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Il contenuto della tutela omologatoria: controllo di “legittimità” o di “merito”.

Nel documento Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (pagine 115-119)

IL CONTENUTO DEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE

4.4. La pubblicazione dell’accordo nel Registro delle imprese.

4.5.2. Il contenuto della tutela omologatoria: controllo di “legittimità” o di “merito”.

Occorre a questo punto stabilire i limiti entro i quali dovrà essere circoscritto il giudizio del tribunale232, se cioè questi dovrà limitarsi ad una valutazione della mera legittimità dell’accordo o se invece dovrà spingersi a valutare il merito dello stesso.

Una delle prime pronunce giurisprudenziali, aveva ritenuto che nella fase di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, il controllo del tribunale non potesse limitarsi alla semplice verifica dell’avvenuta approvazione del piano, secondo la maggioranza richiesta dalla legge, della regolarità del ricorso e della documentazione allegata, della sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi e del rispetto del regole processuali, ma dovesse estendersi anche al merito dell’accordo, con particolare riferimento alla concreta attuabilità del piano233.

Veniva inoltre evidenziata la necessità che il tribunale esprimesse un giudizio circa l’attuabilità dell’accordo, tenendo conto che un eventuale successivo inadempimento del debitore, a causa dell’esenzione da revocatoria per gli atti attuativi dell’accordo, determinerebbe una situazione in cui i creditori rimasti estranei, non potrebbero, anche se privilegiati, porre rimedio, per cui il tribunale dovrebbe valutare la fattibilità

231 Così Trib. Brescia, 22 febbraio 206, (decr.) , in, IIl Fall., n. 6/2006, p. 669, con nota di G.B. NARDECCHIA.

232 Cfr. A. PATTI, Crisi d’impresa e ruolo del giudice, Milano, 2009, pag. 74, il quale sottolinea che la contrapposizione tra autonomia privata, funzionale alla risoluzione della crisi d’impresa e controllo pubblico induce ad una rimodulazione degli spazi e dei poteri di intervento del giudice, in quanto il prevalente approccio negoziale, sminuisce la funzione di garanzia dell’autorità giurisdizionale.

233

Così Trib. Milano, sez. II, 23 gennaio 2007 (decr.), in, Riv. Dir. Fall., n. 2/2008, p. 136 e segg., con nota di R. PROIETTI, I nuovi accordi di ristrutturazione dei debiti, e in Il Fall., n. 6/2007, p. 701 e segg., con nota di F. DIMUNDO, Accordi di ristrutturazione dei debiti: la <<meno incerta>> via italiana alla <<reorganization>>.

dell’accordo, in rapporto alle concrete prospettive di realizzo e alla sussistenza di una liquidità che consenta il pagamento dei creditori estranei234.

In un altro caso il Tribunale ha ritenuto di nominare un consulente tecnico per la verifica dei requisiti di cui all’art. 182 bis l. fall., non ritenendo sufficiente l’attestazione del professionista nominato dall’imprenditore235, lo stesso Tribunale in base alle risultanze della CTU, aveva ritenuto, in primo momento non sussistenti i presupposti per l’omologazione, concedendo tuttavia un termine per l’integrazione della documentazione relativa ad alcune adesioni, che sono dunque pervenute dopo il deposito del ricorso.

In verità sembra preferibile ritenere che in mancanza di opposizioni, il controllo del giudicante, debba limitarsi alla verifica dei profili di legittimità dell’accordo, la quale si traduce nell’accertare che: 1) la domanda proviene da un imprenditore commerciale in possesso dei requisiti dimensionali di cui all’articolo 1 della legge fallimentare; 2) che l’imprenditore si trova in stato di crisi; 3) che l’accordo è stato stipulato con creditori che raggiungono almeno il sessanta per cento dell’indebitamento complessivo; 4) che alla domanda è stata allegata la documentazione prevista dall’articolo 161 l. fall.; 5) che il ricorso per l’omologazione è stato corredato da una relazione redatta da un professionista munito dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d) l. fall., sull’attuabilità dell’accordo, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.

In mancanza di opposizioni dunque, il giudizio del tribunale deve fondarsi esclusivamente sull’esame della relazione redatta dal professionista, prendendo in considerazione la chiarezza espositiva, la completezza, verificando che le analisi e le valutazioni svolte dallo stresso siano accurate, logiche, coerenti ed esaustive.

Pertanto la valutazione della fattibilità dell’accordo dovrà essere effettuata dal tribunale in astratto, sulla base delle risultanze della relazione dell’esperto e costituirà un controllo della sola legittimità dell’intesa.

In particolare con riferimento all’attestazione dell’esperto possono individuarsi due momenti logici: il primo riguarda la verifica della veridicità dei dati aziendali sui quali si fonda il piano di ristrutturazione; il secondo riguarda invece la valutazione concernente l’attuabilità dell’accordo con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei236.

Orbene nell’esercitare il controllo di legalità sulla relazione dell’esperto, il giudice, prescindendo da ogni considerazione sulla convenienza dell’accordo e sul merito di un eventuale piano industriale, deve invece limitarsi a valutare, se nella relazione siano presenti gli elementi che consentono che essa svolga la funzione che la legge le attribuisce, ovvero quella di fornire ai creditori e ad eventuali terzi interessati conferma

234 Cfr. Trib Ancona 12 novembre 2008,(decreto di omologazione ex art. 182 bis), in, http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/1494.htm.

235

Così Trib. Rimini 20 marzo 2009, (decr. omologazione ex art. 182 bis), in, http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/1650.htm.

236 Cfr. Trib. Roma, 4.11.2009, sez. fall. Pres. Monsurrò, Rel. Di Marzio (decreto ex art. 182 bis l. fall.), in, www.ilcaso.it;

della veridicità dei dati aziendali e di sottoporre al loro giudizio elementi utili di valutazione sulla fattibilità dell’accordo.

In particolare, con riferimento alla valutazione svolta dal professionista sull’attuabilità dell’accordo, il compito del giudice non è di sindacare, attraverso l’esame dell’attestazione il merito dell’accordo, in quanto l’esame del giudice si incentra sulla valutazione che il professionista fa sull’attuabilità dell’accordo di ristrutturazione. Il giudice non potrà neanche sindacare il merito della valutazione del professionista, esprimendo un giudizio di condivisione o meno delle conclusioni a cui essa giunge. Al contrario il giudizio di legalità svolto dal giudice si traduce nella verifica di un aspetto estrinseco al contenuto, e consistente nella verifica della coerenza e completezza logico argomentativa della asseverazione svolta dall’esperto.

Pertanto una relazione fondata su conclusioni non coerenti con le premesse, sfornita di sufficiente motivazione, oppure contraddittoria o motivata in maniera illogica, si rivela inidonea a svolgere quella essenziale funzione informativa sugli elementi di valutazione dell’accordo. Un eventuale vizio logico della relazione dell’esperto potrà riguardare l’intero ragionamento svolto nella relazione, così pregiudicandola in tutti gli aspetti rilevanti, oppure potrà riguardare il ragionamento svolto su una o più parti essenziali dell’accordo. Anche in questa seconda ipotesi, il difetto logico-argomentativo, coinvolgendo una passaggio essenziale del piano di ristrutturazione rischierà di vanificare i risultati raggiunti dal professionista.

Soltanto nell’ipotesi in cui siano state proposte delle opposizioni all’accordo, il controllo svolto dal tribunale può diventare più incisivo, in quanto il suo oggetto deve estendersi necessariamente all’esame delle deduzioni e delle eccezioni, introdotte dall’opponente.

Ne consegue che soltanto in quest’ultima ipotesi il tribunale dovrà valutare nel merito le contestazioni sollevate dai creditori opponenti, verificandone la fondatezza sotto il profilo della reale fattibilità degli impegni programmati con l’accordo di ristrutturazione.

Laddove poi l’accordo sia stato preceduto dal deposito di un ricorso di fallimento, il controllo del tribunale dovrà necessariamente valutare nel merito anche le eccezioni sollevate dal ricorrente che chiede dichiararsi il fallimento237, esame questo, che dovrà essere preceduto però dalla valutazione del tribunale circa la omologabilità degli accordi, la quale assume carattere pregiudiziale rispetto alla pronuncia sull’istanza di fallimento.

Ciò in considerazione della prevalenza dell’interesse, anche pubblico, alla conservazione dei complessi aziendali e alla continuazione dell’attività d’impresa, laddove il vantaggio complessivo conseguito dai creditori e indirettamente dal mercato tutto, sia comunque maggiore di quello che si ricaverebbe dalla procedura fallimentare.

L’individuazione del contenuto della tutela omologatoria, passa dunque necessariamente attraverso il corretto inquadramento del rapporto che intercorre tra il <<momento negoziale>> e quello <<giurisdizionale>> di formazione dell’accordo238. Esclusa la possibilità di applicare in via analogica le norme dettate in tema di concordato preventivo, in considerazione della specialità della disciplina del concordato, la disciplina procedimentale dell’art. 182 bis, può invece essere completata con l’applicazione analogica e con il limite della compatibilità, degli articoli 737 c.p.c. e seguenti, contenenti le disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio. In tale prospettiva il controllo del giudice in sede di omologazione ha il contenuto di tutela camerale omologatoria239, ovvero di quella tipologia di tutele camerali giurisdizionali, che si risolvono nell’autorizzazione/omologazione di atti di diritto sostanziale previa verifica della loro legittimità.

In queste ipotesi, cioè quando il provvedimento camerale è dalla legge considerato quale condizione di efficacia di atti negoziali già posti in essere da privati al di fuori del processo, l’intervento del giudice concorre alla realizzazione di effetti ulteriori che sono direttamente riconducibili a quella futura fattispecie, ovvero all’atto negoziale o all’attività negoziale da compiere o già posti in essere dai privati, inserendosi in una vicenda che nasce e dovrà svilupparsi e concludersi al di fuori del processo.

Si è dunque in presenza di una fattispecie complessa, in cui il provvedimento camerale di omologazione dell’accordo non opera in funzione del perfezionamento della fattispecie, nella sua componente negoziale, bensì quale requisito affinché l’atto di diritto privato già compiuto possa produrre quegli effetti legali ulteriori, qualificanti la fattispecie, che consistono nell’ esenzione dalla revocatoria fallimentare (art 67 comma 3 lett. e), nell’esenzione dai reati di bancarotta semplice e preferenziale (art. 217 bis l. fall.) e nel riconoscimento della prededucibilità in favore dei finanziamenti erogati in esecuzione o in funzione all’omologazione dell’accordo (art. 182 quater).

L’accordo di ristrutturazione omologato, rimane così espressione, sotto il profilo contenutistico, dell’autonomia privata, anche dopo l’intervento omologatorio del giudice camerale. Quest’ultimo pertanto, non viene coinvolto nella ricerca e nella valutazione, nel merito, di soluzioni “ricompositive”, svolgendo piuttosto la funzione di organo tutore del rispetto dei diritti e regolatore di conflitti, sempre su iniziativa altrui e mai propria240.

238 Cfr. M. SCIUTO, Effetti legali e negoziali degli accordi di ristrutturazione dei debiti, in, Riv. Dir. Civ., Padova, 2009, pag. 337 e segg., il quale evidenzia la distinzione tra: <<effetti negoziali dell’accordo e suoi effetti legali, mediati dal procedimento>>

239 Cfr. L. MONTESANO e G. ARIETA, Le Tutele Camerali Autorizzative – Omologatorie, in, Trattato di diritto processuale civile, Padova, 2003, Vol. II/2, pagg. 1285 e segg.

240 E’ stato evidenziato che lo spazio di intervento giurisdizionale si traduce in un controllo di legalità, di assicurazione della garanzia dei diritti nelle situazioni di conflitto tra debitori e creditori e tra questi stessi, secondo modalità non più di eterotutela, con un intervento direttivo del giudice sulla procedura, a protezione degli interessi dei soggetti coinvolti, ma di assicurazione di un effettivo e libero esercizio del principio di autotutela: Così A. PATTI, Crisi d’impresa e ruolo del giudice, Milano, 2009, pag. 76.

4.5.3. I limiti posti ad una valutazione prospettica dell’idoneità dell’accordo a

Nel documento Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (pagine 115-119)

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