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Contro i nemici esterni: principes e re uniti in guerra

Nel documento Modelli di regalità nell'età di Ottone I (pagine 134-137)

III. Regalità negoziata: il consenso dei principes e la mediazione dei vesco

III.2 Principes a favore

III.2.2 Contro i nemici esterni: principes e re uniti in guerra

La seconda funzione che i principes assumono nell’esempio di Triadico viene ripresa e approfondita in rapporto a figure storiche, Enrico I e suo figlio Ottone, nello specifico, solo da Widukindo. I due esempi principali in cui i due re interpellano direttamente il populus, esplicitamente composto dai principes in questi casi, riguardano le due grandi vittorie di Enrico prima e di Ottone poi, contro gli Ungari.

Dopo aver sconfitto gli slavi Enrico intende muovere guerra contro gli Ungari e per far ciò, prima di far ciò, convocato omni populo, pronuncia un discorso con il quale, dopo aver ricordato che, con l’aiuto di Dio69, erano riusciti a sottomettere gli slavi, chiede al popolo se doveva continuare a dare i soldi della chiesa agli Ungari come tributo, oppure se li doveva usare per glorificare Dio70. Chiede al popolo, ossia propone alla sua deliberazione – consulite vobis ipsis – la questione e dal popolo si attende una electio, una scelta formale. Il popolo delibera in favore dello scontro armato e, promettendo il proprio aiuto militare,

dextris in caelum elevatis, stringe un patto con il re71. L’espressione dextris in caelum

elevatis ricorre sia nell’elevazione al trono di Enrico, sia anche nell’incoronazione di Ottone

68 Cfr. supra, cap. II.1.5.

69 L’analisi che riguarda l’intervento divino nell’episodio e nel discorso di Enrico l’abbiamo condotta in precedenza: cfr. supra, paragrago II.1.3.1.

70 WIDUKINDIRes Gestae Saxonicae, lib. I, cap. 38: « Rex autem cum iam militem haberet equestri prelio probatum, contra antiquos hostes, videlicet Ungarios, presumpsit inire certamen. Et convocato omni populo tali oratione eos est affatus: "Olim ex omni parte confusum a quantis periculis imperium vestrum modo sit liberum, vos ipsi melius nostis, qui civilibus discordiis et externis bellis totiens attriti laborabatis. At nunc propitia nobis summa divinitate, nostro labore, vestra virtute pacatum collectumque cernitis, barbaros superatos et servituti subiectos. Quod superest, necesse habemus, ut contra communes hostes Avares pariter consurgamus. Vos hucusque, filios filiasque vestras expoliavi et aerarium eorum replevi; nunc templa templorumque ministros ut expoliem cogor, absque nudis corporibus nulla nobis alia remanente pecunia. Consulite igitur vobis ipsis, et quid super hac re nobis sit faciendum, eligite. Thesaurum divinis officiis sanctificatum tollamne et dabo pro nostra redemptione Dei inimicis? an certe addam cultui divino pecunia honorem, ut ab ipso potius redimamur, qui vere noster extat creator pariter et redemptor?"».

71 Ibidem: « Ad haec populus levavit voces in caelum, inquiens se a Deo vivo et vero redimi omnimodis desiderare, quia fidelis et iustus sit in omnibus viis suis et sanctus in omnibus operibus suis. Operam suam deinde promittens regi contra gentem acerrimam, dextris in caelum elevatis pactum firmavit».

I72 e rappresenta in modo palese il gesto collettivo che esprime l’adesione piena a una proposta dell’esercito in armi e, qui, per palese traslato, dell’omni populo che finiscono in tal modo per coincidere. Anche nella descrizione che Liutprando offre dell’episodio, la battaglia di Merseburg è preceduta dal discorso di Enrico, in quel caso però esplicitamente riferito solo all’esercito73: la profonda differenza nell’atteggiamento dei due autori emerge qui con grande chiarezza: per Widukindo l’esercito è il popolo in armi, un soggetto politico in grado di consulere e di eligere. Per Liutprando invece, è solo l’esercito del re.

Questa capacità di azione politica del popolo è descritta da Widukindo come un elemento concreto nella dinamica delle scelte interne al regno. Può anche non risolversi nell’acclamazione delle decisione del re, può osteggiarle, cambiarle, contravvenirle. Nel capitolo 70 del III libro Widukindo trascrive la lettera che Ottone I indirizzò ai duchi Ermanno e Tiadrico, datata Capua 18 gennaio 968. Dalla Campania il re riferisce delle trattative con l’imperatore bizantino per il controllo dell’Italia meridionale ed esprime la volontà di organizzare nell’estate seguente una spedizione militare per distruggere i Saraceni di Frassineto, oltre a riferire dell’incoronazione a coimperatore del figlio Ottone, celebrata nel Natale appena trascorso (967) dal papa a Roma. Nella stessa lettera, infine, l’imperatore ordina a Ermanno di continuare a oltranza, fino alla distruzione dei nemici, la guerra contro gli slavi Redarii74. L’ordine di Ottone non trova un riscontro immediato: i

principes e la frequens plebs si riuniscono nel conventus populi in una località detta Werla,

dove pongono in discussione l’ordine dell’imperatore, e, infine, decidono di non rompere la pace che nel frattempo avevano raggiunto con i Redarii, dato che contemporaneamente erano impegnati in una guerra contro i Danesi e valutano non esserci forze sufficienti per sostenere entrambi i fronti di scontro75. La decisione del conventus populi, dei principes e della plebs riuniti insieme con funzione deliberativa, contravviene così, attraverso una precisa procedura assembleare, a un esplicito ordine del re. Tale decisione non viene presentata né recepita come un segno di rivolta: principes e plebs insieme non agiscono

72 WIDUKINDIRes Gestae Saxonicae, rispettivamemente lib. I cap. 26 e lib. II cap. 1. 73 LIUTPRANDIAntapodosis, lib. II, cap. 27.

74 WIDUKINDIRes Gestae Saxonicae, lib. III, cap. 70.

75 Ibidem: «His litteris lectis in conventu populi in loco qui dicitur Werla coram principibus et frequentia plebis, visum est pacem iam datam Redariis oportere stare, eo quod tunc bellum adversum Danos urgeret, et quia copiae minus sufficerent ad duo bella pariter conficienda».

“contro” il re, ma esercitano la loro capacità decisionale e appaiono così quali veri collaboratori, dotati di un’autonomia decisionale che si esprime collegialmente.

Una rappresentazione concreta, al di là delle definizioni di matrice istituzionale – e di tradizione romana – che Widukindo usa per definire il populus e i principes si trova nell’attacco narrativo della battaglia del Lechfeld (in Baviera, 10 agosto 955). Appena sedata la seconda rivolta antiottoniana che agitò il regno fra il 951 e il 954, i messi degli Ungari si recano in Sassonia «ob antiquam fidem ac gratiam eum (scil. Ottone) visitantes; re autem vera, ut quibusdam videbatur, eventum belli civilis considerantes»76; immediatamente dopo una banda di Ungari inizia a devastare la Baviera. Ottone allora si precipita ad Augusta dove riesce a raccogliere un imponente esercito: i Sassoni sono pochi, perché la maggior parte di loro era già impegnata nella spedizione contro gli slavi, ma in compenso vi si trovano molti Bavaresi, Lorenesi, Svevi e Boemi. La descrizione dettagliata delle componenti dell’esercito e dei loro comandanti77 ci mostra otto legioni: tre di bavaresi guidati da Enrico, una di lotaringi con a capo Corrado, due di svevi al seguito di Burcardo, una di sassoni guidati dallo stesso Ottone e infine una di Boemi, addetta alla retroguardia. La quinta legione nell’elenco, quella sassone, porta come insegna l’angelo che compare anche nella grande vittoria di Enrico I contro gli Ungari, la battaglia di Merseburg: «In quinta, quae erat maxima, quae et dicebatur regia, ipse princeps vallatus lectis ex omnibus militum milibus alacrique iuventute, coramque eo angelus, penes quem victoria, denso agmine circumseptus»78.

È importante la stretta correlazione che il testo stabilisce fra la fine della rivolta anti- ottoniana e la possibilità per il re di raccogliere un esercito ampio: e non è una correlazione rilevata dal solo Widukindo. Anche nell’opera di Rotgerio, infatti, la fine delle guerre civili è narrata in stretta correlazione con la battaglia di Lechfeld79. Ma è soprattutto importante ai nostri fini rilevare come la composizione dell’esercito e i suoi raggruppamenti interni, le classicheggianti legioni di Widukindo, illustrino un populus organizzato e definito su base territoriale – non etnica, attenzione – al seguito dei propri duces, i nostri principes, capi militari e, insieme, vertici politici di quelle popolazioni e di quelle terre.

76 WIDUKINDIRes Gestae Saxonicae, lib. III, cap. 44. 77Ibidem.

78Ibidem.

Nel documento Modelli di regalità nell'età di Ottone I (pagine 134-137)