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CSR E SRI: I VANTAGGI DELLA SOSTENIBILITA’ PER LE IMPRESE (E IL PROBLEMA DEL COD)

C ULTURA E RAPPORTO CON GLI STAKEHOLDERS

3.2.5 I L CONTRIBUTO DELLA DIMENSIONE G

Il tema della corporate governance (come già emerso nel precedente Capitolo) è da sempre oggetto di studio da parte dell’Accademia, tant’è che la produzione documentale in materia è decisamente maggiore rispetto ad Environmental e Social per due ordini di ragioni:

1. maggiore facilità di studio (pratico);

2. un efficace sistema di governo è fondamentale per garantire non solo la competitività e so- stenibilità del business nel lungo termine, ma anche la stabilità/crescita economico-finanzia- ria dei paesi e il contenimento del rischio sistematico (teorico).

Incentrandoci sulla motivazione teorica, la prima parte di essa si traduce nel fatto che l’oggetto qui solitamente indagato è l’effetto della qualità della corporate governance sulle performance d’impresa, mentre la validità della seconda ci viene data sia dalle economie in via di sviluppo che dal liberismo.

È storicamente comprovato che la capacità di un Paese d’ottenere una sostenibile prosperità per un lungo periodo di tempo dipenda innanzitutto dalle decisioni d’investimento delle risorse da parte delle imprese, le quali devono dunque puntare a produttività, innovazione e sviluppo eco- nomico (Lekaram, 2014);316 tuttavia, ciò è possibile solamente se vi è un sistema di corporate governance responsabile, creativo e innovativo (specie il board), altrimenti non è possibile che all’interno di un Paese si vengano a formare adeguate opportunità di lavoro, con annesso crollo degli investimenti e (di conseguenza) degli affari.

In sostanza, senza una corretta corporate governance le imprese non prosperano e in assenza di queste non vi è crescita e sviluppo, il che porta a concludere come per governo d’impresa non si intenda solamente il corporate management, ma bensì l’insieme di strumenti, regole, sistemi e meccanismi che – nel rispetto dei criteri di efficienza ed efficacia – servono a garantire il perseguimento delle finalità d’impresa (e per esteso degli stakeholders)317 tramite la posizione

in essere di un corretto processo decisionale.

Ciò dunque spiega perché tale argomento sia necessariamente oggetto di studio, sollevando però al contempo molteplici criticità, poiché essendo in poche parole il “cervello dell’impresa”, allora si ha che questo è:

 un aspetto intangibile, al di là delle procedure scritte di normativa interna alla stessa;  influenzato direttamente dalle scelte strategiche, tanto quanto ne è fonte.

La corporate governance è dunque un tema estremamente delicato per l’impresa, poiché la divulgazione delle relative informazioni può tradursi in un danno critico alla capacità competi- tiva (in parole povere: i concorrenti sapranno come ragioni), ma ciò non giustifica comunque

316 Lekaram, V. (2014), “The relationship of corporate governance and financial performance of manufacturing

firms listed in the Nairobi securities exchange”, International Journal of Business and Commerce, 3, pp. 30-57.

317 Il successo dell’impresa è propedeutico al pagamento dei fornitori di capitale, intesi secondo la definizione

l’assenza di disclosure; nel mercato dei capitali le imprese competono tra loro rispetto alle con- dizioni di finanziamento ma tanto per gli azionisti, quanto per gli investitori in generale, è fon- damentale avere informazioni su di esse, ivi incluse quelle sulla corporate governance, poiché dato il ruolo risvolto essa è de facto intravedibile come un fattore di equity risk (specialmente nell’ambito delle economie in via di sviluppo).318

Tale criticità trova poi conferma sia nella letteratura che a livello storico.

Partendo dalla prima, articoli come quelli di Rouf, Hasan e Ahmed (2014)319 o Amba (2014),320

hanno dimostrato l’esistenza di un legame positivo con le prestazioni finanziarie, indagando non solo sul tema della disclosure (specialmente quella volontaria), ma anche rispetto a:  composizione qualitativa e dimensioni del board (esecutivi, non esecutivi, indipendenti, pre-

senza femminile e etnica, CEO duality321 ecc);  remunerazione;

 presenza di organi di controllo (auditing ecc);  concentrazione della struttura proprietaria;  dimensioni dell’impresa e paese;

confermando quanto generalmente emerso in Yermack (1996),322 Beiner, Drobetz, Schim e

Zimmerman (2005),323 Brown and Caylor (2006)324 Core, Guay and Rusticus (2006),325 Kar- poff, Lee e Martin (2008),326 e Bebchuck, Cohen and Ferrell (2009).327

Per quanto riguarda invece il tema della disclosure, è necessario considerare in primis le teorie relative alla corporate governance e in particolar modo l’agency theory; formalizzata da Jensen e Meckling nel 1976, considera le imprese in cui vi è la scissione tra proprietà e management e che per questo danno vita alla c.d. agency relationship che è da loro definita come:

318 Abdo, A. e G. Fisher (2007), “The impact of reported corporate governance disclosure on the financial perfor-

mance of companies listed on the JSE”, Investment Analysts Journal, 66, pp. 43-56.

319 Rouf, M.A., Hasan, M.S. e A.A. Ahmed (2014), “Financial Reporting Practices in the Textile Manufacturing

Sectors of Bangladesh”, ABC Journal of Advanced Research, 3, pp. 57-67.

320 Amba, S.M. (2014), “Corporate governance and firms' financial performance”, Journal of Academic and Busi- ness Ethics, 8, pp. 1-11.

321 È il caso in cui una persona è contemporaneamente CEO e presidente del C.d.A. della medesima impresa. 322 Yermack, D. (1996), “Higher market valuation of companies with a small board of directors”, Journal of Fi- nancial Economics, 40, pp. 185-211.

323 Beiner, S., Drobetz, W., Schmid, M. e H. Zimmermann (2006), “An Integrated Framework of Corporate Go-

vernance and Firm Valuation”, European Financial Management, 12, pp. 249-283.

324 Gli autori hanno creato un composite Gov-score che tiene conto sia della dimensione interna che esterna della governance; Brown, L.D. e M.L. Caylor (2006), “Corporate Governance and Firm Valuation”, Journal of Accoun- ting and Public Policy, 25, pp. 409–434.

325 In questo articolo è stato studiato l’effetto che ha la forza del diritto degli azionisti sulle prestazioni; Core, J.E.,

Guay, W.R. e T.O. Rusticus (2006), “Does Weak Governance Cause Weak Stock Returns? An Examination of Firm Operating Performance and Investors' Expectations”, The Journal of Finance, 61, pp. 655-687.

326 L’articolo ha dato evidenza dell’impatto negativo dell’alterazione dei documenti di bilancio; Karpoff, J.M.,

Scott, L.D. e G.S. Martin (2008), “The Cost to Firms of Cooking the Books”, Journal of Financial and Quantita-

tive Analysis, 43, pp. 581-612.

327 I risultati della ricerca derivano dalla creazione di un entrenchment index sull’agire degli azionisti rispetto

quattro diverse misure (più due) d’influenza sulla governance, dimostrando che più alto è questo indice, peggiore è la valutazione dell’impresa; Bebchuk, L.A., Cohen, A. e A. Ferrell (2009), “What Matters in Corporate Gover- nance?”, Review of Financial Studies, 22, pp. 783-827.

a contract under which one or more persons (the principal(s)) engage another person (the agent) to perform some service on their behalf whichinvolves delegating some decision making authority to the agent.328

Ebbene un tale contesto può generare delle criticità note come “problemi di agenzia”, poiché se si assume che tanto il management quanto i proprietari puntino a massimizzare la propria utilità, allora è legittimo ritenere che il primo non agirà sempre nel miglior interesse del se- condo, ponendo per questo in essere delle politiche aziendali (o delle strategie) volte a perse- guire finalità estranee a quelle d’impresa; qualora ciò si verificasse sarebbe fonte di un duplice costo perché oltre a ciò, si aggiungerebbero le spese per il controllo del management.

Tuttavia, tralasciando il tema delle misure d’incentivo ponibili in essere per contrastare tale minaccia, ciò è importante ai presenti fini perché Core, Holthausen e Lacker (1999)329 hanno dato prova dell’esistenza di una relazione diretta tra la debolezza della struttura di corporate governance e i problemi d’agenzia, con conseguenti effetti negativi in termini di prestazioni, remunerazioni dei vertici ecc.

Per quanto invece concerne la c.d. disclosure volontaria, i suoi effetti non dipendono solamente dal Paese o dal settore, ma anche dalla tipologia di informazione divulgata che può essere stra- tegica, finanziaria o non finanziaria (Meek, Roberts e Gray, 1995),330 nonché dalla qualità dei

documenti prodotti (argomento, tempistiche e contenuto).331

Passando invece alla prova storica, è la stessa Crisi del 2008 a dare chiara conferma di quanto riportato finora, poiché una delle sue cause scatenanti è stata la crisi del sistema di corporate governance di imprese quali J.P. Morgan, Bear Steers, Fannie Mae and Freddie Mac, and Ame- rican Insurance Group (AIG).

Passando però ora all’analisi del rapporto corporate governance-ESG, anche questo è oggetto di particolari attenzioni, poiché la corretta implementazione delle politiche di sostenibilità ri- chiede un sistema di governo societario a ciò predisposto, una necessità riconosciuta:

- in letteratura, data la dimostrazione dell’esistenza di una correlazione positiva tra qualità della governance e CSR, attraverso la valutazione di aspetti come l’indipendenza del C.d.A., la presenza di investitori istituzionali o di amministratori esterni indipendenti, ovvero le po- litiche di remunerazione;

- dall’Unione Europea.

328 Fonte: Jensen, M.C. e W.H. Meckling (1976), “Theory of the Firm: Managerial Behavior, Agency Costs and

Ownership Structure”, Journal of Financial Economics, 3, pp. 305-360.

329 Core, J.E., Holthausen, R.W. e D.F. Larcker (1999), “Corporate governance, chief executive officer compen-

sation, and firm performance”, Journal of Financial Economics, 51, pp. 371–406.

330 Meek, G.K., Roberts, C.B. e S.J. Gray (1995), “Factors Influencing Voluntary Annual Report Disclosures by

U.S., U.K. and Continental European Multinational Corporations”, Journal of International Business Studies, 26, pp. 555-572.

331 I documenti qui consultati sono quasi tutti incentrati su un determinato Paese o settore; questo – per ammissione

stessa dei ricercatori – rappresenta un limite da tenere a mente nell’interpretazione dei risultati, insieme al range temporale considerato, ai metodi utilizzati e alla fonte dei dati.

Quest’ultimo è avvenuto concretamente col Commission action plan on financing sustainable growth (marzo 2018 – vedasi Capitolo 4),332 poiché vi sono due azioni rilevanti per l’argomento in esame; la prima è l’Action 9 sulla comunicazione in materia di sostenibilità e la contabilità, evidenzia l’importanza della disclosure non finanziaria (temi ESG) per la creazione di valore nel lungo termine – da parte delle imprese – anche se vi è la necessità di trovare un giusto equilibrio tra flessibilità e standardizzazione della stessa.

La seconda – invece – è l’Action 10 per la promozione di un governo societario sostenibile e l’attenuazione della visione di breve termine nel contesto dei mercati finanziari, la quale evi- denzia chiaramente il ruolo guida della corporate governance per l’adozione degli atti necessari a garantire la sostenibilità del business d’impresa sostenibile, il che però è minacciato dall’even- tuale presenza di una visione shorteristica degli investimenti finanziari stessi, visto che quest’ul- tima non consente di avere una corretta comprensione dei rischi ambientali e sociali.

Ciò ci riconduce dunque al tema del rapporto con gli stakeholders e alle loro attese/pretese legittime nei confronti dell’impresa, le quali possono riguardare anche le politiche di sostenibi- lità; se vi è una corretta comunicazione, allora è possibile che tali pressioni possano attenuarsi, fermo però restando che tali esigenze siano state correttamente individuate, analizzate e com- prese; tale passaggio potrebbe avvenire con la predisposizione di un questionario ad hoc, i cui risultati vanno però poi valutati sulla base di quanto finora affermato, cioè tenendo conto della rilevanza degli stakeholders e della fattibilità delle operazioni necessarie per soddisfare le attese che hanno manifestato, il che porta a chiedersi: ma quali sono i portatori d’interesse potenzial- mente rilevanti nel contesto delle politiche ESG?

In linea di massima – vista la necessaria contestualizzazione in sede operativa (tipologia d’im- presa, localizzazione) – vanno considerati:

 dipendenti

L’esistenza di una correlazione positiva tra HR management e le prestazioni finanziarie d’im- presa ha forti conferme in letteratura, con le ricerche in materia che dimostrano l’esistenza di tale relazione in forza di fattori come il livello di skills dei dipendenti, il loro livello motivazio- nale e supporto all’attività d’impresa,333 l’impegno dell’alta direzione ecc.

Ciò spiegherebbe altresì perché le imprese che attuano politiche di CSR risultino maggiormente capaci di attirare personale formato e di talento, tant’è che tra i sostenitori della Responsabilità Sociale d’Impresa vi è chi afferma che in queste si possa ravvisare una contrazione dei costi del personale, data la maggior probabilità di aver dei dipendenti disposti a percepire un minor sti- pendio qualora l’approccio CSR adottato risultasse attrattivo (Vogel (2005) – p. 56).

332 COM/2018/097 final, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio, alla Banca Centrale Europea, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni – Piano d'azione per finanziare la crescita sostenibile.

333 I programmi di formazione del personale e i fattori di natura motivazionale sono positivamente correlati con la corporate governance.

Fonte: Tampu, D.L. (2015), “Human motivation and corporate governance”, Copernican Journal of Finance &

 consumatori

L’influenza dei clienti si può manifestare in molteplici modi, a decorrere dalle loro preferenze di acquisto dato che tra le variabili da loro considerate per la scelta di un prodotto/servizio vi potrebbero essere anche le politiche di sostenibilità adottate dall’impresa, il che ci riconduce al tema delle strategie di business visto che i clienti non sono un blocco univariato di soggetti, ma bensì un insieme di cluster omogenei al loro interno (c.d. segmenti); ciò mi porta altresì a do- mandarmi quale sarà la futura evoluzione – per esempio – delle strategie di differenziazione che fanno leva sulla sostenibilità.

Attenzione però: le variabili decisionali sono forse considerabili l’esisto finale, ovvero la ma- nifestazione più evidente di come i consumatori possono influenzare l’impresa; il loro influsso può infatti manifestarsi anche tramite azioni (nel mondo reale e/o virtuale) come boicottaggio, buycotts,334 contatti diretti all’impresa o campagne contro di essa, impattando dunque sulla sua immagine/reputazione.

 fornitori;

 comunità locale.