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Quando la “riorganizzazione” diventa strumentale alla “ristrutturazione debito”.

IL CONTENUTO DEGLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE

3.2. Quando la “riorganizzazione” diventa strumentale alla “ristrutturazione debito”.

La crisi spesso non è soltanto di natura finanziaria, di frequente a questa si aggiungono problemi di natura economica, dovuti alla presenza di costi troppo gravosi rispetto alla redditività dell’organizzazione aziendale.

In presenza di queste situazioni la ristrutturazione del debito, può realizzarsi solo attraverso la negoziazione, tra creditori e imprenditore in stato di crisi, di un accordo che preveda anche una “riorganizzazione” aziendale, attraverso interventi sul piano societario, industriale e finanziario.

In tale prospettiva potranno essere previsti la dismissione di cespiti e di attività ritenute non strategiche, la riduzione dei livelli occupazionali e/o dell’orario di lavoro, il cambio del management, l’utilizzo delle risorse disponibili per lo sviluppo di determinati settori di attività o prodotti, la modifica delle politiche commerciali e di marketing, la razionalizzazione dei costi della rete distributiva, ecc..

In tal modo l’accordo di ristrutturazione, condiviso con i creditori diverrà il percorso che l’imprenditore dovrà seguire per realizzare il risanamento dell’impresa.

Altrettanto delicata rispetto alla fase preliminare di formazione del consenso è quella esecutiva, anche in considerazione della durata, normalmente pluriennale della stessa. Al fine di favorire e, successivamente garantire la realizzazione degli accordi di ristrutturazione le parti potranno prevedere, almeno nei casi di imprese medio - grandi, che i rapporti tra loro siano intrattenuti per il tramite di organismi di consultazione e di controllo creati appositamente, ai quali potrà essere attribuito anche un potere di rappresentanza negoziale, al fine di semplificare i rapporti tra imprenditore in crisi e creditori partecipanti all’accordo. In tal modo il singolo creditore non avrà diretta cognizione delle informazioni messe a disposizione dall’imprenditore in crisi, al contempo l’imprenditore non avrà una relazione personale e diretta con i singoli creditori, tuttavia entrambi demanderanno ad altri l’attività di negoziazione, verifica della fattibilità del piano e controllo della sua puntuale e profittevole esecuzione.

In considerazione dell’importanza e della reciproca fiducia, sulla effettività e consequenzialità degli impegni assunti nell’ambito del complessivo disegno di ristrutturazione, potrà addivenirsi all’attribuzione della sua gestione a soggetti graditi al ceto creditorio o addirittura da questo designati.

In tal senso gli accordi di ristrutturazione potranno prevedere la sostituzione degli organi sociali o comunque delle più alte cariche aziendali, in quanto la scelta di affidare la negoziazione e l’attuazione del piano a consulenti specializzati nella gestione di imprese in crisi tranquillizzerà i creditori e li metterà in condizione di accettare le decisioni aziendali, anche nell’ipotesi in cui queste non siano state spiegate sotto tutti i loro profili ed effetti, e ciò proprio in ragione del prestigio personale di cui godono coloro che la hanno adottate.

La fiducia personale e la procedimentalizzazione dei rapporti possono costituire in molti casi ragioni di successo degli accordi, in quanto favoriscono il superamento di contrasti e resistenze anche di natura psicologica.

Il conseguimento di questi obiettivi può essere favorito attraverso la creazione di strutture partecipative che consentendo ai creditori di confrontarsi tra loro e di ottenere informazioni più complete.

Questo modello, in un primo momento storico è stato utilizzato soprattutto da aziende di gradi dimensioni86 (es. Belleli, Cameli, Ferruzzi, Montedison ecc.), oggi invece a seguito dell’introduzione del nuovo art. 182 bis. l’utilizzo di questi modelli potrà essere esteso anche ad aziende di dimensioni medio-piccole.

Occorre osservare come l’obiettivo principale dell’accordo di ristrutturazione rappresentato dal superamento della situazione di crisi, non richiede necessariamente la continuazione dell’attività di impresa in capo all’originario titolare, in quanto, soprattutto nei casi in cui il dissesto è più grave, e si intenda comunque procedere al salvataggio dell’impresa87 , questo potrà essere realizzato attraverso la costituzione di un nuovo soggetto giuridico. E’ il caso ad esempio, frequente nella prassi, del salvataggio attuato anche mediante la creazione di una nuova società di capitali, partecipata magari dai creditori o da una parte di essi, in particolare da quelli bancari, la quale stipula con il titolare dell’impresa in crisi un contratto di affitto di azienda risolutivamente condizionato alla mancata accettazione dell’operazione da parte di un numero sufficiente di creditori e con clausola di conversione in vendita per l’ipotesi di accettazione da parte dello stesso numero di creditori.

Dunque benché la legge parli di accordi di ristrutturazione dei debiti, in realtà e non diversamente per ciò che riguarda il piano di risanamento attestato di cui all’art. 67, comma 3° lett. d) l. fall, il contenuto dell’accordo dovrà, quasi necessariamente pianificare anche altre operazioni di “riorganizzazione” societaria che possono diventare strumentali alla realizzazione della vera e propria “ristrutturazione del debito”.

86 Cfr. F. BONELLI, Nuove esperienze nella soluzione stragiudiziale della crisi delle imprese, in, Giur. Comm. , 1997, p. 488/I e segg.

87 Piuttosto che alla sua liquidazione, scopo che potrebbe essere comunque conseguito con gli accordi, dato che la loro finalità risiede nel superamento della crisi dell’impresa, attraversa il salvataggio o appunto la liquidazione.

I grandi creditori infatti valuteranno, senza dubbio, la capacità dell’impresa di permanere nel circuito economico, riprendendo a produrre reddito e non sempre si accontenteranno di rimettere debiti, concedere dilazioni ed erogare nuova finanza. Essi spesso cercheranno di realizzare forme di controllo sulla gestione dell’impresa. Inoltre stante la previsione del regolare pagamento dei creditori estranei, che costituisce uno degli aspetti caratterizzanti dell’istituto, il programma di ristrutturazione dovrà delineare uno scenario futuro, in cui l’attività d’impresa anche attraverso la liquidazione e il trasferimento di assetts, sia in grado di consentire il pagamento dei creditori estranei all’accordo, avvantaggiandosi dal punto di vista fiscale anche del regime delle plusvalenze, rinvenienti dalle rinunzie o dalle dilazioni effettuate dai sottoscrittori. Il contenuto dell’accordo dunque, cioè la sua sostanza economica, è più ampio della semplice ristrutturazione del debito, e può essere notevolmente più complesso di quanto lo sia un normale contratto di scambio, potendosi scindere il contenuto in due parti fra loro collegate.

Da un lato infatti si pongono i contenuti che incidono direttamente sul debito e ne realizzano tipicamente la ristrutturazione. Questi possono essere a livello più semplice, le transazioni, le remissioni del debito, la dilazione di termini, la rinuncia agli interessi, ma anche l’emissione di titoli di debito.

Dall’altro lato invece, si potrà prevedere, sotto l’aspetto societario la conversione di crediti in capitale, attraverso degli aumenti di capitale sottoscritti con il meccanismo della compensazione; l’ erogazione di nuova finanza dietro presentazione di garanzie; possono esservi poi manovre anche più complesse la cui attuazione può richiedere la creazione di società veicolo c.d. new company; potranno prevedersi poi dei vincoli a carico dell’imprenditore, che lo limitano nell’attività di amministrazione e nella sua autonomia organizzativa e operativa; con una intensità crescente, potranno dunque prevedersi, specifici obblighi di informazione o di consultazione con alcuni creditori o con un loro comitato, impegni a dismettere rami d’azienda, programmi aziendali volti alla riduzione del personale, fino ad arrivare a prevedere l’inserimento dei rappresentanti dei creditori nell’organo amministrativo.

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