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Si arriva adesso alla parte che più concerne questo elaborato. Sebbene tutti i meccanismi elencati sin ora descrivano già un quadro approfondito di come la condizione degli immigrati è stata recepita ed interpretata dal cinema, ora verranno elencati e condensati tutti quei vari limiti al consumo che gli immigrati in queste pellicole sperimentano. Partendo da Vesna va veloce, i primi limiti al consumo che la protagonista sperimenta sono legati al suo paese d’origine. Se lei vuole emigrare in Italia è perché in Repubblica Ceca ha meno possibilità di consumare. Infatti è per questo che con la sua amica Marina ogni tanto facevano un viaggio a Trieste per acquistare beni per sé e per le famiglie. Quando poi arriva in Italia, Vesna non ha soldi per pagarsi una stanza, per viaggiare o per mangiare. Alla fine, stanca e demoralizzata, si prostituirà per non patire più “la miseria”. La povertà dunque è il suo limite.

Si vede poi la scena in cui conta i soldi che ha accumulato e si nota chiaramente la sua felicità, nonostante sia altrettanto chiaro quanto la disgusti il suo lavoro (una mattina uscendo dalla casa di un uomo la si vede vomitare).

In una scena la si vede comprare un condizionatore e poi dei vestiti. Poterlo fare la fa sentire bene, autonoma. È ciò per cui era partita.

Anche quando accumula un po’ di soldi, però, ci sono sempre dei limiti che la costringono. Anzitutto il suo appartamento è molto precario e con regole restringenti: il proprietario si riserva il diritto di decidere chi può entrarvi o no e non appena Vesna

trascorre qualche giorno da Antonio, sebbene abbia pagato per tenere l’alloggio, questi lo affitta ad altri.

Un altro limite è dato poi dal fatto che non ha più il passaporto. Ferita, Vesna non può andare né in ospedale né in polizia. L’esclusione dal consumo può assumere dei caratteri di criticità quando si viene esclusi dalla possibilità di ricevere cure mediche adeguate e di rivolgersi alle forze dell’ordine.

Questo è un elemento che ha in comune con Irena, anche se lei non può usufruire di questi servizi non per mancanza di documenti ma piuttosto perché altrimenti Muffa la troverebbe.

Anche per Kawaku le limitazioni iniziano sin dal suo paese d’origine, il Ghana. Per specializzarsi in medicina lui deve andare in Canada e non può farlo nel suo paese, almeno non nel modo in cui vorrebbe.

È quindi in un certo senso costretto all’emigrazione se vuole perseguire la carriera di medico.

Quando arriva in Italia, i primi soldi che guadagna deve spenderli per il permesso di soggiorno ed anche questo in un certo senso è una costrizione, poiché lo lascia senza soldi per il primo periodo.

Anche lui, come Vesna, sarà limitato dalla sua povertà. Ad esempio a Roma dorme una notte intera fuori al freddo e nel casertano dorme dentro i loculi delle tombe e deve spalare letame perché è il lavoro più remunerativo.

L’ultima costrizione che vive è basata sul visto per andare in Germania: non avendolo la polizia di frontiera lo fa scendere dal treno e lo trattiene. Solo dopo scoprirà purtroppo che andare a Francoforte non gli sarebbe servito.

Anche per Irena i documenti sono una cosa importante. Glieli chiedono quando suona l’antifurto al supermercato e quando viene assunta dagli Adecher, ma lei per fortuna da quel punto di vista è in regola.

In realtà, come già accennato in precedenza, nel film La Sconosciuta c’è un tentativo da parte della regia di far uscire Irena dallo stereotipo dell’immigrata e quindi lei in realtà non sembra sperimentare dei limiti al consumo.

Qualche piccolo segnale però rivela comunque dei disagi:

Irena: Chi lascia il suo paese cambia mille case.

(La sconosciuta, G. Tornatore, Italia/Francia 2006)

In questa scena Irena aveva appena traslocato perché Valeria aveva scoperto che viveva davanti a casa sua. La sua frase rivela una sensazione di tristezza che non potrà mai essere colmata, perché chi lascia il suo paese non si sente mai a casa, o non si sente mai libero, come dice Kawaku in Pummarò.

Questo senso di incompletezza è meglio rivelato nel passo che segue.

Mi sento dentro uno di quei posti dove si cammina si cammina e si è sempre al punto di partenza. Non sai dov’è l’uscita, se si esce. E ogni passo che fai è un errore… io ne ho fatti tanti di errori. Una vita non basta per ripagarli tutti. Credere che per una come me alla fine dei conti poteva esserci ancora un futuro:

quella è stata la mia colpa più grande. Solo per questo mi merito di morire, non per quell’animale.

(La sconosciuta, G. Tornatore, Italia/Francia 2006)

Irena si incolpa per aver desiderato un futuro migliore perché avrebbe dovuto sapere che una come lei non poteva ottenerlo. Ma chi è una come lei? Una donna che cerca di emigrare per migliorare le proprie condizioni di vita e finisce nelle mani di un uomo senza ritegno né pudore che la rende vittima di ripetuti abusi.

Irena sente addosso una colpa, la colpa di avere ancora speranza, ma non è quello che le ha impedito di avere un futuro. È Muffa che l’ha demolita psichicamente abusando di lei quando e come voleva, che le ha tolto di braccio i suoi bambini per venderli, che ha ucciso il suo fidanzato e che infine le ha negato l’unica cosa che lei davvero voleva: sapere dov’era la sua ultima figlia. Un’informazione che valeva oro.

Sebbene Irena sappia che Muffa le abbia fatto del male, non sa quanto nel profondo. Quando insegna a Tea a difendersi la scena è molto cruenta. Si vede lei che spinge questa bambina in terra ripetutamente, nonostante questa pianga e si disperi.

È chiaro che Irena non vuole che Tea riviva le sue stesse esperienze. La lega come veniva legata lei e la porta all’esasperazione. Ma Tea non deve fare come Irena e arrendersi, Tea deve reagire.

Nel passo che segue si capisce bene come Irina stia insegnando delle cose quasi antieducative a Tea. È questo il momento in cui la bambina accetta, inconsapevolmente, il trattamento che seguirà dopo.

Irina: Ti fa ancora male? Tea: Sì

Irina: La prossima volta devi reagire capito? Mettigli le mani addosso.

Tea: Ma come facevo con quella storia della guancia? Se uno ti da uno schiaffo devi prenderlo anche dall’altra parte.

Irina: Questo lo dicono quelli che picchiano per primi. Tu devi imparare a difenderti, a proteggerti quando vai giu.

Tea: E come?

Irina: Se vuoi scoprirlo tu devi fare tutto quello che dico io. Tea: Accetto.

Irina: Qua la mano.

(la stringono)

(La sconosciuta, G. Tornatore, Italia/Francia 2006)

Irena non se ne può rendere conto ma Muffa l’ha privata anche di questo. Distorcendo la sua percezione della realtà attraverso dei forti traumi psicologici l’ha indotta ad insegnare alla figlia (presunta) dei valori non proprio corretti.

Ecco infine quali sono le restrizioni vissute da Li. Anzitutto, come già anticipato, lei è completamente alla mercé dell’organizzazione sotto la quale lavora. Questi decidono dove deve vivere, che lavoro deve lavorare, con chi deve vivere, chi deve frequentare. Purtroppo decidono anche quando suo figlio potrà raggiungerla e questa è per lei la restrizione più grande di tutte, anche se non è di tipo consumistico.

Le viene invece palesemente negato il diritto a sapere qual è il suo stipendio e i suoi straordinari accumulati. Li con il suo lavoro sta pagando l’ingresso del figlio in Italia ma non le è mai dato di sapere a che punto è con il saldo, quanto le manca. Questa è un’informazione dalla quale è esclusa che sicuramente per lei ha un gran peso.

La scena in cui Bepi le fa chiamare il figlio in Cina fa capire che lei è anche esclusa dal consumo del telefono, bene che per le persone immigrate è fondamentale in quanto consente i contatti con coloro che sono rimasti nel paese d’origine (Peñaloza 1994). Shun Li è in contatto col figlio e col padre solo attraverso le lettere.

Questa impossibilità per lei di comunicare con persone lontane sarà ciò che infine le negherà anche la notizia della morte di Bepi.

Nell’analisi compita in questo paragrafo spicca un elemento comune a tutti i protagonisti, o almeno per tutti importante: i documenti. Per Vesna la perdita del passaporto segna l’inizio della clandestinità. Kawaku percorrerà tutta la penisola Italiana e oltre per poter riuscire ad ottenere il visto per il Canada e anche per poter rivedere il fratello. Irena invece dal punto di vista dei documenti non ha problemi, perché è da molto tempo che è in Italia, però il tema rimane nel film perché in diverse occasioni le viene chiesto se è in regola. Anche Li non ha problemi di documenti, almeno per sé. Ce li ha però nei confronti del figlio, per il quale lavora senza sosta pur di poter comprare un passaggio in Italia. Accanto al lato economico e consumistico dell’immigrazione si trova dunque sempre anche quello legale, che è intimamente legato con gli altri due.

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