Con il romanzo Lezione di tango la Osorio si pro- pone di raccontare la storia del celebre ballo non tanto con un genere letterario di tipo saggistico ma attraverso la voce di protagonisti presi dal vivo, e coinvolti in una vicenda corale che si svolge ideal- mente nel corso del ’900 argentino.
Con una apertura al realismo magico caro alla letteratura latino-americana, l’autrice fa spesso par- lare il tango in prima persona come voce narrante che coinvolge tutto e tutti fino a diventare un ‘‘ballo metafora’’ della societa` che l’ha prodotto.
Si tratta naturalmente di una danza che rivendica l’espressione del sentimento proprio delle libere ma- nifestazioni collettive in cui prevale lo spirito dioni- siaco rispetto alla norma formale della esecuzione apollinea.
Siamo percio` di fronte all’elemento particolare di una cultura, che non lo ha mai considerato a se stan- te ma come parte di un tutto organico secondo la vi- sione integrale dell’antropologia culturale.
Infatti dalla storia dell’umanita` sappiamo come il gesto, il moto e la danza del corpo sono stati i mezzi universali con i quali l’uomo ha espresso i suoi sen- timenti profondi a iniziare dalle concezioni filosofi- co-religiose fino alle realizzazioni dell’arte preistori- ca e di livello etnologico.
In India si crede che il dio Shiva creo` il mondo danzando per spiegare l’armonia e i ritmi dell’uni- verso, mentre nella Bibbia si descrive la Sapienza di- vina che danza nel cosmo, all’alba della creazione.
I graffiti cromatici e le incisioni rupestri del pe- riodo neolitico ci mostrano danze per ottenere i frut- ti della caccia, della fertilita` e del lavoro in cui si esprime lo stupore sovrumano di fronte ai fenomeni straordinari dell’esistenza.
Nell’opera in esame si parla del tango in rappor- to continuo con la storia e la societa` dell’Argentina (in particolare Buenos Aires) e nella funzione di filo conduttore per ricreare le memorie di individui, di famiglie e di un popolo. Nata alla fine dell’Ottocen- to nei quartieri popolari di Buenos Aires, quando la citta` ospitava un’alluvione di emigranti, questa dan- za diventa il linguaggio fisico che consente alla gente di comunicare nella babele etnica e linguistica che si era creata. Tali le origini di una manifestazione mu- sicale e fisica che fonde in un corpo a corpo uomini e donne di origine, eta` e classi sociali diverse fino a rappresentare l’abbraccio delle componenti costitu- tive del tessuto etnico del popolo argentino.
L’efficacia di questa immagine induce Elsa Oso- rio a ritenere che la vera ricchezza culturale della grande nazione sud-americana consista nella convi- venza armonica delle sue presenze umane, per cui lo sforzo di valorizzare le diversita` dovrebbe preva- lere sulla ricerca astratta dell’identita` nazionale.
Cosı` le note e le movenze del tango con le sue trasformazioni diventano l’eco di quanto avviene nel paese: negli ultimi anni dell’Ottocento prevale la sua carica sensuale, con gli inizi del Novecento si manifesta come musica di travolgente allegria per assumere tonalita` cupe ogni volta che la societa` passa dalle prime lotte sindacali al peronismo, dagli anni bui della dittatura militare al crollo finanziario del 2001.
In genere il tango diventa sempre piu` sofisticato con l’intervento di musicisti di professione, promo- tori di modalita` che hanno poco a che vedere con il suo carattere delle origini, quando i giovani stu- denti argentini lo introducono negli ambienti alla moda di Parigi. E` qui che con il favore di interpreti colti, attratti dalla miscela di esotismo e di trasgres- sione che tale ballo comporta, dove vengono codifi- cate le varie figure e si incomincia ad ammetterlo nei ritrovi dell’alta societa`, liberandolo dall’ipoteca di un giudizio estetico e morale piuttosto negativo. Sul- l’onda di questo singolare fenomeno acculturativo il tango ritorna in patria nobilitato e reinterpretato da- gli ambienti europei e le famiglie della buona societa` bonarense finiranno per accettarlo ed ammetterlo nell’educazione delle loro figlie. Ne sono esempio la ricercatrice Ana e il regista Luis che rappresenta- no i due interlocutori odierni del romanzo chiamati, per motivi diversi, a ripercorrere insieme le vicende delle rispettive famiglie legate da lontani vincoli pa- rentali e dal culto della danza, circostanze che stimo- leranno la loro creativita` professionale e costituiran- no l’inizio del loro amore.
Particolare rilievo assume nel corso degli avveni- menti descritti l’idea che l’evoluzione del tango pro- ceda di pari passo con la liberazione della donna, la realta` umana piu` disponibile ad accogliere i segnali di autonomia rispetto a un mondo imputato troppo spesso per atteggiamenti di ipocrisia e falsita` anti- femminile. Anche il sospetto di machismo legato alla natura di questa danza sembra venir meno se pensa- to alla luce della parita` dei ruoli maschili e femminili nel rapporto esistenziale dell’amore e nella fisicita` complementare dei sessi.
In conclusione mi pare che il pregio maggiore dell’opera debba consistere nell’aver evidenziato la funzione di interprete svolta dal tango nella storia dell’Argentina e della sua cultura oltre al merito di averlo sottratto dalla esclusiva dimensione ludica e frivola del divertimento.
In tempi di interculturalita` le scienze dell’uomo, sul modello di quanto e` avvenuto per una danza, suggeriscono di raccogliere tutti gli apporti esterni alla nostra tradizione, magari affacciandoci ai generi ‘‘minori’’ per aprirci a scoperte che possono diventa- re ‘‘maggiori’’. Siamo informati da qualche tempo di
concerti mixer tra tango e jazz che propongono va- riazioni su temi della musica argentina (la musica di un pensiero triste che si balla) ben diverse dalle loro semplificazioni nostrane del ballo ‘‘liscio’’. Ci e` di esempio in questo viaggio a ritroso nel mondo della danza l’esperienza degli emigranti italiani che sbar- carono in Argentina alla ricerca della fortuna e si trovarono ad aggiungere quel pizzico di sapore in piu` al tango, grazie al loro estro creativo.
Don Marco Lunghi Universita` Cattolica del Sacro Cuore, Brescia
Finale di romanzo in Patagonia
di Mempo Giardinelli
Difficile catalogare questo libro. Da un lato e` un libro di viaggio, il diario di una scorribanda nel sud del mondo, in quella specie di ultima Tule che e`, o che era, la Patagonia, in compagnia di un professore universitario madrileno, su una piccola Ford Fiesta rossa: un incontro con la pampa e il deserto e le creature piu` o meno singolari che il destino ha por- tato a vivere in quel mondo lontano forse piu` nel- l’immaginario che nella realta`.
Da questo punto di vista nulla di estremamente nuovo, dopo lo stracitato Chatwin e tutta la lettera- tura che si spreca sull’argomento, divenuto ormai una sorta di luogo comune o di must della letteratu- ra di viaggio. L’autore non manca di riferirvisi, con rimandi colti o eruditi che spaziano dalla Araucana a da testi cinquecenteschi via via fino ai giorni nostri. Sarebbe inutile farne un elenco, vuoi perche´ Giardi- nelli mostra di non tenerli in fondo in gran conto, preferendo affidarsi alle sue preferenze personali, e soprattutto badando bene a non farsi condizionare: lo sguardo vuole essere libero da ogni sovrapposizio- ne culturale, la scoperta e l’incontro devono rimane- re spontanei.
A questa trama di fondo, lo snodarsi dell’itinera- rio del viaggio, si aggiunge pero` un secondo livello di scrittura, che e` la trama di un romanzo incompiuto che cerca il proprio finale, l’ispirazione per conclu- dersi, proprio negli immensi spazi della Patagonia.
Seguiamo cosı`, di tappa in tappa, sia gli incontri reali del protagonista, dal mitico Gaucho Gil, sorta di eroe o santo pagano venerato dagli argentini, agli scorci di piu` o meno disadorne periferie, agli incroci
con grandi camion carichi di lana o di carne, alle ghost towns abbandonate da una ricchezza minera- ria o petrolifera che si e` trasferita altrove, ai ‘‘de´raci- ne´s’’ che abitano queste pianure di pietra, color gial- lo e ocra, dove regna il Nulla, come la maestrina del- la penisola di Valdes o il proprietario di un ristoran- te di Comodoro, il marinaio di Puerto San Julian, il cieco di Rio Gallegos o qualche nostalgico del nazi- smo.
L’infinito delle strade, che non finiscono mai, neppure in mare, tra i nandu` o i guanachi al pascolo, si intreccia con le vicende di un uomo e una donna braccati e in fuga, anche loro, dalla civilta`, verso un improbabile altrove, e cioe` i protagonisti del roman- zo che cerca una chiusa.
La Ruta 5 prosegue, via via, fino ai grandi ghiac- ciai, lungo la Cordigliera, per strade piu` impervie o altre rute famose, accompagnata da improbabili so- gni allegorici, da ricordi di infanzia, da strani incon- tri, da paesaggi fantastici e interrogativi sul senso della letteratura, e anche da terribili racconti di vio- lenza e di stupidita`, in una sorta di crescendo dram- matico che sempre piu` si fa angoscioso interrogativo sul significato stesso della vita.
Appare allora piu` chiaro lo scopo del viaggio, metafora della vita, impossibile fuga dal mondo, ri- cerca drammatica di un altrove pacificato, dove la bellezza del paesaggio si concilii alfine con il lato po- sitivo della vita, i suoi valori piu` nobili, depurata di ogni scoria: mentre il romanzo intravede una proba- bile fine tragica, col suicidio dei giovani amanti brac- cati, la scrittura esalta la poesia come ‘‘armonico
caos dell’universo’’ e l’autore rischia di ritrovarsi al punto di partenza.
«La Patagonia e` meravigliosa, ma questi territori vuoti, queste immensita` perfette che ci restituiscono sempre alla vera dimensione della nostra piccolezza, della brevita` della vita, della nostra infinitesimale im- portanza, sono anche soffocanti» scrive Giardinelli: «il viaggio libera veramente? O non finisce di ricon- segnarci al nostro destino?».
L’autore non vuole trarre conclusioni affrettate, ma ripensa a un finale meno tragico per il suo ro-
manzo, e cosı` come per il suo viaggio, conclude con una nota di speranza: «E` stato magnifico, ne e` valsa la pena».
Cosı` diciamo anche noi: un libro interessante e singolare, forse un po’ disorganico, ma che crediamo valga la pena di segnalare come espressione di un impegno profondo e sentito e di una sicura qualita` letteraria, frutto di una vera ispirazione.
Camillo Marazza Universita` di Brescia
Lezione di Tango
di Elsa Osorio
L’opera che scelgo e della quale vorrei parlare e` Lezione di Tango di Elsa Osorio che in questo suo romanzo descrive la saga di una potente famiglia borghese di Buenos Aires dall’inizio del Novecento fino ai nostri giorni.
Cio` che unisce o divide i vari personaggi, fa loro cercare la propria verita` in maniera trasgressiva, o al contrario, li rende intolleranti e ipocriti, e` l’onnipre- sente musica del tango che, nata nei bassifondi, ebbe
la forza dirompente di far piazza pulita di molte con- venzioni, abolendo molte distinzioni di classe.
Tutto questo in un momento di grandissimi cam- biamenti, in cui l’Argentina, da agraria si stava tra- sformando in industriale e, di conseguenza, si stava anche avvicinando al socialismo e al sindacalismo.
Giulia Niccolai Poetessa
Finale di romanzo in Patagonia
di Mempo Giardinelli
Il romanzo di Mempo Giardinelli, Finale di ro- manzo in Patagonia, gia` dal titolo provoca curiosita` e attesa, perche´ non e` possibile non ricordare imme- diatamente che altri scrittori prima di lui hanno de- dicato vasta attenzione letteraria alla Patagonia, e in particolare al tema del viaggio in Patagonia – tra lo- ro: Francisco Coloane, del quale sono troppi i titoli per ricordarli (in Italia e` pubblicato da Guanda), che da` alle stampe il primo libro, Capo Horn (Cabo de Hornos) gia` nel 1941; Bruce Chatwin, con il suo notissimo In Patagonia, del 1977 (in Italia pubblica-
to da Adelphi); e Luis Sepu´lveda, soprattutto con il suo Patagonia Express, del 1995, titolo breve al po- sto del lungo titolo originale, Al andar se hace el ca- mino se hace el camino al andar (Sepu´lveda e` pubbli- cato da Guanda, come Coloane e Giardinelli). E non e` possibile, inoltre, trascurare il ricordo, piu` lontano, di Jules Verne con il suo avventuroso Les enfants du capitaine Grant, e quello di Emilio Salga- ri, almeno per i suoi indimenticabili Al Polo Australe in velocipede e la Stella dell’Araucania; per tacere, poi, della spedizione scientifica di Charles Darwin
con la sua ‘H.M.S. Beagle’, e, con un ardito balzo in avanti, dell’ultrafamoso e fortunato film Butch Cassi- dy and the Sundance Kid.
Come si puo`, allora, immaginare di poter scrivere ancora sulla Patagonia senza ricalcare i percorsi di altre opere e di altri scrittori, oltretutto scrittori mol- to conosciuti? Giardinelli ha trovato piu` di una so- luzione. La sua prima buona scelta e` stata quella di non nascondere affatto il rapporto con gli scrittori contemporanei, che lo hanno preceduto, ma, anzi, di enfatizzare la posizione successiva del suo contri- buto alla letteratura sulla Patagonia, di farne un per- corso proprio, ulteriore e complementare alle opere altrui, senza trascurare, pero`, le loro tracce, anche quanto al privilegiare una struttura rapsodica. La se- conda buona scelta e` stata quella di aver adottato un uso costante dell’ironia, in piu` di una variante, dal francamente comico, al mascherato, al corrosivo, e di averla mescolata con altrettanto variate emozioni e com-passioni. Poi c’e` il trascorrere del tempo, e i segnali del tempo trascorso, che conferiscono una qualita` di aggiornamento alla narrazione del viaggio di Giardinelli e del suo amico accademico Fernando Opere´. Non ultimo aspetto, naturalmente, e` il so- vrapporsi al viaggio di un romanzo in fieri, per il quale si deve trovare un finale. Meno privilegiato da Giardinelli, invece, e` il tema dell’avventura, che ha piu` rilievo in Sepu´lveda (cileno e in realta` cosmo- polita); non ci sono, poi, le note di favola che tra- puntano il narrato di Sepu´lveda; e in sordina rimane anche il tema della maturazione attraverso il viaggio. La critica del potere e della societa` argentina nel suo complesso e` una linea guida molto importante e marcata. E` difficile contare quante volte si incontri la parola ‘‘indolenza’’ nel libro, quante volte si in- contrino forme devastanti di poverta` evitabile, certa- mente piu` delle volte in cui si incontra la corruzione, che pure non e` certo trascurata. Ma si incontra an- che molta bellezza, rappresentata con un emozio- nante senso umano del bello, ancora piu` accorato per il contrasto con le condizioni del territorio e lo spreco. Tutti questi aspetti sono decisamente parte della originalita` e del valore della scrittura di Giardi- nelli.
Quanto al senso del bello, la prima impressione di chi legge Finale di romanzo in Patagonia, fin dalle prime righe della prima pagina, e` una grandiosa im- magine di luce vasta e aperta. Il senso dell’apertura, dell’inizio di un immenso spazio, e della luminosita` stessa, e` dato da quella precoce immediata indicazio- ne di ‘‘una mattina’’. Poi il ‘‘sole’’, e ancora luce in movimento sul ‘‘fiume’’ e, alla fine del paragrafo, il ‘‘viaggio’’, del quale poche righe prima la ‘‘rabona’’ e` stata ironico e tenero araldo. Un esordio bellissi- mo, rappresentazione realistica e metaletteraria della
pluralita` di significati del viaggio. L’abilita` evocativa di Giardinelli e` un pregio che percorre tutto il libro, non solo per i paesaggi naturali, non banalizzati, ma anche per i piu` difficili paesaggi urbanizzati, per gli interni, e comunque per tutti i segni della presenza umana.
Nonostante la sua bellezza, l’inizio del libro non svela subito la stratigrafia del lavoro del suo autore. La struttura stratigrafica si manifesta poco a poco, snodandosi proprio come la Ruta 40 con le sue ra- mificazioni stradali, che le si aggiungono di volta in volta, ma non la escludono mai. Il progetto di Giardinelli e` ambizioso proprio in questa volonta` di stratificazione e nella ricerca di una scrittura che simultaneamente si ramifichi e mantenga una sua unita` infrangibile. C’e` un desiderio quasi enci- clopedico di dire molto, se non di dire tutto sul pae- se, di rappresentarlo nel tempo e nello spazio, per spiegarlo e per deprecare dal suo futuro un destino di permanente decadenza. E` questa capacita` strati- grafica che differenzia Giardinelli dalla scrittura ra- psodica di chi lo ha preceduto, soprattutto nel caso di Chatwin. Non deve essere stato facile, infatti, fare degli strati parti integranti del narrato, limare all’os- so l’impressione di eterogeneita` che tante informa- zioni potevano dare. Giardinelli si dimostra un mae- stro dell’incastro e della lima.
Prima di tutto c’e` la macroscopica sovrapposizio- ne dei due strati principali, o meglio dei due strati piu` visibili: il viaggio dei due amici sulla Rossa e l’Impossibile equilibrio, il romanzo delle vicende di Clelia e Victorio. Dalla biografia di Mempo Giardi- nelli sappiamo che in realta` il romanzo Imposible equilibrio, che e` veramente un suo romanzo, e` stato pubblicato nel 1995, mentre Final de novela en Pa- tagonia e` stato pubblicato nel 2000; il punto e` che al romanzo manca un finale appagante. Chi gia` co- nosce l’Impossibile equilibrio coglie subito, oltre alla feroce critica politica e sociale, le note di parodia, lo humour mordente (i discorsi della tertulia al bar), i dettagli erotico-popolari, e gli elementi surreali della storia di Clelia e Victorio (ippopotami compresi), al- trimenti, per capire il gioco e il morso ci vuole qual- che pagina in piu`. Ma l’idea di base della sovrappo- sizione e` perseguita davvero con abilita` e misura. Il viaggio tempera la flamboyance del quasi feuilleton, quasi copione cinematografico di consumo – come per esempio nella descrizione dell’amplesso assimila- to al tango – mentre la fuga degli amanti e` un con- trappunto dialettico ben orchestrato dell’impegno intellettuale del diario di viaggio. Il procedimento poteva fare incappare la scrittura in ben piu` di una forzatura, mentre e` un notevole merito di Giar- dinelli quello di essere riuscito a muoversi al largo di quegli inciampi. Anzi, la narrazione procede con ri-
marchevole fluidita` e naturalezza, come appunto un cammino necessario sul piano reale e su quello varia- tamente metaforico.
Nel ricercare una definizione di Finale di roman- zo in Patagonia si e` parlato di Postmoderno, il che e` ambiguo e vuol dire tutto e niente, muovendo dalla sovrabbondanza di immagini e stili, alla presenza dei media, alla frammentarieta`, alla promiscuita` degli elementi, e naturalmente, alla liberta`. C’e` non poco, in effetti, di quello che viene considerato postmo- derno in Giardinelli, ma sono l’orchestrazione e pro- prio una certa unita` dello stile che tengono insieme tutto, e ne fanno un libro originale e di notevole va- lore culturale e letterario. Non ultimi pregi la com- passione e l’ironia, gia` menzionati, e quasi sempre compresenti – basti ricordare il passo, insieme asciutto e struggente, del vecchio cieco seduto da- vanti alla televisione (pp. 123-125). Per inciso, la bella traduzione italiana di Pierpaolo Marchetti con- tribuisce alla qualita` del testo in italiano.
Pagina dopo pagina, Giardinelli ci offre un rapi- do tratteggiamento di dati e dettagli selezionati della storia dell’Argentina, dalla cosiddetta ‘scoperta’ eu- ropea alla contemporaneita`. Il suo senso del sociale e` molto forte, la disanima e la critica della situazione sono stringenti, dalla crisi economica allo sviluppo, dalle condizioni di vita alla burocrazia, dal turismo alla ecologia, inclusa, per esempio, una valutazione della energia eolica. Con ancora piu` dovizia ci offre lineamenti della letteratura argentina, cita molti no- mi e molti titoli, man mano collegati con i luoghi che attraversano o collegati con la catena dei suoi pen- sieri: «Improvvisamente mi accorgo che il nostro viaggio sara` soltanto, inevitabilmente, un viaggio let- terario, almeno nel senso dell’esperienza che si tra- sforma in testo» (p. 33); e piu` avanti: «Scrittura co- me quel grande viaggio che e` la letteratura» (p. 212). E` piu` che mai percepibile un grande pre-testo tutto