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Gli effetti dell’accordo dopo la pubblicazione nel registro delle imprese: la protezione del patrimonio del debitore.

Nel documento Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (pagine 123-125)

IL CONTENUTO DEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE

4.7. Gli effetti dell’accordo prima della pubblicazione nel registro delle imprese.

4.8.1. Gli effetti dell’accordo dopo la pubblicazione nel registro delle imprese: la protezione del patrimonio del debitore.

L’accordo diventa efficace con la sua pubblicazione nel registro delle imprese (art. 182 bis comma 2°), cioè da questo momento esso è opponibile ai terzi secondo i principi della pubblicità dichiarativa.

Questo effetto è strettamente collegato ad uno ulteriore previsto dalla norma, secondo cui dalla data della pubblicazione dell’accordo e per i sessanta giorni successivi, i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio dell’imprenditore in crisi (artt. 182 bis. comma 3). La protezione che in questo modo si vuole garantire al patrimonio del debitore è funzionale alla realizzazione dell’operazione di ristrutturazione249, l’introduzione di questa previsione ad opera del decreto correttivo (D.lgs. 160/2007) si è resa necessaria a causa della mancanza iniziale di una previsione come quella contenuta nell’art. 168 l.fall. che in tema di concordato preventivo, vieta ai creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore o di acquisire diritti di prelazione, dal momento del deposito del ricorso e fino a quando il decreto di omologazione diviene definitivo.

Sotto il profilo soggettivo, il divieto riguarda i creditori che agiscono in virtù di titolo o di una causa anteriori alla data di pubblicazione dell’accordo e deve considerarsi riferibile sia ai creditori aderenti, rispetto ai quali un impegno analogo, sarà sicuramente trasfuso anche nelle clausole contrattuali, che ai creditori estranei allo stesso.

Sotto il profilo oggettivo, occorre chiedersi, se questo divieto si riferisca esclusivamente ai beni rispetto ai quali l’imprenditore vanti un diritto di proprietà o un diritto reale minore (es. usufrutto, superficie ecc.) o anche ai beni rispetto ai quali l’imprenditore abbia soltanto un diritto personale di godimento, ad esempio in virtù di un contratto di leasing, di affitto o di locazione e pertanto se in relazione a questi ultimi gli sia concessa la possibilità di scongiurare ad esempio azioni di sfratto o di rilascio.

Orbene se la ratio della norma è quella di realizzare una protezione temporanea del patrimonio del debitore nella prospettiva di un più agevole raggiungimento delle finalità che l’ordinamento vuole perseguire con gli accordi, non può non tenersi conto del fatto che in una fase di transizione così delicata e precaria qual è quella che conduce dalla sottoscrizione dell’accordo, alla sua pubblicazione e alla successiva omologazione,

248 Secondo un’Autrice, il concordato stragiudiziale non omologato, sarebbe un vero e proprio negozio estintivo, per cui l’effetto esdebitativo sul patrimonio del debitore, conseguirebbe direttamente a questo e non ad una ipotesi di estinzione dell’obbligazione diversa dall’adempimento (es. remissione, novazione, compensazione ecc.): Così E. FRASCAROLI SANTI, Op. ult. Cit., p. 250.

249 Il D.L. 78/2010 e la relativa legge di conversione n. 122/2010, hanno introdotto un’ulteriore ipotesi di sospensione disciplinata nell’art. 182 bis nei commi 6 -7-8 e 9 riguardante la fase delle trattative stragiudiziali, di cui si parla nei secondo capitolo.

anche la possibilità di mantenere inalterati i rapporti contrattuali da cui derivi un diritto personale di godimento, si pensi all’utilizzo di beni strumentali all’esercizio dell’attività d’impresa, quali macchinari e attrezzature concessi in leasing, o all’affitto dei locali commerciali, si vede come necessariamente l’effetto dell’esenzione previsto dalla norma debba considerarsi esteso anche a questi rapporti.

Invero l’espressione <<patrimonio del debitore>> utilizzato dalla norma per circoscrivere l’ambito del divieto di azioni cautelari o esecutive, va intesa, come il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi riconducibili ad un soggetto giuridico, come tale comprensivo non soltanto diritti di natura reale a anche quelli di natura personale.

Per quanto riguarda invece la possibilità di promuovere un’azione cautelare o esecutiva sui beni di terzi che hanno fornito garanzia personale o reale, la risoluzione del problema è molto più complesso e non può essere affrontato in maniera esaustiva in questa sede, dipendendo dalla natura dell’obbligazione di garanzia, la quale potrebbe essere autonoma, si pensi al caso contratto autonomo di garanzia, oppure solidale, è il caso della fideiussione , con conseguente applicazione in quest’ultimo caso delle norme sulle obbligazioni solidali, nei limiti in cui non sia stato convenuto il beneficium escussionis (art. 1944 cod. civ.).

Inoltre data l’efficacia transattiva dell’accordo di ristrutturazione potrebbe pensarsi all’applicazione analogica dell’art. 1304 comma 1 cod. civ. ai sensi del quale la transazione fatta dal creditore con uno dei debitori in solido non produce effetti nei confronti degli altri se questi non dichiarano di volerne profittare.

Per quanto riguarda invece l’ipoteca concessa da terzi, un ostacolo all’azione esecutiva sul bene del terzo datore, in seguito alla pubblicazione dell’accordo potrebbe ricavarsi in via interpretativa oltre che dalla ratio del 182 bis comma 3 anche dal principio di accessorietà che caratterizza la garanzia ipotecaria e che evidenzia il profondo collegamento funzionale esistente tra credito garantito ed ipoteca (cfr. art. 2808 cod. civ.). Deve ritenersi inoltre che l’effetto sospensivo previsto dal 182 bis si produca anche rispetto alle esecuzioni promosse in virtù di un mutuo fondiario, che in base alla normativa contenuta nell’art. 41 del T.U.B. – D.lgs. 385/2003 non verrebbero invece sospese in caso di fallimento del debitore, e ciò non solo perché questa disposizione nulla dispone a tal proposito in quanto emanata in epoca anteriore, ma perché una diversa lettura si porrebbe in contrasto con lo spirito della norma introdotta dalla riforma della legge fallimentare250.

250

Il problema si complica ulteriormente per quanto concerne la disciplina di cui al D.Lgs. 170/2004 relativa ai c.d. contratti di garanzia finanziaria, individuati nel contratto di pegno, nel contratto di cessione del credito, nel contratto avente ad oggetto la cessione della proprietà di attività finanziarie con funzione di garanzia, ivi compreso il contratto di pronti contro termine e qualsiasi altro contratto di garanzia reale avente ad oggetto attività finanziarie e volto a garantire l’adempimento di obbligazioni finanziarie. Si tratta in particolare di una serie di garanzie, sia tipiche, quali il pegno, che atipiche, caratterizzate dall’attribuzione di un diritto reale su determinate attività finanziarie, denaro contante o altri strumenti finanziari. Questa disciplina trova applicazione nell’ipotesi in cui queste obbligazioni siano state stipulate tra soggetti qualificati, ovvero tra banche e altri intermediari finanziari soggetti a vigilanza pubblica, o anche da uno di questi enti e altri soggetti diversi dalle persone fisiche, incluse imprese e associazioni prive di personalità giuridica. La difficoltà di coordinamento con la disciplina dell’art. 182 bis deriva da

Le prescrizioni che sarebbero state interrotte da atti cautelari o esecutivi sul patrimonio del debitore rimangono sospese e le decadenze non si verificano (artt. 182 bis. comma 3 e 168 comma 2 l. fall.).

Priva di giustificazione è la mancata previsione di un divieto analogo a quello previsto dall’art. 168 comma 3 l.fall. in tema di concordato preventivo, che preveda il divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione, in seguito al deposito dell’accordo per la pubblicazione presso il registro delle imprese e nelle more dell’omologazione.

Tuttavia il D.L. 78/2010 e la legge di conversione n. 122/2010 hanno introdotto la possibilità di depositare presso il registro delle imprese, già in fase di trattative stragiudiziali un’istanza da depositare presso il registro delle imprese, in virtù della quale si apre un sub-procedimento volto ad ottenere, già in fase di trattative stragiudiziali, la sospensione delle azioni esecutive e cautelari, nonché il divieto di acquisire, dalla pubblicazione dell’istanza, titoli di prelazione non concordati.

Un ulteriore limite, deriva dal termine breve di soli sessanta giorni durante il quale è previsto il blocco delle azioni esecutive e cautelari, e al contempo dalla mancanza di un termine massimo entro il quale dovrebbe intervenire l’omologazione.

Questi ultimi aspetti, hanno indotto la dottrina251, anche in seguito alle modifiche apportante con il decreto correttivo (D.lgs 169/2007), a prospettare con favore l’utilizzo del trust risolutivamente condizionato all’omologazione dell’accordo di ristrutturazione, anche al fine di rafforzare l’effetto protettivo del patrimonio dell’imprenditore in crisi.

4.8.2. L’inapplicabilità del divieto di cui all’art. 182 bis comma 3 l. fall., alle azioni

Nel documento Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (pagine 123-125)

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