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Conquistatori, scienziati e banditi in Patagonia

Nel documento Il fantastico nella letteratura argentina (pagine 60-64)

Territorio alla ‘fine del mondo’, la Patagonia ha avuto per secoli confini imprecisi che l’hanno resa uno spazio mitico. La sua data di nascita puo` farsi risalire al 1520, quando Magellano incontra nella baia di San Julia´n un’umanita` sconosciuta cui asse- gna il nome di ‘patagoni’, ispirandosi al personaggio dalle sembianze mostruose di un romanzo di caval- leria assai noto nella Spagna di allora. Lo scenario patagonico ha cosı` materializzato nell’immaginario europeo l’idea dell’ignoto e di genti al confine tra l’umano e l’altro assoluto. Ha incarnato il fascino e il timore del ‘vuoto’ restando per secoli un’area qua- si inesplorata, uno spazio di frontiera tra il mondo indigeno e quello europeo in cui quest’ultimo proietta l’utopia della Citta` dei Cesari, citta` dalle cu- pole d’oro abitata dai felici discendenti di conquista- tori spagnoli perduti nell’immensita` del territorio.1

Il vuoto patagonico lo si colma con l’iperbole: questo ‘deserto’ resiste a ogni misurazione, autorizza una geografia astratta e, fino alla fine del Settecento, i resoconti dei viaggiatori accreditano la credenza che la regione sia abitata da genti di dimensioni gi- gantesche. Remota parte del mondo in cui finisce l’i- dea dell’Argentina e comincia il desierto, la Patago- nia e` una terra di conquiste fragili seguite alla fonda- zione di Buenos Aires. Nei tre secoli di dominazione spagnola, segnati da un pendolare movimento di avanzata e di ripiegamento da parte della societa` bianca, la geografia patagonica resta una materia inerte su cui il lessico dei conquistatori traccia map- pe immaginarie, proietta figurazioni fantastiche. Do- po il crollo dell’impero spagnolo, l’estrema appendi- ce dell’America e` considerata dalle potenze imperiali concorrenti res nullius, uno spazio liminale su cui l’Argentina non detiene alcuna sovranita` ma cruciale

dal punto di vista geopolitico perche´ il suo controllo consente il passaggio tra i due oceani.

L’idea di una terra vuota, senza confini e senza storia muta improvvisamente di segno quando, do- po la meta` dell’Ottocento, il canone del progresso cancella l’anacronismo della regione pampeano-pa- tagonica: non piu` luogo privilegiato del conflitto tra due culture antagoniste – quella europea e civi- lizzata da un lato e quella americana e indigena con- dizionata dal retaggio della dominazione coloniale spagnola dall’altro come l’aveva teorizzato Domingo F. Sarmiento, tra i massimi esponenti del liberalismo argentino –, il territorio che si estende dal Rı´o Colo- rado fino alla Terra del Fuoco (una superficie pari alla meta` dell’Argentina) diventa lo scenario presso- che´ intatto della preistoria, un deposito di reperti umani e di fossili. Un nuovo utopismo, di marca po- sitivista ed evoluzionista, si irradia su una desolata geografia che e` resa il luogo privilegiato per fissare la genesi geologica del planisfero.

Missionari, naturalisti, ingegneri, militari che viaggiano in Patagonia ne descrivono popoli e oro- grafia con la certezza che quanto vedono sia condan- nato all’estinzione: le etnie indigene sopraffatte dal- l’irrompere della societa` europea e bianca, l’ambien- te fisico trasfigurato dal progresso economico e so- ciale. In questo spazio di frontiera in cui la sovranita` argentina e` stata fin qui inesistente, si verifica uno storico cambio di rotta: una strategia offensiva pro- voca lo sterminio delle etnie patagoniche.2 I pochi sopravvissuti sono considerati i superstiti di un re- moto passato del genere umano e trasformati in inermi oggetti-spettatori dell’irruzione del progresso e della modernita` della societa` bianca e occidentale. Nel lessico ufficiale il termine ‘conquista’ ha un pre- ciso scopo: evocare l’irruzione della Spagna in Ame-

1 Fernando Aı´nsa, De la edad de oro a El Dorado. Ge´nesis del discurso uto´pico americano, Me´xico, Fondo de Cultura Econo´-

mica, 19981, pp. 165-172.

2 Cfr. Vanni Blengino, Il vallo della Patagonia. I nuovi conquistatori: militari, scienziati, sacerdoti, scrittori, prefazione di Rug-

giero Romano, Reggio Emilia, Diabasis, 2003, pp. 33-52 e Susana Bandieri, Historia de la Patagonia, Buenos Aires, Editorial Sud- americana, 2005, pp. 142-153.

rica e la sua missione civilizzatrice nell’ambito del- l’occidentalizzazione del Nuovo Mondo.

Tra il 1878 e il 1884 le campagne militari fanno segnare un poderoso salto di qualita` rispetto alle in- certe conquiste dell’epoca coloniale. Il controllo del- lo stato argentino trasforma un territorio immenso in uno spazio neocoloniale, lo rende una nuova fron- tiera di popolamento e di progresso materiale. Quanti vivono al di la` della frontiera personificano non solo la ‘barbarie’, e dunque un’assoluta inconci- liabilita` con la cultura e la societa` bianca, ma soprat- tutto uno scarto temporale incompatibile con il pro- gresso. Esemplificativo di tale visione e` il sinistro sil- logismo con cui il presidente Nicola´s Avellaneda il- lustra il programma di conquista militare: «Soppri- mere gli indios in altre parole significa popolare il deserto».3 Sottomesse le etnie indigene e inglobato entro i limiti della normativita` territoriale lo spazio ‘selvaggio’ della Patagonia, si definiscono anche i confini con il vicino-rivale Cile che non ha mai na- scosto le proprie ambizioni sulla regione (non consi- derando la barriera naturale delle Ande come una frontiera geografica).

La retorica ufficiale che propaganda valori uni- versali (benessere, civilta`, progresso) non esita a marginalizzare chi popola lo spazio della wilderness auspicandone addirittura l’estinzione. Quanti rico- struiscono la storia delle operazioni militari fanno ri- corso a metafore desunte dal lessico medico (in sin- tonia con il pensiero positivista) per giustificare la necessita` di strappare con la violenza questo territo- rio al dominio indigeno e sottometterlo alla civilta` secondo il modello dell’avanzata della societa` bianca nel far west: «Alle soglie della pampa stava la nostra eterna lebbra. Lı` paralizzava il nostro movimento, lı` perdevamo senza recuperare. Quel contorno del no- stro corpo era malato».4 Non piu` un desierto, ma grandioso scenario naturale di un manifest destiny di un paese dell’America australe in marcia verso il progresso, la Patagonia diviene fondamento fisico e simbolico di una nazione chiamata a cancellare gli ultimi residui di barbarie dell’eta` coloniale.

Quando nella seconda meta` dell’Ottocento gli scienziati esplorano questa remota regione dell’emi- sfero australe, in cui sopravvivono soltanto pochi su- perstiti delle etnie indigene che per millenni hanno

popolato terre dal clima inospitale, la mitologia pa- tagonica assume una nuova declinazione in sintonia con i tempi. Se la conquista militare e` propagandata come l’inesorabile marcia delle leggi della natura e della storia, il viaggio scientifico certifica che la Pa- tagonia resta una frontiera assoluta: e` un giacimento di reperti che consente di stabilire sia l’origine geo- logica del planisfero che quella genealogica dell’u- manita`. La Patagonia resta cioe` una frontiera assolu- ta. Chi la esplora lo fa sulle orme di Charles Darwin, il naturalista inglese che nel suo insuperato diario di viaggio sul Beagle ha canonizzato l’idea che la parte estrema dell’America australe sia lo spazio di una na- tura primordiale, di specie animali ignote, un im- menso ossario di fossili che narrano il succedersi di ere geologiche, dove abita un’umanita` al suo sta- dio primordiale che sopravvive nel XIX secolo.5 Il patagone di oggi, ci si chiede, non sara` il discenden- te dei primi abitatori di questo remoto angolo del mondo? La conquista della Patagonia conferma la potenza espansiva di una nazione che dilata a dismi- sura i propri confini e a ritmi serrati marcia verso il progresso.

Considerate il luogo dell’origine dell’umanita`, la Patagonia e la Terra del Fuoco sono uno spazio di frontiera in cui il viaggiatore-scienziato sperimenta l’ebbrezza della scoperta di animali preistorici e del- le formidabili trasformazioni che hanno scandito l’e- voluzione del cosmo. Un aspetto complementare della missione ‘civilizzatrice’ che – assimilando la conquista militare all’irrompere della modernita` – ha marciato al suono degli spari dei fucili Remington sono i viaggi di esplorazione compiuti dal giovane antropologo e naturalista Francisco P. Moreno, piu` tardi fondatore del Museo di scienze naturali di La Plata. Nel resoconto del viaggio che egli com- pie nella Patagonia australe poco prima dell’inizio dello sterminio degli indios e` gia` annunciato il desti- no di grandezza di un paese che in questi luoghi «so- stituira` il fischio del vapore al grido del condor che ci crede sua facile preda».6 Il rilevamento del terri- torio, puntualmente annotato nel suo diario, equiva- le a un atto di sovranita`, passo preliminare alla sua conquista militare.

Nella testimonianza di uno scienziato ansioso di conciliare fede cattolica con un’incrollabile fiducia

3 Cit. in Jens Andermann, Mapas de poder. Una arqueologı´a literaria del espacio argentino, Rosario, Beatriz Viterbo Editora,

2000, p. 164.

4 E` quanto scrive il colonnello Jose´ Manuel Olascoaga nel suo Estudio topogra´fico de la Pampa y Rı´o Negro (1930) Buenos

Aires, eudeba, 1974, p. 169.

5 Ernesto Livon-Grosman, Geografı´as imaginarias. El relato de viaje y la construccio´n del espacio patago´nico, Rosario, Beatriz

Viterbo Editora, 2003, pp. 72-97.

nel progresso e nel sapere scientifico affiora piu` vol- te la certezza che gli indios patagonici siano condan- nati all’estinzione. Crani e fossili raccolti nel suolo patagonico, e piu` tardi esposti nelle sale del museo, sono a giudizio di Moreno la dimostrazione della se- quenza che va dall’uomo dell’era glaciale fino all’in- dio patagonico, testimoniano la catena evolutiva na- turale e umana che permette di costruire il patrimo- nio storico della popolazione argentina. Esposto nel- le sale del Museo di storia naturale come un fossile vivente, l’indio sopravvissuto e sconfitto e` un reper- to cui la scienza assegna una funzione precisa: perso- nifica una preistoria che e` l’altra faccia della moder- nita` del paese e della sua e´lite dirigente. I cacicchi indigeni vengono deportati e impiegati come perso- nale di servizio nel Museo. Il gesto ‘umanitario’ non nasconde la sua vera finalita` scientifica: offrire al pubblico la visione simultanea del passato (remoto) e del presente.7Se gli indios sconfitti sono conside- rati alla stregua di fossili viventi, la ricchezza argen- tina sta nell’interdipendenza tra paleontologia e pro- gresso: la Patagonia e` il giacimento del passato re- moto delle etnie indigene, del loro stadio infantile: «Per chi studia il passato remoto dell’uomo, l’unico modo per comprendere la sua vita primitiva e` di os- servarlo nelle sue prime impressioni che in Patago- nia, come in Africa e in altri luoghi, rispecchiano l’infanzia dell’umanita`».8

Agli inizi del Novecento l’eterogeneo spazio geo- economico patagonico offre enormi possibilita` di va- lorizzazione delle sue risorse naturali e nella meseta si sviluppa l’allevamento bovino e ovino. Indigeni sopravvissuti alle campagne militari, braccianti cile- ni, immigrati gallesi, coloni con un minuscolo appez- zamento di terra nei latifondi sorti dopo la fine della guerra, cercatori d’oro e ladri di bestiame sono le fi- gure principali, oltre ai funzionari amministrativi e ai ricchi estancieros, di una societa` di frontiera che irra- dia il miraggio di facili fortune. Dove l’ordine sociale poggia su rapporti gerarchici piuttosto che sull’uni- versalita` del diritto, nel 1901 giungono i banditi sta- tunitensi Butch Cassidy, Sundance Kid e la compa- gna di quest’ultimo Etta Place e si stabiliscono nelle fertili vallate della cordigliera andina.

Molto si e` fantasticato sulle ragioni che inducono

i tre a stabilirsi in Patagonia. E` certo che – se per il terzetto non c’era nulla di piu` simile delle vallate pa- tagoniche agli scenari naturali del Montana o dello Utah – le caratteristiche del sur argentino hanno af- finita` quasi eclatanti con il far west nordamericano: lo stile di vita dei coloni gallesi che assomiglia a quel- lo dei mormoni con cui ha convissuto in gioventu` Cassidy, il miraggio della ‘febbre dell’oro’ – in tutto e per tutto uguale a quella della California – che co- me ‘‘un nuovo Peru`’’ attira coloni e avventurieri, ter- re da pascolo alle pendici delle Ande, in prossimita` della frontiera geografica e politica argentino-cilena che offre spazi di liberta` e facili vie di fuga. Dove an- cora rimbalzano gli echi della Citta` dei Cesari, di leggende e di tesori abbandonati dai conquistatori spagnoli a ridosso della cordigliera,9 il furto di be- stiame e` l’unica attivita` considerata illecita perche´ costituisce la base delle opportunita` ‘legali’ di arric- chimento. Alle soglie del secolo il miraggio dell’oro patagonico e` un poderoso richiamo per gente di ogni tipo che si insedia nella zona.10

Butch Cassidy and the Sundance Kid (1969), del regista George Roy Hill, protagonisti Paul Newman e Robert Redford nei ruoli di Butch Cassidy (al se- colo Robert Le Roy Parker) e Sundance Kid (Harry Longabaugh), ha avuto un grande successo di pub- blico. Una amena commedia travestita da western ha reinventato la vicenda del terzetto dei fuorilegge (cio` che resta del wild bunch che negli Stati Uniti si era guadagnato una grande notorieta` per aver svaligiato treni e banche) che nel 1901 si imbarcano a New York per sfuggire alla giustizia e inventarsi una nuo- va vita ai confini meridionali dell’America (ma il film omette ogni riferimento alla loro avventura patago- nica). Il loro arrivo nelle terre di frontiera di pro- prieta` dell’Argentine Southern Land Co. coincide con le ultime opportunita` di acquistare un appezza- mento di terreno nella fertile vallata di Cholila, a meta` strada tra le attuali citta` di El Bolso´n ed Esquel. Sulle rive del Rı´o Blanco nella provincia di Santa Cruz, Santiago Ryan (Cassidy) e Harry ‘Enri- que’ Place e signora in breve si conquistano la fama di rispettabili allevatori di bestiame. Etta Place su- scita particolare attenzione: di una bellezza selvag-

CONQUISTATORI, SCIENZIATI E BANDITI IN PATAGONIA

7 Mi permetto di rinviare in proposito a Flavio Fiorani, Patagonia. Invenzione e conquista di una terra alla fine del mondo,

Roma, Donzelli editore, 2009, pp. 290-292.

8 Francisco P. Moreno, Viaje a la Patagonia austral, cit., p. 355.

9 Nel suo diario di viaggio Francisco Moreno riferisce della leggenda propalata dagli indios di una pepita di oro puro rinvenuta

tempo addietro in Patagonia che, trasformata in una boleadora, si diceva che fosse stata venduta a Buenos per un ingente somma di denaro. Cfr. Francisco Moreno, Viaje a la Patagonia austral, cit., p. 242.

10 Cfr. la testimonianza del geologo nordamericano Bailey Willis dal titolo Un yanqui en la Patagonia, Buenos Aires, Editorial

Sudamericana, 2001 che, seguendo il percorso compiuto da Moreno, compila un dettagliato inventario delle risorse naturali, paesag- gistiche ed economiche del nord della Patagonia.

gia, dimostra un’insolita destrezza nel montare a ca- vallo e nell’uso delle armi da fuoco.

Dopo che il wild bunch decide di tornare alle vecchie abitudini (cioe` svaligiare le banche delle cit- ta` sulla costa atlantica della Patagonia) ma sottovalu- ta il fiuto degli agenti della Pinkerton insospettiti dalle missive che i familiari di Cassidy ricevono da un remoto angolo del mondo, nel 1905 i tre sconfi- nano in Cile messi sull’avviso dal commissario della polizia di frontiera incaricato del loro arresto.11 Il terzetto che i giornali definiscono «specialisti di ra- pine a treni, banche ed edifici pubblici, a mano ar- mata e in pieno giorno, per il loro soggiorno nel pae-

se e la loro scomparsa in occasione di tali fatti» in- troducono «una moda importata, una forma esotica di delitto contro la proprieta`».12Questa remota par- te del mondo entra cosı` nel XX secolo: i giornali se- guono le indagini della polizia, intervistano testimo- ni oculari, ingaggiano una serrato confronto con gli agenti della Pinkerton giunti in loco. Per chi si ap- passiona alla vicenda dei tre fuorilegge, la Patagonia conferma una volta di piu` i tratti di una terra di frontiera: il far west si trova nella punta estrema del continente americano.

* Universita` di Modena e Reggio Emilia

Didascalia

11 La vicenda di quelli che ancora oggi in Patagonia sono chiamati ‘‘los gringos locos’’ e` menzionata anche da Chatwin che chiede

notizie di Butch Cassidy e Sundance Kid al cassiere della banca che questi ultimi avevano rapinato nel 1905 e ottiene la conferma che si trattava della ‘‘banda di Boots Cassidy’’. Cfr. Bruce Chatwin, In Patagonia, traduzione di Marina Marchesi, Adelphi, Milano 1982, p. 131. Qualche mese dopo i tre compiono una rapina in una banca della provincia di San Luis, ma le loro tracce si perdono in Bolivia dove e` verosimile che vengano uccisi dall’esercito boliviano dopo che hanno tentato di impossessarsi degli stipendi dei lavoratori di una miniera.

12 Cosı` definisce i tre banditi giunti dagli Stati Uniti il rapporto del commissario di polizia incaricato delle indagini sulle rapine

alle banche di alcune citta` della regione. Cit. in Osvaldo Aguirre, La pandilla salvaje. Butch Cassidy en la Patagonia, Buenos Aires, Grupo Editorial Norma, 2004, p. 223.

Nel documento Il fantastico nella letteratura argentina (pagine 60-64)