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Alle radici della critica letteraria di Borges: la saggistica degli anni Trenta

Nel documento Il fantastico nella letteratura argentina (pagine 70-75)

Il 10 giugno 1938 Borges recensisce Introduction a` la Poe´tique, testo della prima lezione del corso di poetica tenuto l’anno precedente da Vale´ry al Colle- ge de France. Ad ospitare la recensione e` la rivista «El Hogar», settimanale indirizzato alla borghesia bonaerense, di cui lo scrittore argentino curava la rubrica quindicinale «Libri e autori stranieri».1

In quella breve nota, cosı` come, piu` in generale, nei numerosi contributi critici di quegli anni, e` pos- sibile rintracciare le radici della concezione letteraria di Borges. E` un decennio, quello del Trenta, carat- terizzato da numerose collaborazioni con periodici dai profili piu` diversi, da «El Hogar» alla colta e co- smopolita «Sur», dalla conservatrice «Nosotros» alla scandalistica «Crı´tica», di cui Borges dirigeva il sup- plemento culturale «Revista multicolor de los sa´ba- dos»; un decennio in cui l’attivita` di critico e recen- sore comporta una svolta decisiva tanto all’interno del percorso evolutivo della sua opera, quanto nella storia letteraria del Novecento, anticipando concetti estetici che cambieranno il modo di concepire la let- tura e la scrittura di un testo. Grazie alla varia e co- piosa produzione saggistica di questo periodo, rap- presentata da saggi, recensioni, note, brevissime bio- grafie,2in Argentina cominciano a circolare opere di autori quali Wells, Edgar Lee Masters, Langston Hughes, alcune delle quali tradotte – Room of One’s Own (1936) e Orlando (1937) di Virginia Woolf, Die Verwanlung (1938) di Franz Kafka o Perse´phone (1936) di Andre´ Gide ad esempio –, altre semplice- mente prologate – di Vale´ry, Bioy Casares, Hudson, Kafka... –, che costituiscono davvero importanti no- vita` per i canoni estetici dell’epoca. L’operazione condotta con questi contributi e` di vaste proporzio- ni sia sotto il profilo dell’integrazione, nella cultura nazionale, delle nuove tendenze letterarie nordame- ricane e d’oltreoceano che, forte di una grande eru- dizione, Borges mostrava di padroneggiare con

sconcertante disinvoltura, sia sotto quello dei modi di questa integrazione, riconducibili all’originalita` delle sue prospettive di lettura e dei procedimenti discorsivi tipici della sua scrittura saggistica.

Della lezione di Vale´ry, sono essenzialmente tre i brani che catturano il suo interesse di critico:

Vale´ry – come Croce – pensa che ancora non abbia- mo una Storia della Letteratura e che i vasti e venerati vo- lumi che usurpano tale nome siano piuttosto una Storia dei Letterati. Scrive Vale´ry: ‘‘La Storia della Letteratura non dovrebbe essere la storia degli autori e degli acciden- ti della loro carriera o della carriera delle loro opere, ben- sı` la Storia dello Spirito come produttore o consumatore di letteratura. Questa storia potrebbe essere delineata senza che venga menzionato un solo scrittore. Siamo in grado di studiare la forma poetica del Libro di Giobbe o del Cantico dei Cantici senza mai ricorrere alla biografia degli autori, che sono del tutto sconosciuti’’.

‘‘La Letteratura e` e non puo` essere altro che una sorta di estensione e di applicazione di alcune proprieta` del Linguaggio’’.

‘‘Non e` forse il Linguaggio il capolavoro dei capolavo- ri letterari, giacche´ ogni creazione letteraria si riduce a una combinazione delle risorse di un determinato voca- bolario, secondo forme stabilite una volta per tutte?’’ (pp. 241-242).

I temi in essi espressi sono: la concezione di let- teratura come insieme di testi scritti da un’entita` unica e multidentitaria, idea suggestiva mediante la quale si intende togliere importanza al principio di unicita` e autorialita` e mettere al centro l’opera svin- colandola tanto dal suo autore (che viene raffigurato come uno degli amanuensi dello Spirito) quanto dal contesto in cui e` stata generata (che passa in secon- do piano rispetto al modo di leggerla), la convinzio- ne che essa sia soprattutto un fatto linguistico e, an- cora, quella che, in quanto fatto linguistico, si basi su un nucleo di idee e procedimenti circoscritto

1 Cfr. Jorge Luis Borges, Testi prigionieri (a cura di Tommaso Scarano), Milano, Adelphi, 1998, pp. 234-235.

2 Si tratta delle ‘‘biografie sintetiche’’ che, almeno fino al 1938, occupavano una delle quattro parti in cui era organizzata la se-

ma dotato di un infinito potenziale combinatorio. Si tratta, come e` noto, di alcune delle idee centrali sulle quali si fonda la concezione letteraria di Borges; l’importanza della recensione a Vale´ry sta nel docu- mentare che a quell’epoca esse erano, evidentemen- te, gia` state concepite. Quello dello scrittore argen- tino col poeta francese, cosı` come con altri quali Whitman, Coleridge o Wells ad esempio, non e` che il felice incontro con una parte sostanziale del proprio pensiero, con alcuni concetti sull’arte in cui egli si riconosce e le cui formulazioni gli offrono suggestivi spunti creativi o gli forniscono, grazie a quello che Paoli ha definito «uno sfruttamento, aperto, visibile [...], a fini artistici»3 della propria erudizione, il materiale per una rielaborazione o per un diverso utilizzo dell’idea che veicolano.4Va- le´ry offre a Borges un valido e autorevole sostegno all’affermazione di quel concetto estetico mediante il quale lo scrittore argentino avrebbe completamen- te ribaltato la concezione di modernita` che proveni- va dall’avanguardia e che dominava il Novecento. Tale concetto consiste nel considerare la creazione artistica come opera del singolo e contemporanea- mente dell’intero universo degli scrittori, nel ritener- la un insieme di variazioni individuali di temi e for- me che attuano una particolare realizzazione del nu- cleo, immodificabile, che li costituisce tutti. Secondo questa idea di creazione, che si basa su un principio di variazione nella ripetizione, la modernita` e` un fat- to inevitabile e l’innovazione e` accidentale e il frutto di una riscrittura. A questa personalissima concezio- ne della letteratura e del principio che ne regola il funzionamento si presentano connessi l’avversione per il mito della personalita`, per il biografismo, lo storicismo, la referenzialita` della scrittura e l’avan- guardismo inteso come atteggiamento di rottura ad ogni costo, tutti concetti, questi, che permeano com- piutamente il discorso critico borgesiano proprio a partire dalle recensioni e dagli articoli degli anni Trenta e raggiungono il piu` alto grado di raffinatez- za delle formulazioni nei saggi scritti negli anni Qua-

ranta, riuniti in Otras inquisiciones (1952), dove sa- ranno ripetuti insistentemente come vere e proprie ossessioni teoriche.

Si tratta di una significativa evoluzione rispetto al Borges critico degli anni Venti, ancora segnato da una militanza avanguardista che si rifletteva tanto nella scelta dei testi recensiti e degli argomenti da trattare, che spesso ricadeva su opere di amici e compagni di cenacolo e su questioni inerenti la real- ta` locale, quanto nell’impostazione discorsiva e nel registro linguistico, entrambi ancora fortemente condizionati dall’esigenza di difendere le prese di posizione del gruppo. Il vincolo tra la scrittura e il contesto in cui in quegli anni l’autore si trovava ad operare con un ruolo di assoluto primo piano in qualita` di ideologo e fondatore del movimento ul- traista argentino si scioglie del tutto, consentendo al suo pensiero sulla letteratura di compiere un’im- portante maturazione, con la fine della militanza; circostanza alla quale si presenta connesso anche il divieto opposto dall’autore alla riedizione dei suoi primi tre libri di saggi, Inquisiciones (1925), El tama- n˜o de mi esperanza (1926) e El idioma de los argen- tinos (1927),5ritenuti formalmente barocchi e cari- chi di concetti o argomenti, quando non intrisi di quel regionalismo di cui l’autore stesso fu il piu` se- vero inquisitore, ancora in parte da definire o intera- mente da sviluppare e comunque legati a una conce- zione estetica che, conclusa l’esperienza avanguardi- sta, sarebbe stata, almeno in parte, superata.

Di pari passo con tale superamento, sempre nella decade del Trenta, Borges comincia a discutere que- stioni inerenti la retorica della narrativa e ad espri- mere opinioni che, insieme ai nuovi orizzonti di let- tura suggeriti attraverso il commento a un cospicuo numero di opere letterarie pressoche´ sconosciute al pubblico argentino e di diversa provenienza (france- si, nordamericane, inglesi, tedesche, scandinave e perfino cinesi e giapponesi), determineranno un cambiamento nelle coordinate di riferimento del let- tore, preparandolo, tra l’altro, anche alla ricezione

3 Roberto Paoli, «Per un atlante del sapere di Borges», in Tre saggi su Borges, Roma, Bulzoni, 1992, pp. 17-18.

4 Il primo dei frammenti di Vale´ry viene di nuovo citato nella recensione a Howard Haycraft Murder for Pleasure di Peter Davies

(«Sur», 1943) con l’aggiunta di quelle varianti interpretative che la questione sollevata aveva avuto, a giudizio dell’autore, nel tempo e, nel 1952, nel saggio La flor de Coleridge riunito in Otras inquisiciones, imperniato sul concetto di impersonalita` della scrittura: «Intorno al 1938, Paul Vale´ry scrisse: ‘‘La Storia della letteratura non dovrebbe essere la storia degli autori e degli accidenti della loro carriera o della carriera delle loro opere ma la Storia dello Spirito come produttore o consumatore di letteratura. Una simile storia potrebbe essere condotta a termine senza menzionare un solo scrittore’’. Non era la prima volta che lo Spirito formulava tale osservazione; nel 1844, nel paese di Concord, un altro dei suoi amanuensi aveva annotato: ‘‘Si direbbe che una sola persona abbia redatto quanti libri ci sono al mondo; tale unita` centrale v’e` in essi, che e` innegabile che siano opera di un solo essere onnisciente’’ (Emerson, Essays, 2, VIII). Vent’anni prima, Shelley aveva opinato che tutti i poemi del passato, del presente e dell’avvenire sono episodi o frammenti di un solo poema infinito, composto da tutti i poeti del mondo (A Defence of Poetry, 1821)», Jorge Luis Bor- ges, «Il fiore di Coleridge», in Altre inquisizioni (a cura di Fabio Rodrı´guez Amaya), Milano, Adelphi, 2000, p. 19.

5 Le tre raccolte sono state ripubblicate, per volere di Maria Kodama, vedova ed erede di Borges, nel 1993. Antonio Melis ha

delle sue ficciones. Dell’interessamento dell’autore nei riguardi della narrativa e dei suoi meccanismi di funzionamento da` conto un gruppo di testi, di maggiore o minore rilievo, ma tutti documento del- l’importanza di questi anni nella formazione del pensiero letterario di Borges. Uno di questi e` La su- persticiosa e´tica del lector, saggio raccolto nella prima edizione di Discusio´n (1932),6col quale Borges scar- dinava quell’atteggiamento del lettore, in particolare di quello bonaerense, che consisteva nel subordinare l’emozione o il contenuto del testo al suo stile. Egli rinveniva cioe` l’esistenza di una sorta di «supersti- zione dello stile», cui attribuiva la responsabilita` del- la condizione di «indigenza» delle lettere coeve, e af- fermava che coloro che ne erano affetti intendevano per stile non l’efficacia o meno di una pagina scritta, ma l’«apparente abilita`» del suo autore: l’acustica, la sintassi, i paragoni del testo, i tecnicismi. Considera- zioni di ancora maggiore importanza possono enu- clearsi da altri due saggi raccolti anch’essi in Discu- sio´n, La postulacio´n de la realidad e El arte narrativo y la magia,7 che risultano significativi per la com- prensione del percorso evolutivo della concezione borgesiana di letteratura. Nei due testi, da leggere l’uno come integrazione e completamento dell’altro, trattando il problema della verosimiglianza in lette- ratura, Borges spoglia le categorie di classico e ro- mantico del loro significato storico, rendendole due modi diversi di concepire la letteratura. Il pri- mo, quello «classico», rifiuta la descrizione puntuale della realta` perche´ crede nella capacita` evocativa di una sua elaborazione finale, che includa anche ele- menti di vaghezza e ambiguita`, il secondo, quello «romantico», pretende di trascrivere la realta` nei suoi minimi dettagli. Per Borges, e` il modo classico ad avvicinarsi di piu` alla comprensione della realta`, perche´ una descrizione minuziosa degli eventi com- porta inevitabilmente una loro disgregazione men- tre, al contrario, sottoporli a un processo di astrazio- ne o metaforizzazione ne amplifica le capacita` signi- ficative, rendendoli capaci di offrire una piu` veritie- ra rappresentazione del reale. Nell’ultimo dei saggi menzionati, lo scrittore argentino giunge, sulla base di questa opposizione, a classificare la narrativa in due tipi diversi: l’uno «realista», che, paradossal- mente, fa capo a quell’atteggiamento che egli stesso ha definito «romantico», l’altro «magico», che fa ca- po a quello «classico», e il cui funzionamento e` rego-

lato dalle leggi dell’analogia, e non dai principi di causa ed effetto, all’interno di una struttura in cui ogni elemento occupa un posto determinato e dove ambiguita` e non detto producono piu` senso di una descrizione puntuale della realta`. Seppure a tratti oscuri, e per questo non di facile lettura, i due saggi costituiscono indispensabili punti di riferimento per ricostruire sia la genesi dei concetti di realta` e di fin- zione, quali emergeranno dalla sua narrativa, sia quella di certe intuizioni ermeneutiche che guide- ranno molte delle successive analisi testuali; si pensi, ad esempio, alla lettura del XXXIII canto dell’Infer- no dantesco condotta in El falso problema de Ugoli- no,8secondo la quale il famoso verso Poscia, piu` ch ‘l dolor pote´ il digiuno a cui e` affidata la risoluzione dell’enigma del presunto cannibalismo di Ugolino, non fornendo una risposta chiara in nessuna delle due direzioni possibili, ma rendendole possibili en- trambe, esemplifica un caso estremo di quella ambi- guita` del segno linguistico di cui l’autore afferma in piu` luoghi la necessita` di utilizzo in letteratura.

Gli scritti pubblicati nel decennio del Trenta consentono dunque di risalire alle radici del pensie- ro di Borges sulla letteratura, all’origine di quella personalissima concezione del testo letterario ricon- ducibile all’idea di letteratura come sistema e a quel- la, cosı` fortemente innovativa, di lettura e di scrittu- ra come riscritture. Ma permettono anche di valuta- re un altro aspetto, quello formale, o meglio argo- mentativo della saggistica, al quale si deve moltissi- mo dell’originalita` dell’intero corpus, e di cui quegli scritti esibiscono gia` alcune inconfondibili marche.

Un tratto di immediata riconoscibilita` del testo borgesiano e` costituito dal carattere serrato e fram- mentario del discorso, che si contraddistingue per un uso ridottissimo della descrizione e per un lauto impiego di frasi sintetiche e di sofisticati procedi- menti discorsivi. A conferire al saggio un’impressio- ne di frammentarieta` e` soprattutto l’andamento del- l’argomentazione, in particolare la complessita` delle sue connessioni logiche, che deriva dalle scelte ope- rate per rendere consequenziali avvio del discorso, argomentazione, dimostrazione della tesi e conclu- sione. Borges conduce le sue analisi partendo o arri- vando sempre a un altrove rispetto al tema annun- ciato, e a questo concorrono i continui richiami ad altri testi e altri autori di cui si sostanzia il suo di- scorso; le sviluppa conferendo valore probante a le-

ALLE RADICI DELLA CRITICA LETTERARIA DI BORGES: LA SAGGISTICA DEGLI ANNI TRENTA

6 Il saggio viene pubblicato nel 1928 col titolo El estilo y el tiempo («La Prensa», 22 aprile) e poi nel 1931 in «Azul» (II, 8) con

alcune modifiche.

7 Jorge Luis Borges, «Azul», II, 10, 1931; «Sur», II, 5, 1932.

8 Pubblicato in «La Nacio´n», 30 maggio 1948, col titolo El seudo problema de Ugolino, il saggio viene successivamente riunito

gami che istituisce ma che non ritiene di dover spie- gare, arrivando in certi casi a spogliare le parti del discorso argomentativo delle loro funzioni canoni- che (conferendo, ad esempio, carattere probante e non solo descrittivo a certe «narrazioni», o funzione al tempo stesso introduttiva e conclusiva a certi esor- di); le imposta basandosi su un principio che le ac- comuna tutte: quello, cioe`, che riconosce nel fram- mento (un verso, una strofa, una frase) una unita` formale e semantica in grado non solo di rappresen- tare la globalita` del testo, ma di permettere di leg- gerlo nella totalita` della letteratura universale intesa come sistema.

Altro importante tratto distintivo del suo argo- mentare e`, come emerge dall’osservazione dei modi di elaborazione dei commenti, l’abitudine ad avan- zare opinioni personali o altrui proiettando su di es- se l’insinuazione di un’implicita contraddizione, di un vizio logico, di una parzialita` di vedute; si tratta di riserve sulla coerenza logica e sull’assennatezza di certe affermazioni, che rivelano quale fascino cul- turale abbiano esercitato su di lui la complessita` e l’enigmaticita` dei fenomeni letterari e quanto straor- dinaria sia stata la sua capacita` di coglierli e indagar- li, capacita` quasi sempre tradottasi nella proposta di nuove e affascinanti interpretazioni. Acuto, vivace e attento allo spessore culturale e al rinnovamento estetico delle opere, lo sguardo critico di Borges si esprime mediante frasi assertive, lapidarie, insomma attraverso veri e propri giudizi di valore, di cui non sfugge quel carattere impressionistico che Adolfo Prieto ritenne caratterizzare l’intera saggistica ma che si puo` ben definire un «impressionismo di gran- de qualita`»,9capace spesso di fornire contributi illu- minanti. Per fare solo qualche esempio, si pensi alla sua sintesi dei caratteri dell’opera di Kipling:

Cio` che e` indiscutibile e` questo: l’opera –, poetica e prosastica –, di Kipling e` infinitamente piu` complessa delle tesi che illustra [...] Il fatto marginale che Kipling sia stato autore di racconti per bambini e che la sua lette- ratura abbia osservato sempre alcune reticenze verbali, ha oscurato tale verita`.10

o, ancora, al modo in cui definisce il genere po- liziesco recensendo Not to be taken di Anthony Ber- keley:

In mancanza di altre grazie che lo assistano, il raccon- to poliziesco puo` essere poliziesco e basta. Puo` fare a me- no di avventure, paesaggi, dialoghi e persino di caratteri; puo` limitarsi a un problema e alla sua soluzione.11

Se nella produzione degli anni Trenta appare or- mai definita la struttura argomentativa del discorso borgesiano, nei testi di quello stesso decennio, a ri- prova che l’autore si esprime gia` al massimo del suo potenziale di critico letterario, e` possibile rinve- nire anche altre peculiari caratteristiche della sua scrittura saggistica: un certo modo, ad esempio, di passare in rassegna le diverse prospettive dalle quali nell’universo letterario e` stato trattato un tema o uti- lizzato un procedimento (si tratta di excursus me- diante i quali emergono particolarmente accentuati la sua erudizione e il suo enciclopedismo), o quello che esibisce una tendenza a proporre schematiche quanto significative generalizzazioni. Ne´ manca l’uso massiccio dell’intertestualita`, quella specie di smania del raffronto per cui Borges non puo` fare a meno di parlare di un testo senza richiamarne altri; modalita` che puo` raggiungere livelli tali di sofisticazione da spingersi fino alla costituzione di fitti intrichi di rife- rimenti in grado di svolgere funzioni determinanti all’interno dell’argomentazione, quando non sostitu- tive di certe sue parti (la presentazione o la descri- zione dei fatti, le prove ecc...), e organizzati in pre- cisi schemi argomentativi. L’intertestualita`, in Bor- ges, assume la forma, a volte assai complessa, delle «famiglie di testi», vere e proprie genealogie create sulla base di raffronti e di legami di natura diversa e presenti anche nella variante delle «microstorie let- terarie», particolari famiglie che riferiscono oltre ai modi, anche i tempi in cui e` stato concepito, si e` svi- luppato, diffuso, ed eventualmente e` scomparso un tema, un concetto o un procedimento. Tali schemi argomentativi vengono utilizzati nei saggi in modo massiccio e con finalita` diverse, tutte facenti capo a due principali modalita` di impiego del riferimento: l’una attiva, in virtu` della quale il riferimento contri- buisce all’elaborazione del discorso introducendo, rafforzando, dimostrando o rappresentando un’i- dea, che sono i principali scopi a cui risultano servire quelle famiglie che, sulla sola base di un elemento di somiglianza, mettono in rapporto testi appartenenti ad epoche anche molto lontane tra loro; l’altra iner-

9 Tommaso Scarano, ‘‘Ce vice impuni, la lecture’’, in Jorge Luis Borges, Testi prigionieri, Milano, Adelphi, 1998, p. 251. 10 «He aquı´ lo indiscutible: la obra –poe´tica y prosaica– de Kipling es infinitamente ma´s compleja que las tesis que ilustra [...] La

circunstancia lateral de que Kipling fue autor de cuentos para nin˜os y de que su literatura siempre observo´ ciertas reticencias ver- bales, ha oscurecido esa verdad», Jorge Luis Borges, Edward Shanks: Rudyard Kipling. A Study in Literature and Political Ideas

Nel documento Il fantastico nella letteratura argentina (pagine 70-75)