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È ormai ampiamente dimostrato dalle statistiche europee e internazionali sullo stato occupazionale dei giovani nella fascia 25-34 anni che la laurea nel medio periodo risulta essere un’azione vincente per l’inserimento nel mondo del lavoro. Nella Strategia dell’Unione Europea “Europa 2020” si prevede che il 35% di tutti i posti di lavoro entro il 2020 richiederanno qualifiche elevate e quindi il possesso di un diploma di istruzione terziaria. Tuttavia, per il laureato attuale e soprattutto per quello del futuro le conoscenze e abilità strettamente disciplinari non sono e non saranno più sufficienti per essere competitivo e poter giocare un ruolo attivo in contesti professionali di elevata complessità. Conteranno sempre di più caratteristiche personali e di comportamento conosciute con i termini soft

skills, key skills, life skills, cross competencies (in italiano competenze trasversali). Le più importanti

riguardano le attitudini dell’individuo nelle sfere della collaborazione, comunicazione, pensiero critico e creatività. Ma la lista di queste capacità è lunga e include per esempio quelle di autonomia, diagnosi, decisione, leadership, organizzazione del tempo e del lavoro, adattamento a diversi ambienti, conseguire obiettivi, risolvere problemi, spirito di iniziativa, flessibilità, visione d’insieme, resistenza allo stress, e si potrebbe continuare. Ogni individuo può certamente avere doti naturali in relazione a una o più di queste competenze. Tuttavia, è ormai accertato che i giovani possono essere “allenati” a esprimere al meglio queste doti con tecniche che possono essere “apprese”. In sintesi, le

soft skills possono essere “insegnate”. È con questa consapevolezza e in questa prospettiva che

Unimore ha lanciato un progetto di sperimentazione didattica biennale che si inserisce nel panorama delle azioni della Programmazione triennale 2016-2018 (PRO3) finanziate dal Miur, rivolto a ridefinire le strategie didattiche dei propri docenti per realizzare una didattica progettata per competenze che sviluppi – e riesca a valutare – le competenze trasversali dei propri studenti, integrate con le competenze disciplinari proprie dei singoli insegnamenti. Già in passato l’Ateneo aveva aderito, insieme a un gruppo limitato di altri atenei, a una sperimentazione nazionale, il Progetto Teco, che però era limitata alla misurazione di dette competenze. Ora, con questo Progetto l’Ateneo intende operare attivamente per migliorare le caratteristiche personali dei propri laureati, necessarie per rispondere con successo alle richieste di un mondo lavorativo in fortissima evoluzione.

Il Progetto

 Prima fase (dicembre 2016-dicembre 2018) [coincidente con la durata temporale del Progetto

presentato al Miur per la PRO3]

Primo anno (AA 2017-2018). Attraverso contatti con le parti sociali (imprese, enti pubblici e privati,

settore terziario) l’Ateneo ha individuato le due competenze trasversali più richieste dal mercato del lavoro che sono risultate essere il problem solving – approccio al lavoro che, identificandone le

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priorità e le criticità, permette di individuare le possibili migliori soluzioni ai problemi – e il team working – la disponibilità a lavorare e collaborare con gli altri avendo il desiderio di costruire relazioni positive tese al raggiungimento del compito assegnato. L’Ateneo ha individuato 16 insegnamenti da sottoporre alla sperimentazione appartenenti alle tre macroaree disciplinari Cun i cui docenti hanno aderito volontariamente al Progetto. Gli insegnamenti vanno dalla matematica alla chimica organica, dall’economia aziendale all’infermieristica, dalla patologia alla psicologia cognitiva ecc. Gli studenti coinvolti sono stati circa 1600. La verifica dei risultati della sperimentazione, cioè la determinazione dell’efficacia della metodologia formativa adottata, prevede la rilevazione delle competenze trasversali all’inizio e alla fine dei corsi in sperimentazione. Il “delta” di competenze misurato verrà confrontato con il medesimo delta determinato per un gruppo di controllo costituito da studenti che seguono insegnamenti simili, non inclusi nel Progetto. Pertanto, per ogni insegnamento in sperimentazione è stato individuato un insegnamento di controllo, non soggetto ad intervento. I docenti sono stati quindi inseriti in un percorso di formazione finalizzato a far loro acquisire familiarità con la teoria e i metodi della cosiddetta didattica per competenze che si è svolto da aprile a settembre 2017 e si è articolato in una serie di seminari e incontri tenuti dalla dr.ssa Antonella Lotti dell’Università di Genova e dal prof. Luciano Cecconi di Unimore, esperti del settore. Dopo una fase iniziale di descrizione e valutazione delle varie strategie didattiche, la formazione si è focalizzata sulla metodologia ritenuta più adatta per le competenze trasversali identificate e le caratteristiche degli insegnamenti in sperimentazione, che è risultato il cosiddetto

Team Based Learning (TBL). Quest’ultima è una strategia didattica basata sullo studio indipendente

e sull’apprendimento collaborativo, cioè sul coinvolgimento dello studente in attività basate sul gruppo in aula. I docenti hanno quindi riprogettato i loro insegnamenti sulla base di questa metodologia didattica specifica e li hanno erogati (10 nel I e 6 nel II semestre). Sia la fase di formazione dei docenti sia quella di riprogettazione degli insegnamenti sono state supportate da due coach didattici del Centro E-Learning di Ateneo. Inoltre, l’applicazione del TBL richiede la presenza di tutor d’aula che coadiuvino i docenti nelle attività dei gruppi. Questi tutor d’aula sono stati individuati dall’Ateneo attraverso apposti bandi e procedure di selezione. La misurazione delle competenze trasversali viene eseguita attraverso un test prodotto da un’azienda leader del settore della formazione permanente in realtà aziendali, che ha costruito un test specifico per questo progetto ed elaborerà i risultati. Ogni studente affronta il test nei laboratori informatici dell’Ateneo accedendo a un link dedicato. La stessa azienda si occuperà della metodica di web feedback per la restituzione ai partecipanti degli esiti della misura.

Secondo anno (AA 2018-2019). I docenti coinvolti nella sperimentazione nell’a.a 2017-2018

ripeteranno l’esperienza sugli stessi insegnamenti con nuove coorti di studenti nell’a.a 2018-2019. In particolare, 14 docenti su 16 hanno confermato la loro partecipazione. In questo modo aumenterà il numero di studenti soggetti alla sperimentazione e i dati sull’efficacia dell’azione formativa in termini di incremento delle competenze trasversali misurate attraverso le modalità di cui sopra, acquisiranno una maggiore significatività statistica. Si potrà inoltre determinare l’effetto dell’“esperienza” acquisita dal docente nel secondo anno di sperimentazione sull’efficacia dell’azione formativa. Oltre a questa azione, sono stati individuati ulteriori 13 docenti, sempre su base volontaria, che erogheranno la didattica con la metodologia TBL (a valle di un percorso di formazione analogo a quello dei colleghi dell’anno precedente che si è tenuto da giugno a settembre 2018) su insegnamenti che coinvolgono le stesse coorti di studenti in sperimentazione nel 2017-2018, cioè che interessano insegnamenti dell’anno di corso successivo. Ciò al fine di valutare l’effetto sull’acquisizione delle competenze trasversali di una reiterazione dell’intervento sui medesimi studenti. L’idea è quella di stabilire, per ogni CdS, qual è la “dose” minima di didattica riformata che deve essere impartita per

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ottenere i risultati desiderati in termini di competenze trasversali acquisite. Questa azione costituirà l’avvio delle azioni per conseguire l’obiettivo della seconda fase del progetto che prevede di acquisire questa informazione dopo aver operato la sperimentazione sulla stessa coorte durante l’intero percorso formativo (triennale, biennale, quinquennale, a seconda della tipologia di CdS). Nei due anni di sperimentazione sono stati coinvolti circa 1600+1900=3500 studenti appartenenti a 9 dei 14 dipartimenti dell’Ateneo. Unimore in questi ultimi due anni ha avuto una media di circa 24.000 iscritti. Pertanto, la sperimentazione in entrambi gli anni ha coinvolto circa il 7% degli studenti totali.  Seconda fase (2019–2021)

Questa fase, che non rientra più nelle attività finanziate dal Miur per la PRO3, è condizionata alla positiva valutazione dell’esito della prima fase. Come anticipato precedentemente, essa comporta il coinvolgimento di altri insegnamenti degli stessi CdS in cui è avvenuta la sperimentazione. Definito per ogni CdS l’obiettivo in termini di competenze trasversali attese, la finalità di questa fase è di individuare la soglia minima di insegnamenti da coinvolgere nella riprogettazione della didattica (secondo modalità individuate nella fase precedente) per garantire il raggiungimento dell’obiettivo. Per potere verificare l’esito di questa seconda fase è indispensabile che si svolga interamente il percorso formativo di almeno una coorte di immatricolati per CdS. La valutazione degli esiti sarà estesa ai costi connessi (finanziari, organizzativi ecc.).

 Terza fase (dal 2021)

Se la seconda fase darà risultati positivi, allora si aprirà una fase finale di estensione del processo, generalizzata a tutto l’Ateneo, in modo da mettere a regime questa nuova didattica competency-

based, che superi quella tradizionale.