Molte competenze trasversali non sono insegnabili direttamente, ma sono supportate dall’approccio didattico adottato dai nostri docenti. Non è certo una novità che la qualità della relazione docente- studente, più dei contenuti dell’insegnamento, sia centrale per gli aspetti educativi della docenza. Ma, le principali forme di comunicazione dei nostri studenti digital natives non sono le stesse che contraddistinguevano i rapporti educativi con i nostri docenti, e questo può rendere difficoltoso sviluppare una relazione docente-studente adatta alle nuove generazioni. Al tempo stesso, formare i nostri docenti a forme didattiche digitalmente potenziate si scontra con la loro scarsa disponibilità di tempo per imparare a usarle, l’assenza di incentivi diretti, e non raramente con un atteggiamento negativo verso quegli strumenti. Sgombriamo il campo da un possibile fraintendimento: siamo tutt’altro che fan dell’“e-learning fine a se stesso”, e anzi riteniamo che la didattica telematica priva di occasioni di incontro diretto tra studenti e docenti, e studenti tra loro, sia molto poco efficace. Di per sé gli strumenti didattici digitali non forniscono qualità alla didattica più di quanto una serie di scalpelli di metallo al posto di una punta di selce possa determinare la produzione di una Pietà del Michelangelo invece di un dolmen neolitico. Vediamo gli ausili tecnologici nelle aule e sulle piattaforme solo come una pluralità di strumenti a disposizione: sta al docente suonarli e orchestrarli al meglio per costruire la sinfonia della sua didattica, cercando il più possibile di avvincere l’interesse dello studente. Ma come superare la mancanza di tempo e motivazione dei docenti? A nostro parere, in primo luogo occorre creare ambienti fisici e virtuali adatti, trasformando le aule in veri e propri
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spazi di apprendimento integrati 36 ispirati ai principi indicati dalle best practices internazionali (per esempio: The UK higher education learning space toolkit). La semplice idea alla base del nostro Progetto è stata quella di non sviluppare solo un numero ristretto di “aule specializzate”: piuttosto, riequipaggiarle tutte entro il 2019 (ne abbiamo poco meno di 200, e siamo a quasi a metà dell’opera), così da consentire a ogni docente, ovunque faccia lezione, di poter scegliere liberamente tra tanti possibili strumenti a sua disposizione quali usare o non usare. Abbiamo scommesso sul fattore “disponibilità”: entrando giorno dopo giorno in aule dove è percepibile un array di diverse strumentazioni – magari dall’uso inizialmente “misterioso”– e sentendone parlare da altri colleghi, auspicavamo che sempre più docenti avrebbero cominciato, nel tempo, a considerare familiari quelle strumentazioni (attenuandone gli atteggiamenti negativi), poi a incuriosirsene, e infine a cercare di capire se usarle avrebbe potuto “aiutarli”, facilitandoli nell’erogazione di lezioni sempre più belle. L’ultimo stadio per il docente “incuriosito” sarebbe stato cercare di imparare a usare al meglio i nuovi strumenti: in questo modo speravamo di motivare bottom-up la partecipazione ai corsi di faculty
development. Attraverso questo percorso di stimolazione dell’interesse verso le nuove tecnologie
contiamo di raggiungere, nei prossimi anni, due obiettivi: approcci didattici flessibili e in continua evoluzione in grado di superare o attenuare il digital divide tra docenti e studenti; migliore accesso alla didattica da parte degli studenti “atipici”, che più degli altri traggono benefici da piattaforme digitali di apprendimento ricche di materiali. Le tipologie di aula previste sono tre: le due principali, le “aule avanzate” (circa 140 aule con capienza superiore a 50 unità) e le più semplici “aule standard” (una cinquantina di aule piccole, con capienza inferiore alle 50 unità) sono descritte in dettaglio su questo sito. Entrambe le tipologie si interfacciano direttamente in wifi con la nostra piattaforma elearning moodle, deposito dei syllabus e dei materiali didattici digitali utilizzati in ogni insegnamento. Il docente può recarsi in aula senza altro materiale che un qualsiasi device digitale (è sufficiente uno smartphone). Può proiettare qualsiasi tipo di materiale in diverse modalità di inquadratura; avvalersi di una tavoletta grafica inserita nel podio (ma se lo preferisce può usare la lavagna tradizionale); se usa la tavoletta può salvare quanto scrive durante la lezione e renderlo immediatamente disponibile agli studenti. Può – senza bisogno dell’intervento di tecnici – videoregistrare (e/o mandare in streaming) ogni sua lezione, integrando le riprese direttamente con i materiali proiettati; e può rendere disponibili le registrazioni sulla piattaforma e-learning, lezione dopo lezione, con grande vantaggio non solo per il ripasso degli studenti presenti ma anche per lo studio degli studenti non frequentanti. Può presentare quesiti e problemi e raccogliere in tempo reale le risposte degli studenti. Da parte loro, gli studenti hanno prese elettriche ai banchi per ricaricare i loro devices; possono connettersi in wifi al sistema integrato per vedere i materiali proiettati dal docente direttamente sui loro schermi (funzione molto utile per gli studenti in fondo all’aula e per gli studenti con disabilità visive); possono intervenire nella lezione proiettando materiali dai loro device (per esempio lavori di gruppo sviluppati con altri studenti); possono interagire con il docente postando domande o commenti e inviare le loro risposte in tempo reale ai quesiti posti dal docente. L’interazione può continuare fuori dall’aula fisica, grazie ai forum e ai blog che è possibile inserire nella piattaforma e-learning. Ovviamente, ogni funzione è assolutamente facoltativa e può essere usata o non usata, garantendo il massimo della flessibilità ma anche il massimo del controllo. La terza tipologia di aule sono quattro open-space con sedie mobili (o addirittura senza sedie, qualora serva) per la didattica partecipativa: il minimo della tecnologia, il massimo della libertà di movimento.
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Parte dell’indicatore 6 (learning environment) dell’UK quality code for higher education (“AVA2” del Regno Unito) prevede: “The
learning and teaching activities made available by a higher education provider take place within broad learning environment which comprises both physical and virtual facilities and the culture and ethos of learning promoted by the provider and its staff working with students and other stakeholders”. Ci sembra una buona spiegazione sintetica di cosa intendiamo per “spazi di apprendimento integrati”.
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Servono per quelle lezioni in cui gli studenti devono muoversi, interagire, cambiare configurazione durante la lezione. Sono poche e semplici aule, ma le ricordiamo qui per il messaggio che veicolano: non è la tecnologia che – da sola – guida l’innovazione didattica. È l’innovazione didattica, pensata al servizio dell’apprendimento dei nostri studenti, che guida la tecnologia indicandoci quale serva, dove serva e quando e dove sia meglio farne a meno.