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Strumenti alternativi di risoluzione delle controversie.

4. La dimensione territoriale della risoluzione stragiudiziale dei conflitti in ambito sanitario.

4.1 I modelli di gestione del contenzioso nella prassi locale.

La mediazione rappresenta la forma più significativa ed interessante per la risoluzione delle dispute in campo sanitario, come emerge dalle numerose ed eterogenee esperienze registrate a livello locale. Alcune di esse sono nate spontaneamente, prendendo ad esempio alcune significative esperienze maturate in altri paesi europei (679), altre sono maturate in seguito a timidi incoraggiamenti statali, culminati nell’intesa stipulata il 20 marzo 2008 in sede di Conferenza Stato- Regioni relativa alla gestione del rischio clinico e alla sicurezza dei pazienti e delle cure, che proclama l’opportunità di promuovere iniziative <<atte a garantire la definizione stragiudiziale delle vertenze aventi ad oggetto danni derivanti da prestazioni fornite da operatori del Servizio sanitario nazionale, fermo restando il contenimento dell spese connesse al contenzioso, tenendo conto dei diversi criteri: previsione della non obbligatorietà della conciliazione, quale strumento di composizione stragiudiziale delle controversie, garanzia dell’imparzialità, professionalità, celerità

Avvocati o Camere di commercio: ad esempio v. la convenzione dell’8 giugno 2010 tra l’Ordine degli Avvocati di Milano e l’Ordine Provinciale dei Medici e degli Odontoiatri di Milano.

(678) V. retro cap. I par. 2.2.

(679) In particolare su modello delle commissioni camerali sorte spontaneamente presso gli ordini professionali dei

medici nell’ordinamento tedesco: v. WINKLER, Risoluzione extragiudiziale delle controversie mediche, cit., p. 1045 ss.;

la Commissione sulla responsabilità medica istituita dal Ministero della giustizia francese nel 1978, nota come Commision Mac Aleese, sulla quale v. INTRONA, L’epidemiologia del contenzioso per responsabilità medica in Italia e all’estero, in Riv. it. med. leg, 1996, 70 ss.; l’esempio francese è proseguito con la l. n. 303 del 2002, che ha creato le Commissioni conciliative ospedaliere e le Commissioni regionali di conciliazione ed indennizzo; la Svezia con il Patient Injury act, V.PINCHI, Alternative dispure resolution: esperienze a confronto, cit., 596.

144 delle procedure>> (680). L’esame delle eterogenee esperienze nate sulla scorta di queste iniziative porta alla luce due tipologie di modelli:

a) l’uno fa capo ad un’unica commissione conciliativa indipendente, di nomina politica, composta

da un magistrato a riposo, un medico legale ed un avvocato esperto in materia, che formuli all'unanimità e per iscritto la sua proposta di conciliazione e la proponga alle parti come contenuto di una transazione stragiudiziale (681);

b) l’altro, che presenta un’articolazione più capillare, incardina la commissione all’interno della

singola struttura sanitaria, con la partecipazione del Difensore Civico, di rappresentanti della regione, delle associazioni di volontariato e dell’Asl interessata, lavorando in sinergia con l’ufficio relazioni con il pubblico, ed in alcuni casi, con la medicina legale, che effettua le valutazioni tecniche, nonché con le strutture interne di gestione del rischio clinico (682).

(680) Così il punto 6 dell’intesa (in www.statoregioni.it) , che racchiude i principi di due naufragate iniziative legislative:

il d.l. approvato dal consiglio dei Ministri il 20 maggio 2007 e il d.l. presentato al senato l’11 dicembre 2008 (il cui art. 20 riguardava la <<definizione stragiudiziale delle controversie>> v. BOTTARI, Tutela della salute e organizzazione sanitaria, Torino, 2009, p. 182 ss.

(681) Questo è il modello seguito dalla legge della regione Veneto n. 15 del 2009, recante norme in materia di gestione

stragiudiziale del contenzioso sanitario (che è stata oggetto di vaglio costituzionale v. infra cap. V), che ricalca quello da tempo adottato dalla provincia autonoma di Bolzano (l. n. 7 del 2001 e relativo regolamento di attuazione d.p.p. n. 11 del 2007); quest’ultimo impianto normativo delinea un sistema così strutturato: la commissione conciliativa è competente a trovare un accordo tra paziente e medico nel caso in cui quest’ultimo lamenti un danno causato da un errore nella diagnosi o terapia, ma anche una violazione del cd consenso informato, attraverso l’accertamento dei profili medico-legali e l’eventuale conseguente proposta di un risarcimento al paziente; la stessa decide secondo la legge, salvo che le parti facciano concorde richiesta di decidere secondo equità; il procedimento si svolge in contraddittorio tra paziente, medico e struttura sanitaria, i quali possono depositare una presa di posizione scritta; sono coinvolte nel procedimento anche le compagnie di assicurazione del medico e della struttura sanitaria; la procedura si basa sul consenso delle parti, dunque, se il medico o l’ente non compaiono, il caso viene archiviato; l’iter procedimentale è modulato sulla falsariga del processo, nel quale sono riconosciuti ampi poteri istruttori alla commissione al fine di accertare se il danno sia dipeso da un errore medico. Si tratta di un procedimento gratuito per le parti, anche quando la Commissione conciliativa incarica un consulente tecnico esterno; l’intervento di un legale non è necessariamente previsto, tuttavia non è escluso ed ogni parte sopporta eventualmente le spese del proprio avvocato e del proprio consulente tecnico; in caso di sottoscrizione delle parti la proposta di conciliazione ha il valore di una transazione stragiudiziale ai sensi dell'art. 1965 c.c.; interessanti dati sul funzionamento di questa commissione sono raccolti nei vari rapporti sull’attività suddivisi per anno in www.provincia.bz.it; cfr. anche DI ROCCO, L’introduzione della

mediazione, cit., p. 817; la provincia Autonoma di Bolzano, inoltre, ha istituito anche una “Commissione Mista Conciliativa”, diversa dalla “Commissione conciliativa” anzidetta sia per struttura che per funzione (v. delibera giunta n. 3406 del 2007): questa commissione è legata all’Asl e non ha una vera e propria funzione di risoluzione stragiudiziale, ma solo di controllo e miglioramento dell’efficienza del servizio, strutturata come il modello sub b): in definitiva il sistema di Bolzano è il più completo perché attua entrambi i modelli.

(682) Il punto di partenza è dato dalla Carta dei servizi pubblici sanitari (d.l. 19 maggio 1995), il cui scopo fu quello di

migliorare la tutela del cittadino, dapprima, con la costituzione presso le strutture del Ssn dell’urp, chiamato in prima istanza alla gestione dei reclami, successivamente, attraverso la costituzione di una commissione mista conciliativa, concepita, in origine, con competenza limitata agli aspetti relazionali e organizzativi, progressivamente ampliata all’accertamento della responsabilità professionale; sul tema cfr. FAVALE,Procedura estesa alla responsabilità medica, in Guida dir., 2010, p. 84 ss.; ne è nato un sistema diverso da quello proposto dalla legge veneta, ma adottato da varie regioni: la regione Abruzzo ( l. 9 maggio 1990, n.65 e delibera n. 648 del 2011), la regione Toscana ha approvato il primo regolamento di pubblica tutela (delibera n. 538 del 1996) in base al quale è stata istituita la prima commissione mista conciliativa (delibera n. 57 del 1997), la regione Emilia Romagna (con il progetto per la gestione extragiudiziale del contenzioso nelle organizzazioni sanitarie, ex art 12 bis del d.lgs. n. 229 del 1999, ha introdotto un sistema improntato sulla mediazione transformativa, con l’attivazione di un parallelo progetto di formazione assieme all’associazione me.dia.re) v. DI ROCCO,L’introduzione della mediazione, cit., p. 817; DE PALMA-QUATTROCOLO, La

mediazione tra medico e paziente: un intervento imparziale sul fenomeno crescente del contenzioso per responsabilità professionale medica, Modena, 2009, p. 171 ss.; secondo tale schema la legittimazione a presentare osservazioni e reclami all’urp appartiene non solo all’utente, ma è allargata ai parenti e alle associazioni; l’ufficio dopo aver effettuato un’istruttoria, qualora ravvisi profili di responsabilità, trasmette la documentazione all’ufficio affari legali e/o all’ufficio gestione del rischio clinico ed alla commissione conciliativa mista; quest’ultima ha il compito di riesaminare i casi in cui l’utente sia insoddisfatto della definizione del reclamo e di tentare la conciliazione, emettendo un parere di merito

145 Evidentamente, in seno alla conferenza Stato-Regioni, non si aveva ancora chiara l’intenzione di implementare la conciliazione stragiudiziale attraverso il meccanismo della condizione di procedibilità, come avvenuto a distanza di soli due anni. Così, a queste esperienze si aggiungono quelle, più recenti, offerte dagli Organismi di mediazione riconosciuti ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2010, sorte spontaneamente o frutto di intese tra regioni e ordini forensi che hanno ad oggetto l’impegno a fornire un servizio di conciliazione specializzato nel settore della sanità, garantendo altresì la promozione di iniziative di formazione specialistica dei mediatori (683).

I proplemi che si pongono a fronte di tali variegate esperienze sono di diversa natura, ma pur nella consapevolezza che la trattazione specifica di ciascuno di essi, per essere attendibile, andrebbe affrontata in relazione ad ogni singola situazione, si ritiene che tale compito trascenda gli interessi e gli scopi del presente lavoro. L’obbiettivo, si ricorda, è quello di delineare uno schema di gestione stragiudiziale che cerchi di rispondere alle esigenze concrete ma anche di superare i problemi di coordinamento normativo: si attinge dunque dalle esperienze esistenti nel concreto, per giungere, attraverso un procedimento induttivo, ad individuare uno schema astratto utile a rispondere alle esigenze del settore.

Si vuole chiarire subito che il modello gestito a livello della singola Asl – di cui sub b) – non è capace di rispondere interamente alle esigenze emerse, in primo luogo perché appare evidente il deficit di imparzialità di un meccanismo conciliativo sostanzialmente gestito da articolazioni organiche interne all’ente coinvolto nella controvesria. Inoltre, perplessità sorgono anche dal punto di vista della tecnica di mediazione in concreto praticabile: si tratta di tecniche facilitative o trasformative, che presentano un’indubbia efficacia e utilità in quei casi in cui la dimensione relazionale del conflitto è più ingombrante delle pretese economiche delle parti, perché l’errore o l’evento avverso si innesta in una relazione di fiducia tradita. Si è appurato che la maggioranza dei reclami e delle richieste di risarcimento danni nei confronti della struttura sanitaria traggono origine da un difetto di comunicazione (684), per questo il servizio di mediazione interno alle struture aziendali rappresenta una favorevole occasione per fare incontrare il medico e il paziente, per consentire agli stessi di chiarire i fraintendimenti, di elaborare la rabbia e le paure che sottendono il conflitto (685). Un’ulteriore aspetto positivo dei percorsi di ascolto e conciliazione a livello aziendale è quello di favorire l’implementazione di efficaci sistemi di risk management, ossia di individuare gli errori e le carenze emerse per adottare eventuali soluzioni preventive. Tuttavia, questo genere di servizio non preclude il necessario avvio di un tentativo di mediazione obbligatorio nel caso in cui il paziente resti insoddisfatto, risultato alquanto possibile soprattutto nei casi di lesioni gravi, considerato che esse non vertono di regola sugli aspetti tecnico-professionali (686). Questo genere di

che sarà trasmesso al direttore generale, il quale potrà discostarsene con motivazione scritta, non dando seguito al risarcimento.

(683) L’esempio più significativo è il protocollo d’intesa tra l’Unione Lombarda degli Ordini Forensi e la Regione

Lombardia del 4 novembre 2011.

(684) DE PALMA-QUATTROCOLO, La mediazione tra medico e paziente, cit., p. 171 ss.

(685) Sui caratteri del conlitto medico-paziente: FASCIA,La mediazione e la responsabilità medica, in Contratti, 2011, p.

425; tra i vantaggi che un siffatto sistema di risoluzione delle controversie presenta, infatti, è ormai consueto sottolineare la sua attitudine ad una possibile maggiore ampiezza di contenuti rispetto alle soluzioni eteronome CAPOBIANCO, I criteri di formulazione della c.d. proposta “aggiudicativa” del mediatore, in Obbligazioni e contratti,

2011, 487 ss.; CARNEVALI, La nuova mediazione civile, in Contratti, 2010, 437; ROMEO, Responsabilità medica e mediazione delle controversie, in Resp. Civ., 11, 2012, p. 739.

(686) O meglio, non esaminano la situazione tecnico-professionale da un punto di vista obiettivo, perché l’istruttoria è

146 procedure interne al servizio possono essere propedeutiche ad una transazione e conciliazione nel momento in cui si svolgano in tempi ristretti e garantiscano comunque la partecipazione delle strutture sanitarie (e delle loro assicurazioni) alla mediazione amministrata ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2010. E’ noto, infatti, che una delle principali cause dell’esito infruttuoso della mediazione in questo settore è rappresentata dalla mancata partecipazione di tutti i soggetti interessati (687).

In definitiva, i modelli esaminati sub a) e b), non si escludono reciprocamente, ma si completano e consentono di garantire un sistema di gestione stragiudiziale del contenzioso efficace e garantistico al contempo. E’ necessario, dunque, preoccuparsi del coordinamento tra il livello ospedaliero e quello regionale, anche attraverso la costituzione di un’organo conciliativo che operi in corrispondenza con la competenza territoriale degli organi giurisdizionali, con elevate competenze tecniche e specialistiche, e che offra la garanzia di un percorso esterno rispetto all’Asl implicata.

più gravi e complessi, si pensi agli errori commessi nel corso di complessi interventi in equipe che hanno provocato gravi e irreparabili lesioni: ROMEO, Responsabilità medica e mediazione delle controversie, cit., p. 745.

(687) COMANDÈ, La mediazione in responsabilità sanitaria: dal <<pacco avvelenato>> alla <<giustizia alta>>, cit.,

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CAPITOLO V

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