• Non ci sono risultati.

Fino ad ora è stato definito il raggio d’azione della tematica analizzata guardando alle varie condizioni in cui si possono trovare i consumatori. È stato però già fatto notare come gli esponenti della consumer vulnerability richiedessero un approccio che invece di basarsi sui caratteri del consumatore studiasse le barriere che si interpongono tra

consumatori e mercati, in particolare restringendo il controllo e la libertà di scelta di questi ultimi.

È stato anche detto che questo approccio potrebbe essere più stabile, poiché le barriere sono meno variabili nel tempo rispetto alle caratteristiche che svantaggiano i consumatori sul mercato.

Prima di addentrarsi in questa nuova concezione, è opportuno però distaccarsi da un termine specifico, ovvero Theory of Constraints, coniato da Goldratt nel 1984. Questa espressione è associata al management e non alla consumer behavior. Sta ad indicare un modo di reagire ai limiti interni di un’impresa. Spesso infatti i manager tendono a cercare di rimuovere tutti i vincoli che incontrano, mentre questa teoria suggerisce di selezionare solo quelli più stringenti e che dunque, una volta rimossi, potrebbero migliorare maggiormente i profitti.

Questo concetto, come si può vedere, è molto lontano dalla tematica che ci si propone di affrontare in questo elaborato e dunque non deve essere incluso nel quadro teorico qui presentato. Tuttavia può fornire degli spunti concettuali interessanti in materia di policy making, ovvero si potrebbe applicare lo stesso ragionamento di cercare di rimuovere solo i limiti più stringenti per i consumatori in modo da ottenere il massimo risultato con i minimi costi.

Tornando invece alla macro-area della consumer behavior, va menzionata anzitutto una figura accademica che ha dato grandissimi contributi alla tematica dei vincoli al consumo: Ronald Paul Hill. Già nei primi anni ’90 egli ha condotto studi sulle abitudini di consumo dei senza tetto, nel 1995 ha scritto un articolo intitolato “Researching Sensitive Topics in Marketing: The Special Case of Vulnerable Populations”, anticipando quindi la terminologia che sarebbe poi stata formalizzata 10 anni dopo.

Si è occupato di molte altre tematiche quali gli immigrati, le persone povere (parlando anche esplicitamente di BoP), quelle che stanno attraversando un lutto, le persone detenute in prigione o nei campi di concentramento, la delinquenza giovanile, i disastri naturali, le discriminazioni razziali, il ruolo della religione nel consumo e i consumatori con disabilità visive.

È chiaro dunque come egli sia un pioniere in ambito di consumatori che affrontano delle limitazioni al consumo ed il suo grande contributo è stato quello di volta in volta di portare alla luce le difficoltà di una diversa classe di consumatori.

Per quanto riguarda il lato teoretico, egli utilizza tutti i concetti fin ora esplorati: disadvantaged consumer, consumer vulnerability, Bottom of the Pyramid. I suoi lavori teorici però si concentrano più che altro sul termine restriction.

Questa mescolanza di termini e concetti fa capire come non sia ancora emersa una tassonomia universalmente condivisa per l’area qui studiata e come ognuna delle nozioni sia utile poiché include casi che le altre non considerano. Non è ancora emerso un termine che racchiuda in sé tutti i casi di limitazione del consumo, pertanto è utile capire le differenze tra i termini esistenti in modo da poter utilizzare ognuno di essi a seconda dell’ambito analizzato.

Il termine constraint è utilizzato in modo abbastanza indifferente rispetto al termine restriction, tuttavia in ambito accademico il primo ha una storia un po’ diversa dal secondo.

È infatti quello che viene utilizzato nei modelli economici quando si parla di vincolo di bilancio (budgetary constraint) e in generale in tutti i modelli economico-matematici che puntino a trovare i punti di massimo o minimo vincolato per una funzione.

In effetti questa area tematica non è così concettualmente lontana da quella qui affrontata. Anzi, il vincolo di bilancio e la capacità massima di produzione sono state per molto tempo le uniche limitazioni al consumo prese in analisi dai teorici economici.

Quello che oggi alcuni accademici chiedono è una nuova visione, dove si considerino non solo vincoli puramente quantitativi ma anche qualitativi e dove l’approccio al vincolo stesso assuma sfumature qualitative.

Si chiede, cioè, che fattori come la disabilità, l’etnia, l’età, la religione, il quadro istituzionale ed altri siano considerati, al pari del vincolo di bilancio e della capacità produttiva, come vincoli che modellano le scelte di consumo.

Inoltre le stesse misure del reddito e della capacità produttiva non sono rappresentative della realtà se considerate solo nella loro forma numerica.

Come già riportato in precedenza, Andreasen (1993) affermava che le persone che vivono sotto la soglia di povertà non sono solo quantitativamente diverse dalle altre. La disponibilità di un reddito minore può derivare da determinate caratteristiche della persona o del mercato e a sua volta provoca una catena di conseguenze che creano per il soggetto una serie più ampia e stringente di vincoli. Si pensi per esempio ad un

soldi per ottenere una patente di guida. Sarà svantaggiato dal punto di vista della mobilità e dunque lo sarà nel consumo, in ambito lavorativo ed anche nella dimensione del tempo libero.

Allo stesso modo la capacità produttiva di un’economia ha caratteri profondamente qualitativi poiché non possiamo considerare, come si fa di solito in ambito economico, un generico prodotto X. A volte esso è stato differenziato a seconda che fosse un bene necessario o di lusso, ma questo non basta. Ogni prodotto, oltre al suo valore funzionale, ha anche un valore simbolico, culturale, individuale, sociale e a volte religioso, che non può essere trascurato quando si parla di vincoli al consumo. Ogni prodotto ha un significato e un valore diverso per il consumatore e dunque cambiano le conseguenze a seconda che ad egli sia impedito l’acquisto di un oggetto o di un altro.

Tornando più propriamente nell’area della consumer behavior, la tematica dei vincoli e delle restrizioni è stata indagata rispetto ai meccanismi di scelta dei consumatori di fronte ad essi. A questo proposito ci si basa sull’articolo di Botti et al. del 2008: “Choice under restrictions”, tra i cui autori figura anche Ronald Paul Hill.

“Quasi tutte le decisioni che una persona prende sono limitate in qualche modo. Mentre siamo spiacevolmente consci di alcuni

di questi limiti, altri passano largamente inosservati”13

(Botti et al. 2008, 183, tradotto)

Questo passo è posto all’inizio dell’abstract dell’articolo ed appare già subito importante, perché mette in luce una caratteristica fondamentale dei vincoli: tutti li sperimentano. Può sembrare banale, ma questo, a livello teorico, porterebbe a trattare indifferentemente una persona povera ed una ricca, una disabile ed una non disabile, una anziana ed una giovane. Tutti sperimentano dei limiti infondo, non esiste il consumo infinito.

Tuttavia, proprio come per il concetto di vulnerabilità, è chiaro che non possiamo trattare tutti i consumatori allo stesso modo. Per quanto sia vero che tutti possono sperimentare

13 Testo originale: “Nearly every decision a person makes is restricted in some way. While we are painfully aware of some of these restrictions, others go largely undetected”

vincoli e situazioni di vulnerabilità, non tutti i consumatori vivono delle condizioni parificate.

Sarebbe necessario dunque stabilire un criterio che faccia da spartiacque tra una condizione di consumo “normale” ed una invece che rappresenta, magari anche in modi diversi, una diminuzio della situazione di normalità.

È subito evidente la difficoltà di questa operazione. Si può determinare una condizione di normalità rispetto al consumo? Essa dovrebbe cambiare di nazione in nazione o se ne dovrebbe stabilire una universale con la quale tutti i consumatori del mondo dovrebbero confrontarsi? Quali fattori questa definizione dovrebbe tenere in considerazione? Come si stabilisce il limite al di sotto del quale un certo consumatore non può essere considerato normale? Basta che questo limite non venga raggiunto per uno solo dei fattori considerati o il consumatore deve essere carente in tutti? O forse invece deve presentare una mancanza soltanto per alcuni? Quanti?

Queste e molte altre le difficoltà che si incontrerebbero nel cercare di determinare sotto quali, quante e quanto ampie restrizioni un consumatore si può dire svantaggiato rispetto ad altri.

Il termine svantaggiato è stato utilizzato volutamente. Andreasen è stato criticato per aver definito la condizione di consumatore svantaggiato solo rispetto alle caratteristiche dell’individuo, però cercando di correggere questo “errore”, la teoria fallisce nel determinare in modo pratico i soggetti davvero bisognosi di aiuto.

Abbiamo le restrizioni da una parte e gli svantaggiati dall’altra. Quello che manca è il collegamento tra i due concetti. È chiaro come gli svantaggiati debbano questa loro condizione a delle limitazioni che i loro pari non devono affrontare, quali siano però le limitazioni che portino ad una vera condizione di svantaggio per adesso è lasciato all’opinione degli studiosi.

Coloro che si occupano di constraint e di restriction, dunque, analizzano alcuni casi di consumo da essi considerati situazioni di svantaggio, cercando più che altro di capire quali siano le conseguenze sulle persone di vincoli troppo stringenti e quali meccanismi queste mettano in campo in risposta ai suddetti vincoli.

consumo. L’introduzione è stata scritta da Baker, che figurava tra gli autori della teoria della vulnerabilità del consumatore. L’autrice dichiara che è stato Ronald Paul Hill ad ispirare l’argomento. In questo, ancora una volta, vediamo non schieramenti diversi di autori che seguono ognuno uno specifico termine o framework, ma un lavoro congiunto dove le varie personalità sono unite da uno scopo: aiutare i consumatori che soffrono condizioni ingiuste.

Nell’ articolo di introduzione troviamo una definizione di vincoli al consumo:

“I vincoli al consumo si verificano quando ai consumatori mancano le possibilità di scelta, accesso e risorse per intraprendere le opportunità di consumo desiderate o quando non sono inclusi nelle decisioni che influiscono sulle loro vite”14

(Baker 2009, 1, tradotto; basato su Hill 2001)

Si noti qui come, benché il riferimento ultimo sia sempre alle possibilità di consumo, una particolare importanza sia assegnata al concetto di scelta.

I vincoli e le restrizioni sono infatti visti soprattutto come limitazioni della possibilità di scegliere del consumatore, poiché infondo quando si impedisce a quest’ultimo l’acquisto di un bene in realtà lo si sta privando della possibilità di scegliere quel bene.

È importante sottolineare questo aspetto perché forti conseguenze psicologiche derivano proprio dal fatto che il consumatore percepisca di non avere scelta o comunque di avere poche opzioni a disposizione. In effetti questo può succedere anche quando le opzioni di scelta sono troppe, poiché questa varietà potrebbe disorientare il consumatore, ma per quello che riguarda questo elaborato appare più importante concentrarsi sul primo aspetto.

In particolare Bone, Christensen e Williams (2014) definiscono il concetto di systemic restricted choice:

“Ci si trova in una situazione di scelte sistematicamente ristrette quando un consumatore è motivato a scegliere, interpreta la

14 Testo originale: “Consumption constraints are experienced when people lack choice, access, and resources to engage in desired consumption opportunities or when they are not included in decisions that affect their lives”

scelta come importante anche per se stesso, ma non può finalizzare la scelta a causa di caratteristiche individuali oltre il

suo controllo che limitano la sua abilità a compiere scelte nel mercato.”15

Bone, Christensen e Williams (2014, 452, tradotto)

Questa definizione appare diminutiva poiché prende in considerazione solo le caratteristiche individuali del consumatore come vincolo, ma è utile per capire cosa si intenda con restricted choice. Il fatto poi che ci si aggiunga il termine “sistematicamente” è esplicativo di una condizione che non si presenta solo saltuariamente, ma in modo costante. Ovvero il consumatore vive questa spiacevole condizione di ristrettezza nelle scelte in molteplici situazioni, anche importanti, della sua vita.

È interessante anche quella che gli autori definiscono come choice hierarchy.

Sarebbe a dire che per alcuni processi di acquisto (o di scelta) il consumatore deve in realtà affrontare una serie di decisioni disposte lungo un percorso che egli stesso traccia proprio grazie alla presa di queste decisioni.

Per coloro che sono soggetti al rischio di vincoli “…restrizioni sulle scelte possono verificarsi ad ogni livello subordinato della gerarchia di scelta, …” Bone, Christensen e Williams (2014, 452, tradotto).

Nell’articolo citato viene studiato il caso di alcuni imprenditori che hanno dovuto scegliere un prestito per avviare il loro business e vengono confrontate le possibilità che questi hanno avuto a seconda della propria provenienza etnica (bianchi, negri e ispanici). Emergono chiaramente le minori possibilità di scelta e il percorso più difficile che gli appartenenti a minoranze etniche hanno affrontato, con il risultato importante (tra gli altri) di un profondo e prolungato impatto sulla loro percezione di sé. Il fatto di trovare ostacoli continuamente sul loro percorso li ha fatti sentire inadeguati ed incapaci di ottenere quello che desideravano e difficilmente si sono resi conto che, in ultima analisi, stavano subendo delle discriminazioni.

15 Testo originale: “Systemic restricted choice occurs when a consumer is motivated to choose, construes the choice as salient and self- relevant, but cannot finalize the choice because of individual characteristics beyond his or her control that circumscribe his or her ability to make

Quali sono dunque i vincoli e le restrizioni che possono portare a questa limitazione nelle scelte e come i consumatori reagiscono a questo?

Un esauriente framework è fornito nell’articolo di Botti et al. (2008). Lo schema concettuale riportato in Figura 7 analizza i diversi aspetti che possono costituire elementi di differenziazione per un vincolo e che possono quindi caratterizzarlo.

Partendo dal riquadro in alto a destra, troviamo la fonte. La fonte di una restrizione può essere esterna (fisiologica, legale, sociale o economica) oppure interna (desiderio di benefici o punizioni; rifiuto di procedere).

Tra le fonti fisiologiche troviamo ad esempio le malattie congenite, le altre malattie o lesioni e l’età. Si noti qui come, mentre in precedenza avevamo visto questi tratti tra le caratteristiche individuali, adesso diventano qualcosa di esterno. Questo perché adesso il focus non è più su dove emerga la problematicità, ma sul perché emerga. È chiaro che le caratteristiche fisiologiche appartengono all’individuo, ma esse sono al di fuori della sua possibilità di scelta.

Le fonti legali di restrizione si riferiscono proprio alle leggi che limitano certi consumi (totalmente, ad es. le droghe o parzialmente, ad es. le sigarette che non possono essere Figura 7: Types of restrictions, da Botti et al. 2008

consumate in certi luoghi) o attività manageriali. Restrizioni legali più forti sono rappresentate dalle carceri.

Per quanto riguarda le fonti sociali ci si riferisce a varie forme di discriminazione, ma anche a tabù e taciti codici di comportamento.

Infine le fonti economiche riguardano sia la scarsità di risorse che le norme sulla competizione.

Le fonti interne di limitazione, invece, possono avere uno scopo benefico (es. limitare il consumo di calorie, aumentare i risparmi) il quale può andare anche in favore di altri (es. risparmiare per un regalo, limitare i comportamenti inquinanti).

Anche lo scopo punitivo può ricadere su se stessi o sugli altri (es. non comprare più in un certo negozio).

Il rifiuto a procedere infine potrebbe derivare da un eccesso di opportunità o informazioni, dai costi di ricerca e dalle limitazioni temporali.

Passando nello schema al secondo riquadro (in basso a destra), troviamo l’oggetto della restrizione. Questa espressione si riferisce al soggetto sul quale ricade la restrizione: un individuo, un gruppo, la totalità delle persone. Essa può anche manifestarsi all’interno dei gruppi, ovvero ricadere su alcuni membri appartenenti a un certo gruppo per volontà di altri componenti del gruppo (es. i membri di un club su altri membri, i genitori sui figli). Nella parte in basso e a sinistra dello schema troviamo tre tipi di caratteristiche: la severità della restrizione, la sua determinazione temporale e la natura delle opzioni di scelta. Con severità della restrizione Botti et al. (2008) intendono la sua immediatezza, la sua ampiezza, la sua rigidità, il suo essere esplicita, le probabilità di essere scoperti ad infrangerla e i costi di aderire ad essa o di violarla.

Il tempismo della restrizione invece riguarda la sua durata, ovvero se essa è temporanea, permanente o intermittente e la sua immediatezza, cioè se ha valore da subito o se invece si presenterà nel futuro.

La natura delle opzioni di scelta rispetto ad una restrizione infine può differenziarsi a seconda del tipo di scelta che viene vincolata. Essa può essere a carattere edonistico (es. il dress code di un certo ristorante) o utilitario (es. l’abbigliamento idoneo per lo sport); può essere un lusso (es. una dieta per mantenersi in forma) o una necessità (es. una dieta

imposta dalla scarsità di reddito); altrimenti può arginare un vizio (es. evitare il cibo non salutare) o promuovere una virtù (es. mangiare cibo salutare).

Un ulteriore differenziazione deriva dalla varietà di opzioni di scelta (reali o percepite), che il consumatore ha a disposizione: esse possono essere ampie o limitate.

Un’altra distinzione proviene dalla quantità di opzioni di scelta ancora disponibili (es. prodotti rimanenti in un supermercato). In particolare ci si può basare sulla disponibilità di un prodotto che rispetti una singola caratteristica o invece un range di requisiti. Infine la natura delle opzioni può variare per disponibilità di informazioni sulla scelta. I consumatori potrebbero non essere a conoscenza di alcune opzioni o dell’importanza di certi attributi che li aiuterebbero a scegliere l’opzione migliore.

Ultimo riquadro mancante dello schema, la presentazione della restrizione. Come è noto a tutti gli studiosi di marketing, il modo in cui si espone qualcosa può cambiare drasticamente l’impatto che questa ha sul consumatore. Anche in questo caso i soggetti avranno una percezione diversa a seconda che la restrizione sia presentata come un guadagno o una perdita, come un’incitazione a fare qualcosa o invece un impedimento, ovvero come un “do” oppure un “not do”.

Come si può intuire, la caratterizzazione proposta da Botti et al. (2008) è molto specifica e scende nel particolare, ma è altrettanto utile perché a seconda delle varie combinazioni di caratteristiche associabili ad una restrizione, la reazione del consumatore sarà completamente diversa (si pensi per esempio alla differenza tra restrizioni autoimposte oppure imposte da altri, o a quella tra restrizioni presenti o future).

Il modo dei consumatori di affrontare queste limitazioni, però non dipende solo dal vincolo in sé e per sé e dalle sue caratteristiche, ma anche da una serie di fattori descritti in Figura 8.

In essa è delineato un processo che inizia con una restrizione e finisce con una risposta comportamentale dell’individuo. Tra i due estremi ci sono dei passaggi intermedi che hanno un forte impatto sul risultato finale. Essi sono in prima battuta il contesto, gli obiettivi e l’individuo, i quali a loro volta influenzano la reazione cognitiva, emotiva e psicologica del soggetto, la quale infine determinerà la risposta comportamentale. Botti et al. (2008) specificano che per semplicità in questo schema sono tralasciati i feedback, ma che ovviamente essi esistono. In particolare menzionano l’influenza delle

risposte comportamentali sugli obiettivi di consumo e sulle risposte psicologiche, emotive e cognitive.

Dopo aver già indagato le restrizioni, si approfondisce il secondo step dello schema, il quale comprende contesto, obiettivi e individui. Tutti fattori che hanno un’inevitabile influenza sul processo di reazione al vincolo.

Anzitutto per quanto riguarda il contesto sono molto importanti le norme della società in cui il consumatore vive. È chiaro che la sua reazione alla restrizione dipenderà anche da come i suoi pari reagiscono di solito in situazioni simili. Inoltre una determinante fondamentale è se la restrizione si applica ad un comportamento che si tiene in pubblico oppure in privato. Ovviamente i comportamenti pubblici saranno influenzati maggiormente dalle norme sociali, mentre quelli privati lo saranno meno.

Importanti sono anche gli obiettivi chiamati in causa o minacciati dalla restrizione. C’è differenza a seconda che l’obiettivo sia stato posto dal soggetto o da altri e a seconda che l’individuo sia dedito ad esso oppure in conflitto. Infine conta l’importanza di questo obiettivo e la sua connotazione temporale.

Ovviamente un ruolo fondamentale ce l’ha l’individuo in sé, per il quale una storia di