Scuola Normale Superiore di Pisa
La Scuola Normale Superiore si propone di formare allievi di eccellenza sviluppando in loro una formazione alla ricerca scientifica. Gli allievi, reclutati mediante una rigorosa selezione volta a premiare le qualità individuali (l’intuito, la capacità di risolvere problemi e individuare nessi, l’attitudine critica) più che la quantità di nozioni apprese, svolgono la loro carriera universitaria presso l’Università di Pisa, ne seguono i corsi e ne sostengono gli esami. Presso la Scuola Normale Superiore essi invece seguono dei corsi seminariali al termine dei quali non vi sono esami, ma un giudizio del docente sulla partecipazione al corso e su un paper scritto, presentato e difeso in una discussione collettiva. La caratteristica saliente del sistema seminariale su cui si basa l’insegnamento alla scuola è quello di non prevedere una rigida compartimentazione dei livelli degli allievi. Studenti di primo anno di una triennale seguono il corso assieme a studenti iscritti alla magistrale, mentre studenti della magistrale lavorano insieme a perfezionandi (il perfezionamento corrisponde in Normale al corso di dottorato). In qualche caso vi sono seminari a cui partecipano studenti dei vari gradi tutti insieme. Si tratta di un sistema di didattica che si potrebbe chiamare “verticale” e che discende da una tradizione sedimentata. Malgrado la Scuola Normale Superiore discenda dal modello della École Normale Supérieure (nascendo nel 1810 come una succursale di quella, da poco rifondata da Napoleone) il suo modello di insegnamento è stato nel tempo plasmato piuttosto da un altro e diverso schema, quello del Seminar. Originato in Germania dai seminaria philologica sviluppatisi nel
corso del XVIII secolo, il modello del Seminar viene a essere fissato nel corso della prima metà dell’Ottocento costituendo un “segno caratteristico dell’educazione universitarioa tedesca nel XIX
secolo” e diventa la norma europea dopo la fondazione dell’Impero germanico nel 1871. Nato in
Germania sul terreno della filologia e della storia il seminario di ricerca fonda in tutta Europa l’insegnamento delle scienze fisico-naturali (sul modello del celebre seminario di Koenigsberger di Franz Neumann), influenzando profondamente anche il sistema universitario statunitense. Com’è stato osservato. «Il mito del seminario di ricerca – un prestigioso istituto d’élite frequentato da persone competitive e di successo, decise a sfidare l’autorità e le convenzioni intellettuali – distorce la verità, ma non è del tutto falso. Sotto il mito sono sedimentati gli esperimenti pedagogici, le norme burocratiche, le riforme educative, i pilastri ideologici e le ambizioni sociali. La ricerca non era l’unico prodotto, e certamente non quello dominante, del sistema del seminario di scienze naturali. L’insegnamento creativo si esprimeva nei curricula e negli esercizi, ma anche nella consapevole riorganizzazione di una conoscenza disciplinare sempre soggetta a ulteriori cambiamenti. In quanto nuova forma di socialità, il, seminario si rivelava fecondo anche come incubatrice per lo scienziato
emergente del XIX secolo.»39 Le caratteristiche di lungo periodo di questo modello sono quelle di
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Olesco K.M., L’Ottocento: fisica. Il seminario di ricercae la fisica teorica, in http://www.treccani.it/enciclopedia/l-ottocento-fisica- il-seminario-di-ricerca-e-la-fisica-teorica_%28Storia-della-Scienza%29/).
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legare strettamente la didattica ai protocolli di ricerca e di essere voltoa influenzare l’orientamento intellettuale degli studenti più che a trasmettere un corpus prefissato di nozioni. Prevede la distribuzione di un set di letture, la preparazione da parte degli studenti di presentazioni in tedesco
referaten mirate su un problema e la preparazione da parte di ogni studente di un paper scritto. In
Germania, recentemente, si usano molto anche le gruppenreferat (lavori collettivi), ma vi è una discussione aperta in merito alla loro appropriatezza. Storicamente il Seminar è differente sia dal sistema tutoriale inglese che lega i professori agli studenti, ma non tanto gli studenti fra loro, sia da quello francese più dedito alla formazione individuale e che è stato criticamente definito come l’atomismo francese nell’educazione. Una delle caratteristiche del sistema vigente nella Scuola che mostra la sua dipendenza dal modello del Seminar è il Lernfreiheit: gli studenti sono liberi di seguire i corsi che interessano loro. Una seconda caratteristica è quella della circolazione interdisciplinare. Gli studenti seguono corsi di diverso orientamento disciplinare e soprattutto vivono in un ambiente in cui la trasmissione intellettuale interdisciplinare è strutturale. Nel sistema di insegnamento della Scuola ha insomma grande importanza il fatto che il modello non sia quello della lezione frontale ma neppure il suo opposto; piuttosto quella di un sistema che integra l’insegnamento ex cathedra, un sistema che attribuisce importanza alla dimensione dialogica, sviluppata attorno a un tavolo, basata su piccoli numeri, sullo scambio di esperienze e insomma su quello che oggi si usa chiamare
cooperative learning. Obiettivo dell’apprendimento cooperativo, secondo la ricerca pedagogica
contemporanea è la creazione di un’interdipendenza positiva, vale a dire la consapevolezza da parte dei componenti del gruppo di essere legati reciprocamente da una dipendenza relazionale che risulta essere direttamente proporzionale al grado di coinvolgimento intellettuale, emotivo e di utilità che lega gli uni agli altri. Va osservato che la Scuola possiede per così dire “naturalmente” uno dei
presupposti del cooperative learning, vale a dire il senso di appartenenza creato dai succitati
meccanismi di selezione meritocratica che fanno sentire gli allievi appartenenti a un noi qualificato. Questo sentimento è poi rafforzato dalla struttura residenziale e dalla vita quotidiana, da momenti sociali di routine che coinvolgono anche i professori come la mensa in comune. Fin qui, per così dire, il vecchio. E, tuttavia, alla Scuola iniziamo a interrogarci su come migliorare il nostro modello di insegnamento e il principale modello di confronto non è tanto quello dell’École Normale Supérieure, di cui certo condividiamo il motto dell’apprentissage de l’innovation ma non un sistema basato sull’elaborazione per ciascuno studente di un percorso di studi individualizzato, seguito individualmente da un directeur d’etudes, quanto piuttosto il tutorial system in vigore a Oxford e Cambridge (dove però le tutorial lessons sono chiamate supervisions). Alla Scuola il modello è molto meno formalizzato che a Oxbridge e anche meno personalizzato, ma stiamo riflettendo se e come implementarlo in questo senso. Del resto, anche in Inghilterra il sistema one-on-one è recentemente stato mescolato con esperienze di gruppo e uso dei social media e delle risorse in Internet. Non si tratta di imitare pedissequamente o di rubare the jewel of the Crown, ma di chiederci come un modello tutoriale modificato, che mantenga il nucleo duro della struttura seminariale, possa essere implementato alla Scuola, magari riscoprendo le sue radici “socratiche” che risalgono a Benjamin Jowett, il classicista (Regius professor di greco, traduttore di Platone e Tucidide) Master di Balliol,
alla metà dell’800 e più tardi vice-Chancellor dell’Università di Oxford. Di lui si diceva che «la sua
grande abilità consisteva nell’aiutarci a imparare e a penare per noi stessi». Di questo abbiamo bisogno, di migliorare il nostro sistema seminariale, insistendo sulla sua caratteristica specifica, la “didattica verticale”, ma trovando il modo di dotare i nostri studenti degli skills più adeguati a un mondo accademico fattosi duramente competitivo.
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