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Profili problematici nell’accertamento della responsabilità

1. L’onere della prova: osservazioni generali.

1.1 Le presunzioni giurisprudenziali: istruzioni per l’uso.

Il problematico inquadramento della categoria dei fatti costitutivi è legata al fatto che, sul piano concreto, l’art. 2697 c.c. non offre alcun criterio per l’individuazione della differenza rispetto agli altri fatti rilevanti nel processo (264), giustificando la necessità di affidarsi volta per volta alle regole di esperienza (265), che ha dato adito all’ampio ricorso alle c.d. presunzioni giurisprudenziali (266).

costituzionalmente orientata dell'istituto, dimostra come la prova contraria sia assolutamente necessaria a contrastare la totalità degli elementi emergenti dall'escussione della prova diretta, consentendo alla controparte di reagire alle pretese avversarie in una posizione di parità.

(260) L'interesse alla deduzione della prova contraria, quindi, deriva direttamente dall'allegazione del fatto presunto, non,

invece, dalla deduzione della prova diretta PALMIERI,La prova contraria nei giudizi civili, cit., p. 1201.

(261) Per la dottrina, infatti, la prova contraria non ricomprende anche le prove a supporto di fatti modificativi, estintivi

ed impeditivi, che , essendo volte alla dimostrazione di fatti diversi da quelli costitutivi e non alla loro negazione, altro non sono che prove dirette, ma non contrarie: PATTI, voce Prova, cit., p. 11; MICHELI, L'onere della prova, cit., p. 398;

in passato il fatto impeditivo è stato considerato come l'inverso di quello costitutivo: in questo senso SACCO, Presunzione, cit., p. 405 ss.; seguendo questa impostazione, ormai superata, la prova del fatto impeditivo sarebbe contraria; contra VERDE, Onere della prova, cit., p. 199; PATTI, Prove, cit., p. 93; PALMIERI,La prova contraria nei giudizi civili, cit., p. 1198, che comunque precisa che la prova contraria può essere diretta o indiretta, potendo avere ad oggetto, nella seconda accezione, anche un fatto diverso e incompatibile con quello provato dalla controparte.

(262) COMOGLIO,Comm. c.c., cit., p. 2989; SASSANI,Lineamenti del processo civile italiano, cit., p. 241.

(263) COMOGLIO,Comm. c.c., cit., p. 2968.

(264) Si è affermato che una regola sembra sussistere solo sul piano astratto, con riferimento alla distinzione tra <<fatti

causali>>, che determinano l’azione e devono essere provati da parte dell’attore, e <<fatti che incidono sulla fattispecie solo in modo occasionale>>, come elementi impeditivi, la cui mancanza non va provata da chi agisce: RICCI, Questioni controverse in tema di onere della prova, cit., p. 321.

(265) MANDRIOLI,

58 Il tema riveste un ruolo di primaria importanza nella valutazione dell’operato della giurisprudenza, ma è stato finora trascurato negli studi sostanzialistici sulla responsabilità sanitaria (267), perciò deve essere affrontato a partire dai risultati cui è giunta la dottrina processualcivilistica (268). Con l’espressione presunzioni giurisprudenziali si fa riferimento al fenomeno della creazione, da parte della giurisprudenza, di regole di ripartizione dell’onere della prova che non trovano riscontro nell’ordinamento positivo, in quanto distribuiscono gli oneri in modo differente da quanto previsto dall’art. 2697 c.c. (269). Il problema è serio, in quanto per la ripartizione dell’onere probatorio fra le

parti in causa i giudici spesso utilizzano elementi che dovrebbero, invece, rilevare unicamente ai fini della valutazione delle prove o della formazione del convincimento del giudice (270). In sostanza, tale fenomeno si pone sullo stesso piano delle presunzioni legali relative senza che vi sia, però, alcuna norma che le preveda, e che preveda, tantomeno, un potere discrezionale del giudice rispetto alla ripartizione degli oneri probatori (271). Il problema è legato essenzialmente alla modalità di utilizzo dello strumento da parte dei giudici, alla mancanza di un fondamento teorico delle scelte discrezionali ed alla mutevolezza degli orientamenti giurisprudenziali che, specie nel settore che ci occupa, ha portato ad una totale anarchia delle decisioni.

Va comunque osservato che le presunzioni giurisprudenziali sono state accolte con favore dalla dottrina nella misura in cui costituiscono espressione del principio di vicinanza della prova, e consentono di rimediare alle difficoltà connesse alla prova dei fatti negativi, nonché di pervenire ad una appropriata composizione degli interessi sostanziali coinvolti nel processo, anche garantendo un’adeguata tutela dei soggetti considerati deboli (272). Sarà allora necessario, alla luce di queste

(266) <<Questa impostazione tende a sopravvalutare il ruolo delle massime di esperienza, che pur importantissime come

criterio utilizzabile dal giudice per la valutazione delle prove, si rivelano però del tutto insufficienti come guida per la ripartizione dell’onere della prova; quindi per individuare se l’onere sia a carico dell’attore o del convenuto e, soprattutto, con riferimento a quali fatti lo sia, è indispensabile un criterio preciso che non può essere lasciato all’id quod plerumque accidit, ma richiede una valutazione ponderata della struttura dell’azione che viene proposta>>, così RICCI, Questioni controverse in tema di onere della prova, cit., p. 321; le massime di esperienza rilevano nel momento

del giudizio in quanto possono fondare le c.d. presunzioni semplici, sono utilizzate cioè come criterio oggettivo per risalire dal fatto noto al fatto ignorato, BENIGNI,Presunzioni giurisprudenziali e riparto dell’onere probatorio, 2014, p. 194, lo stesso discorso vale per l'affermazione di una presunzione non prevista dalla legge, che rappresenta pertanto il risultato del libero apprezzamento del giudice, il quale, sulla base delle regole di esperienza, trae la conseguenza dell'esistenza del fatto ignoto a partire dal fatto noto: PATTI,Prova testimoniale. Presunzioni, in Comm. c.c. Scialoja- Branca, diretto da Galgano, Bologna-Roma, 2001, p. 127 ss.; su altro tema ma sempre in senso critico dell’uso giurisprudenziale delle presunzioni v. PATTI,La responsabilità degli amministratori: il nesso causale, in Resp. civ. e prev., 3, 2002, p. 601.

(267) Salve rare eccezioni: OCCORSIO,Cartella clinica e “vicinanza” della prova, in Riv. dir. civ., 2013, spec. 1264 ss.;

FACCIOLI,“Presunzioni giurisprudenziali” e responsabilità sanitaria, in Contr. e imp., 1, 2014, p. 79.

(268) Tra i vari contributi sul tema si ricorda VERDE,Le presunzioni giurisprudenziali (introduzione a un rinnovato

studio sull’onere della prova), in Foro it., 1971, V, 177 ss.; COMOGLIO,Le prove civili, cit., p. 322 ss.; PATTI,Le prove. Parte generale, cit., p. 139 ss.; TARUFFO,La valutazione delle prove, in La prova nel processo civile, cit., p. 254 ss. (269) Vanno quindi tenute distinte dalle presunzioni ex art. 2729 c.c. che attengono al diverso piano della prova critica, o

indiretta, consistente nell’indurre da un fatto noto l’esistenza di un fatto ignoto. (270) PATTI,Le prove. Parte generale, cit., p. 140.

(271) TARUFFO, Presunzioni.(Dir. proc. civ.), in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma, 1991, p. 3; ID, Presunzioni,

inversioni, prova del fatto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1992, p. 754 ss.; criticate sia sul piano dell’analogia, in quanto le norme sulle presunzioni legali sono considerate eccezionali (VERDE, Le presunzioni giurisprudenziali, cit., p. 183) che

sul piano della violazione del diritto di difesa e del contraddittorio, in quanto non sono conosciute prima dalle parti (COMOGLIO,Le prove civili, cit., p. 293); comunque ogni a. mette in rilievo anche gli aspetti positivi del fenomeno,che spesso evita alla parte attrice di dovere fornire una prova negativa, seguendo criteri di ragionevolezza e di vicinanza alla prova che tengono conto anche della esigenza di tutela della parte debole.

(272) Consentendo al magistrato di avere uno strumento per integrare lo scarno e insufficiente dettato letterale dell’art.

59 considerazioni, considerare le singole presunzioni di volta in volta elaborate dai giudici per verificare se e fino a che punto esse, oltre ad apparire fondate su di un ragionamento sufficientemente rigoroso e convincente sul piano tecnico-giuridico, siano effettivamente rispondenti al principio di riferibilità della prova ed all’esigenza di realizzare una soddisfacente ed equilibrata composizione degli interessi in gioco in quel determinato processo, eventualmente anche concedendo una speciale tutela alla parte debole del giudizio. Come vedremo, sono particolarmente aspre le critiche nei confronti degli orientamenti giurisprudenziali che favoriscono il paziente tramite una presunzione relativa della sussistenza del nesso di causalità (273), ed ancora di più lo sono le critiche all’indirizzo che deduce, in via presuntiva, la sussistenza del nesso causale tra la condotta del medico ed il pregiudizio lamentato dal paziente dall’omessa o difettosa compilazione della cartella clinica (274).

Per quanto interessa il nostro discorso, va segnalato che la giurisprudenza è giunta ad unificare la distribuzione degli oneri in giudizio (275), con un evidente intento di semplificazione, in tutte le azioni il cui fatto costitutivo comune è l’inadempimento di una delle parti, in virtù del principio di persistenza del diritto di credito e di vicinanza della prova (276): in tali casi, il creditore che agisce ha solo l’onere di allegare e provare l’esistenza del titolo contrattuale, ma non l’inadempimento dell’obbligato, poiché compete a quest’ultimo eccepire, allegare e provare di avere adempiuto, o di non aver potuto adempiere per causa non imputabile. Nulla di nuovo rispetto a quanto si poteva ricavare dalla lettura sistematica delle norme, ricostruita nel paragrafo precedente: apparentemente, dunque, non si tratta di presunzione giurisprudenziale, ma la vera novità è consistita nell'uniformazione della regola rispetto alle azioni di adempimento e a quelle di risoluzione e risarcimento del danno, che ha composto un risalente dibattito sorto in seno alla giurisprudenza (277).

la vastissima e mutevole esperienza dei casi concreti:VERDE, Le presunzioni giurisprudenziali, cit., p. 188 ss.; FACCIOLI,“Presunzioni giurisprudenziali”, cit., p. 87.

(273) Quando, secondo regole di comune esperienza, il mancato risultato è indice probabile di «inadeguata o non

diligente esecuzione della prestazione professionale», la giurisprudenza allevia l'onere probatorio del creditore mediante una presunzione (semplice) di inadempimento. Cfr. Cass. 21 dicembre 1978, n. 6141, in Giur. it., 1979, I, 1, 953, in tema di prestazioni medico-chirurgiche; cfr. MENGONI, Op. loc. cit..

(274)In senso critico nei confronti degli orientamenti giurisprudenziali che favoriscono il paziente tramite una

presunzione relativa alla sussistenza del nesso di causalità pare v. SARICA, Il nesso causale nella responsabilità medica,

in Franzoni (a cura di), Le responsabilità nei servizi sanitari, cit., p. 117; sul problema, più in generale, dell’accertamento del nesso eziologico nella responsabilità civile si rinvia a TARUFFO, La prova del nesso causale, in Riv. crit. dir. priv., 2006, 101 ss.

(275) Cass., sez. un, 20 ottobre 2001, n. 13533, in Nuova giur. civ. comm., 2002, I, p. 349 ss., con nota di MEOLI,

risoluzione per inadempimento ed onere della prova; in Foro it., 2002, I, p. 769 ss., con nota di LAGHEZZA, Inadempimento e onere della prova: le sezioni unite e la difficile arte del rammendo; in Corriere giur., 2001, 1569, con nota di MARICONDA, Inadempimento e onere della prova: le sezioni unite compongono un contrasto e ne aprono un

altro; è comunque fatta salva l’ipotesi in cui il convenuto opponga l’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. che rovescia l’onere; indirizzo seguito dalla giurisprudenza successiva cfr. Cass., 13 giugno 2006, n. 13674, in Rep. Foro it., 2006, contratto in genere, n. 622.

(276) Si parla di <<presunzione di persistenza>> del diritto soggettivo azionato, comune alle azioni di adempimento, di

risoluzione per inadempimento e di risarcimento dei danni da inadempimento, per dire che una volta dimostrata l’esistenza di un diritto destinato ad essere soddisfatto entro un certo termine, grava sul debitore l’onere di dimostrare l’esistenza del fatto estintivo costituito dall’adempimento; in altre parole, sebbene l’inadempimento rappresenti elemento costitutivo della pretesa del creditore, dalla relativa prova quest’ultimo è in concreto sollevato, spettando al debitore l’onere di dimostrare l’adempimento come fatto estintivo dell’obbligazione; secondo il principio di vicinanza della prova, l’onere del fatto dell’inadempimento va posto a carico del soggetto nella cui sfera si è prodotto l’inadempimento stesso, quindi sul debitore; così Cass., sez. un., 20 ottobre 2001, n. 13533, cit.

(277) Secondo l'indirizzo a lungo prevalso si distingueva tra azione di esecuzione (c.d. di manutenzione) e azione di

60 Le sezioni unite si pongono in questa prospettiva nel momento in cui collegano la presunzione di persistenza del diritto all'art. 2697 c.c., considerando quindi, sia pure implicitamente, la norma già in grado di giustificare la conclusione per cui la tutela del creditore si collega direttamente alla prova del fatto costitutivo del credito. La pronuncia fa riferimento, però, anche alle esigenze di ordine pratico che impongono di non accollare al creditore la prova di un fatto negativo difficilmente dimostrabile attraverso fatti positivi contrari (278); tanto più che il fatto che l'inadempimento si sia prodotto nella sfera personale del debitore, fa venire in considerazione anche il principio di vicinanza della prova.

Le principali critiche a questo orientamento hanno riguardato il mancato approfondimento della fattispecie costitutiva del diritto al risarcimento del danno in base alla distinzione tra adempimento inesatto ed inadempimento definitivo. I commentatori, infatti, hanno manifestato un forte dissenso rispetto alla compiuta generalizzazione (279), che rappresenterebbe uno scorretto uso delle presunzioni. Infatti, lamentata inesattezza dell’inadempimento, l’onere della prova grava certamente sulla parte che ha ricevuto la prestazione stessa, poiché, in questo caso, la violazione allegata non consiste nel fatto negativo del mancato adempimento, ma nel fatto positivo dell'avvenuto adempimento inesatto (280): affermare che anche in questi casi l’onere grava sul medico significa negare i principi della persistenza del credito e della vicinanza della prova alla base della ricostruzione.

La definitiva consacrazione del principio di vicinanza della prova quale regola integrativa della schematica formula dell’art. 2697 c.c., spostando l’onere probatorio su colui al quale risulta più agevole (281), trova la sua più frequente applicazione proprio nel campo della responsabilità medica.

solo titolo (negoziale o contatto sociale) come fatto costitutivo dell'azione, mentre spetta al convenuto provare eventuali fatti impeditivi o estintivi; mentre nel secondo caso l'onere dell'attore comprendeva anche il fatto costitutivo dell'inadempimento della controparte, toccando a quest'ultima la prova che l'inadempimento è stato incolpevole; in tal senso, riguardo all'art. 1218 c.c. v. Cass., 11 febbraio 2005, n. 2853, in Rass. Foro it., 2005, voce Contratto in genere, n. 595; cfr. Cass., 8 ottobre 2004, n. 20037, in Rass. Foro it., 2004, voce Obbligazioni in genere, n. 57; Cass., 9 gennaio 1997, n. 124, in Rass. Foro it., 1997, voce Prova civile in genere, n. 5; cass. 5 maggio 1967, n. 886, in Foro it., 1967, I, c. 2591; confermato anche dalla dottrina MENGONI, voce Responsabilità contrattuale, cit., p. 1097; PATTI, Prove. Parte

generale, cit., 120 ss.; DE CRISTOFARO, Mancata o inesatta prestazione e onere probatorio, in Riv. dir. civ., 1994, 590 ss.; il diverso indirizzo, confermato dalle sezioni unite del 2001, sosteneva appunto che tutte le azioni il cui fatto costitutivo comune è l'inadempimento di una parte, il creditore che agisce ha solo l'onere di provare il titolo e il danno, e di allegare l'inadempimento dell'obbligato, cui spetterà eccepire, allegare e provare di aver adempiuto o di non aver potuto adempiere per causa non imputabile, v. Cass., 27 marzo 1998 n. 3232, in Corr. Giur., 7,1998, p. 784, con nota di MARICONDA, Tutela del credito e onere della prova: la cassazione a una svolta?; v. in materia sanitaria Cass., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 577, cit.; v. più di recente Cass., 15 luglio 2011, n. 15659, in Rass. Foro it., 2011, voce Obbligazioni in genere, n. 34.

(278) Rispetto ai quali il problema riguarda non tanto l’onere, ma la modalità della prova, che va comunque data:

SASSANI,Lineamenti del processo civile italiano, Milano, 2014, p. 243, che distingue tra fatti negativi specifici che consentono di ricorrere alla prova di fatti positivi incompatibili e fatti negativi generici, che giustificano il ricorso alla prova presuntiva; sulla prova dei fatti negativi v.TARUFFO,La prova dei fatti giuridici, in La prova nel processo civile, cit., p. 117 ss.; PATTI, Prove cit., 53 ss.; DE CRISTOFARO, Mancata o inesatta prestazione e onere probatorio cit., 576 ss. ove ampi riferimenti dottrinari e giurisprudenziali; sottolinea l'estraneità del principio negativa non sunt probanda al pensiero giuridico moderno MENGONI, voce Responsabilità contrattuale, cit., n. 155.

(279) L’orientamento è seguito dalla giurisprudenza maggioritaria: Cass., 21 luglio 2011, n. 15993; Cass., 7 giugno 2011,

n. 12274.

(280) MARICONDA, Tutela del credito e onere della prova, cit., p. 784; Id., Inadempimento e onere della prova, cit., p.

1569.

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