• Non ci sono risultati.

E’ giunto il momento di annodare i fili della trama di un un lavoro mosso dall’aspirazione di offrire un contributo, teorico e pratico, ad alcune delle molteplici e complesse problematiche derivanti dalla gestione del contenzioso in un settore in continua trasformazione.

Un elemento, che sarà balzato agli occhi del lettore, riguarda il diverso approccio del giudice costituzionale italiano rispetto a due diversi sistemi di gestione alternativa del contenzioso sanitario: apertamente incentivante verso le iniziative regionali a carattere volontario, mentre formalisticamente prudente nei confronti dell’impostazione nazionale a carattere obbligatorio. Le sentenze della Corte costituzionale n. 179 del 2010 e n. 272 del 2012 esaminate, rispettivamente,

(780) Sul momento del conferimento dell'incarico come occasione di condizionamento dell'imparzialità e

dell'indipendenza soggettiva del dirigente pubblico si rinvia a PONTI, Indipendenza del dirigente e funzione amministrativa, Santarcangelo di Romagna, 2012, passim, il quale, muovendo dal presupposto di ritenere l’indipendenza soggettiva un presupposto necessario per salvaguardare l’effettività della riserva dei compiti di amministrazione e gestione in capo alla dirigenza pubblica e per dare effettiva realizzazione al canone costituzionale dell’imparzialità, individua i criteri atti a garantirla; spunti di riflessione anche dalla Cosulta: CAPONETTI, Dirigenti politici e dirigenti apolitici: riflessioni a margine di una pronuncia della Consulta sull'illegittimità costituzionale dello spoil system a regime dei dirigenti esterni, in Giur. it., 5, 2012.

(781) Sul tema, per tutti i riferimenti, v. MERLONI, La nuova disciplina degli incarichi pubblici, in Giornale di diritto

amministrativo, 8-9, 2013, p. 806 ss.

(782) Come previsto dall’articolo 4 bis della legge provinciale 5 marzo 2001, n. 7, e successive modifiche, la

Commissione è presiediuta da un magistrato, anche a riposo, che è scelto in base ad una terna di nominativi proposta dal Presidente del Tribunale di Bolzano; altri componenti della Commissione sono un medico specialista in medicina legale e delle assicurazioni scelto in base ad una terna di nominativi proposti dall’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della Provincia di Bolzano ed un avvocato scelto, a sua volta, all’interno di una terna di nominativi indicata dall’Ordine degli avvocati di Bolzano; per i compensi v. artt. 4 e 5 l. sul funzionamento della commissione.

(783) La legge veneta prevede una serie di casi di obbligo o facoltà di astensione; la legge bolzanina, a conferma

dell’impronta ben più processualizzata, parla di incompatibilità e ricusazione (art. 5).

(784) Si fa riferimento all’esperienza nel settore delle telecomunicazioni, ed in generale all’attività paragiurisdizionale

delle Authority : GIOVANNINI, Amministrazioni pubbliche e risoluzione alternativa delle controversie, Bologna, 2007, p.

169 in apertura e in chiusura del lavoro devono ora essere osservate alla luce di una lettura sistematica unitaria, comprensiva cioè delle più recenti indicazioni legislative e delle considerazioni svolte in ordine alle peculiari problematiche che si pongono in questo particolare contenzioso.

La direzione di incentivare l’utilizzo degli strumenti alternativi di gestione del contenzioso, imboccata dal legislatore, pare ormai inarrestabile, e ciò a prescindere dalla conferma del regime di obbligatorietà del tentativo al termine del periodo di sperimentazione. In altre parole, qualora il recente successo dell’istituto fosse legato alla spinta dell’obbligatorietà, come probabile, con il venire meno della sua forza propulsiva sarà ancor più necessario un perfezionamento della disciplina affinchè la mediazione possa realmente divenire una via alternativa al contenzioso giudiziario.

All’attività volontaria e negoziale di prevenzione delle liti, infatti, viene riconosciuta natura accessoria di strumento transattivo volto a migliorare la qualità del servizio sanitario regionale, prevedendo organi e procedimenti specificatamente adatti alla natura delle attività coinvolte. Si è anche evidenziato come la previsione di meccanismi di conciliazione, in un settore complesso e ad alto tasso di litigiosità come questo, sia da considerare un utile strumento di sostenibilità su due fronti: da un lato, esso è in grado di determinare un alleggerimento del carico di lavoro dei tribunali e un miglioramento del sistema giudiziario nel suo complesso. Dall’altro, il sistema deve essere orientato a garantire una maggiore effettività di tutela del diritto alla salute in termini preventivi e riparatori, perché in grado di liberare risorse altrimenti destinate alla gestione giudiziale e ai costi assicurativi. Si è sottolineato, infatti, come l’impiego di tali strumenti vada a vantaggio di una maggiore efficienza ed efficacia organizzativa del sistema sanitario, come mostrano anche le esperienze di altri paesi. Nella cultura anglosassone, dove le a.d.r. sono nate, esse sono ampiamente utilizzate in ambito sanitario proprio ai fini del contenimento dei costi di assicurazione, del ripristino dell’ordine e dell’efficienza dei luoghi di cura, per aumentare la soddisfazione e la fiducia degli utenti, nonché per implementare efficienti sistemi di risk managemet.

L’equilibrio tra queste molteplici istanze, tuttavia, non è semplice da raggiungere e richiede il necessario coordinamento tra il livello statale e quello regionale. Si ritiene sia proprio questo l’elemento di raccordo che consente di coniugare i diversi, ed apparentemente antitetici, approcci della Consulta.

Si è osservato come il d.lgs. n. 28 del 2010 applicato alla materia sanitaria avrebbe di per sé l’effetto di porre in secondo piano la tutela della salute del cittadino rispetto al duplice obiettivo del contenimento della spesa derivante dal contenzioso e della deflazione del carico di lavoro sul sistema giurisdizionale. Invece, le a.d.r. richiederebbero una promozione e disciplina in ambito sanitario che tenga conto della specifiche e contingenti esigenze di tutela del settore.

Le variegate esperienze regionali legate alle menzionate procedure facoltative di conciliazione, per quanto meritorie, potrebbero non essere sufficientemente incisive ai fini del miglioramento del sistema sanitario nel suo complesso. Al contrario, potrebbero rivelarsi anche nocive in termini di disuguaglianza del livello di tutela riconosciuto ai cittadini-utenti a seconda del territorio in cui essi usufruiscono della prestazione sanitaria, a maggior ragione in seguito alla previsione di una “competenza territoriale” degli organismi di mediazione.

Si rivelerebbe quindi necessaria, de iure condendo, una disciplina statale settoriale idonea ad inquadrare la materia della risoluzione alternativa del contenzioso sanitario, volta, ad esempio, a favorire l’istituzione di commissioni conciliative su base regionale presso cui sia obbligatorio l’avvio di un tentativo di conciliazione. D’altra parte, la Corte costituzionale ha riconosciuto che il

170 principio generale di accesso immediato alla giurisdizione può essere ragionevolmente derogato da norme ordinarie in considerazione del soddisfacimento di esigenze di interesse sociale a carattere preminente. L’aumento del contenzioso non solo crea un’aggravio per il sistema giustizia e per l’effettività del diritto di difesa di cui all’art. 24 cost. – che, ricorda la Corte, comprende anche il diritto a non essere inutilmente chiamato in giudizio – ma sottrae risorse che potrebbero essere meglio investite nel rafforzamento della tutela della salute.

Ciò, naturalmente, dovrebbe avvenire attraverso una configurazione tale da garantire una non sproporzionata compressione del diritto di accesso alla tutela in base alle indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia e dalla stessa Corte costituzionale. Si ricorda, infatti, che i tempi e i costi delle procedure stragiudiziali sono i principali requisiti per valutarne la legittimità secondo le Istituzioni dell’Unione Europea. Si ritiene, inoltre, che il meccanismo dell’obbligatorietà – che potrebbe rivelarsi opportuno in un settore in cui vengono in gioco interessi pubblicistici – debba essere controbilanciato da una disciplina che assicuri quelle condizioni minime atte ad realizzare un elevato livello di tutela dei diritti e a rendere la mediazione uno strumento davvero alternativamente garantistico rispetto al processo.

Una disciplina speciale che tenga conto delle caratteristiche proprie di questo genere di contenzioso sarebbe opportuna sotto una pluralità di prospettive. In primo luogo consentirebbe al legislatore di riappropriarsi pienamente di una funzione di indirizzo politico rispetto alla tutela della salute, erodendo così l’eccessivo margine di creatività della giurisprudenza nel forzare gli istituti sostanziali e processuali per garantire un’effettiva tutela di quel diritto primario. In aggiunta, un meccanismo di questa natura sarebbe orientato ad assicurare che l’intervento del giudice avvenga solo nei casi in cui esso si dimostri veramente necessario, garantendo così il rispetto del principio di proporzionalità. Al tempo stesso, si scongiurerebbe che ciò possa tradursi in una compressione dei diritti fondamentali della persona ed in una preclusione di fatto del diritto ad ottenere giustizia. Infine, si garantirebbe una migliore gestione delle risorse da investire nell’erogazione di prestazioni sanitarie più efficienti ed accurate, realizzando virtuosamente quel bilanciamento di valori inevitabile nell’ambito di un servizio “finanziariamente condizionato”.

In definitiva, sarebbe auspicabile un sapiente bilanciamento da parte del legislatore tra esigenze etiche e necessità economiche: solo in questo modo, il fine dell’effetto deflattivo del contenzioso e del contenimento della spesa derivante dal contenzioso non andrebbe a detrimento del cittadino- utente, bensì a suo vantaggio.

La predisposizione di un modello di gestione stragiudiziale del contenzioso in questo settore deve dunque dare prova di un attento esame dei valori costituzionali coinvolti, a partire dal principio del giusto processo. E’ opinione comune che il due process of law debba essere principio indefettibile anche per le a.d.r., garantendo che esse assicurino una forma di giustizia alternativa e informale ma non “minore” rispetto a quella istituzionale. L’a.d.r. può diventare, dunque, uno strumento importante per un miglioramento della giustizia civile soltanto se viene utilizzato nell’ottica di una evoluzione verso un sistema più flessibile e attento alle caratteristiche del caso concreto. Tali strumenti devono inserirsi nell’ambito di un <<sistema integrato>> di giustizia che, nel rispetto del contesto nazionale in cui operano, tenda a specializzare la loro funzione.

Con il presente contributo si è voluto verificare se il diritto positivo e la prassi confermino l’opportunità di rilanciare iniziative promozionali della mediazione in materia sanitaria.

Il recente successo dell’istituto in tale settore, seppur legato alla spinta dell’obbligatorietà, deve rendere omaggio alle regioni, che hanno giocato un ruolo vincente nel perfezionamento della

171 lacunosa disciplina nazionale. L’indagine condotta, infatti, ha mostrato che laddove la regione abbia predisposto una disciplina speciale, sia a livello aziendale che a livello esterno, il quadro legislativo è in grado di fornire idonei strumenti stragiudiziali per la risoluzione di tali controversie, valorizzando le specificità della materia. All’opposto, in quelle regioni (attualmente la maggioranza) in cui non sia stata prevista una disciplina completa e specifica, si è visto che gli strumenti offerti dal solo decreto non sembrano in grado di fornire adeguati incentivi e garanzie per ricorrere alla mediazione.

Deve darsi atto, infine, della particolare efficacia del modello regionale esaminato, il quale - con i necessari aggiustamenti proposti - costituisce un efficace strumento di semplificazione e di economia. In tali procedure il ruolo dell’autonomia è garantito completamente e promosso dall’imparzialità dell’organismo, dalla sua elevata specializzazione e professionalità, ma anche dalla gratuità della procedura e dalla maggior responsabilizzazione dei soggetti preposti all’erogazione del servizio, che si trovano a svolgere un ruolo di garanzia nei confronti di quegli interessi, garantendo l’equità e la giustizia dell’accordo eventualmente raggiunto. La procedimentalizzazione dell’attività della commissione conciliativa, accentuata al punto di farla somigliare all’attività di accertamento del giudice, non deve essere intesa come una limitazione dell’autonomia privata, ma, al contrario, come una maggiore garanzia di equità del contenuto dell’accordo, e si giustifica in ragione della tutela del diritto fondamentale alla salute.

Outline

Documenti correlati