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LO SCOUTING DELLE IDEE DI IMPRESA

2.6 UN CONFRONTO TRA TUTTE LE DIVERSE STRUTTURE D’INCUBAZIONE

Dopo aver analizzato le diverse categorie di incubatori è utile fare un confronto tra le diverse realtà con lo scopo di evidenziare le differenze che si hanno nella realtà empirica. Nei precedenti capitoli è già stata fatta una differenziazione tra due categorie di incubatori e all’interno di esse tra diverse tipologie.

La categoria degli incubatori no profit ha come proprio obiettivo di fondo quella di creare sviluppo economico nel settore e nell’area territoriale di riferimento, mentre gli incubatori privati hanno come mission principale quella di perseguire un profitto. Tale differenza è dovuta principalmente al fatto che essendo l’incubatore privato una vera e propria impresa, esso agisce sul mercato con lo scopo di remunerare col profitto gli apportatori del capitale. Questa particolarità distingue l’incubatore privato dall’insieme di incubatori no profit oriented poiché i loro apportatori di capitali sono spesso enti pubblici, fondazioni o associazioni che si sentono ripagati dal loro investimento attraverso la persecuzione di fini sociali come l’abbattimento della disoccupazione o lo sviluppo tecnologico nel territorio di riferimento.

La mission sociale degli incubatori no profit oriented fa si che gli incubatori come i Business innovation centre e i Parchi scientifici tecnologici siano spesso localizzati in territori dove l’imprenditoria locale sta riscontrando problemi competitivi. Questo permette agli enti pubblici promotori di tali strutture, di rivitalizzare, ad esempio, aree

78 Fonte: CIAPPEI CRISTIANO, SCHILLACI STEFANIA, TANI SIMONE, Gli incubatori d’impresa:

esperienze internazionali a confronto, FIRENZE UNIVERSITY PRESS 2006

industriali che stanno vivendo una profonda crisi. Ciò è una specificità dei BIC e dei PST non solo nei riguardi degli incubatori privati che tendono a localizzarsi in zone con alto potenziale di crescita, ma anche nei riguardi degli incubatori universitari. Infatti, questi ultimi sono prettamente localizzati nelle vicinanze di grosse e importanti università, poiché il loro scopo principale è quello di garantire uno sbocco sul mercato alle idee che vengono prodotte internamente all’università79.

Proprio perché gli incubatori privati non sono sostenuti con dei finanziamenti pubblici, hanno interesse che l’attività della start up incubata si avvii e si renda autonoma nel tempo più breve possibile. Infatti, l’incubatore privato tende a incubare le start up per un periodo di poco superiore a 11 mesi, mentre l’incubatore no profit ospita le start up per un periodo medio di tre anni con punte di quasi 4 anni per i Business Innovation Centre.

Questo è dovuto dal fatto che l’incubatore ha un forte interesse legato all’autonomia e indipendenza della start up, perché da ciò dipende spesso il proprio ottenimento del profitto. Infatti, mentre gli incubatori no profit sostengono la propria attività quasi esclusivamente con i finanziamenti pubblici e con l’offerta di servizi a pagamento alle start up incubate, gli incubatori privati “vivono” oltre che con le commissioni ottenute dall’offerta di servizi a pagamento anche con i dividendi ottenuti dalle partecipazioni nelle start up incubate. E ciò evidenzia che l’incubatore privato ha un maggiore coinvolgimento nelle imprese incubate che può influire anche direttamente sui membri della governance, mentre gli incubatori no profit svolgono spesso e preferibilmente un ruolo di intermediazione nei confronti di altri soggetti e raramente impongono dei propri amministratori alle start up incubate.

Infine, per quanto riguarda la fase di intervento degli incubatori emerge che l’incubatore privato tende ad ospitare start up che hanno già definito quello che dovrà essere il proprio business e anzi, viene colto con grande favore l’imprenditore che si propone con una prima bozza di business plan in mano. Infatti, gli incubatori profit oriented tendono ad investire nelle imprese che possono essere avviate nell’arco di poche settimane per poter poi concentrare gli sforzi dell’incubazione in modo da permettere una rapida crescita della start up. Inoltre, esistono alcuni incubatori privati che si specializzano in

79 Fonte: GERVASONI ANNA, Dall’idea all’impresa: il ruolo degli incubatori, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2004

una fase del ciclo di vita aziendale e tendono a scartare le imprese che necessitano di un supporto più generico. Invece, gli incubatori no profit tendono ad affiancare le start up durante tutto il periodo di sviluppo del nuovo business, partendo dalla definizione del progetto imprenditoriale, passando per la crescita e arrivando fino alla indipendenza e autonomia della start up incubata.

Tabella 5: Confronto schematico tra le diverse categorie di strutture di incubazione80

PARAMETRO Incubatore no

Localizzazione Aree da rivitalizzare Area universitaria Aree industrializzate

Copertura Provinciale/regionale Universitaria Nazionale/virtuale Origine delle idee Esterna Interna/Esterna Interna/Esterna Fase di investimento Definizione concetto

business – Crescita –

Orizzonte temporale Medio - lungo Medio - lungo Medio - breve Modello di ricavo Finanziamenti pubblici –

Canoni -Tariffe

Finanziamenti pubblici – Canoni - Tariffe

Partecipazioni – Canoni - Tariffe

Servizi offerti Tangibili Tangibili/intangibili Intangibili/tangibili Team di gestione Intermediazione Intermediazione Coinvolgimento

forte nelle imprese

In sostanza, anche se le diverse realtà rappresentano dei sistemi di creazione di impresa molto simili, le diverse macrocategorie e le varie tipologie di incubatori hanno caratteristiche molto differenti sia in virtù degli obiettivi conseguiti che in virtù delle strategie operative adottate.

80 Fonte: ABBURRÀ L., GRANDI A., GRIMALDI R., Il ruolo degli incubatori nella creazione di nuove imprese, ROSENBERG & SELLIER, TORINO 2003

Le caratteristiche simili e le diversità in essere tra i diversi tipi di incubatori emergono chiaramente attraverso il confronto dei dati risultanti e provenienti dalle ricerche AIFI e che sono schematizzati nella Tabella 1.

“Considerando il numero di incubatori no profit e profit oriented attive sul territorio a cavallo tra il 2001 ed il 2002, le strutture no profit attive (44) erano circa tre volte superiori rispetto a quelle private (15), anche se, ad oggi, tale differenza è ancora più marcata dato il sostanziale azzeramento delle iniziative private poste in essere nei primi anni del 2000. Comunque, la conseguenza diretta di tale differenza è l’enorme offerta di superfici preposte all’incubazione da parte di strutture no profit (150.000 mq contro 4600mq), oltre che in termini di numero di postazioni (1.000 rispetto a 525), a disposizione di nuove imprese che, tuttavia, denota un eccesso di infrastrutture rispetto alla domanda. Questo squilibrio risulta confermato dal numero medio di imprese incubate ogni anno all’interno di incubatori no profit che è pari esattamente alla metà delle postazioni disponibili (500 su 1.000).”81

All’interno di queste differenze tra le due macro-categorie di incubazione ne emergono altre riguardo la categoria degli incubatori no profit. In particolare, emerge che il numero 44 di strutture di incubazione è distribuito in modo disomogeneo tra i Business Innovation Centre (31), i Parchi scientifici tecnologici (9) e gli incubatori universitari (4) e ciò è dovuto all’origine temporale più recente da parte delle ultime due strutture.

Questa diversa distribuzione del numero di strutture varia anche la concentrazione della superficie di incubazione offerta, tale per cui quest’ultima risulta essere di 190.00mq nei BIC, contro 19.000mq dei PST e i 2.500mq degli incubatori universitari. Di questi ultimi dati sulle superfici di incubazione sono importanti i dati sulle medie di mq per ciascuna struttura di incubazione, poiché emerge con evidenza che gli incubatori universitari assieme agli incubatori profit oriented risultano essere i più piccoli mentre i BIC risultano essere di gran lunga i più grandi, superando di più del doppio anche la dimensione dei Parchi scientifici tecnologici. Ciò è senz’altro dovuto alla maggiore dotazione di postazioni per le start up che si ha nei BIC, ma questo che può apparire come qualche cosa di positivo è come già detto un sinonimo della poca efficienza di tale

81 Cfr. GERVASONI ANNA, Dall’idea all’impresa: il ruolo degli incubatori, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2004, p. 105

tipo di struttura no profit oriented. I BIC e i Parchi scientifici e tecnologici sono oggetto di continuo studio ed analisi per eventuali modifiche normative e disciplinari in modo da rendere più efficiente e efficace la loro azione, anche in virtù del fatto che impiegano un elevato numero di addetti senza riscontrare sempre dei risultati ottimali in relazione alla sopravvivenza delle start up incubate.

Per quanto riguarda invece il periodo di durata è importante la differenza riscontrabile oltre che tra le stesse tipologie dell’incubatore no profit, che vede i BIC come gli incubatori che necessitano del periodo più alto in assoluto, anche e soprattutto tale categoria e quella degli incubatori profit oriented. Nel caso delle strutture no profit il dato dei BIC (3,7 anni) alza il periodo medio di incubazione di una start up a circa 3 anni contro i circa 12 mesi di un incubatore profit oriented. Ciò è, come già detto, dovuto al fatto che il modello degli incubatori no profit siano basati su un modello fees a cui ne consegue che più è lungo il periodo di permanenza all’interno della struttura, maggiore sarà il ritorno economico che si potrà ottenere.

Un altro aspetto importante che è utile prendere in considerazione per analizzare le diverse strutture di incubazione è l’esistenza o meno di settori di investimento privilegiati. Tutte le tipologie di incubatori preferiscono accogliere quelle start up che propongono l’offerta di prodotti o servizi del mondo Internet o dell’ICT82, anche se emergono delle differenze. Gli incubatori no profit, soprattutto grazie ai BIC, tendono a prediligere il settore dell’Information Comunication Technology (circa l’85% contro il 71% di Internet) mentre tutti gli incubatori profit oriented scelgono di investire nel mondo Internet. Infatti, dalla ricerca AIFI emerge che, nonostante le crisi di molte aziende della new economy, tutti gli incubatori privati considerano internet un settore di

82 ICT è l'acronimo di Information and Communication Technology, (cioè Tecnologia dell'Informazione e della Comunicazione, TIC, in italiano). Con questa sigla si intende l'insieme di studio, progettazione, sviluppo, implementazione, supporto e gestione dei sistemi informativi computerizzati, con particolare attenzione alle applicazioni software ed ai componenti hardware che le ospitano. Il fine ultimo dell'ICT è la manipolazione dei dati tramite conversione, immagazzinamento, protezione, trasmissione e recupero sicuro delle informazioni.I professionisti ICT sono caratterizzati da molteplici capacità di intervento, dall'installazione al design di Architetture telematiche, dalla gestione di basi di dati alla progettazione di servizi integrati per la convergenza di informatica e telefonia nella telematica per i nuovi metodi di trasmissione dell’informazione.

L'Information Technology è anche un ambito di studio che si occupa dell'archiviazione, dell'elaborazione, della trasformazione e della rappresentazione delle informazioni con l'aiuto del computer e delle

tecnologie a esso connessi.

Cfr. PENNAIOLA FERDINANDO E MORABITO VINCENZO, Management dei sistemi informativi, MILANO PEARSON EDUCATION ITALIA 2004

investimento privilegiato contro il 67% del settore del software, il 60% del settore telecom e il 40% di altro dell’ICT. Tutto questo è dovuto dal fatto che molti incubatori sono nati in un periodo in cui Internet rappresentava ancora un appiglio sicuro per la realizzazione di investimenti che il mercato avrebbe potuto apprezzare. Nel corso degli anni più recenti, però, molta della fiducia riposta dai risparmiatori nel settore Internet e in quello collegato dell’ICT è venuta a mancare e per questo probabilmente dei dati più recenti di soli 3 o 4 anni potrebbero cambiare la distribuzione delle preferenze degli incubatori.

Già emerge nella ricerca del 2001-2002 che gli incubatori di tutte le categorie hanno come terzo o addirittura secondo settore di preferenza quello più “tradizionale” per il tipo di struttura del sistema produttivo italiano, l’automazione industriale. Però, occorre fare le dovute differenze tra gli incubatori privati e i BIC che prediligono tale tipo di settore solo, rispettivamente, nel 50% e nel 40% dei casi, contro, invece, il 71% e il 75% dei parchi tecnologici e degli incubatori universitari. Ciò, almeno per quanto riguarda i Parchi Scientifici Tecnologici, può essere ricondotto alla missione strategica che essi compiono nell’intento di rivitalizzare ex aree industriali, consentendo così il riposizionamento di numerose imprese italiane produttrici di macchinari. Infatti, è dovuta a questa missione anche la particolare propensione al settore chimico(71%) e medicale/farmaceutico (43%) che sembra caratterizzare l’operato dei parchi scientifici tecnologici rispetto alle bassa attenzione riposta per questi settori dagli altri tipi di incubatori. Ma di contro i Parchi scientifici tecnologici non mostrano alcuno interesse per il settore della logistica, cosa che nelle altre tipologie di incubatori sta prendendo pian piano importanza in considerazione dei mutamenti organizzativi delle imprese italiane che spingono quest’ultime a movimentare sempre di più le merci.

Infine, per quanto riguarda i settori di investimento privilegiati degli incubatori vi sono altri due settori degni di nota: il settore relativo alla produzione e distribuzione dei beni di consumo e il settore delle biotecnologie. Riguardo il settore dei Beni di consumo emerge che tutte le tipologie considerano questo settore più o meno allo stesso livello di importanza, anche se gli incubatori profit oriented sembrano dedicargli più attenzione in virtù del fatto che sia spesso caratterizzato da alti rendimenti. Invece, al contrario, il settore delle biotecnologie sembra essere più trascurato dagli incubatori privati, dove la percentuale degli incubatori che lo considera importante è solo del 13%. Il motivo è

forse legato al fatto che il settore biotech così, come quello dell’energia, richiede l’esistenza nell’incubatore di grandi competenze tecnologiche che sono tipicamente più proprie degli incubatori fortemente legati al mondo della ricerca. Infatti, anche se tutti gli incubatori no profit hanno una forte propensione a investire nelle imprese del settore biotecnologico, quegli incubatori che emergono sono proprio quelli più legati al mondo della ricerca, ossia i parchi scientifici tecnologici con il 71% di preferenze e gli incubatori universitari con il 50% di preferenze.

Tabella 6: Settori d'investimento degli incubatori83 TIPOLOGIA BUSINESS

83 Tabella frutto di elaborazione propria sui dati tratti da: AIFI, QUADERNO N10 della Collana Capitale di rischio e impresa, Incubatori privati: realtà internazionale e modello italiano, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2001 e AIFI in collaborazione con l’APSTI, Research Paper: L’incubazione no profit in Italia, www.bic-italia.net

Da un punto di vista della gestione della struttura di incubazione emerge che per entrambe le macrocategorie vi è sempre un maggiore orientamento all’assunzione di figure professionali di tipo manageriale ed imprenditoriale. Infatti, sia negli incubatori profit oriented che negli incubatori no profit oriented le figure che sono più importanti per l’operato dell’incubatore sono professionisti che o sono già stati manager in altre realtà aziendali o che hanno già creato aziende di successo. Tale fenomeno è dovuto dal fatto che gli incubatori ritengono di dover affiancare ai giovani imprenditori delle figure dalle caratteristiche molto simili, al fine di poter garantire un’efficace interazione tra l’impresa incubata e l’incubatore. Per quanto riguarda le altre caratteristiche del background di provenienza dei gestori dell’incubatore, emergono altre differenze relative alle esperienze di tipo finanziario, consulenziali e della ricerca. Mentre, come già detto, emerge chiaramente che la % di figure provenienti dal mondo universitario/ricerca non può che essere più forte negli incubatori no profit che comprendono gli incubatori universitari, quello che suscita interesse riguarda gli altri due background. Il background di tipo finanziario risulta chiaramente assente negli incubatori universitari data la quasi totale assenza di offerta di sostegno finanziario, mentre risulta essere importante nei Bic col 37% di preferenze e fondamentale (2° posto in ordine di importanza) negli incubatori privati dove il sostegno finanziario rappresenta una fase vitale per la stessa esistenza dell’incubatore. Invece, per quanto riguarda il background consulenziale c’è da dire che mentre negli incubatori privati ricopre poca importanza, esso risulta essere fondamentale negli incubatori no profit poiché essi grazie all’offerta di servizi a valore aggiunto ottengono dalle start up il pagamento delle commissioni che permettono di mantenere in vita l’intera struttura. Una particolarità risulta essere lo 0% di preferenze date dagli incubatori universitari al background consulenziale, visto e considerato che anche essi ritengono importante offrire servizi a valore aggiunto, ma da una attenta analisi si può notare che quello 0% deriva dal fatto di che tale tipologia ha ancora pochi dipendenti e perciò tendono ad assumere ex professionisti del mondo imprenditoriale.

Tabella 7: Background di provenienza dei gestori dell'incubatore84

Background di provenienza dei gestori dell'incubatore

Tipologia BIC PST

Incubatori universitari

Incubatori no profit

Incubatori profit oriented*

Finanziario 37% 13% 0% 29% 33%

Manageriale/imprenditoriale79%100% 100% 85% 40%

Consulenziale 53% 38% 0% 45% 27%

Universitario/ricerca 5% 50% 100% 23% 0%

* N.B. il questionario è stato posto diversamente agli incubatori profit oriented rispetto agli incubatori no profit, poiché il questionario degli incubatori profit oriented non prevedeva la risposta multipla.

In merito all’insieme di servizi erogati dalle due diverse categorie di strutture considerate, emerge, nel complesso, la presenza di una gamma di servizi completa ed in grado di far fronte alle molteplici esigenze delle imprese incubate. Infatti, gli incubatori prevedono di offrire non solo gli spazi fisici necessari all’insediamento della start up ma anche dei servizi intangibili come l’assistenza alla stesura del business plan, l’assistenza in materia di brevetti, la consulenza in genere e la consulenza specifica di carattere organizzativo.

Dalla ricerca AIFI del 2001/2002 emerge che il primo servizio offerto da tutte le tipologie di incubatori è l’assistenza alla redazione del business plan. Ciò che fa invece emergere delle differenze è la diversa distribuzione delle preferenze sul secondo e terzo servizio offerto. Infatti, mentre sia i BIC che gli incubatori privati considerano molto importante l’offerta di servizi collegati alla consulenza manageriale e alla consulenza marketing, i parchi scientifici tecnologici e soprattutto gli incubatori universitari ripongono più importanza all’assistenza brevetti. Infatti, ad esempio, gli incubatori universitari pur dando importanza alla consulenza considerano tale servizio secondario perché spesso il proprio tipo di clientela presentano delle innovazioni che per essere sfruttate sul mercato debbono essere tutelate con dei brevetti. Altrimenti, il pericolo di

84 Tale tabella è fonte di una elaborazione dei dati ricavati dal libro: CIAPPEI CRISTIANO, SCHILLACI STEFANIA, TANI SIMONE, Gli incubatori d’impresa: esperienze internazionali a confronto, FIRENZE UNIVERSITY PRESS 2006

una mancata tutela alla proprietà intellettuale è che l’innovazione venga copiata e sfruttata da altri concorrenti.

Un’altra differenza che risulta evidente è che gli incubatori profit oriented offrono con alte percentuali (87% e 53%) servizi di recruiting e di contabilità, mentre invece questi risultano marginali negli incubatori no profit se non addirittura inesistenti nel caso della contabilità per gli incubatori universitari. Ciò, insieme all’attenzione data dagli incubatori privati a servizi come le pubblic relations, i call centre e l’Ipo support85 fa notare che l’offerta di tale tipologia di incubatori risulta più completa. Infatti, l’offerta di servizi degli incubatori no profit oriented, pur essendo nella sua globalità esaustiva, molto spesso risulta essere incompleta se considerata a livello di singola struttura, mentre le elevate percentuali riscontrate per ciascuna tipologia di servizio all’interno degli incubatori privati stanno a significare un’offerta completa non solo a livello generale di sistema ma anche di singolo incubatore.

85 L’IPO Support corrisponde al sostegno e all’insieme di servizi che l’incubatore offre alle imprese incubate per portare a termine un' Offerta Pubblica di Vendita (OPV, o IPO, Initial Public Offering) irrevocabile di azioni di una società rivolta al pubblico

Tabella 8: Confronto tra i servizi offerti dagli incubatori86

“Una grande differenza tra incubatori profit e no profit oriented è ulteriormente riscontrabile in tema di remunerazione dei servizi offerti. Per la prima tipologia, infatti, vi è una forte propensione all’utilizzo del modello equity based, basata sulla partecipazione al capitale da parte della struttura d’incubazione, mentre per la seconda tipologia si registra un maggiore ricorso ad un modello di ricavo di tipo fee based.

Anche da un punto di vista degli strumenti finanziari di cui dispongono gli incubatori per il finanziamento delle imprese, si possono identificare profonde differenze. Infatti, mentre nel caso delle strutture private tali risorse sono rappresentate da capitali destinati all’investimento in capitale di rischio, diversamente, per gli incubatori no profit, le

86 Fonte: Elaborazione propria sui dati ottenuti da: AIFI, QUADERNO N10 della Collana Capitale di rischio e impresa, Incubatori privati: realtà internazionale e modello italiano, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2001, e AIFI in collaborazione con l’APSTI, Research Paper: L’incubazione no profit in

86 Fonte: Elaborazione propria sui dati ottenuti da: AIFI, QUADERNO N10 della Collana Capitale di rischio e impresa, Incubatori privati: realtà internazionale e modello italiano, MILANO GUERINI E ASSOCIATI 2001, e AIFI in collaborazione con l’APSTI, Research Paper: L’incubazione no profit in