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La valutazione della consulenza tecnica: è possibi le sintonizzare l’accertamento scientifico con quello giuridico?

la rilevanza e le problematiche degli accertamenti di natura tecnica.

1. La consulenza medico-legale in ambito sanitario.

1.1 La valutazione della consulenza tecnica: è possibi le sintonizzare l’accertamento scientifico con quello giuridico?

Per completezza d’indagine in relazione ai problemi che nel processo pone la distinzione tra consulente <<deducente>>, semplice ausiliario, e consulente <<percipiente>>, in funzione giudicante (469), è opportuno considerare la modalità di valutazione della consulenza da parte del giudice.

L’orientamento prevalente ritiene che il giudice, quando aderisce alle conclusioni del c.t.u., non sia tenuto ad esporre in modo specifico le ragioni del suo convincimento, poiché l’obbligo di motivazione si ritiene assolto con il rinvio alla relazione tecnica; diversamente, il dissenso dalle conclusioni dell’ausiliario dovrebbe essere motivato in modo rigoroso e preciso (470). Va dato atto

di un orientamento minoritario difforme, che richiede un’attenta valutazione di tutti gli elementi concreti anche nel caso in cui il giudice intenda recepire il parere del consulente, esternando con procedimento logico le ragioni del suo convincimento, al fine di consentire un controllo sulla congruità della motivazione (471). Tale ultima impostazione coglie nel segno anche il problema della prova scientifica: sintonizzare il rapporto tra accertamento scientifico e accertamento giuridico in modo che il primo sia strumentale ma non sostitutivo del secondo (472). Il giudice, quale peritus

peritorum, necessita del consulente ma deve essere in grado di controllarne e correggerne l’operato,

selezionando quello che è valido dal punto di vista scientifico e scartando la c.d. junk science (473). Il falso problema legato al divieto di scienza privata (474) ha indotto a rimuovere il vero problema, predicando una necessitata adesione non motivata alle risultanze della consulenza, proprio perché il giudice non sarebbe in grado di valutare quanto afferma il suo ausiliario (475).

Il primo strumento per orientare tra la pluralità di rappresentazioni scientifiche, e per evidenziare le loro deficienze è dato, innanzitutto, dalla logica (476): essa, infatti è la sostanza del ragionamento del

(469) Per la cui distinzione v. Cass., 11 settembre 2012, n. 15157, cit.; mette in evidenza il ruolo sempre più pregnante

del consulente percipiente AULETTA, Il procedimento, cit., p. 124.

(470) In caso di adesione v. Cass., 4 maggio 2009, n. 10222; Cass., 13 dicembre 2006, n. 26694; per la motivazione di

dissenso v. Cass. 3 marzo, 2011, n. 5148.

(471) Cass., 1992, n. 2476, in Foro it., 1992, I, c. 3314; Cass., 2003, n. 4140; Cass., 2008, n. 11477.

(472) ANSANELLI,Problemi di corretta utilizzazione della «prova scientifica», in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2002, p.

1340.

(473) Cass., 23 aprile 2004, n. 7773, in Resp. civ., 4, 2005, p. 316 ss. con nota di GRAZIOSI, cit.; ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., p. 1052 ss., spec. 1059.

(474) Cass. n. 13426 del 2003 sottolinea che il convincimento del giudicante «non può fondarsi su cognizioni particolari

o soggettive tratte dalla scienza individuale del giudice, non annoverabili nell’ambito del fatto notorio di cui all’art. 115 c.p.c.»; soprattutto perché confligge con il principio del contraddittorio, che deve improntare non solo la valutazione ma pure la formazione del thema decidendi istruttorio.

(475) La Suprema Corte, come già accennato, esonera il giudice dall’obbligo di motivare se aderisce agli esiti della c.t.u.:

in tal senso, ex multis, Cass. n. 7341 del 2004; ma anche la dottrina v. ad. esempio TARUFFO, La prova scientifica nel

processo civile, in Riv. Trim. dir. proc. civ., 2005, p. 1110 ss., il quale ritiene che se il giudice non dispone delle conoscenze scientifiche necessarie per accertare e valutare i fatti, è altresì difficile che lo stesso possa valutare criticamente il lavoro svolto dal consulente; v. anche TARUFFO, Senso comune, esperienza e scienza nel ragionamento

del giudice, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, p. 675 ss.; RICCI, Nuovi rilievi sul problema della specificità della prova,

in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2000, p. 1129, riconosce che, per la soggezione specialistica del giudice, questi dinanzi alla prova scientifica si trova «senza poter far uso del proprio libero convincimento» per cui essa si trasforma «in una sorta di prova legale».

(476) Intesa come struttura di correlazione razionale dei dati fattuali, infatti, sulle modalità di controllo dell’opera del

consulente da parte del giudice, ancora attuale è l’impostazione di DENTI, Scientificità, cit., 434, che richiama : «a) la valutazione della sua autorità scientifica; b) l’acquisizione al patrimonio scientifico comunemente accettato dei metodi di indagine da lui seguiti; c) la coerenza logica della sua motivazione.», quanto al primo, ordinariamente il consulente è iscritto all’apposito albo che implica già la valutazione dell’autorità scientifica; il secondo riguarda casi estremamente

98 giudice, ovvero del suo libero convincimento. Tuttavia, vi sono dei limiti al controllo logico dell’attività del consulente, perché può non essere percepibile dalla relazione peritale la pretermissione di fattori rilevanti tra quelli con cui il c.t.u. perviene alle sue conclusioni (477). Tale strumento può e deve quindi essere integrato con elementi ulteriori, che costituiscano riscontri positivi o negativi all’esito della consulenza. Da un lato, la fonte di integrazione del ragionamento logico è la comune esperienza (intesa come comprensiva delle massime di esperienza e del notorio); dall’altro, vanno tenuti in conto indici di accettabilità delle conclusioni del consulente. In virtù di tali indici, il giudice dovrebbe valutare: se la legge scientifica di fatto applicata sia effettivamente esistente; quale sia il suo contenuto precettivo e se questo sia stato correttamente individuato; quale valenza empirica la scienza le abbia riconosciuto, con riguardo alla sua controllabilità e falsificabilità; quale sia la percentuale di errore noto o potenziale della tecnica scientifica impiegata; se sussistano, in rapporto alle caratteristiche del caso concreto, le condizioni presupposte dalla legge scientifica per la sua applicabilità (478). Poiché, nella maggior parte delle ipotesi, il giudice non è in grado di compiere autonomamente questo tipo di verifiche, solo la piena attuazione delle garanzie del contraddittorio nell'esperimento della consulenza tecnica gli permette di acquisire importanti elementi di conoscenza e di valutazione.

Infatti, l’ulteriore strumento che consente di raccordare la scienza col diritto è il contraddittorio tecnico (479), che può aiutare il giudice ad esaminare la relazione del consulente sul piano logico, poichè anche quest’ultimo è tenuto a una piena trasparenza nella motivazione delle sue conclusioni. Il contraddittorio, in questa prospettiva, è prevalentemente volto a consentire alle parti e ai loro consulenti non solo di partecipare alle operazioni peritali, ma anche di formulare osservazioni e critiche sull'operato dell'esperto nominato dal giudice (480), ai sensi degli artt. 194 e 195 c.p.c. La contrapposizione tra esperti, se effettiva, ed il contrasto tra argomenti contrapposti, aiutano il giudice a comprendere meglio le questioni, i metodi e, più in generale, gli permettono di utilizzare correttamente la scienza come fonte di prova. La dialettica fra l'esperto e i consulenti tecnici di parte

rari, perché ordinariamente il c.t.u. non deraglia dai metodi comunemente accettati; il terzo rimane l’aspetto fondamentale del controllo; alla impostazione di Denti aderisce LOMBARDO, La commistione, cit., 23, che comunque ne evidenzia i limiti; cfr. GRAZIOSI, Il giudice davanti alla consulenza come prova scientifica: cit., p. 330.

(477) Si pensi all’omessa indicazione, in caso di c.t.u. medica, di indagini diagnostiche che avrebbero dovuto esperirsi e

che chi non ha le corrispondenti competenze non può conoscere; oppure ai casi in cui la materia è estremamente complessa e specialistica, anche a livello terminologico, al punto da impedire il vaglio critico del giudicante; quindi, pare eccessivamente sbilanciato l’orientamento che, in caso di divergenza dagli esiti della c.t.u., pretende che il giudice riscontri nell’operato del consulente non solo gli errori logici ma anche quelli scientifici: Cass. n. 10816 del 2003, Cass., 23 aprile 2004, n. 7773, cit.

(478) AA.VV, Decisione giudiziaria e verità scientifica, Giuffrè, Milano, 2005; un importante contributo deriva dagli studi sulla prova scientifica in materia penale v. VICOLI, Riflessioni sulla prova scientifica: regole inferenziali, rapporti con il sapere comune, criteri di affidabilità, in Riv. it. medicina legale e dir. sanitario, 3, 2013, p. 1239; paradigmatica è proprio la consulenza tecnica disposta in tema di colpa o nesso di causalità in materia sanitaria, dove il consulente non considera spiegazioni alternative o non fornisca una base di autorevolezza scientifica alle teorie applicate, anche eventualmente giustificando la scelta nell’applicazione di una teoria piuttosto che di un’altra, nonché l’indicazione dell’autorevolezza della fonte; sul rilievo dell’iter logico seguito dal consulente nell’elaborazione delle risposte ai quesiti cfr. Cass. n. 13426 del 2003;ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., p. 1060 ss.

(479) ANSANELLI, Problemi di corretta utilizzazione della «prova scientifica», in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2002, 1348 ss. perché il difensore non assistito a sua volta da un esperto è privo delle cognizioni tanto quanto il giudice, che tuttavia diventa reale ed efficace solo se a sua volta il giudice dispone e ha la capacità di avvalersi di propri strumenti di discernimento e di valutazione.

(480) La prova scientifica, in questo modo, non è rimessa alla valutazione solitaria del giudice, ma è sottoposta ad un controllo critico dialettico, cui partecipano tutti i soggetti del processo: LOMBARDO, La scienza e il giudice nella ricostruzione del fatto, in Riv. dir. proc. 2007, p. 35 ss.; v. TARUFFO, Le prove scientifiche nella recente esperienza statunitense, cit., p. 230 ss.

99 può consentire al giudice maggiori possibilità di verifica e di controllo dei risultati forniti dall'esperto, tanto sotto il profilo della coerenza logica, quanto sotto quello della affidabilità delle informazioni tecnico-scientifiche (481).

Un altro problema, che qui può essere solo accennato, si pone rispetto alla formulazione del quesito – che oggi va indicato nell’ordinanza di nomina – e consiste nella mancata previsione di un contraddittorio delle parti in questa fase, che invece consentirebbe una migliore ponderazione dello stesso (482). Infatti, la formulazione del quesito richiede spesso una conoscenza dei metodi scientifici dei quali si ipotizza l’impiego, per valutare la rilevanza che la prova scientifica potrà avere ai fini della decisione, anche se in via meramente ipotetica (483).

In definitiva, il corretto approccio al problema della prova scientifica, deve ricercarsi nella combinazione tra un’accorta formulazione dei quesiti da sottoporre al consulente ed un uso corretto del libero convincimento del giudice, ossia attraverso l’utilizzo dei principi della logica al servizio dell’accertamento giuridico. Occorre mettere in guardia, altresì, dal rischio dell’affermazione indiscriminata del primato della valutazione giudiziale su quella peritale (484): la valutazione scaturita dalla consulenza, grazie all’ausilio del contraddittorio, dovrebbe trovare il più possibile riscontri intrinseci – di completezza e logicità – ed estrinseci – di coordinamento con gli ulteriori dati cognitivi a disposizione del giudice, ma soprattutto dovrebbe essere esplicitata in un’adeguata motivazione, sia in caso di adesione che di dissenso rispetto alle conclusioni del consulente.

Tuttavia, il sistema di introduzione della scienza nel giudizio conserva i suoi margini di rischio, quando, ad esempio, il ragionamento è logico ma fondato su dati incompleti o errati; d’altronde ciò che emerge nel processo è soltanto la c.d. verità processuale. In questi casi scatta la regola di chiusura dell’onere della prova, che individua la parte sulla quale grava il rischio del processo (485).

L’osservazione secondo cui tramite la distribuzione dell’onere della prova si amministra il rischio processuale, si è manifestata proprio nel campo della responsabilità civile da colpa medica, come è emerso nella prima parte della tesi. Alle cause dell’evoluzione giurisprudenziale, che ruotano attorno alla tutela del c.d. soggetto debole (che oggi potrebbe esserlo in egual misura lo stesso medico), potrebbe aggiungersi la difficoltà di ricostruzione scientifica propria di tali fattispecie, che ha finito per far deviare verso forme di responsabilità semi-oggettiva attraverso la modulazione degli oneri probatori. Un simile spostamento del problema – dalla valutazione del fatto alla supremazia del diritto – non può comunque prospettarsi come soluzione generale ai problemi del

(481) GAMBA, La consulenza tecnica nel processo civile tra principio del contraddittorio e regole processuali: problemi

applicativi, in Riv. it. med. leg e dir. sanitario, 1, 2014, p. 15 ss.;ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., p. 1036 ss.,

spec. 1048; ma v. anche le critiche di FIORI, Irritualità ed incertezze nella consulenza medico-legale in sede civile, cit., p. 1 ss. riferiti, in particolare, alle c.d. consulenze in materia complessa, rilevate pericolose carenze sul piano della effettiva partecipazione difensiva delle parti: lo schema procedimentale predisposto dal legislatore sembra favorire uno scambio solo di carattere formale tra il consulente del giudice e i consulenti delle parti.

(482) ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., p. 1032.

(483) Infatti, se il c.t.u. non possiede una buona base giuridica, che in questa materia include anche l’evoluzione

giurisprudenziale delle regole di accertamento della responsabilità, potrebbe non essere in grado di rispondere correttamente, specie a fronte di un quesito mal formulato; a tale esigenza risponde, in buona parte, il modello di incarico elaborato dal Tribunale di Milano, nel quale sono espressamente richiamati gli eventuali esami strumentali ed altre indagini da eseguirsi in base a <<rilevanti evidenze scientifiche con adeguata motivazione ed indicazione della dottrina medico-legale e della letteratura scientifica più accreditate in relazione alla fattispecie concreta>>; anche se negli stessi si evidenzia l’assenza dell'attuale criteriologia giurisprudenziale del nesso causale FIORI, Irritualità ed

incertezze nella consulenza medico-legale, cit., p. 10.

(484) Che sembra ancora diffuso nella giurisprudenza, come rileva ANSANELLI, La consulenza tecnica, cit., p. 1062, che

parla di motivazione implicita.

100 settore. Si ritiene, invece, che un’adeguata soluzione passi attraverso il dialogo con gli strumenti alternativi di soluzione delle controversie che, come meglio vedremo, sarebbero in grado di coniugare in modo più proficuo, e senza le inevitabili rigidità processuali, il sapere scientifico e quello giuridico (486).

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