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Ristrutturazione del debito mediante conversione dei crediti in capitale Il principio contabile Ifrc 19.

IL CONTENUTO DEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE

3.8. Ristrutturazione del debito mediante conversione dei crediti in capitale Il principio contabile Ifrc 19.

La ricapitalizzazione dell’impresa, in presenza di una crisi di una certa gravità, presenta difficoltà notevoli.

Un’ eventuale operazione di aumento di capitale potrebbe non essere conveniente, sia per gli azionisti, che per eventuale terzo, e ciò perché per la parte della sottoscrizione che arriva fino al punto di riequilibrio dello sbilancio patrimoniale, il denaro versato andrebbe a beneficio dei creditori esistenti, per cui è stato detto138 che l’operazione così congegnata non sarebbe rispondente né all’interesse degli azionisti i quali sono protetti dalla responsabilità limitata, né a quello di un eventuale terzo.

La sottoscrizione potrebbe rispondere invece all’interesse dei creditori, in quanto essi potrebbero evitare di versare altra liquidità, ricorrendo al meccanismo, diffuso in queste situazioni, della sottoscrizione dell’aumento di capitale attraverso la compensazione139 del credito vantato nei confronti della società, credito che avrà perduto, in questa situazione, tutto o parte del suo valore iniziale.

Secondo la giurisprudenza140 più recente infatti, nel caso di sottoscrizione di un aumento del capitale sociale, il conferimento può essere eseguito mediante compensazione tra il relativo debito del socio e un suo credito verso la società, la quale, pur perdendo formalmente il credito al conferimento, acquista concretamente un “valore economico”, consistente nella liberazione da un corrispondente debito. Infatti anche se l’art. 2342 cod. civ. prevede che se nell’atto costitutivo non è stabilito diversamente i conferimenti devono farsi in denaro, la compensazione, intervenendo tra crediti, entrambi pecuniari, a norma dell’art. 1243 cod. civ., comma 1, non modifica l’oggetto del conferimento, che avviene pur sempre in denaro, ma solo le modalità di estinzione dell’obbligo di conferire.

Per quanto riguarda inoltre l’esigenza di salvaguardare la corrispondenza tra il valore nominale del capitale sociale e la sua effettiva entità, occorre considerare che il capitale sociale è solo una quota ideale del patrimonio netto della società; mentre il patrimonio netto è la differenza tra le poste dell’attivo e le poste del passivo esposte in bilancio,

137 Cfr. AMBROSINI S., Appunti Flash, sull’ art. 182-quater della legge fallimentare, in, www.ilcaso.it. 138 L. STANGHELLINI, Le crisi d’impresa tra diritto ed economia, Il Mulino, 2007, p. 319.

139 Una isolata pronuncia della corte di Cassazione (Cass. 10 dicembre 1992, n. 13095, in, Foro It., I, 1993, 3100, e in, Il Fall., 1993, p. 595, aveva sostenuto l’illegittimità dell’aumento di capitale realizzato attraverso la compensazione con un credito vantato nei confronti della società. In seguito la stessa Corte di Cassazione ha mutato orientamento riconoscendo la possibilità di sottoscrivere aumenti di capitale compensando crediti vantati nei confronti della società , Cfr. in tal senso: Cass. 5 febbraio 1996 n. 936, in, Foro It., I, 1996, p. 2490 e in, Corr. Giur., 1996, p. 547, orientamento oramai consolidato.

140 Cass. Sez. I Civile, 19 marzo 2009, n. 6711, Pres. Carnevale, in, www.ilcaso.it; Cass. Sez. I, 24 aprile 1998, n. 4236; Cass. Sez. I, 5 febbraio 1996, n. 936.

sicchè si incrementa sia con l’aggiunta di una posta attiva (versamento in denaro), sia con la soppressione di una posta passiva (estinzione di un debito). Pertanto ciò che è davvero necessario ai fini del conferimento in sede di aumento di capitale è l’incremento del patrimonio netto della società, in misura tale da coprire l’intero valore nominale delle azioni emesse e sottoscritte dal socio che conferisce mediante compensazione.

Considerato dunque che anche la compensazione comporta un aumento del patrimonio netto della società, non vi sono ragioni per escluderne l’ammissibilità come modo di estinzione dell’obbligazione pecuniaria derivante dal conferimento in sede di aumento di capitale, secondo le norme generali previste dal codice civile, che sono tra l’altro applicabili anche alla compensazione prevista dall’art. 56 l. fall.

Questo metodo di conversione dei crediti in capitale141, attuato attraverso il meccanismo descritto, consente di comporre tre interessi potenzialmente configgenti142: 1) l’interesse dei creditori che decidono per la conversione a recuperare, sotto forma di aspettativa sugli eventuali utili futuri dell’impresa, parte di ciò che hanno prestato, 2) quello dell’impresa a ridurre l’indebitamento, attraverso la conversione dei debiti in capitale di rischio 3) quello dei creditori che non optano per la conversione a mantenere, il più possibile inalterate le prospettive di pagamento, sicuramente destinate a migliorare in considerazione del fatto che i creditori che optano per la conversione dei crediti in capitale, non concorreranno più con loro sul patrimonio del debitore143.

Al fine di attuare questa operazione è necessario che l’assemblea straordinaria della società che versa in stato di crisi deliberi l’aumento di capitale, aprendo così le porte ai creditori144. Affinché l’operazione di ristrutturazione sia credibile e concretamente attuabile è indispensabile poi raggiungere un livello minimo di adesioni; la prassi ha evidenziato che destinati ad avere successo, sono gli accordi di ristrutturazione che

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Cfr. BELCHER, Corporate Rescue: a conceptual approach to insolvency law, p. 120.

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A tal proposito occorre evidenziare che il piano di ristrutturazione Parmalat, completato nell’ottobre 2005, si è basato su una vastissima operazione di sottoscrizione mediante compensazione, di azioni della nuova Parmalat, assuntore del concordato, ad opera dei creditori delle società del gruppo. Il nucleo fondamentale della ristrutturazione del gruppo Parmalat è consistito infatti nel trasferire ai creditori il controllo degli assets delle sedici società del gruppo partecipanti al concordato, mediante il loro trasferimento ad una società di nuova costituzione che ha emesso azioni sottoscritte, nella misura risultante dalla proposta di concordato, dai creditori delle varie società. I creditori delle società che non sono state incluse nel concordato hanno invece ricevuto il denaro derivante dalla liquidazione dei patrimoni di tali società, secondo il modello tradizionale delle procedure di liquidazione.

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Cfr. L. STANGHELLINI, Le crisi d’impresa tra diritto ed economia, Il Mulino, 2007, p. 319, secondo il quale la conversione dei crediti in capitale avrebbe il merito di realizzare in parte quello che è uno degli aspetti tipici di una procedura concorsuale, consistente nell’eliminare, interamente o parzialmente il controllo sull’impresa, da parte del debitore per trasferirlo al creditore, nella prospettiva di procedere ad una monetizzazione delle attività e alla successiva ripartizione tra i creditori, come avverrebbe normalmente nell’ambito di una procedura liquidativa, o piuttosto e come sembra preferibile, alla gestione e valorizzazione delle partecipazioni sociali acquisite, in quanto ciò appare più rispondente alle finalità proprie di una procedura di ristrutturazione.

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La conversione dei crediti in capitale trova un limite nella disciplina di assunzione di partecipazioni da parte delle le banche, che possono attuarla nel rispetto di determinati limiti patrimoniali Cfr. Banca d’Italia, Istruzioni di vigilanza per le banche, circ. 229 del 21 aprile 1999, in, www.bancaditalia.it, Titolo IV, Capitolo 9, sezione V.

riescono a conquistare le adesioni della maggioranza dei creditori, mentre difficilmente si riescono ad attuare piani che prevedono un numero limitato di adesioni. Questa è la ragione per la quale l’art. 182 bis l. fall., richiede quale requisito di serietà della proposta, che l’accordo debba coinvolgere almeno il sessanta per cento della massa dei crediti.

La conversione di passività finanziarie in strumenti di equity, comporta dunque lo storno di tutto o parte del debito, a fronte, dunque di un incremento del patrimonio netto.

Per le imprese che adottano i principio contabili internazionali, numerosi sono stati i dubbi, i merito alla determinazione del valore e all’individuazione delle modalità secondo le quali contabilizzare gli strumenti rappresentativi del patrimonio netto, emessi a fronte dello storno del debito.

In risposta ai quesiti sollevati, l’Ifrc (International financial reporting interpretations committe), ha emanato un nuovo documento, l’Ifrc 19 Extinguishing financial liabilities with equity instruments, che è stato definitivamente approvato dallo Iasb ed è entrato a far parte del corpus, dei principi contabili internazionali Ias-Ifrs, dal novembre 2009, l’applicazione di questa interpretazione è obbligatoria dal 1° luglio 2010145.

Alla luce di questo principio contabile, un’entità deve iscrivere uno strumento di equity, emesso in favore di un creditore, al fine di estinguere, in tutto o in parte, una passività finanziaria al fair value dello strumento di capitale, a meno che il fair value, non sia misurabile in maniera attendibile; in quest’ultimo caso, lo strumento di equity, dev’essere iscritto ad un valore che rifletta il fair value della passività estinta. Ogni differenza tra valore contabile della passività estinta e valore dello strumento di equity è iscritta in conto economico.

Normalmente nelle operazioni di debt restructuring, è più frequente misurare lo strumento di equity emesso, ad una valore pari al fair value della passività estinta146. Com’è noto il fair value, è <<il corrispettivo al quale un’attività potrebbe essere scambiata, o una passività estinta, in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili>>. Sotto tale profilo ci chiede come si può considerare una “libera transazione”, quella in cui una società è costretta, per carenza di liquidità, a rinegoziare i termini di un accordo precedentemente stipulato, cercando di ottenere condizioni che le consentano almeno di sopravvivere?

L’applicazione di questo principio contabile è esclusa espressamente nei seguenti casi: 1) transazioni in cui il creditore è un azionista, diretto o indiretto, della società;

2) transazioni in cui il debitore e il creditore sono dallo stesso/dagli stessi soggetti. 3) transazioni in cui l’estinzione della passività finanziaria attraverso l’emissione di strumenti rappresentativi di capitale era già prevista nel contratto originario147.

145 Cfr. NIGRO F., SCARANI L., BONISSONI A., Ristrutturazione del debito con conversione della passività in “equity”, in, Diritto e Pratica delle Società, n. 4/2009, pag. 21 e segg.

4) transazioni in cui la passività finanziaria estinta, viene sostituita da uno strumento finanziario che, tuttavia, non possiede i requisiti previsti dallo Ias 32 per essere considerato strumento rappresentativo di capitale148149.

L’emissione di strumenti rappresentativi di equity, in favore di un creditore, al fine di estinguere tutte o una parte della passività finanziaria si considera prezzo pagato (consideration paid), e dunque rientra nell’ambito applicativo del par. 41 dello Ias 39. Il riferimento agli equity instrument, può essere letto estensivamente, non solo con riferimento alle ristrutturazioni del debito, nelle quali vengono emesse nuove azioni, ma anche ai casi in cui i creditori, vengono “ricompensati” con l’emissione di altri strumenti finanziari partecipativi, emessi ai sensi dell’art. 2346 comma 6.

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