• Non ci sono risultati.

Considerazioni attorno all’innovazione sociale nella grande im- im-presa

L’impresa è un’organizzazione primariamente impegnata nello scambio di prodotti o servizi o di una loro combinazione in grado di produrre un de-terminato valore, sia economico che sociale. La centralità dello scambio rende l’evoluzione dell’impresa fondamentalmente determinata dal modo in cui essa si colloca e interagisce all’interno di due tipologie di reti: quella di “business” costituita dai soggetti con cui l’impresa realizza gli scambi

con-nessi alle sue attività propriamente economiche e quella “sociale” ovvero la rete, formale ed informale, costruita intorno alle relazioni con gli attori del-la comunità di cui l’impresa stessa fa parte. Le due reti non sono separate; in una certa misura, esse possono essere sovrapposte e comunque interdi-pendenti. “Sovrapposte”, perché alcuni attori fanno parte di entrambe; “in-terdipendenti”, perché per attuare in modo sostenibile alcune attività di bu-siness, l’impresa deve avere relazioni anche nella rete “sociale” e, vice ver-sa, l’attuazione dei suoi ruoli sociali può avvenire anche attraverso deter-minati modi di interagire nella rete “di business”.

Questa prospettiva evidenzia la fondamentale differenza tra l’approccio tradizionale alla sostenibilità e quello che si manifesta nell’IS. Nel primo caso, la presenza dell’impresa nella rete di business è sostanzialmente di-stinta da quella nella rete sociale. L’impresa può svolgere un ruolo signifi-cativo in quest’ultima, generando quindi miglioramenti anche significativi di specifiche problematiche sociali o ambientali, ma con riflessi per lo più indiretti sul business, quindi sul modo in cui sono gestite le relazioni nella rete “di business”. D’altro canto, gli scambi funzionali al raggiungimento degli obiettivi di competitività economica sono influenzati in maniera trinsecamente limitata dal modo, magari anche intenso, in cui l’impresa in-terviene a favore delle problematiche inerenti la sostenibilità sociale e am-bientale. L’impresa diventa protagonista di IS quando aumenta fortemente l’interdipendenza (e a tal fine, nei limiti del possibile, anche la “sovrappo-sizione”) tra la sua rete “di business” e quella “sociale”. In questo senso, per un verso, sviluppa le attività produttive, innovando le relazioni sia con gli attori economici, sia con quelli sociali (gli stakeholders); per l’altro, trae dalla sua rete “sociale” relazioni, competenze e impegno che assumono ri-lievo primario nell’organizzazione e nelle strategie competitive.

Una seconda importante premessa concettuale riguarda la creazione di valore economico: pare opportuno ribadire che l’impresa è tale se e solo se è in grado di creare un valore economico netto positivo adeguato a remune-rare l’investitore, in misura coerente con i livelli di rischio che ha assunto, o quantomeno con i suoi obiettivi di guadagno. Considerare l’impresa prota-gonista dell’IS non toglie pregnanza né modifica questo principio. Del re-sto, si vanno consolidando modelli ibridi di azienda basati proprio sulla co-niugazione della ricerca di profitto con il raggiungimento di obiettivi di in-teresse generale1.

Dato questo principio, l’approccio tradizionale alla sostenibilità poggia su

1 Allo stesso tempo, nell’ambito delle organizzazioni “no profit”, sono sempre più diffu-se le sperimentazioni di modalità di generazione di reddito per raggiungere una adeguata autosufficienza economica. Per maggiori approfondimenti sul tema si rimanda a Venturi Zandonai (2014) ed al modello di imprese ibride da loro teorizzato.

due spinte fondamentali. La prima è la circostanza che molte misure per mi-gliorare l’impatto ambientale e sociale delle attività produttive e del loro out-put possono avere, soprattutto nel medio-lungo termine, effetti positivi sulla competitività dell’impresa e, quindi, sulla sua redditività)2. La seconda deriva dalla crescente aspettativa che gli stakeholders hanno circa il ruolo positivo giocato dall’impresa nello sviluppo armonico della comunità ove essa opera. Da questo consegue la necessità per l’impresa di attuare iniziative che diano adeguata risposta a tale aspettativa e, sempre più diffusamente, di definire tali iniziative attraverso un effettivo coinvolgimento degli stessi stakeholders (at-tivando i processi di “stakeholder engagement”).

Si tratta evidentemente di due spinte che spiegano la ormai notevole im-portanza delle tradizionali politiche per la sostenibilità nelle grandi impre-se, ma anche il loro limite intrinseco. Infatti, la prima rende gli obiettivi ambientali e sociali certamente rilevanti, ma solo in quanto utili anche al miglioramento delle performance competitive. Di conseguenza, l’impresa si concentra prevalentemente sulle iniziative di rilievo collettivo che hanno un risvolto economico positivo o quantomeno che non contrastano con gli obiettivi di economicità. La seconda, lascia all’impresa la valutazione della misura in cui deve incidere positivamente sullo sviluppo della propria Co-munità e a tal fine coinvolgere attivamente gli altri attori che ne fanno par-te; le azioni che ne conseguono per quanto significative possano essere, hanno origine ultima in decisioni unilaterali dell’impresa.

Il problema cruciale è, dunque, attuare una strategia di creazione di va-lore collettivo che non rimanga vincolata agli obiettivi di business, pur non contrastando con essi. Questa strategia non può che essere fortemente basa-ta sull’innovazione: innovazione dei prodotti, delle operations e del model-lo di business, finalizzata agli obiettivi di sostenibilità in quanto tali (qudi, si ribadisce, non vincolati ai risultati economici); allo stesso tempo, novazione delle politiche per la sostenibilità per renderle concretamente in-tegrate nella complessiva strategia aziendale e quindi in grado di orientare tali strategie al raggiungimento di obiettivi sociali e ambientali. La creazio-ne di valore economico consegue dalla gecreazio-neraziocreazio-ne di valore creazio-netto positivo per un determinato ambito del mercato, in misura superiore ai concorrenti, e dalla disponibilità delle competenze necessarie a tal fine. L’impresa di-venta protagonista dell’IS quando riesce a creare valore per il proprio target attraverso modalità innovative che garantiscono la soddisfazione di esigen-ze collettive; oppure, quando assume un obiettivo di interesse generale e riesce ad attuarlo con modalità da cui deriva anche la generazione di valore

2 In questo senso, gli obiettivi connessi alla sostenibilità non limitano l’obiettivo di mas-simizzare il valore economico, ma anzi, soprattutto in una prospettiva temporale sufficien-temente ampia, sono funzionali al suo raggiungimento.

individuale per i quali determinati soggetti sono “disposti a pagare”. In en-trambi i casi l’impresa è partecipe del processo di creazione e implementa-zione di tali soluzioni insieme agli altri stakeholders; essa ha un ruolo de-terminante quando possiede le competenze utili a tal fine; in questo caso gli stakeholders la supportano nella disseminazione delle iniziative o nel con-trollo della qualità dell’output. Nei casi in cui le competenze dell’impresa non siano sufficienti, gli stakeholders possono supportarla nello sviluppo di quelle mancanti. svolgono L’impresa crea un valore “complesso”; “com-plesso”. in quanto articolato in componenti diverse, tali da rendere tale va-lore rilevante sia per la collettività nel suo insieme, sia per un adeguato numero di soggetti che, essendo nelle condizioni oggettive e soggettive per acquistare il bene/servizio sottostante tale valore l, rendono economicamen-te soseconomicamen-tenibile la sua generazione.

Questa duplice capacità implica evidentemente l’innovazione anche del-le relazioni con gli stakeholders, in quanto determinanti la concreta possibi-lità per l’impresa di disporre di tale capacità. Attraverso tali relazioni, infat-ti, l’impresa acquisisce i diversi tipi di “conoscenze” per l’IS e apprende le possibili modalità di loro trasferimento da e verso i vari possibili attori coinvolti. Essa, inoltre, può disporre delle risorse necessarie, innanzi tutto quelle finanziarie, per realizzare l’IS.

Le ipotesi

La “Corporate Social Innovation” assume, dunque, concretezza nella generazione di quello che abbiamo definito “valore complesso”, attraverso innovazioni tecnologiche e di business orientate alla sostenibilità sociale e ambientale, nonché nello sviluppo, a tal fine, di relazioni con gli stakehol-ders, anche queste, fortemente innovative sul piano delle modalità e dei contenuti del loro coinvolgimento nelle politiche di sostenibilità. È evidente che queste condizioni rappresentano un’evoluzione significativa anche del-le tradizionali politiche per la sostenibilità. Tre fattori sono fondamentali per il loro concreto manifestarsi: il primo è la forte convinzione all’interno dell’impresa e innanzi tutto presso gli organi di governo e i vertici azienda-li, della “necessità” per l’impresa di essere protagonista dell’IS; tale con-vinzione è essenziale affinché tutto il sistema impresa si orienti verso la creazione di valore “complesso” attraverso l’innovazione delle relazioni con i vari stakeholders. Il secondo riguarda l’assetto del mercato, relativa-mente in particolare a due aspetti: in primo luogo, la misura in cui le aspet-tative individuali dei consumatori come individui sono integrabili con quel-le che gli stessi percepiscono come membri della Comunità; in altri termini,

al rilievo che essi danno alla componente di valore collettivo insito nel va-lore “complesso” loro offerto dall’impresa (e per il quale sono eventual-mente disposti a pagare). In secondo luogo, le condizioni che consentono di realizzare e distribuire in modo efficiente prodotti/servizi che generano tale valore complesso. Il terzo fattore concerne la disponibilità all’interno delle imprese delle competenze organizzative necessarie per innovare nella dire-zione dell’IS. In consideradire-zione dei due fattori richiamati in precedenza, esse riguardano innanzi tutto, una capacità di governo dell’impresa che consenta l’effettiva adozione dei principi della “Corporate Social Innova-tion”; cosa che implica tra l’altro la continua ricerca di un’adeguata con-vergenza tra gli obiettivi strettamente di business, quelli ambientali e quelli sociali; nonché, tra le finalità degli azionisti e del management, e quelle de-gli altri stakeholders. In secondo luogo, la capacità di gestire l’innovazione aziendale nella prospettiva del rafforzamento della sostenibilità (appunto, nella direzione dell’IS), anche in questo ambito, trovando l’equilibrio otti-male con le pratiche strettamente relative al business. È, poi, importante la competenza di mercato, per saper elaborare e far percepire una “proposta di valore” relativa a quel valore “complesso” che permette la soddisfazione di esigenze individuali e collettive allo stesso tempo. È, infine, la capacità di apprendimento per sviluppare nel tempo le suddette competenze; appren-dimento generato dalle relazioni innovative con gli stakeholders. Lo studio delle grandi imprese comprese nel nostro panel di ricerca in quanto attori già fortemente impegnati nell’IS ha verificato la rilevanza di questi tre or-dini di fattori nel determinare appunto il loro ruolo nell’IS.