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Modulazioni dell’umorismo nella letteratura argentina del Novecento

Nel documento Il fantastico nella letteratura argentina (pagine 75-82)

1. Il primo a denunciare la tirannia della serieta` nella letteratura argentina e a ribadire la necessita` del riscatto della tradizione umoristica e` stato lo scrittore Julio Corta´zar (1914-1984), come leggiamo nel saggio Della serieta` delle veglie funebri:

[...] Ma siamo seri e osserviamo come l’umorismo, sradicato dalle nostre lettere contemporanee (Macedonio, il primo Borges, il primo Nale´, Ce´sar Bruto, Marechal a tratti, sono outsiders scandalosi nel nostro ippodromo let- terario), rappresenti, a dispetto dei tartarugoni, una co- stante dello spirito argentino in tutti i registri culturali che vanno dalla affilata tradizione di Mansilla, Wilde, Cambaceres e Payro` fino all’umorismo sublime di quel poveraccio di Buenos Aires che alla fermata del tram 85 strapieno, il controllore massificato che gli ordina di smetterla con le sue proteste, risponde: ‘‘E cosa vuoi? Che muoia in silenzio?’’1

Corta´zar indica con precisione i rappresentanti di quella che ho definito la ‘tradizione umoristica ar- gentina’, della quale, alla fine degli anni sessanta, la- menta la condizione ancora di oblio. Questa tradi- zione sarebbe stata inaugurata nella sua modulazio- ne satirica alla fine dell’Ottocento e poi proseguita per tutto il Novecento sotto forme considerate con occhio molto diverso dalla critica, come dimostra la menzione, nel brano citato, di Jorge Luis Borges (1899-1986), autore di testi letterari di grande erudi- zione e raffinatezza, insieme a quello del redattore analfabeta Ce´sar Bruto, pseudonimo con il quale Carlos Warnes (1905-1984) firmava le note parodi- che di cui reinventava grammatica e sintassi imitan- do le modalita` delle classi popolari, pubblicate negli anni Quaranta e Cinquanta su riviste di ampia diffu- sione.

Il riferimento a Borges e Ce´sar Bruto conduce al-

le due opposte linee umoristiche presenti all’interno della letteratura argentina gia` identificate dalla criti- ca:2 la prima, a cui vengono fatti risalire Borges e Adolfo Bioy Casares (1914-1999), e` fondata sulla dissimulazione dell’umorismo attraverso la costru- zione apparentemente realista; a questo scopo gli autori giocano con il lettore in modo nascosto e sor- nione (a volte persino a sua insaputa), distraendolo dai meccanismi della finzione. L’altra linea invece, il cui precursore sarebbe Macedonio Ferna´ndez (1874-1952), comprende scrittori come Carlos War- nes, Julio Corta´zar, gia` menzionati, e Roberto Fonta- narrosa (1944-2007), i quali si servono dell’umori- smo per svelare i meccanismi del mondo, costruen- do una relazione privilegiata con il destinatario del testo. Come vedremo, in ambedue le tendenze ritro- viamo un umorismo derivato dall’uso parodico del linguaggio, che richiede un lettore attento o compli- ce per l’attivazione dell’effetto umoristico.

2. La natura recondita dell’umorismo di Borges, unitamente al pregiudizio contro le forme umoristi- che gia` accennato, e` stata responsabile della prolun- gata ignoranza – oggi fortunatamente in via di supe- ramento – di questo aspetto della sua opera, recepi- ta principalmente come ‘seria’ per i paradossi dei saggi d’invenzione di Finzioni (1944) o per il fanta- stico metafisico dei racconti di L’Aleph (1949). Tut- tavia questi testi – cosı` come lo stesso Borges nella vita – dietro l’apparenza austera e ieratica, celano spesso uno sguardo ironico, che rispecchia una vi- sione nascostamente umoristica del reale, come Re- ne´ de Costa per primo ha brillantemente rivelato e una solida bibliografia critica ha in seguito confer- mato.3 Gli esempi dell’umorismo borgesiano sono innumerevoli e gia` ampiamente analizzati nel detta-

1 Julio Corta´zar, Della serieta` nelle veglie funebri, in Id., Il giro del giorno in ottanta mondi (1968), Padova, Alet, 2006, pp.

49-57, p. 54.

2 Cfr. Pablo De Santis, Risas argentinas: la narracio´n del humor, in Noe´ Jitrik (a cura di), Historia crı´tica de la literatura ar-

gentina, Buenos Aires, Emece´, 2000, vol. 11, pp. 493-510, p. 493.

3 Cfr. Rene´ De Costa, El humor en Borges, Madrid, Ca´tedra, 1999. Sullo stesso argomento si vedano anche Roberto Alifa-

glio,4qui ci limiteremo, per ragioni di spazio, ad al- cuni fra i piu` rappresentativi.

Nelle finzioni di Borges l’ironia di tipo filosofico convive assieme alla comicita` vera e propria, che sca- turisce dall’uso di un linguaggio parodico, come si e` detto, ma accuratamente dissimulato nella verosimi- glianza della narrazione di tipo realistico: questo umorismo attivo su due piani – quello complessivo del significato ironico e quello puntuale del discorso e del linguaggio – si ritrova ad esempio in ‘‘Funes, o della memoria’’,5testo sottoposto, finora, per lo piu` a letture che si soffermano principalmente sulla sua componente ‘seria’.

Il racconto e` imperniato sulla straordinaria capa- cita` che il suo protagonista, Ireneo Funes, ha acqui- sito in seguito ad un incidente: ricordare simultanea- mente la totalita` degli eventi, ogni singolo oggetto dell’universo ed ogni singola volta che lo ha percepi- to, alla stregua di un essere divino: «Noi, in un’oc- chiata, percepiamo: tre bicchieri su una tavola. Fu- nes: tutti i tralci, i grappoli e gli acini d’una pergola» (p. 712). Questo ‘dono’ ha pero` paradossali conse- guenze, di cui Borges suggerisce, tra le righe, anche l’aspetto ridicolo. La valenza ironica del racconto e` anticipata gia` nel primo paragrafo dalla replica del narratore in prima persona, quando commenta le parole (fittizie) scritte su Funes dal poeta uruguaya- no Pedro Leandro Ipuche (reale), che lo avrebbe de- finito «uno Zaratustra selvatico e vernacolare» (p. 707). Cosı` osserva laconicamente il narratore: «[...] non lo metto in dubbio, ma non si deve dimenticare che fu anche un cittadino di Fray Bentos, con certe incurabili limitazioni.» (pp. 707-708).

In effetti, il destino di Funes, nonostante questa sua capacita` prodigiosa, e` segnato da una paradossa- le ironia:

Questi [Funes] non dimentichiamolo, era quasi inca- pace di idee generali, platoniche. Non solo gli era difficile di comprendere come il simbolo generi ‘‘cane’’ potesse designare un cosı` vasto assortimento di individui diversi per dimensioni e per forma; ma anche l’infastidiva il fatto che il cane delle tre e quattordici (visto di profilo) avesse

lo stesso nome del cane delle tre e un quarto (visto di fronte). Il suo proprio volto nello specchio, le sue proprie mani, lo sorprendevano ogni volta. (p. 714).

Colui che tutto vede e tutto ricorda non sa for- mulare un pensiero astratto e generalizzante: non puo` percio` conoscere il mondo se non attraverso l’e- sperienza dei singoli oggetti, che si affollano inces- santemente ed in modo caotico nella sua memoria. Funes morira` a soli 19 anni «[...] antico come l’Egit- to, anteriore alle profezie e alle piramidi» (p. 715): non c’e` dunque possibilita` per l’uomo di trascendere i limiti della propria condizione umana.

Al di la` della valenza ironica e delle implicazioni filosofiche del racconto, gia` analizzate ampiamente da Martı´n,6‘‘Funes, o della memoria’’ presenta alcu- ni esempi dei procedimenti umoristici borgesiani quasi impercettibili se ci si predispone ad una lettura univoca, che privilegi piuttosto la versione seria. Nel brano citato in precedenza, ad esempio, la scelta di un elemento triviale come il cane per l’esemplifica- zione, cosı` come il dettaglio dell’immagine dell’ani- male di profilo e di fronte, restituiscono bene la mol- titudine di visioni che scorrono nella mente di Fu- nes, ma sono ridicoli in se´ ed emblematici di quell’u- morismo sotterraneo, tanto caratteristico di Borges, a cui accennavo.

Borges sperimenta un altro tipo di umorismo nei saggi di finzione, come quelli di Storia dell’eternita` (1936) dove si serve di tutto l’apparato paratestuale (bibliografia e note a pie´ di pagina, in cui rinvia con- temporaneamente ad autori ed opere esistenti e di fantasia) per coinvolgere il lettore nel suo gioco pa- rodico: esemplare di questo tipo di invenzione umo- ristica e`, tra gli altri, ‘‘L’accostamento ad Almota- sim’’.7Il gia` citato De Costa ha realizzato una lettura chiarificante di questo ‘saggio’, mettendo in eviden- za come, disseminati nel testo e mimetizzati dietro la verosimiglianza che esso ricerca, si trovino una serie di incoerenze ed elementi ridicoli favoriti dal conte- sto esotico (ad esempio l’atto di modellare un’im- probabile «immagine di manteca di yak», ovvero del burro di bovino tibetano...),8che ne confessano

MODULAZIONI DELL’UMORISMO NELLA LETTERATURA ARGENTINA DEL NOVECENTO

riaciones Borges», 12, 2001, pp. 5-121; Rafael Olea Franco (a cura di), Borges: desesperaciones aparentes y consuelos secretos, Me´xico, El Colegio de Me´xico, 1999.

4 Oltre al gia` citato De Costa, cfr. tra gli altri; Evelyn Fishburn, From Black to Pink: Shades of Humor in Borges’s Fictions, in

Almeida, Parodi (a cura di), Dossier: Borges y el humor..., pp. 7-27.

5 Borges, ‘‘Funes, o della memoria’’, Finzioni (1944), Tutte le opere, Milano, Mondadori, 1984 (I Meridiani), 2 vv., vol. 1, pp.

707-715. Tutte le citazioni in italiano delle opere di Borges fanno riferimento a questo volume, d’ora in avanti si indichera` soltanto il numero di pagina tra parentesi nel testo.

6 Cfr. Marina Martı´n, Humor y parodia en Borges: versiones de lo inverosı´mil, «Variaciones Borges», 18, 2004, pp. 44-61. 7 Questo racconto compare inizialmente in Historia de la eternidad (1936) e successivamente viene incluso nell’edizione di Fic-

ciones del 1956. Nel volume da cui traggo le citazioni in italiano, esso fa parte di Finzioni: cfr. Borges, ‘‘L’accostamento ad Almo- tasim’’, Tutte le opere..., pp. 642-648.

la natura burlona. Borges, dunque, si diverte segre- tamente e designa per la sua letteratura un lettore ideale capace di non lasciarsi abbagliare dai paluda- menti della serieta`.

Un umorismo di segno affine e` quello di Bioy Ca- sares, nel Breve Diccionario del Argentino Exquisito (1971),9 pubblicato per la prima volta con lo pseu- donimo di Javier de Miranda. In questa edizione, il testo della quarta di copertina presenta inganne- volmente il volume come una vera ricerca sulle nuo- ve voci della lingua argentina: come gia` Borges, si ri- corre alla verosimiglianza per costruire la propria finzione umoristica, in un intreccio ove realta` e in- venzione si confondono volutamente. Nel prologo alla riedizione del 1978, Bioy indica una famiglia di testi tra cui collocare il dizionario: tra questi, se- gnala il Vocabulaire chic di Jean Dutour, il Diction- naire des ide´e rec¸ues ou Catalogue des opinions chic che Flaubert voleva aggiungere in appendice al suo romanzo Bouvard e Pe´cuchet e gli scritti di Lan- dru`, alias di Juan Carlos Colombres (1923-), carica- turista argentino che sferzo` con ironia certi compor- tamenti sociali, e quindi linguistici, del suo paese.10 Anche il gioco intellettuale del Breve diccionario mi- ra a irridere certi cliche´s, ovvero quelli del linguag- gio, privilegiando come bersaglio ironico gli usi uffi- ciali, pedanti e solenni (e spesso inappropriati) della lingua, oppure gli usi eufemistici che servono a ca- muffare la realta`.

Il repertorio da cui si traggono gli esempi per le voci del dizionario e` vasto ed eterogeneo, include di- chiarazioni politiche, testi letterari, frammenti di tango oppure di opere immaginarie, attraverso cui si stigmatizzano tanto le manipolazioni del lessico usato dai giornali per parlare delle vicende politiche ed economiche, quanto le deformazioni degli usi po- polari:

Ossia: Intercalare di significato impreciso, contempo- raneo a ‘Hai visto?’, molto diffuso a Buenos Aires, c.

1970. ‘‘Ho visto la fila per L’eredita` dei Ferramonti. Ossia, dalla fila e basta non puoi capire se un film non e` un granche´.’’ (Autori vari, Il meglio della nostra critica scien- tista, Buenos Aires, 1980.) Cfr. Ricevere. (p. 141)11

La critica alle vacuita` del linguaggio convenzio- nale si estende anche a quelle dell’agire politico, che infatti spesso si risolve nelle formule di una vuo- ta retorica: «Strutture: ‘‘Bisogna cambiarle’’ (J. Miranda, Dizionario di frasi fatte)» (p. 78). Altre vol- te, oggetto di ironia sono quei tecnicismi che trasfor- mano nominalmente la realta`, pur non corrispon- dendo a nulla in concreto: «Organigramma: gio- cattolo e incanto dei funzionari, tecnocrati, burocra- ti. Il suo autentico significato si ignora. In passato al- cuni scrivevano onganigramma» (p. 141). Il termine «onganigrama» e` un rimando ironico anche ad una precisa situazione politica: il neologismo e` infatti co- niato sul cognome del generale argentino Juan Car- los Onganı´a, insediatosi al potere dopo il colpo di stato del 1966, che pero` non riuscı` a risolvere la gra- ve situazione d’instabilita` politica ed economica in cui versava il paese.

La maggiore difficolta` a partecipare a questo tipo di umorismo deriva dal suo profondo radicamento in una dimensione nazionale: per intuire l’intonazio- ne ironica e la dissacrazione parodica e` infatti neces- sario essere a conoscenza degli elementi della storia e della cultura argentina a cui le voci costantemente rinviano e con cui giocano.

Questi stessi problemi si ritrovano negli altri testi di tipo parodico-umoristico che Bioy Casares scrisse insieme a Borges, con il quale, come e` noto, formo` una coppia letteraria assai prolifica. Con l’eteronimo di Honorio Bustos Domecq i due firmarono, tra gli altri, i racconti di Sei problemi per Don Isidro Parodi (1942), le Cronache di Bustos Domecq (1967) e le Nuove cronache di Bustos Domecq (1977).12 Questi volumi, grazie alla parodia dei linguaggi, individua- no due bersagli umoristici: nelle Cronache di Bustos

realizzata da Eduardo Ramos Izquiedo nel volume Contrapuntos analı´ticos a ‘‘El acercamiento a Almota´sim’’, Me´xico-Paris, RIL- MA 2-ADEHL, 2006.

9 Per questo lavoro ho consultato l’edizione ampliata del 1978. Adolfo Bioy Casares, Diccionario del argentino exquisito, Bue-

nos Aires, Emece´, 1990, 4ed. Tutte le citazioni sono tratte da questa edizione, d’ora in avanti si indichera` solo il numero di pagina tra parentesi nel testo. Le traduzioni all’italiano sono tutte mie.

10 Come De Santis, mi sembra necessario sottolineare l’importanza – e l’eccezionalita` – di questo riconoscimento dell’umorismo

non letterario di Landru´ da parte di uno scrittore noto e molto letterario come Bioy Casares. Cfr. De Santis, Risas argentinas..., p. 502.

11 Nella traduzione ‘ricevere’ si e` persa l’ironia del verbo ‘recepcionar’ (da ‘recepcio´n’, che significa ‘ricezione’ o ‘ricevimento’),

neologismo entrato in uso al posto del verbo corretto ‘recibir’ perche´ sentito come piu` elevato rispetto ad esso, non presente ne´ nel Diccionario de uso del espan˜ol di Marı´a Moliner ne´ nel Diccionario de la Real Academia Espan˜ola, ma cosı` descritto nel Diccionario panhispa´nico de dudas: «A pesar de su frecuencia en el lenguaje administrativo y periodı´stico, se trata de un neologismo superfluo, pues no aporta novedades con respecto al verbo tradicional ‘recibir’». Cfr. Real Academia Espan˜ola, Diccionario Panhispa´nico de dudas, Madrid, Santillana, 2005, p. 560.

Domecq, che ripropongono il modello borgesiano gia` visto delle finte note, la critica e` rivolta contro un certo establishment letterario, mentre nell’ano- malo poliziesco Sei problemi per Don Isidro Parodi (in cui l’investigatore risolve i casi dal carcere dove e` rinchiuso) oggetto di deformazione parodica sono i registri appartenenti ai vari tipi sociali della Buenos Aires dell’epoca: i personaggi del libro (il professor Gervasio Montenegro, il poeta futurista Carlos An- glada, il suo allievo e segretario Jose´ Formento, l’i- spanista Mario Bonfanti) vengono ritratti proprio a partire dal modo in cui parlano. Come rileva anche Cristina Parodi13, questo testo e` costituito da voci, ricco di riproduzioni di tratti tipici dell’oralita`, ed il suo umorismo risiede nella manipolazione del lin- guaggio e nella parola duplice del contrappunto tra i discorsi dei personaggi e quelli di un enunciatore ironico, istanza autoriale discordante con il tono de- gli altri enunciatari. La spiccata componente ironica consente di distinguere questi autori ed il loro umorismo da quello dell’altra linea menzionata in apertura, che congiunge Warnes, Corta´zar, Fonta- narrosa.

3. A differenza di Borges e Bioy, gli autori sum- menzionati presentano opere e profili biografici as- sai differenti: non solo scrivono in epoche diverse, ma si dedicano a generi associati ad un prestigio cri- tico disuguale. La comicita` dei brevi testi periodici di Warnes/Bruto, raccolti in vari volumi tra cui El pensamiento vivo de Ce´sar Bruto (1946), Lo que me gustarı´a ser a mı´ si no fuera lo que soy yo (1947); lo straniamento ironico di Corta´zar nei testi di Storie di cronopio e di famas (1962) e di Un tal Lucas (1979); la parodia dissacrante di Fontanarrosa, pre- sente sia nelle opere di tipo narrativo, come i rac- conti di No se´ si he sido claro (1985) e Uno nunca sabe (1993), sia nelle opere grafiche, come le strisce di Inodoro Pereyra ¡El Renegau! (pubblicate dal 1972 sino alla morte dell’autore, nel 2007)14presen- tano come tratto in comune l’umorismo liberatorio fondato sulla parodia, che usa il linguaggio in modo

ludico giocando con l’aspetto fonico della lingua e disarticolandone i significanti per creare nuovi signi- ficati.

In diversi modi e misure infatti (per una generica similitudine o in maniera esplicita, come nel caso di Corta´zar)15 questi autori si inseriscono nella tradi- zione dell’umorismo concettuale illustrato da Mace- donio nel suo saggio Para una teorı´a de la humorı´sti- ca (1944). L’umorismo concettuale e` lı` presentato come una delle forme per conquistare uno spazio dell’assurdo (la ‘libreposibilidad’ e la ‘todoposibili- dad’) e ribellarsi alle leggi schiaccianti della raziona- lita`, insite anche nelle norme del linguaggio: proprio dalla loro infrazione deriverebbe il piacere del gioco, indicato da Macedonio come una componente fon- damentale di questo tipo di riso.16

I tre autori sarebbero inoltre assimilabili perche´ associano quest’attitudine assurda e paradossale al ritratto delle diverse tipologie sociali e delle loro usanze, riprendendo il filone del cosiddetto ‘costum- brismo’, iniziato nella letteratura argentina verso la seconda meta` dell’Ottocento: basti pensare ai testi di un Un tal Lucas, dove le classi popolari, cosı` come le e´lites intellettuali o accademiche, sono oggetto di caricatura, oppure alle scene surreali di Storie di cro- nopios e di famas, ambientate in una riconoscibilissi- ma Buenos Aires, che vedono protagonisti degli strani esseri inventati da Corta´zar.

Tuttavia, a partire dai diversi gradi di godibilita` delle opere dei tre autori da parte del lettore non ar- gentino (ma soprattutto non ispanofono, vista la na- tura linguistica del loro umorismo), e` possibile trac- ciare ulteriori distinzioni. Mentre i testi di Corta´zar risultano accessibili ad un lettore ‘internazionale’, come provano anche le loro traduzioni in varie lin- gue (nonostante l’inevitabile perdita di echi e riso- nanze interne al sistema culturale e intertestuale ar- gentino), i testi di Warnes/Bruto sono piu` difficil- mente esportabili e comprensibili al di fuori della lingua e del contesto d’origine, per questo li tralasce- remo. In un livello intermedio si collocano invece i

MODULAZIONI DELL’UMORISMO NELLA LETTERATURA ARGENTINA DEL NOVECENTO

mecq (1967), Torino, Einaudi, 1975; Id., Nuovi racconti di Bustos Domecq (1977), Milano, Franco Maria Ricci, 1985 (La Biblioteca di Babele, 31).

13 Cristina Parodi, Algunas estrategias del humor de ‘Biorges’, «Variaciones Borges», 24, 2007, consultato on-line http://

www.accessmylibrary.com/article-1G1-171139039/algunas-estrategias-del-humor.html.

14 Cfr. Carlos Warnes, El pensamiento vivo de Ce´sar Bruto, Buenos Aires, La Cuerda Floja, 1946; Id., Lo que me gustarı´a ser a

mı´si no fuera lo que soy yo (1947), Buenos Aires, Ediciones de la Flor, 1996; Julio Corta´zar, Storie di cronopios e di famas (1962) e Un tal Lucas (1979) in I racconti, Torino, Einaudi-Gallimard, 1994 (Biblioteca della Ple´iade); Roberto Fontanarrosa, No se´ si he sido claro y otros cuentos, Buenos Aires, Ediciones de la Flor, 1985; Id., Uno nunca sabe, Buenos Aires, Ediciones de la Flor, 1993; Id., Veinte an˜os con Inodoro Pereyra (1974-1994), Buenos Aires, Ediciones de la Flor, 1999.

15 Cfr. Alicia Borinsky, Macedonio y el Humor de Julio Corta´zar, «Revista Iberoamericana», XXXIX, 84-85, jul.-dic. 1973, pp.

521-535.

16 Macedonio Ferna´ndez, Para una teorı´a de la humorı´stica, in Id., Obras completas, Buenos Aires, Corregidor, 1974. Su Ma-

testi di Fontanarrosa, all’interno dei quali e` pero` ne- cessario differenziare la produzione narrativa da quella grafica: mentre la prima si concentra sulla pa- rodia di modalita` discorsive (ad esempio il romanzo realista ottocentesco, come in ‘‘Los padres de Ko- stia’’, o il discorso politico, come in ‘‘El camarata Fiodorovich’’) o registri diversi (come quello collo- quiale di ‘‘Toda la verdad’’ o il gergo dei tangueros in ‘‘Una noche inolvidable’’17) decifrabili in buona

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