese di successo, in seguito a percentuali minime di fallimenti o rinunce degli imprenditori delle start up.

“Tuttavia, la differenza più grande tra Israele e Italia si registra in tema di capitali disponibili per l’incubazione, nonché di strumenti finanziari utilizzati. Da questo punto di vista, lo Stato israeliano è, infatti, molto più sviluppato rispetto al sistema italiano.

Diversamente da quanto accade in Italia, il seed capital viene direttamente erogato dall’incubatore, il quale gestisce le risorse disponibili non più con un ottica di sostentamento delle imprese, ma con un ottica di rendimento del capitale investito. Per questo motivo, anche il collegamento con il mondo del venture capital è, in Israele, una

39 Cfr. GERVASONI ANNA, Dall’idea all’impresa: il ruolo degli incubatori, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2004, p. 108

realtà oramai consolidata, a differenza di quanto avviene in Italia, dove il rapporto tra incubatori non profit e operatori di questo tipo è quasi inesistente, oltre che caratterizzato da una forte diffidenza da parte degli investitori in capitale di rischio verso le strutture d’incubazione.”40

Per quanto riguarda il confronto con l’attività di incubazione americana c’è da dire che quest’ultima pur essendo, notoriamente, più sviluppata e in un certo senso più complessa non si distingue di molto da quella italiana o da quella europea. Anzi, dal punto di vista del rapporto tra incubatori no profit e quelli profit oriented emerge che anche negli Stati Uniti il rapporto è 3 a 1. Ciò è spiegabile con la forte propensione agli investimenti da parte delle amministrazioni locali americane;essa è tale per cui non è infrequente la nascita di vere e proprie cittadelle tecnologiche in zone sensibili al problema della disoccupazione.

Ciò che caratterizza l’incubazione negli Stati Uniti è la tendenza alla partecipazione a tale attività da parte dei venture capitalist e dei business angels, cosa che invece non appare in Italia. Questo, unitamente all’esistenza di holding e società di consulenza che agiscono da incubatori privati, fa rilevare l’esistenza negli Usa di altre 4 tipologie di incubatori, i venture capital incubators, i wealthy individual incubators (business angels), gli holding companies incubators e i service companies incubators.

Per quel che riguarda gli incubatori americani creati come una emanazione dai venture capitalist, essi si caratterizzano per una forte propensione agli investimenti high tech e per un’offerta di servizi tecnologici, nonché di contatti con partner, che possono essere utili allo sviluppo del business. In Italia le società di venture capital che creano incubatori specializzati su aziende tecnologiche e Internet based non sono ancora molto numerose. Tuttavia, una delle peculiarità del venture capital in generale è quella del rapido adattamento a nuove strategie di sviluppo che determina una grande capacità di adattamento al cambiamento41.

In conclusione, molte delle caratteristiche generali degli incubatori presenti negli Stati Uniti sono, ad oggi, presenti in molte delle strutture sparse per il mondo compresa

40Cfr. GERVASONI ANNA, Dall’idea all’impresa: il ruolo degli incubatori, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2004, p. 109

41 Cfr. AIFI, QUADERNO N10 della Collana Capitale di rischio e impresa, Incubatori privati: realtà internazionale e modello italiano, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2001

l’Italia, essendo il modello americano quello che, nel corso degli anni, ha determinato le linee guida in tema di incubazione. Ad oggi, in tutte le aree analizzate, emerge, per esempio, l’importanza e la centralità del network, che proprio negli Stati Uniti è stato posto in rilievo per la prima volta e che ora ha fatto diventare il Networked Incubator il modello di riferimento.

2. GLI INCUBATORI UNIVERSITARI: LA LORO ATTIVITA’ E