In un libro del 1991, lo studioso statunitense Ni- colas Shumway esordiva interrogandosi sul peso del fattore culturale in cio` che viene generalmente per- cepito come il ‘fallimento nazionale’ dell’Argentina, uno dei pochi paesi ad essere precipitati, nell’opinio- ne pubblica internazionale, dal primo al terzo mon- do in solo pochi decenni.1 Tale illusoria parabola si e` imposta nell’immaginario nazionale e nella vita quotidiana del paese come una specie di paradigma retorico ricorrente, non scevro di un certo malinco- nico compiacimento, tanto da far dubitare del suo carattere storico, offuscato dall’aura mitica che l’av- volge. Sta di fatto che forse nessuno, nel 1920, avrebbe considerato l’Argentina come un paese sot- tosviluppato, ma piuttosto l’avrebbe inclusa, piu` o meno a ragione, nel novero delle nuove democrazie di successo, in virtu` della prosperita` del paese, del- l’alto tasso di alfabetizzazione e della stabilita`, alme- no apparente, dei governi. E invece, il resto del XX secolo si e` rivelato un teatro di crisi cicliche che han- no portato ad immaginare, per l’enigmatica ‘equa- zione argentina’, soluzioni sempre piu` difficili e con- troverse. Di tale equazione, il fattore culturale e` sta- to forse il piu` sottovalutato rispetto a quello econo- mico, sociale o politico, ma il suo peso appare, a tut- ti gli effetti, cospicuo.
Un aspetto della questione su cui sembra conver- gere un moderato consenso e` proprio una peculiari- ta` della cultura argentina quale emerge all’indomani dell’Indipendenza dalla Spagna e che avrebbe con- dizionato gli sviluppi futuri della Nazione. Tale pe- culiarita` consisterebbe in una conflittualita` intrinse- ca che ha accomunato da subito i discorsi – politici, letterari, scientifici – che si sono imposti al paese con pretese di ufficialita` o egemonia. Si tratterebbe, piu` precisamente, di una sorta di tendenza alla bipolari- ta` che contrappone fra loro i frammenti della realta` nazionale di volta in volta presi in considerazione, fi-
no a costituire un vero e proprio sistema di opposi- zioni binarie: civilta` vs barbarie, citta` vs campagna, capitale vs provincie, universalismo vs localismo, li- beralismo vs populismo, letteratura ufficiale vs lette- ratura clandestina, e cosı` via. Le generazioni imme- diatamente successive all’Indipendenza avrebbero, insomma, lasciato in eredita` al paese una cultura dis- sociante e un’ideologia della separazione, piuttosto che un ideale nazionale unificante. Tanto potente sa- rebbe stata la forza di questo paradigma da impe- gnare pensatori e letterati, fin dalla seconda genera- zione indipendente, a meditare sulle ‘ragioni del fal- limento’ ancora molto, molto prima della presunta de´bacle novecentesca. Nelle parole di Schumway, la nazione argentina sarebbe stata portata fin dalla sua nascita ad elaborare una vera e propria «mitolo- gia dell’esclusione»,2 qualcosa di simile a cio` che il romanziere Ernesto Sa´bato ebbe a chiamare «una societa` di oppositori», intenti ad umiliarsi l’un l’altro e, al contempo, a cercare disperatamente la strada per il consenso e il compromesso.
La spiegazione del perche´ si sia abbandonato co- sı` presto l’obiettivo dell’unita`, ovvero il ruolo della cultura ufficiale quale generatrice di una mitologia nazionale inclusiva di segno positivo, eccede eviden- temente il proposito di queste pagine, ma vale citare al riguardo un’osservazione di Noe´ Jitrik a proposito della storia della letteratura argentina e del suo ruolo nella fondazione dell’identita` nazionale, tema a cui qui s’intende accennare.3Secondo il critico argenti- no, che riprende in realta` un topos consolidato della storiografia novecentesca, l’Argentina ha sofferto da subito di una incongruenza di fondo: l’ideale di una autonomia totale e` stato infatti coltivato, a costo di annientare tutto cio` che ad esso si opponeva, da una classe borghese di origine mercantile che perce- piva se´ stessa come dipendente a sua volta dal mon- do civilizzato e capitalista. Impossibile, pero`, ottene-
1 Nicolas Shumway, The invention of Argentina, Berkeley-Los Angeles-Londra, University of California Press, 19932, p. X. 2 Ibidem.
re l’autonomia mediante soggetti che si sanno dipen- denti da istanze esterne. Cio` che tale circostanza ge- nera, dal punto di vista delle produzioni culturali, e` un conflitto fra l’idea di legittimita` e il sentimento di rappresentativita` della cultura, ovvero tra la rappre- sentazione di un dover essere e di un siamo perenne- mente in conflitto fra loro. Nel campo letterario cio` si e` tradotto nell’intenzione, da parte di alcuni, di imporre una letteratura che si presupponeva ade- guata alla realta` nazionale, a partire da modelli ester- ni e da un’interpretazione previa di tale realta`. Allo stesso tempo, quest’idea di una letteratura legittima, pensata in funzione di un determinato progetto di paese che prescindeva spesso e volentieri dalla realta` dei fatti, non ha impedito la nascita di forme di espressione letteraria spontanee o immediate, sorte per lo piu` in contesti socio-culturali popolari, che con il tempo ha costituito il fondamento per la ri- vendicazione di una letteratura rappresentativa, in contrasto con la prima, cui contende il titolo di let- teratura nazionale.
La proposta interpretativa di Noe´ Jitrik e` quella di un metodo storiografico retto da un principio cri- tico che, lungi dall’essere meramente descrittivo, re- stituisca la letteratura alla societa` che essa ha contri- buito a forgiare. Una proposta che si e` concretizzata negli ultimi anni nel grande progetto editoriale della Historia crı´tica de la literatura argentina da lui diret- ta,4l’ultimo di una serie che ha cercato, proprio at- traverso la storia della letteratura, la via d’accesso per definire, spiegare, plasmare, interrogare, qualco- sa di piu` trascendente ed astratto: l’identita` della na- zione.
«Abbiamo cominciato dalla fine. E dunque ci ve- diamo con risultati e senza principi», dichiarava nel 1837 Miguel Irigoyen riflettendo sulla scarsita` di ele- menti sui quali fondare un’idea di Patria culturale.5 Laddove le circostanze non hanno permesso di po- stulare la preesistenza di una comunita` nazionale ri- spetto alla Nazione, le strategie di invenzione della tradizione si fanno necessariamente piu` esplicite, da- ta l’urgenza di trasformare il passato in tradizione e la memoria in identita`. E se si concorda almeno in parte con Peter Bu¨rger sul fatto che le storie delle
letterature nazionali siano mere finzioni d’identita`,6 si puo` affermare che proprio in questo campo di- scorsivo si manifestano i nodi contraddittori della costruzione delle identita` nazionali. In Argentina le caratteristiche di questo genere testuale non si disco- stano dal ruolo di organizzare e orientare le comuni- ta` dei lettori di cui parla Benedict Anderson, ma an- zi accentuano il loro carattere di propedeuticita` nei confronti dell’identita` nazionale.7La storia della let- teratura assume da subito, in Argentina, una dimen- sione normativa – la (ri)formulazione del canone na- zionale –; pedagogica – in quanto sussidio indispen- sabile a una didattica dell’identita` –; politica – quale espressione di una classe chiamata a realizzare un determinato progetto di paese –; e interpretativa – come spiegazione dell’essere nazionale.
Di nuovo, pero`, il punto di partenza e` un para- dosso: per i giovani del Salo´n literario del 18??, i pri- mi a manifestare l’esigenza di uno sguardo retrospet- tivo sulla letteratura nazionale, il principale proble- ma era quello di stabilire se esistesse o meno un og- getto storicizzabile, ovvero una produzione letteraria degna di questo nome. Gran parte delle discussioni ruotava intorno alla domanda se quanto scritto dalle generazioni passate potesse fregiarsi del titolo di let- teratura e se fosse legittimamente nazionale. La commistione di criteri estetici, derivati da dettami codificati altrove, ed assiologici, calibrati sui valori della morale patriottica, era evidente: il rifiuto della tradizione letteraria ispanica, necessario a sancire l’indipendenza anche sul piano simbolico, l’assimila- zione di valori estetici esogeni, provenienti per lo piu` dalla letteratura francese, e la pretesa di originalita`, da ricercare nei temi nazionali piu` che nella forma, rendevano ogni approccio storico al tema letterario un tentativo di definizione e un progetto normativo per la letteratura futura. Sara` solo con la maturita` di uno dei giovani componenti del Salo´n literario, Juan Marı´a Gutie´rrez, che un disegno organico di storia della letteratura argentina comincera` a concretizzar- si, almeno nei propositi dell’autore, se non in un’o- pera totalizzante e completa, almeno in un corpus di studi, pubblicati nei decenni centrali del XIX seco- lo, che getteranno le basi per un metodo storiografi-
4 I volumi della Historia crı´tica de la literatura argentina hanno cominciato ad apparire nel 1999 presso la casa editrice Emece´ di
Buenos Aires. Il piano dell’opera non e` ancora stato completato. Sono usciti fino ad ora: La irrupcio´n de la crı´tica a cura di Susana Cella, La lucha de los lenguajes, a cura di Julio Schwartzman, El imperio realista, a cura di Marı´a Teresa Gramuglio, El oficio se afirma, a cura di Sylvia Saı´tta e La narracio´n gana la partida, a cura di Elsa Drucaroff.
5 «Hemos principiado por el fin. De modo que nos vemos con resultados y sin principios». Cit. in Pedro Luis Barcia, Historia
de la historiografı´a literaria argentina. Desde los orı´genes hasta 1917, Buenos Aires, Pasco, 1999, p. 75.
6 Peter Bu¨rger, On literary history, «La Torre. Revista de la Universidad de Puerto Rico», II, 4-5, 1997, pp. 179-192. 7 Cfr. Benedict Anderson, Imagined Communities, New York, 1983; traduzione italiana Comunita` immaginate, Roma, Mani-
festolibri, 1996. Cfr. anche al riguardo l’ormai classico libro di Beatriz Gonza´lez Stephan, La historiografı´a literaria del liberali- smo hispano-americano del siglo XIX, La Habana, Casa de las Ame´ricas, 1987.
co portato piu` tardi a compimento da altri.8Gutie´r- rez traspone nel suo storicismo critico la sua stessa ossessiva meticolosita` di bibliografo e catalogatore, concependo la storia della letteratura come imposi- zione di una razionalita` alla disorganica produzione letteraria nazionale e di una logica al disordine docu- mentale, per dare corpo alle voci disarticolate che fi- no ad allora avevano parlato al paese. I testi diventa- no cosı` i supporti tangibili di un’identita` nazionale in nuce, capaci di riempire le lacune di un insieme pensato a priori e che rischiava di non sostenersi al- trimenti.
Bisognera` tuttavia attendere il secondo decennio del XX secolo perche´ il contributo di Gutie´rrez e dei suoi compagni di generazione giungesse a com- pimento in una summa storiografica organica ed esaustiva, erede della grande tradizione europea ot- tocentesca, di cui e` epigona, e al tempo stesso porta- trice di nuovi orizzonti critici e metodologici. La Hi- storia de la literatura argentina di Ricardo Rojas, pubblicata tra il 1917 e il 1922, e` infatti un grandio- so edificio sostenuto dal piu` vasto corpus documen- tale mai riunito, che legittima il suo discorso proprio dalla mole dei testi esumati dalla ricerca d’archivio: una mole che sarebbe valsa all’autore la pungente ironia di Paul Groussac e di Jorge Luis Borges,9 e che Rojas esibiva invece quale giustificazione eviden- te di una tesi enunciata a priori, ovvero l’esistenza di un’autentica tradizione nazionale e una sua specifica ed originaria essenza. Il preteso metodo induttivo, che dalla frammentarieta` dei testi doveva condurre alla totalita` dell’identita` nazionale, veniva rovesciato da Rojas in un’operazione intrinsecamente dedutti- va: la dimostrazione della validita` della premessa fi- losofica10 dell’intero edificio storiografico. La ricer- ca d’archivio si trasformava in una sorta di accani- mento euristico volto alla definizione dell’argentini- ta`, le cui tessere musive, rintracciate nei testi, erano il determinismo tellurico, il genius loci, e la nozione spiritualista, di ascendenza unamuniana, di Hispani- dad. Gia` annunciato in Blaso´n de plata, del 1912, e
portato a compimento in Eurindia, del 1924, il con- cetto di argentinita` che emerge dalla Historia tende alla riconciliazione dell’elemento indigeno e di quel- lo ispanico in un meticciato simbolico da cui secon- do Rojas era scaturita una nuova entita` spirituale. Il marcato carattere utopico ed essenzialista di tale po- sizione non piacque agli intellettuali di estrazione immigratoria. Uno fra tutti, Jose´ Ingenieros, di origi- ni siciliane, ebbe a rinfacciare a Rojas l’aver diffuso una concezione reazionaria della nazionalita` cultura- le falsamente ‘ispano-indigena’ che, ancora una vol- ta, escludeva radicalmente uno degli elementi in gio- co della realta` nazionale: la «trasformazione etnica» apportata dall’immigrazione.11
Le storie della letteratura argentina non poterono resistere al declino delle concezioni spiritualiste ed essenzialiste dell’identita` nazionale sotto la spinta delle poderose trasformazioni sociali impresse dal- l’alluvione immigratoria e delle rivoluzioni politiche novecentesche, come la parabola del peronismo. L’uscita di Literatura argentina y realidad polı´tica, pubblicato per la prima volta da David Vin˜as nel 1964 e rimaneggiato a piu` riprese in complicate vi- cende editoriali, rappresento` il primo rilevante ten- tativo di disegno storico della letteratura argentina dopo quello di Rojas, giacche´ a quest’ultimo erano seguite opere di carattere collettivo che, sebbene coordinate da un’unica istanza organizzatrice, non costituivano espressione di un’interpretazione unita- ria e coerente del corpus nel suo complesso (come nel caso della Historia de la literatura argentina coor- dinata da Rafael Alberto Arrieta nel 1958) bensı` un insieme di monografie affidate ad altrettanti specia- listi e personalita` accademiche di rilievo. La svolta impressa da Vin˜as negli anni ’60 puo` essere esempli- ficata col passaggio dall’euristica, in cui la faticosa costituzione di un corpus dilatato a dismisura a par- tire dai frammenti recuperati al passato apre nuove strade per la ricerca, all’ermeneutica, che reclama una sintesi estrema, una vera e propria contrazione del corpus divenuto ormai ‘testo unico’: «Cio` che
IDENTITA` NAZIONALE E STORIA DELLA LETTERATURA: L’EQUAZIONE ARGENTINA
8 Mi riferisco in particolare a Juan Marı´a Gutie´rrez, Ame´rica Poe´tica, Valparaı´so, Imprenta de ‘‘El Mercurio’’, 1846; Id., De
la elocuencia sagrada en Buenos Aires antes de la revolucio´n, «La Revista de Buenos Aires», 2, 1863, pp. 277-300; Id., Estudios bio- gra´ficos y crı´ticos sobre algunos poetas sud-americanos anteriores al siglo XIX, Buenos Aires, Imprenta del siglo, 1865; Id., Reminiscen- cias de la literatura antigua americana y especialmente de la Repu´blica Argentina, «La Revista de Buenos Aires», 12, 1867, pp. 540-562; Id., De la poesı´a y elocuencia de las tribus de Ame´rica, «La Revista de Buenos Aires», 19, 1869, p. 545; 20, 1869, pp. 224-391, «Revista del Rı´o de la Plata», 3, 1872, pp. 194-211; Id., Estudio sobre La Argentina y conquista del Rı´o e la Plata y sobre su autor don Martı´n del Barco Centenera, «La Revista del Rı´o de la Plata», 7, 1873, pp. 3-37, 337-361, 12, 1876, pp. 610-639, tra i piu` rappresentativi.
9 Paul Groussac ebbe a definire l’opera di Rojas come «aquella copiosa historia de lo que orga´nicamente nunca existio´», in Crı´-
tica literaria, Buenos Aires, Hyspame´rica, 1985 [1924], pp. 13-14; mentre Jorge Luis Borges, in una celebre boutade, parlava dei quel «inversamente parado´jico doctor Rojas cuya historia de la literatura argentina es ma´s extensa que la literatura argentina.», in Arte de injuriar, Id., Historia de la eternidad, [1936], in Obras completas, Buenos Aires, Emece´, 1974, p. 421.
10 Com’e` evidente anche dal sottotitolo Ensayo filoso´fico sobre la evolucio´n de la cultura en el Plata.
11 Nel testo: «modificacio´n e´tnica». Jose´ Ingenieros, Nacionalismo e indianismo: carta a Ricardo Rojas, «Revista de Ame´rica»,
si propone in questo libro non e` una spiegazione so- ciologica bensı` una lettura politica della letteratura del nostro paese intesa come un testo unico, ininter- rotto, dove parla la borghesia argentina».12Alla pro- liferazione dei testi contenuti nella Historia di Rojas fa da contraltare il riduzionismo di Vin˜as e la sua po- stulazione del testo unico. Ai due procedimenti, am- plificazione e riduzione, corrispondono, natural- mente, due gesti originari opposti: il primo cerca nell’abbondante varieta` del corpus gli indizi di un’u- nica essenza permanente e immutabile; il secondo rintraccia nella sintetica unita` del testo i conflitti e le disarmonie di un processo dialettico in divenire. L’argentinita` non e`, come per Rojas, il contenuto uniforme ed essenziale che soggiace alle manifesta- zioni estetiche e letterarie del paese, bensı`, come di- ce Vin˜as stesso, «un’unita` culturale non tanto crono- logica o stilistica ma piuttosto un’unita` di proble- mi».13Il tema dell’identita` e` oggetto non tanto di in- terpretazione filosofica quanto di tentativi di spiega- zione mediante categorie socio-economiche e politi- che, e viene dunque posto in termini quasi opposti, non solo rispetto a quanto sostenuto da Rojas, ma soprattutto, e in modo piu` aperto, rispetto alle posi- zioni dei saggisti dell’essere nazionale come Martı´- nez Estrada, Mallea o Murena, contro i quali la rivi- sta Contorno, fondata qualche anno prima tra gli al- tri dallo stesso Vin˜as, aveva gia` combattuto le sue battaglie. Nella nozione ipostatizzata di identita` ir- rompe finalmente la Storia, e con essa la disarmonia e il conflitto che sono alla base del suo divenire.
Il decennio del 1960 e` stato generoso dal punto di vista della storiografia letteraria. Negli stessi anni
in cui uscivano, non senza polemiche, i volumi di Vi- n˜as appariva la serie storiografica Capı´tulo, lanciata dal Centro Editor de Ame´rica Latina diretto da Bo- ris Spivacow, pensata per un pubblico di massa, di- dattica e divulgativa, ma fondata su principi critici consolidati nell’ambiente accademico progressista. Venduta in fascicoli nelle edicole, e successivamente ripubblicata in volumetti, si tramuto` in uno dei fe- nomeni editoriali piu` incredibili dell’epoca, con le sue 100.000 copie settimanali vendute in tutto il paese. La storia della letteratura aveva definitiva- mente varcato il recinto dell’Accademia e il suo mes- saggio, sempre piu` critico e consapevole, occupava uno spazio centrale della vita culturale argentina. Ed e` forse paradossale che questo accadesse poco prima del tramonto epocale della storiografia lette- raria come pretesa conoscitiva totalizzante.
All’apparizione del primo tomo della Historia crı´- tica de la literatura argentina, nel 1999, il suo diret- tore, Noe´ Jitrik, confessava la contraddizione essen- ziale in cui si trovava: aveva passato gli ultimi decen- ni a determinare perche´ non funziona piu`, nel di- scorso culturale attuale, questo genere di testi che sono le storie della letteratura. Smascherato quanto di fittizio esso cela, nelle premesse epistemologiche e nell’intenzionalita` ideologica, rimaneva una pro- fonda sfiducia nella possibilita` di sopravvivenza del genere. Niente di meglio, allora, che sfidare le pos- sibilita` apparentemente esaurite di un discorso, ri- vendicando, nonostante tutto, la storicita` ineludibile che riveste ogni azione umana.14
* Universita` degli Studi di Macerata
12 «Lo que se propone en este libro no es una explicacio´n sociolo´gica sino una lectura polı´tica de la literatura de nuestro paı´s
entendida como un texto u´nico, corrido, donde la burguesı´a argentina habla.». David Vin˜as, De Sarmiento a Corta´zar, Buenos Aires, Siglo Veinte, 1971, p. 10.
13 «Una unidad cultural no tanto cronolo´gica o estilı´stica como unidad de problemas.» David Vinas, La historia excluida: ubi-
cacio´n de Martı´nez Estrada, cit. in Beatriz Sarlo, Los dos ojos de contorno, «Punto de vista», 81, 1996, p. 4.