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Profili problematici nell’accertamento della responsabilità

1. L’onere della prova: osservazioni generali.

1.3 La c.d legge Balduzzi e l’aggravamento dell’onere probatorio.

A questo punto dell'indagine emerge chiaramente come l'evoluzione giurisprudenziale, densa di incongruenze, incertezze e forzature, non agevoli la composizione degli interessi in campo e, seppur ispirata da nobili scopi, si traduca indirettamente in una non soddisfacente tutela della salute, mortificando il ruolo di chi è professionalmente garante di quel diritto. L'unico buon frutto dell'evoluzione giurisprudenziale è consistito nell'individuazione di un paradigma giuridico unitario della responsabilità medica che, quantomeno in astratto, sarebbe idoneo ad individuare un criterio di giudizio per accertare in modo puntuale la responsabilità del sanitario. Esso, però, non è stato raccolto dal legislatore, che, al contrario, sembra mortificare il risultato raggiunto, poichè l'art. 3, d.l. n. 158 del 2012 (c.d. decreto Balduzzi), convertito con la l. n. 189 del 2012, stravolge le linee generali della materia, con una norma ambigua ed incompleta (306). Il riferimento esplicito all’art. 2043 c.c. contenuto nel comma 1°, infatti, sembra rinviare all’originario inquadramento in ambito aquiliano per la responsabilità del medico non vincolato da alcun contratto al paziente (307). Tale

giurisprudenziale, in Danno resp., 2005, 130 ss.; sull’opportunità di un intervento del legislatore cfr. ALPA, Gli incerti confini, cit., p. 1832; si interroga circa la necessità di sistemi pubblici di indennizzo ZENCOVICH,Una commedia degli

errori?, cit., 327.

(304) Cass., 9 ottobre 2012 n.17143

(305) LONGOBUCCO, L’onere della prova nella malpractice medica: dalla responsabilità accertata alla responsabilità

sentita, in Resp. civ. prev., 2012, 1391 ss. ad accentuare l’impressione che i giudici elaborino regole probatorie ad hoc da applicare nelle controversie in materia di responsabilità sanitaria contribuiscono, inoltre, le riflessioni di NOCCO, Il

nesso causale e la responsabilità sanitaria: un itinerario in perenne evoluzione, in Danno e resp., 2012, 953.

(306) L’art. 3, comma 1°, è stato integralmente riscritto in sede di conversione rispetto alla sua originaria formulazione,

in base alla quale <<fermo restando il disposto dell’articolo 2236 del codice civile, nell’acertamento della colpa lieve nell’attività dell’esercente le professioni sanitarieil giudice, ai sensi dell’articolo 1176 del codice civile, tiene conto in particolare dell’osservanza, nel caso concreto, delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica nazionale e internazionale>>.

(307) DE MATTEIS, La responsabilità professionale del medico. L’art. 3 del d.l. n. 158/2012 tra passato e futuro della

66 diverso inquadramento, come già chiarito, comporterebbe di riflesso una diversa disciplina dell'onere della prova (e non solo). I vari problemi generati dall'art. 3 sono stati rilevati non solo dalla dottrina unanime (308), ma dalla stessa giurisprudenza in seno alla quale le critiche si sono condensate in una questione di legittimità costituzionale (309). La Corte costituzionale ha in breve tempo dichiarato manifestamente inammissibile la questione per <<insufficiente descrizione della fattispecie concreta>> (310).

L'esplicito riferimento all'art. 2043 c.c. è l'anomalia che più delle altre complica l'innesto ed il coordinamento della suddetta norma nel sistema sopra delineato, come emerge dalle varie soluzioni interpretative proposte: da quella che, a partire da un'interpretazione letterale della norma, ritiene radicalmente mutata la natura della responsabilità (311), con tutto ciò che ne consegue in punto di disciplina applicabile, all'opposto orientamento che riferisce il richiamo al mero obbligo di ristoro dei danni – precisazione peraltro inutile – e non alla natura della responsabilità (312). Una terza impostazione, invece, ritiene il richiamo riconducibile alla sola ipotesi di illecito penale non punibile per colpa lieve (313), per finire con la tesi che circoscrive l'art. 2043 c.c. alla sola responsabilità del medico (314).

che evidenzia lo scopo della norma di alleggerire gli oneri risarcitori gravanti sul sistema sanitario; PARTISANI, La

nuova responsabilità sanitaria, dopo il Decreto Balduzzi, in Resp. civ. e prev., 2013, p. 350.

(308) CARBONE, La responsabilità del medico pubblico dopo la legge Balduzzi, in Danno e resp., 2013, pp. 367 ss.DE

MATTEIS, La responsabilità professionale del medico, cit., p. 123 ss.; RICCI, Evoluzioni ed involuzioni, cit., p. 351 ss.

(309) v. il remittente Trib. Milano,(ord.) 21 marzo 2013, in Danno e resp., 2013, p. 367 ss.; ma v. anche Trib. Varese, 26

novembre 2912; Cass. 19 febbraio 2013, n. 4030; Trib. Arezzo, 14 febbraio 2013; Trib. Torino, 26 febbraio 2013, in Danno e resp., 2013, p. 367 ss.

(310) Corte cost., (ord.) 6 dicembre 2013, n. 295, in www.cortecostituzionale.it.

(311) Trib. Torino, 15 febbraio 2013, in Danno e resp., 2013, p. 367, con nota di CARBONE; Trib. Varese, 26.11.2012, in

Danno e resp., 2013, p. 376; con ritorno all'impostazione pre 2009 ( Cass. 1999, n. 589); trib. Milano, (ord.) 21 marzo 2013, in.. sul tema v. anche BUFFONE, L’equilibrio precario della responsabilità medica sotto il pendolo di Focault introdotto dalla legge 189/2012, in La valutazione della colpa medica e la sua tutela assicurativa, a cura di Martini- Genovese, Santarcangelo di Romagna, 2012.

(312) Cass., 19 febbraio 2013, n. 4030, cit., che in un obiter dictum ha ribadito la validità della giurisprudenza sul

contatto sociale; cfr. CARBONE, La responsabilità del medico pubblico, cit., p. 367 ss.; Trib. Arezzo, 14 febbraio 2013, sul quale IANNONE, Responsabilità medica per omessa o tardiva diagnosi di malformazioni fetali, in Giust. civ., 2013, II, p. 711; RICCI, Evoluzioni ed involuzioni, cit., p. 363; nega qualsiasi valore al riferimento, perché intervenuto in sede

di conversione del decreto legge senza che in esso vi forre alcuna traccia BONA, La r.c. medica dopo il decreto legge n.

158/2012: indicazioni per la corretta applicazione e per la (dis)applicazione delle nuove disposizioni, in La valutazione della colpa medica e la sua tutela assicurativa, cit., passim.

(313) Contra RICCI, Evoluzioni ed involuzioni, cit., p. 361 ss. spec. nota 24.

(314) In questo ambito vi è chi limita l’operatività della norma al solo medico dipendente Trib. Varese, 26 novembre

2012, in Guida dir., 2013, 17, p. 23; Trib. Enna, 18 maggio 2013, in Danno e resp., I, 2014, p. 74 ss.; anche in tal caso con ritorno all'impostazione pre Cass. 1999, n. 589; CARBONE, La responsabilità del medico pubblico, cit., p. 383; HAZAN-ZORZIT, Assicurazione obbligatoria del medico e responsabilità sanitaria, cit., p. 537 ss.; e chi invece la ritiene

applicabile a tutti i medici, v. DE MATTEIS, La responsabilità professionale del medico. L’art. 3, cit., p. 130 ss., la quale

ritiene che <<il testuale ed esclusivo riferimento all’esercente una professione sanitaria ed alla colpa (ex art. 3 del d.l. n. 158/2012)>> si riferisca << a tutti i medici, siano essi liberi professionisti o dipendenti di struttura, per accreditare un modello di responsabilità professionale che, indifferente alle partizioni della responsabilità civile, si fondi sempre sulla colpa (in ciò il senso del rinvio nell’art. 3 all’art. 2043 c.c. che ritengo operato sulla base di un suo stretto collegamento, supposto ma non esplicitato, con gli artt. 1176 e 2236 del codice civile (Un tale legame emerge chiaramente dalle precedenti stesure dell’art. 3)>>; con la conseguenza che la responsabilità di medici e delle strutture si configurano come autonome e distinte << autonome per titolo in quanto fondate su titoli diversi, dovendosi per la responsabilità del medico (dipendente di struttura) fare capo all’art. 2043 c.c., per quella della struttura, all’art. 1218 c.c.; distinte per criteri di imputazione, in quanto la responsabilità del medico è da ricondurre al paradigma della responsabilità professionale e quindi alla colpa professionale e la responsabilità della struttura al paradigma della responsabilità d’impresa (nell’accezione comunitaria) che, per le attività dirette all’erogazione di servizi che incidono sulla salute delle persone, non può che essere retta dal principio di precauzione ispirandosi a criteri di responsabilità (semi)oggettiva.>>.

67 In questa sede, piuttosto che esaminare nel dettaglio gli argomenti contro e a favore di ogni singola tesi, si vogliono considerare gli effetti sulla gestione del contenzioso conseguenti ad una riqualificazione della responsabilità del medico dipendente. Si deve dare per scontato che non potrebbe seriamente ipotizzarsi la generale qualificazione in termini di fatto illecito di tutte le fattispecie di responsabilità, poiché nessun valido argomento varrebbe ad escludere la presenza di un contratto tra paziente e libero professionista o tra paziente e struttura sanitaria (315). Postulato, poi, che la responsabilità della struttura ha acquisito una definitiva autonomia rispetto al fatto illecito del medico dipendente, se si volesse attribuire un significato sostanziale al richiamo si decreterebbe il superamento dell'unitario regime, che porterebbe delle rilevanti conseguenze anche sul piano della gestione giudiziale e stragiudiziale del contenzioso.

Il rischio è quello che emerge dalle osservazioni della dottrina più accorta (316), ossia che all’alleggerimento dell’onere probatorio del medico dipendente pubblico, se non proprio valutabile in chiave di immunità come in passato, corrisponderebbe un aggravamento della responsabilità della struttura sanitaria. Così si spezza il legame tra la responsabilità del medico dipendente e quella della struttura, con la conseguenza che al posto del primo risponderebbe la seconda (317).

Da un punto di vista strettamente processuale occorrerebbe capire quali siano i rapporti tra le diverse azioni: da un lato, quella di responsabilità nei confronti del medico dipendente, a cui si affianca quella solidale della struttura ex art. 1228 c.c. – che presuppone la prima –, dall’altro, l’autonoma azione di responsabilità della struttura per inadempimento di obblighi che fanno capo esclusivamente ad essa. In questa prospettiva, è evidente il problema di coordinamento che si pone nel caso in cui il paziente convenga in giudizio sia la struttura che il medico, quando l’evento lesivo sia dipeso dal comportamento di quest’ultimo: l’accertamento della colpa del sanitario, da effettuarsi secondo la logica aquiliana, è un presupposto per l’affermazione della responsabilità dell’ente, che andrebbe accertata ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., che implicano, invece, un regime radicalmente diverso (318). E’ necessario chiedersi, cioè, se nella responsabilità solidale tra medico e struttura si configuri un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra l’azione aquiliana nei confronti del medico e quella contrattuale della struttura, per inadempimento avvenuto tramite il suo ausiliario. Il rapporto di pregiudizialità-dipendenza è apparentemente smentito sul piano sostanziale, laddove si rischia di svuotare totalmente di significato l’art. 1228 c.c., qualora si sostenesse che per poter condannare la struttura pubblica si dovesse sempre accertare, a monte, la responsabilità del sanitario (319). A ben vedere, però, tale rischio è solo apparente, perché è evidente che la fattispecie di responsabilità per fatto altrui non perde la propria autonomia strutturale nonostante uno dei suoi

(315) Peraltro, è stato chiaramente evidenziato come l’art. 3 l. n. 189 del 2012 si applichi solo alle persone fisiche ed, in

specie, ai medici dipendenti/collaboratori dell’ente v. HAZAN-ZORZIT, Assicurazione obbligatoria del medico e

responsabilità sanitaria, cit., pp. 540-542 e 560 ss.

(316) DE MATTEIS, La responsabilità professionale del medico. L’art. 3, cit., pp. 126 ss. e 138 ss.

(317) Sul punto si discorda con DE MATTEIS, La responsabilità professionale del medico. L’art. 3, cit., p. 138 ss,

laddove sembra alludere ad un riequilibrio tra le posizioni, ritenendo allineati gli interessi di medici e strutture che non sempre lo sono in concreto.

(318) Pone il quesito, ma non lo risolve HAZAN-ZORZIT, Assicurazione obbligatoria del medico e responsabilità sanitaria, cit., pp. 564-565.

(319) L’art. 1228 c.c. configura un’autonoma fattispecie di responsabilità per fatto altrui, che nasce dall’inadempimento

di obblighi preesistenti provocato da soggetti diversi del debitore, che riveste una posizione di garante per l’operato dei soggetti di cui si avvale nell’esecuzione della prestazione, v. VISINTINI, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 2005, p. 773; ZORZIT, La responsabilità del medico alla luce del “decreto Balduzzi”: un viaggio tra nuovi e vecchi scenari, in Danno e resp., 1, 2014, p. 74 ss., spec. nota 26; BARBARISI, La responsabilità del debitore per fatto

68 elementi costitutivi (il fatto altrui) sia a sua volta un’autonoma fattispecie giuridica (320

). La soluzione positiva, tuttavia, non solo sarebbe suggerita dalle elaborazioni della dottrina processualcivilistica (321), ma sarebbe altresì opportuna per evitare un contrasto di decisioni: l’accoglimento della domanda risarcitoria contro la struttura ed il rigetto di quella contro il medico. Diversamente, se si ammettesse l’esistenza di un rapporto di pregiudizialità tecnica tra le due domande, sarebbe il giudice ad accertare incidentalmente la responsabilità del medico, ai sensi dell’art. 34 c.p.c., a meno che le parti chiedano una decisione sul punto con efficacia di giudicato. Il rigetto della domanda nei confronti del medico, gravata com’è dall’onere previsto dall’art. 2043, potrebbe determinare il conseguente rigetto di quella nei confronti della struttura ex art. 1228 c.c. Quindi, il risultato molto probabile di tale impostazione sarebbe quello di spingere i pazienti ad azionare la causa solo contro la struttura, che si vedrebbe costretta, non solo a gestire la controversia ed a liquidare il risarcimento, ma anche a proporre l’azione di rivalsa, con conseguente aggravio dei tempi e dei costi pubblici, influendo negativamente sul sistema giustizia nel suo complesso (322). La prospettiva sembra antieconomica anche sul piano della gestione stragiudiziale, dove si evidenzia un duplice problema: il differente regime di accertamento della responsabilità, infatti, può avere dei risvolti in caso di un coinvolgimento del medico nella fase stragiudiziale. Innanzitutto quest’ultimo, forte di un carico probatorio alleggerito in caso di eventuale giudizio, potrebbe non assumere un atteggiamento collaborativo; secondariamente va rilevato che, anche qualora il medico partecipasse attivamente, difendendosi per il timore di una futura rivalsa, una mediazione con una pluralità di contrapposti interessi in gioco ha meno possibilità di avere successo se non strutturata con opportuni accorgimenti. Ciò rivela anche che le scelte legislative compiute finora, impongono la priorità di una migliore gestione del contenzioso: questa non potrebbe più prescindere dall’istituzione di protocolli specifici che tengano conto della composita natura degli interessi in campo e, come vedremo, sono imprescindibili per un’efficiente gestione del contenzioso. Sempre nella prospettiva di gestione stragiudiziale del contenzioso, va altresì rilevato che le indicazioni legislative spostano l’attenzione dal soggetto che ha commesso il fatto all’organizzazione, cioè alla ricerca di quei fattori che hanno agevolato o reso possibile l’incidente (323

). Non a caso, l’art. 3 bis della legge Balduzzi chiede proprio alla struttura di attivarsi per una efficiente prevenzione e gestione del rischio, in quanto soggetto che è in grado di prevenire più efficacemente il danno,

(320) A sostenere tale agomentazione soccorre, sul piano processuale, l’art. 34 c.p.c.: sull’ambito di opretatività della

norma MENCHINI, voce Accertamenti incidentali, in Enc. giur. Treccani, I, Roma, 1995, p. 8 ss. che riporta le

divergenze dottrinali; peraltro, sul piano sostanziale la responsabilità “altrui” può essere ricondotta ad altro titolo v. FRANZONI, L’illecito, cit., p. 540.

(321) Si segnalano solo alcuni dei principali: MENCHINI, voce Accertamenti incidentali, cit., p. 8 ss.; DENTI, voce

Questioni pregiudiziali, in Dig. civ., XVI, Torino, 1997, p. 158 ss.;PROTO PISANI, Appunti sul giudicato civile e sui suoi

limiti oggettivi, in Riv. dir. proc., 1990, p. 386 ss., cit., p. 393 ss.; ID.,Note problematiche e no sui limiti oggettivi del giudicato, in Foro it., 1987, I, c. 446; GARBAGNATI, voce Questioni pregiudiziali, in Enc. dir, XXXVIII, Milano, 1987, p. 69 ss.;ATTARDI, In tema di limiti oggettivi della cosa giudicata, in Riv. dir. proc. civ., 1990, p. 475 ss.

(322) Si condivide la ricostruzione di ZORZIT, La responsabilità del medico alla luce del “decreto Balduzzi”: un viaggio

tra nuovi e vecchi scenari, in Danno e resp., 1, 2014, p. 80 ss., ma per osservare le conseguenze negative a sistema invariato; più diffusamente v. HAZAN-ZORZIT, Assicurazione obbligatoria del medico, cit., p. 570, dove emerge con

chiarezza che la rivoluzione normativa (i.e. il passaggio per il medico dal sistema dell’inadempimento all’illecito aquiliano) trova un senso soltanto se l’organizzazione in cui esso è inserito potenzia le logiche di prevenzione.

(323)ZORZIT, La responsabilità del medico, cit., p. 74 ss.; come emerge anche da Trib. Enna, 18 maggio 2013, cit.; va segnalato che la soluzione di traslare la responsabilità sulle sole strutture non è affatto nuova, ma costituisce il motore di numerose proposte di riforma, come registrato da NOCCO, Il <<sincretismo causale>> e la politica del diritto, Torino,

69 perché può controllare e gestire i fattori e i soggetti in cui si struttura il suo agire (324). Dunque, senza un efficiente sistema di prevenzione e gestione del rischio (anche quello del contenzioso), la norma non solo non risolve i problemi processuali e sostanziali in campo, ma rischia persino di aggravare il problema economico, incrementando le richieste di risarcimento nei confronti delle strutture pubbliche, responsabili solidalmente o autonomamente (325). E’ palese la contraddizione con la stessa ratio che ha ispirato il decreto Balduzzi (326), dove la finalità di ridurre i costi legati al contenzioso sembra addirittura prioritaria rispetto all’obiettivo di combattere la “malasanità”.

Almeno per il momento, sembra, comunque, doversi accantonare la qualificazione in chiave aquiliana della responsabilità del medico dipendente, non solo alla luce delle problematiche appena esposte, che non sembrano interessare il legislatore, ma in virtù dei consolidati principi elaborati dal diritto vivente. La stessa Corte di Cassazione (327), infatti, è intervenuta su questo aspetto, rigettando l’interpretazione in chiave extracontrattuale e – facendo uso del suo potere nomofilattico funzionale al superamento di oscuri testi normativi –, ha confermato la solida lettura contrattuale della vicenda tra paziente, medico e struttura. Sarebbero altre, dunque, le innovazioni degne di nota introdotte dalla c.d. legge Balduzzi e, tra queste, spicca la finalità di contenimento dell’obbligo risarcitorio, attraverso il richiamo agli artt. 138 e 139 d.lgs. n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private). Di questa e delle altre novità inerenti il riconoscimento giuridico delle linee guida, oggi essenziali per l’accertamento della colpa, si darà conto nei paragrafi seguenti, nei limiti di quanto rientra negli scopi della presente trattazione.

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