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È stata esposta fin ora la nascita e lo sviluppo della tematica dei consumatori svantaggiati. Al volgere del nuovo millennio tuttavia una nuova espressione accademica prendeva forza e creava un’area di studio in gran parte sovrapposta a quella dei disadvantaged consumers. La parola chiave sotto cui questo nuovo filone si è sviluppato è quella di consumer vulnerability ed esso è stato definito dal punto di vista teorico nell’articolo di Baker, Gentry e Rittenburg (2005), sebbene il termine fosse già comparso in altre pubblicazioni. La definizione che questi autori ne hanno dato è la seguente:

“La vulnerabilità del consumatore è uno stato di impotenza che origina da uno squilibrio nelle interazioni di mercato o dal consumo di messaggi di marketing e prodotti. Accade quando il

controllo non è nelle mani dell’individuo, creando una dipendenza da fattori esterni (es. i venditori) per creare equità nel mercato. La vera vulnerabilità viene dall’interazione di stati individuali, caratteristiche individuali e condizioni esterne in un

contesto dove gli obiettivi di consumo potrebbero essere ostacolati e l’esperienza danneggia la percezione dell’io

individuale e sociale.”11

(Baker, Gentry e Rittenburg 2005, 134, tradotto)

Analizzando la definizione vediamo un focus iniziale sullo squilibrio di potere nel mercato, a danno del consumatore. Tale squilibrio può derivare anche semplicemente dal consumo di messaggi di marketing o di un prodotto. Ciò che sta dietro a questo sbilanciamento è una mancanza di controllo da parte del consumatore, il quale non può quindi provvedere autonomamente ad ottenere uno scambio equo, ma si deve mettere nelle mani (anche inconsapevolmente) di soggetti terzi, i quali a loro volta però non è detto che facciano i suoi interessi.

Vengono poi elencate le possibili cause di vulnerabilità (che verranno approfondite più avanti) ed infine le conseguenze della stessa, ovvero il mancato raggiungimento degli obiettivi di consumo e un danno alla percezione che il consumatore ha di sé e a quella che la società ha di lui.

Confrontando questa definizione con quella dei disadvantaged consumers, possiamo vedere alcuni punti comuni: uno squilibrio di potere nel mercato che porta il consumatore a non ottenere ciò che vuole o ciò che gli spetterebbe e un possibile ruolo dei venditori e degli uomini di marketing in generale in questa arrecata ingiustizia.

Tuttavia Baker, Gentry e Rittenburg (2005) annoverano il concetto di svantaggiati nell’elenco di cose da non confondere con quello di vulnerabilità. Esistono dunque delle differenze tra i due termini.

11 Testo originale: “Consumer vulnerability is a state of powerlessness that arises from an imbalance in marketplace interactions or from the consumption of marketing messages and products. It occurs when control is not in an individual’s hands, creating a dependence on external factors (e.g., marketers) to create fair- ness in the marketplace. The actual vulnerability arises from the interaction of individual states, individual characteristics, and external conditions within a context where consumption goals may be hindered and the experience affects personal and

Dalla definizione di vulnerabilità vediamo subito come si parli anche di un danno alla percezione dell’io, dunque un danno psicologico e sociale, che non viene invece menzionato in ambito di svantaggio.

Inoltre questi due concetti differiscono profondamente in quanto al soggetto a cui sono ascritti. Un consumatore svantaggiato (povero, appartenente ad una minoranza razziale, anziano, etc.) lo è per il suo status, dunque si parla di una condizione che si protrae necessariamente nel tempo e che dipende dall’appartenenza del soggetto ad un certo gruppo.

Questo, secondo Baker, Gentry e Rittenburg (2005) porta a concentrarsi solo sulle caratteristiche personali e a ritenere che queste significhino in ogni caso uno svantaggio sul mercato. In questo modo però viene trascurata la capacità di agire (agency) del consumatore.

Il concetto di vulnerabilità invece parla di una condizione che tutti prima o poi possono sperimentare e che può essere determinata da alcuni fattori, sebbene questi non rendano sempre necessariamente il consumatore vulnerabile.

Invece di essere definita per categorie di persone, dunque, la vulnerabilità si focalizza sulle barriere che i consumatori affrontano in termini di controllo e libertà nelle decisioni. In questo modo diventa un concetto più robusto, in quanto mentre i gruppi di soggetti svantaggiati possono cambiare nel tempo (come infatti è successo tra gli anni ’70, ’90 e 2010), le barriere tra soggetti e mercati mantengono sempre gli stessi caratteri.

Questa differenza concettuale si può percepire guardando ai termini stessi: consumatori svantaggiati e vulnerabilità dei consumatori. “Svantaggiati” è un aggettivo, una caratteristica applicata alla nozione più forte di consumatore. Un termine che riduce il concetto di consumatore stesso.

“Vulnerabilità” invece indica di per sé un nome, un fenomeno. Nel momento in cui un soggetto incappa in essa sperimenta una condizione di ottundimento che diminuisce le sue capacità, ma una volta passata egli acquista di nuovo completamente il suo status di consumatore.

Inoltre mentre lo svantaggio è una condizione fissa, una serie di caratteristiche che il soggetto assume in toto se appartiene ad un determinato gruppo, la vulnerabilità è invece una condizione individuale che permette ancora al consumatore di negoziare le sue condizioni, sebbene lo faccia in un momento in cui non è al massimo delle sue capacità.

Osservando gli altri concetti da cui Baker, Gentry e Rittenburg (2005) desiderano allontanare quello di vulnerabilità, troviamo anzitutto i bisogni non soddisfatti. Come specificato in precedenza, la vulnerabilità è uno stato che si presenta durante una trattativa economica (anche semplice) e può portare al non soddisfacimento dei bisogni, ma non necessariamente. Non è inoltre detto che ogni volta che un bisogno non venga soddisfatto ci sia dietro una situazione di vulnerabilità.

Un’altra cosa con cui non si deve confondere la vulnerabilità del consumatore è la protezione del consumatore. Le persone disabili, le minoranze etniche o razziali e gli appartenenti alla comunità LGBT sono consumatori che appartengono a delle classi protette e che sicuramente avranno esperienza di vulnerabilità, forse più di altri, tuttavia non è detto che siano vulnerabili in ogni scambio di mercato che si trovano ad affrontare, dunque i due concetti, sebbene vicini, non sono completamente congruenti.

Ultima nozione da cui prendere le distanze: la stigmatizzazione. Essa potrebbe essere una causa o addirittura una conseguenza della vulnerabilità, ma non è condizione né necessaria né sufficiente.

Come viene allora concettualizzata la vulnerabilità del consumatore nell’articolo di Baker, Gentry e Rittenburg (2005)? Lo schema in Figura 5, tratto dallo stesso, fornisce uno schema concettuale preciso e sintetico dove troviamo a sinistra le possibili cause Figura 5: Conceptual model to define consumer vulnerability. Da Baker, Gentry e Rittenburg (2005)

in cui la vulnerabilità può manifestarsi e successivamente le risposte comportamentali dei consumatori, da un lato, e del mercato e delle autorità, dall’altro.

Partendo anzitutto dalle cause è bene specificare che gli autori ne parlano non tanto come cause determinanti, quanto come fattori che accrescono le probabilità di ritrovarsi in una condizione di vulnerabilità.

Le prime menzionate sono le caratteristiche individuali, che comprendono caratteristiche biofisiche (biologiche e fisiologiche) e psicosociali (ragioni psicologiche e sociologiche che guidano i comportamenti). Esempi delle prime sono le dipendenze, l’età, la disabilità, il genere, l’etnia di appartenenza e le disfunzionalità cognitive; il concetto di sé, la percezione sociale dell’apparenza, lo stato socioeconomico, le capacità percepite, la disponibilità di risorse, la cultura, la paura di essere vittimizzati, lo stato di salute percepito e l’isolamento sociale sono invece tutti esempi dei fattori psicosociali che possono portare alla vulnerabilità (si noti come nel concetto di disadvantaged consumers le caratteristiche psicosociali fossero completamente trascurate).

Gli stati individuali sono dei fattori molto più mutevoli, eppure altrettanto importanti. Comprendono il dolore, la motivazione, la transizione, lo stato d’animo e altri stati emotivi. Come esempi pratici si può pensare alla morte di una persona amata o al momento in cui due genitori divorziano. Questi accadimenti provocano delle reazioni emotive così forti da limitare le capacità cognitive e decisionali dell’individuo e dunque da renderlo più vulnerabile nel momento in cui si confronta con il mercato.

Infine abbiamo le condizioni esterne: discriminazione, repressione, stigmatizzazione, distribuzione di risorse, elementi fisici, fattori logistici, condizioni ambientali, ambiente politico-economico e così via. È interessante come Baker, Gentry e Rittenburg (2005) sottolineino che spesso la vulnerabilità non viene dall’appartenenza ad un certo gruppo etnico o da una condizione di disabilità, ma piuttosto dalla discriminazione, ovvero da come la società si comporta nei confronti di questi gruppi di persone.

Nella categoria delle condizioni esterne rientrano anche quelle che Goffman (1963) chiama Total Control Institutions, situazioni a cui abbiamo già accennato in precedenza e sulle quali ci soffermeremo più attentamente più avanti.

È interessante guardare ad un confronto tra quelle che Andreasen (1993) definisce come le cause di svantaggio dei consumatori e quelle invece elencate da Baker, Gentry e

Rittenburg (2005) rispetto alla vulnerabilità. Ricordiamo anzitutto che mentre Andreasen (1993) parla esplicitamente di cause, rispetto alla vulnerabilità si hanno più che altro dei fattori che possono concorrere, da soli o congiuntamente, alla condizione di vulnerabilità.

Disadvantaged!Consumers! Consumer!Vulnerability! Caratteristiche!Dei! Consumatori! Caratteristiche! Individuali! !! Biofisiche! !! !! Psicosociali! !! Stati!Individuali! Caratteristiche!Dei!Mercati! Condizioni!Esterne! Comportamenti!Dei!Venditori! !!

Figura 6: confronto cause di svantaggio e di vulnerabilità. Basato su Andreasen 1993 e Baker, Gentry e Rittenburg 2005

In Figura 6 le zone in grigio evidenziano le cause che l’uno o l’altro filone non tengono in considerazione. Parlando della nozione di disadvantaged consumers si può vedere come le caratteristiche dei consumatori si riferiscano soltanto a caratteristiche biofisiche. La dimensione psicosociale, in effetti, non veniva tenuta in considerazione neanche rispetto alle conseguenze portate da una condizione di sbilanciamento nel mercato, mentre nella definizione di vulnerabilità si specificava chiaramente che la percezione dell’io potrebbe subire dei danni sia a livello individuale che sociale.

Mancano inoltre gli stati individuali e questa è la spia di una profonda differenza che è già stata notata. La condizione di svantaggio è permanente nel tempo, quella di vulnerabilità invece può anche essere passeggera e quindi è giusto che comprenda anche gli stati d’animo che possono provocarla. Non avrebbe senso la stessa cosa invece per la condizione di svantaggio, essendo appunto gli stati d’animo solo passeggeri.

In ultima analisi il concetto di consumer vulnerability non tiene conto del comportamento dei venditori, almeno in questo framework. Nella definizione viene menzionato il loro potenziale ruolo, ma poi essi non vengono annoverati tra le cause di vulnerabilità. Anche qui si evidenzia una profonda differenza tra i due filoni. La condizione di svantaggio si

sul mercato peggiore del dovuto, mentre lo stato di vulnerabilità si presenta durante la trattativa. Nel primo caso quindi ci deve essere stata in qualche modo un’azione del venditore che, consapevolmente o meno, ha fatto in modo che il consumatore ottenesse uno scambio iniquo.

La vulnerabilità invece indica una condizione del consumatore per la quale egli è più soggetto alle pratiche “rapaci” dei venditori, ma queste pratiche non rientrano nei motivi che rendono un soggetto vulnerabile.

Concludendo la discussione sulle differenze tra la nozione di disadvantaged consumer e di consumer vulnerability possiamo comprendere come la seconda sia di più ampio respiro rispetto alla prima e includa anche situazioni assolutamente passeggere e in molti casi anche non troppo gravose per il soggetto stesso.

Tuttavia il concetto di svantaggio appare comunque utile poiché, come affermato da Baker, Gentry e Rittenburg (2005) stessi, alcuni gruppi di persone sono molto più esposti al rischio di vulnerabilità rispetto ad altri e forse limitarsi ad analizzare la vulnerabilità come qualcosa di cui chiunque può fare esperienza rischia di risotterrare di nuovo tutte quelle differenze (qualitative) che sono emerse tra gruppi diversi di consumatori. Probabilmente è per questo motivo che nessuno dei due termini ha prevalso sull’altro e che ancora adesso vengono usati congiuntamente (e in modo complementare forse) per riferirsi allo studio di quei casi di consumatori che affrontano ingiustamente condizioni di mercato peggiori di quanto non dovrebbero.