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GLI INCUBATORI PROFIT ORIENTED IN ITALIA: I CORPORATE BUSINESS INCUBATORS, GLI INDIPENDENT PRIVATE INCUBATORS

PRINCIPALI TIPOLOGIE DI INCUBATORI

1.4 GLI INCUBATORI PROFIT ORIENTED IN ITALIA: I CORPORATE BUSINESS INCUBATORS, GLI INDIPENDENT PRIVATE INCUBATORS

Gli incubatori profit oriented sono quelle strutture private che aiutano gli imprenditori a sviluppare il proprio business al fine ultimo di conseguire un profitto dalla propria attività svolta. Essi, talvolta si limitano ad offrire a pagamento dei servizi e delle consulenze, ma spesso sostengono finanziariamente le start up, svolgendo, almeno inizialmente, il ruolo di investitore nel capitale di rischio. L’incubatore può, infatti, supportare la nuova impresa fino a quando diviene operativa e autonoma e addirittura fino alla quotazione in Borsa o fino alla cessione totale o parziale ad un altro investitore.

Quindi, l’incubatore che aveva investito nel capitale della start up può vendere e soddisfare la sua mission di impresa. Infatti, lo scopo dell’esistenza di tale soggetto non è quello di promuovere la nuova imprenditoria sul territorio come prevedono gli incubatori no profit, ma quello di ottenere ricavi tali da permettere il guadagno ai soggetti promotori di questa struttura che altro non è che una impresa.

“Per quanto riguarda l’esperienza italiana, si può dire che tutti gli incubatori privati esaminati scelgono di offrire alle start up dei servizi strategici come, il supporto nella stesura del business plan, la consulenza manageriale e l’assistenza nei programmi di marketing; l’87% di essi fornisce anche servizi più generali, quali la consulenza legale, il recruitment e le pubbliche relazioni e nel 73% dei casi viene offerta assistenza nelle complicate procedure di brevettazione; in poco più della metà di essi sono forniti i servizi di gestione della contabilità e di supporto per la quotazione in Borsa e infine, solo nel 53% dei casi è prevista l’erogazione del servizio di call center. Se necessario, poi, tutti gli incubatori sono disposti a fornire il seed capital necessario per avviare l’iniziativa imprenditoriale.

L’insieme di competenze che il personale di un incubatore può offrire alle start up risulta molto vario: le competenze vanno dalla strategia alla finanza, dall’organizzazione delle risorse umane alla selezione del personale, dall’amministrazione al marketing. Una figura innovativa è, poi, quella dello startupper:

si tratta del business manager che si occupa direttamente dell’implementazione di un

progetto, seguendolo in ciascuna sua fase di sviluppo fino a quando la nuova società non avrà costituito un team manageriale stabile.”24

Nella figura qui di seguito sono indicati tutti i servizi che vengono offerti dagli incubatori e in riferimento ad essi occorre specificare che è interesse degli incubatori privati che tali servizi siano resi con la massima efficienza, sia per poter minimizzare i tempi di avvio dell’attività della start up (nel 50% dei casi da uno a tre mesi), sia per ridurre il tempo di permanenza all’interno della struttura (mediamente di poco più di 11 mesi).

Figura 4: I servizi offerti dagli incubatori profit oriented25

53%

Vista l’attenzione al guadagno data dagli incubatori profit oriented, è senz’altro interessante analizzare le strategie operative che permettono a questi operatori di ottenere le entrate necessarie. Secondo l’esperienza americana, poi copiata a livello internazionale, è possibile distinguere tre modelli differenti di ricavo:

24 Cfr. GERVASONI ANNA, Dall’idea all’impresa: il ruolo degli incubatori di MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2004, p. 89

25 Cfr. AIFI, QUADERNO N10 della Collana Capitale di rischio e impresa, Incubatori privati: realtà internazionale e modello italiano, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2001, p.47

Modelli equity oriented, che, più vicini alla mentalità del venture capitalist, richiedono quote di partecipazione azionaria in cambio di servizi offerti, e che si propongono di guadagnare attraverso l’eventuale capital gain proveniente da successiva cessione delle azioni

Modelli fee based, che, più vicini all’attività di consulenza, richiedono il pagamento di commissioni in cambio dei servizi offerti;

Modelli misti, che contemplano entrambe le modalità di ricavo, utilizzando il fee based per sostenere la struttura di incubazione e l’equity oriented per realizzare il vero profitto.

La scelta tra i diversi modelli dipende molto dalla disponibilità di capitale di ciascun incubatore e dalla rapidità con cui è possibile attivare le risorse necessarie da investire nella business idea.

Sulla base di questi tre modelli internazionali, l’AIFI ha effettuato la propria ricerca sugli incubatori profit oriented italiani. Da questa ricerca è emerso che il 60% degli operatori predilige un modello di equity oriented che prevede un investimento nel capitale azionario mentre il restante 40% è diviso in parità fra i modelli fee based e i modelli misti. L’investimento nel capitale azionario è tendenzialmente inferiore al 30%

(vedi Figura 5) ma è fatto per durare a lungo poiché permette all’incubatore di avere il ruolo di collegamento con il mercato del capitale di rischio. In questo caso la ricerca AIFI del 2001 è stata utile per dimostrare e accertare questo collegamento, visto che circa il 40% degli ideatori e promotori degli incubatori privati sono soggetti che operavano nel mercato finanziario del private equity. Ciò torna a dimostrare la vicinanza tra il mondo degli incubatori e il mondo del venture capital, due attività non in concorrenza tra loro, ma anzi complementari e reciprocamente utili.

Figura 5: Quote medie di partecipazione al capitale26

33%

40%

14% 13%

0%

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

< 10% 10-30% 31-50% 51-80% >80%

La ricerca AIFI individua che gli incubatori privati possono però avere un’origine diversa da quella legata al mercato finanziario; infatti, il 26,7% è legato al “mondo”

corporate, il 26,7% al mondo imprenditoriale dei private individuals e il 6,7 % al

“mondo” della consulenza. Questo dimostra che anche il mondo dei consulenti, seppur in minima parte, è interessato all’incubazione vera e propria. La ragione è forse da ricercare nel fatto che gli studi professionali più complessi sono in grado di offrire servizi sempre più completi al mondo imprenditoriale e ciò li spinge verso l’attività di incubazione, che viene quindi vista come una naturale evoluzione ed allo stesso tempo come un’occasione importante per la propria attività di erogazione di servizio.

Le altre categorie menzionate si riferiscono alle grandi imprese ed ai grandi gruppi industriali (corporate), anch’essi interessati a sviluppare spin off e idee imprenditoriali innovative, e infine al mondo imprenditoriale con professionisti che hanno già creato aziende di successo e che ora mettono a disposizione l’esperienza acquisita per fare decollare nuovi business.

26 Cfr. AIFI, QUADERNO N10 della Collana Capitale di rischio e impresa, Incubatori privati: realtà internazionale e modello italiano, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2001, grafico 3.10 di pagina 50

Figura 6: Settore di appartenenza dei promotori degli incubatori privati

0.00%

5.00%

10.00%

15.00%

20.00%

25.00%

30.00%

35.00%

40.00%

Distribuzione per matrice

Corporate Private equity Consulenza Private/Individuals

Tra le varie classificazioni possibili degli incubatori privati si arriva quindi a considerare quella che considera la loro affiliazione ad un’organizzazione preesistente o meno. In considerazione dell’appartenenza al private equity, al mondo della consulenza e al mondo imprenditoriale in generale (corporate e private individuals) sarebbe poi possibile effettuare numerosi studi.

In tale contesto ci soffermiamo ad analizzare le peculiarità degli incubatori profit oriented che prendono origine dal mondo imprenditoriale. Si distinguono così i Corporate Business incubators (grandi gruppi industriali) e gli Indipendent Private Incubators che altro non sono se non singoli imprenditori.