• Non ci sono risultati.

La relazione sull’attuabilità dell’accordo e la figura del professionista.

Nel documento Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (pagine 106-109)

IL CONTENUTO DEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE

4.2. Il rapporto tra l’ “accordo” il “piano” di ristrutturazione.

4.3.1 La relazione sull’attuabilità dell’accordo e la figura del professionista.

Con il D.L. n. 35/2005 veniva introdotta nell’ambito del diritto fallimentare, la figura dell’<<esperto>>, che nel concordato preventivo (art. 161 comma 3 l. fall.) doveva attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, negli accordi di ristrutturazione l’attuabilità dell’accordo (art. 182 bis), nel piano di risanamento la ragionevolezza del piano (art. 67 comma 3 lett. d).

207

Sotto tale profilo cfr. il decreto di omologa degli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis che hanno coinvolto le società del Gruppo GABETTI S.p.a.: Trib. Milano, 17, giugno 2009, M. Galioto Pres / Rel., il quale ha ritenuto che <<nell’ipotesi di accordo di ristrutturazione dei debiti, proposto da una società capogruppo, il cui piano industriale strategico, costituente parte integrante dell’accordo, coinvolge, complessivamente, non solo la società predetta, ma in ragione dell’attività di direzione e coordinamento da questa esercitata, anche le società controllate o collegate, la relazione dell’esperto, può essere opportunamente redatta in maniera unitaria e contenere valutazioni inerenti l’intero piano di riorganizzazione, motivate in maniera coerente sotto il profilo della ragionevole prospettiva di riuscita del piano medesimo, sia pure con diversi gradi di positività della prognosi, in relazione alle singole società del gruppo.>>

La nuova figura professionale era caratterizzata da un’irragionevole disparità dei requisiti richiesti nelle diverse ipotesi introdotte dal legislatore:

il professionista di cui all’art. 161 l.fall. doveva possedere i requisiti del novellato art. 28 l.fall., l’estensore dell’attestato dei piani di risanamento richiamava l’art. 2501 bis, quarto comma cod. civ., mentre per l’esperto degli accordi di ristrutturazione non era richiesta alcuna specifica qualità professionale. Diversificazione questa, considerata dalla dottrina priva qualsiasi giustificazione208.

Nell’originaria formulazione dell’art. 182 bis, non era richiesto, alcuno specifico requisito professionale all’esperto chiamato a redigere la relazione sull’attuabilità dell’accordo, pertanto in assenza di specifiche previsioni normative, secondo parte della dottrina questa attività poteva essere svolta non soltanto da dottori commercialisti e da altri esperti contabili, o comunque da soggetti che possedessero i requisiti di cui all’art. 28 l.fall., ma anche da professionisti che avessero comunque, a prescindere dal titolo di studio, una qualche esperienza pregressa nella gestione della crisi d’impresa e delle ristrutturazioni aziendali209.

Secondo altra parte della dottrina210, invece, l’esperto doveva comunque aver sostenuto un esame di stato, ed essere ricompreso tra quelli cui l’ordinamento giuridico riconosce una specifica competenza tecnica in materia di procedure concorsuali, ovvero doveva trattarsi di un iscritto nella sezione dell’albo dei dottori commercialisti e dei ragionieri. Coloro i quali consideravano l’istituto come un concordato semplificato applicavano all’esperto i requisiti soggettivi di cui all’art. 161 l.fall.: l’esperto veniva identificato quindi con il professionista di cui all’art. 28 l.fall., con le stesse caratteristiche di terzietà e imparzialità.

Il D.lgs. 169/2007 nel novellare il testo dell’art. 182 bis l. fall., ha sostituito il termine <<esperto>>, cui faceva riferimento la norma, nella sua formulazione originaria, con la figura di un <<professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma lett. d) >>, il quale dovrà predisporre una relazione sull’attuabilità dell’accordo. Quest’ultima norma, in particolare, prescrive che il piano di risanamento, al fine di evitare l’azione revocatoria, debba essere attestato da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili che abbia i requisiti previsti dall’art. 28 lett. a) e b) ai sensi dell’art. 2501 – bis, comma 4 cod. civ.. L’art. 2501 bis, a sua volta rinvia all’art. 2501 e quest’ultimo all’art. 2409 bis.

Per quanto concerne i requisiti di cui dev’essere in possesso il professionista, l’art. 67, comma 3, lett. d) richiede l’iscrizione nel registro dei revisori contabili e per il resto rinvia all’art. 28, comma 1, lett. a) e b). Quest’ultima norma sotto la rubrica <<requisiti per la nomina a curatore>> individua due categorie: alla lettera a) gli avvocati e i commercialisti e alla lettera b) le società professionali.

208 Cfr. FABIANI, le trasformazioni della legge fallimentare, p. 161 ; FERRO, Ristrutturazione dei debiti (accordi di), in, Le insinuazioni al passivo, a cura di M. Ferro, Padova 2007, 1422.

209

Così AMBROSINI, op. ult. Cit., .p. 2547; DE CRESCIENZO-PANZANI, Il nuovo diritto fallimentare, Milano, 2005, 66.

210 FAUCEGLIA G. , Prime osservazioni sugli accordi di ristrutturazione dei debiti, in, Dir. Fall., 2005, I, p. 845.

L’incarico può quindi essere espletato anche da uno studio professionale associato o da una società tra professionisti, purchè sia specificamente indicata quale sia la persona fisica appartenente allo studio o alla società da ritenersi responsabile della relazione sull’attuabilità dell’accordo e che deve essere iscritta all’albo dei revisori contabili con i requisiti di cui all’art. 28, lett. a) l. fall..

Poiché il richiamo all’art. 28 l.fall. è espressamente limitato alle lettere a) e b) si deve trattare di un professionista iscritto negli albi professionali citati dalla norma; si osserva infatti che la novella non ha richiamato la lett. c) dell’art. 28 comma 1, così escludendo dall’incarico di redigere la relazione sull’accordo di ristrutturazione i c.d. amministratori, direttori e controllori di società azionarie che abbiano dato prova di adeguate capacità imprenditoriali. L’idoneità soggettiva del professionista, andrà valutata inoltre, non solo con riferimento al possesso dei requisiti formali di cui all’art. 28 primo comma lett. a) e b) l. fall., ma anche con riferimento alla sussistenza di un eventuale conflitto d’interessi, così come espressamente previsto dal secondo comma della medesima disposizione di legge, con riferimento al fallimento. Ne consegue che non potrà svolgere tale funzione, ad esempio, un creditore o chi sia stato alle dipendenze dell’imprenditore, ovvero chi abbia intrattenuto con lui un rapporto continuativo di collaborazione.

Il professionista dovrà attestare l’assenza di conflitto d’interessi mediante una specifica dichiarazione inserita nella relazione.

La mancanza dei requisiti professionali richiesti nel professionista, chiamato a verificare l’attuabilità dell’accordo determinerà il rigetto della domanda, che però potrebbe essere comunque riproposta, corredata, questa volta, da una nuova relazione211. Alla stessa conclusione di rigetto della domanda, dovrà pervenire il tribunale nell’ipotesi in cui la relazione non fosse corredata dalla dichiarazione del professionista di assenza del conflitto d’interessi, omissione che potrebbe comunque essere sanata prima della pronuncia dell’organo giurisdizionale.

L’assunto secondo cui il professionista può essere nominato dallo stesso debitore non è accettato da parte della dottrina212, la quale afferma che la nomina dell’esperto debba essere fatta dal presidente del tribunale allorché l’accordo di ristrutturazione concerna una s.p.a o una s.a.p.a. . In senso contrario è stato osservato213che l’art. 2501 bis comma 4, richiama la relazione e non i requisiti degli esperti di cui al successivo art. 2501

sexies dove sono invece descritti anche i requisiti di questi. Sembra preferibile ritenere, in considerazione del principio dell’autonomia privata che

caratterizza l’istituto, che la nomina del professionista non competa al tribunale, ma all’imprenditore in crisi214, tuttavia in un recente caso215 di omologa di un accordo di

211 Cfr. PROTO, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in, Il Fall., n. 2/2006, p. 129 e segg.

212 Si esprimono in questo senso: L. MANDRIOLI, I piani di risanamento e di ristrutturazione, § 2.8 in atti del convegno, La riforma del diritto fallimentare, Milano, 7 ottobre 2005; M. FERRO, Il piano attestato di risanamento, in, Il Fall., 2005, 1361; A. JORIO, Le soluzioni concordate della crisi d’impresa tra <<privatizzazione>> e tutela giudiziaria, ibidem, 1457; V. DONATO, Revocatoria della rimesse bancarie ed esenzioni dalla revocatoria a fronte di piani di risanamento:profili tecnico.aziendalistici, in, Il dir. Fall., 2006, I, pag. 389.

213 G. VERNA, I nuovi accordi di ristrutturazione, in, Riv. Dir. Fall., n. 6 del 2007, p. 942 e segg. 214 In tal senso G. VERNA, op. ult. Cit. , p. 950.

ristrutturazione il Tribunale, ritenendo non esaustiva la relazione predisposta dal professionista nominato dall’imprenditore, ha nominato un consulente tecnico d’ufficio per verificare la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 182 bis.

Ulteriori requisiti professionali sono stati individuati216 nell’indipendenza e nella terzietà del professionista, nella tempestività del suo intervento; in particolare questi non deve trovarsi in una delle situazioni di incompatibilità previste per le società di revisione che svolgono l’attività di revisione contabile delle società quotate, rispetto all’impresa e a coloro che beneficiano delle esenzioni da revocatoria e comunque rispetto ai principali creditori. E’ inoltre opportuno che il professionista chiamato ad

attestare l’idoneità dell’accordo sia soggetto diverso dal consulente dell’impresa217. Costituendo la valutazione della veridicità dei dati aziendali un presupposto logico

indefettibile della relazione redatta dal professionista, ed essendo questa valutazione assoggettata, attraverso l’omologazione, ad un giudizio di conformità ad un modello legale, deve ritenersi che il fallimento dell’impresa, in seguito all’omologazione, non possa far sorgere alcuna responsabilità del professionista attestatore, il cui operato è stato già oggetto di un giudizio positivo da parte del giudice in sede di omologa.

Sarebbe infatti eccessivamente gravoso, attribuire al professionista attestatore, una indistinta responsabilità per un ipotetico danno causato alla massa dei creditori, danneggiata da un’eventuale ritardato fallimento o da atti di disposizione del patrimonio dell’impresa fallita, attuati in esecuzione dell’accordo omologato.

D’altro canto le vicende dell’impresa, anche successive all’omologazione dell’accordo, sono conseguenza soprattutto di scelte strategiche del management e di fattori di mercato, e non certo delle prospettazioni del professionista attestatore, a loro volta confermate dal giudice dell’omologa.

Nel documento Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (pagine 106-109)

Outline

Documenti correlati