III. Regalità negoziata: il consenso dei principes e la mediazione dei vesco
III.2 Principes a favore
III.2.1 Re e principes: l’exemplum di Tiadrico
Nella Storia dei Sassoni il racconto della guerra fra Franchi e Turingi occupa una parte preponderante dei capitoli riguardanti le “origini” dei Sassoni: racconto non certamente storico, al pari degli altri episodi narrati in queste origini “mitiche”, ma fondato su materiali letterari tratti probabilmente delle saghe germaniche57. A nostro avviso questo racconto può essere visto come una sorta di exemplum che permette di capire il modo in cui Widukindo concepisce e vuole mostrare il ruolo dei principes in rapporto al re. Un modello che risulta esemplare proprio perché proietta su un passato “mitico” equilibri di potere contemporanei a Widukindo, o per meglio dire quei rapporti di forza che Widukindo auspicava fossero rispettati e praticati dai suoi contemporanei. Nel racconto i principes sono raffigurati come un soggetto politico indipendente dal re e dotato di una propria capacità decisionale, che si esprime sia in rapporto all’elevazione al trono di Tiadrico, re dei Franchi, sia nelle decisioni collegiali riguardanti l’inizio e la conduzione della guerra fra Tiadrico e Irminfrido, re dei Turingi.
Si vengono quindi a delineare nel racconto due funzioni, peculiari e tra loro interconnesse, dei principes. Innanzitutto essi costituiscono la base stessa della regalità perché nella loro veste di corpo collettivo, cioè il populus Francorum, operano la scelta del re e la sua investitura tramite il rito dell’unzione. E, in seconda battuta, rappresentano l’imprescindibile interlocutore politico del re nel processo decisionale riguardante quella fondamentale sfera della vita di un regno – certamente non solo nell’alto medioevo – che è costituita dall’attività militare.
E ora veniamo al testo. Widukindo racconta che quando muore il re dei Franchi Huga, mitica trasposizione di Clodoveo, lascia come unica erede al regno sua figlia Amalberga, sposa di Irminfrido. Ma il populus Francorum, che era stato trattato in maniera umana e clemente dal proprio senior, cioè Huga, per mostrarsi grato di tale comportamento «filium quem (scil. Huga) ex concubina genuit nomine Thiadricum ungunt sibi in regem. Thiadricus autem designatus rex mittere curavit legationem ad Irminfridum pro pace atque
57 Sulle fonti letterarie del racconto cfr. M. GIESE, Einleitung, in Annales Quedlinburgenses, cit., pp. 101- 121.
concordia»58. L’inviato di Tiadrico esprime tutta l’amicizia del suo signore verso Irminfrido e gli chiede solo di non portare discordia nell’armonia del populus Francorum che «ipsum (scil. Tiadrico) sibi regem sequuntur constitutum»59.
Il populus Francorum è espressione che in Widukindo indica l’assemblea del regno in cui sedevano i grandi, come avremo modo di mostrare fra poco nell’analisi dell’incoronazione di Ottone I60. Sono quindi i principes che con decisione collegiale designano, consacrano e costituiscono re Tiadrico, sono loro a fornirgli la legittimità che gli manca visto che è figlio di una concubina, cioè nato fuori da un matrimonio ufficiale 61. Inoltre, bisogna notare l’eccezionalità del fatto che sia il populus Francorum, cioè i
principes, a somministrare l’unzione al re e non i vescovi di cui non si fa alcuna menzione.
Che sia il primo tentativo, da parte di Widukindo, di diminuire l’importanza dell’episcopato nella creazione del re che abbiamo già visto operare nell’elevazione al trono di Enrico e ritroveremo nell’incoronazione di suo figlio, Ottone I?
Ma torniamo al racconto. Irminfrido prende tempo. Risponde all’inviato franco che è d’accordo con la decisione del populus Francorum e ha bisogno sopra ogni cosa della pace, solo che «super negotio vero regni responsionem suam in amicorum presentiam velle differre»62. Ma chi sono questi amici il cui consiglio evidentemente è molto importante per il re? La loro composizione ci viene svelata poco dopo quando Widukindo racconta che, «convocatis principibus et necessariis amicis», Irminfrido riporta loro le parole dell’inviato. Ed essi consigliano unanimiter al re di rimanere in pace perché non avrebbe potuto reggere
58 WIDUKINDI Res Gestae Saxonicae, lib. I, cap. 9: «Post haec moritur Huga rex Francorum, nullumque alium heredem regni relinquens preter unicam filiam nomine Amalbergam, quae nupserat Irminfrido regi Thuringorum. Populus autem Francorum a seniore suo humane clementerque tractatus, pro gratiarum actione rependenda filium quem ex concubina genuit nomine Thiadricum ungunt sibi in regem. Thiadricus autem designatus rex mittere curavit legationem ad Irminfridum pro pace atque concordia».
59 Ibidem: «Et ingressus legatus ad Irminfridum: "Mortalium", inquit, "optimus maximus, dominus meus Thiadricus misit me ad te, exoptans te bene valere et lato magnoque diu imperio vigere, seque tibi non dominum, sed amicum, non imperatorem, sed propinquum, propinquitatisque iura inviolabiliter tibi finetenus velle servare demandat; tantum ut a populi Francorum concordia non discordes, rogat: ipsum namque sibi regem sequuntur constitutum"».
60 Cfr. infra, paragrafo III.2.3. 61 Cfr. infra cap. IV.3.
62 WIDUKINDI Res Gestae Saxonicae, lib. I, cap. 9: «Ad haec Irminfridus, iuxta quod regalem decuit dignitatem, clementer legato respondit placita sibi placere populi Francorum, ab eorum concordia non discordare, pace omnimodis indigere; super negotio vero regni responsionem suam in amicorum presentiam velle differre».
la pressione militare dei Franchi, in particolar modo se fosse stato attaccato anche su un altro fronte da un potente nemico63.
Anche fra i Turingi, quindi, i principes sono parte integrante del processo decisionale del re; anzi si direbbe che Widukindo voglia sottolineare che il re non può prendere decisioni di grande importanza per il regno se prima non ha sentito il parere dei grandi.
Ma questo parere non è strettamente vincolante e l’ultima istanza riposa comunque nelle mani del re. Irminfrido, infatti, convinto da Iring che non deve cedere ai Franchi visto che per vastità del regno e numero di soldati e di armi c’è poca differenza fra lui e Tiadrico, rifiuta di riconoscere quest’ultimo come legittimo re dei Franchi e, quindi, contraddice in pieno il consiglio dei principes64.
Questa decisione non può che portare alla guerra. La prima battaglia rimane in bilico per due giorni, ma al terzo la vittoria arride ai Franchi. A questo punto Tiadrico «congregatis ducibus ac militum principibus exercitus sui, rogat sententiam, utrumnam censerent Irminfridum persequendum, an patriam remeandum». Waldrico, che parla a nome dell’intero consesso dei principes, esorta il re a seppellire i morti, curare i malati e a tornare in patria per raccogliere un esercito più grande perché è convinto che con tutte le perdite subite i Franchi non abbiano la forza sufficiente per vincere la guerra65. Ma dopo il portavoce dei principes viene chiesta l’opinione di un servo di Tiadrico dotato di grande ingegno, che spesso aveva dato buoni consigli al suo signore, ed egli convince con un discorso veemente il re e tutti gli astanti a non ritirarsi e rinunciare così a una vittoria probabile, bensì di perseverare nella guerra iniziata e conclude ricordando che «indecorum est victoribus victis vincendi locum dare»66.
63 Ibidem: «Convocatis principibus et necessariis amicis Irminfridus verba legati in presentiam eorum contulit. At illi unanimiter suadebant quae pacis atque concordiae sunt eum sentire, quia inpetus Francorum ferre non posset, maxime qui acrioribus hostium armis ex alia parte premeretur».
64Ibidem: «Iring vero (...) suasit Irminfrido Francis cedere non debere, super negotio regni iustiorem causam se habere, latum preterea imperium, militum manus et arma ceterasque belli copias sibi ac Thiadrico parum procedere».
65 Ibidem: «Thiadricus autem congregatis ducibus ac militum principibus exercitus sui, rogat sententiam, utrumnam censerent Irminfridum persequendum, an patriam remeandum. Inter quos Waldricus consultus: "Censeo", inquit, "causa caesos sepeliendi, vulneratos curandi, maiorem exercitum congregandi patriam remeandum; neque enim arbitror multis milibus tuorum amissis sufficere nos posse ad peragendum presens bellum. Si enim barbarae nationes innumerae in nos consurgant, multis nostrorum debilitatis, per quos vincis?"».
66Ibidem: «Erat autem Thiadrico servus satis ingeniosus, cuius consilium expertus est saepius probum, eique propterea quadam familiaritate coniunctus. Hic rogatus sententiam dare: “(...) Nunc terra in nostra est
Ancora una volta i principes vengono interpellati nel momento in cui si deve prendere una decisione cruciale di natura militare. Sia nel primo caso che nel secondo il loro parere non ha la meglio. Ma non ha importanza che i principes dei Turingi avessero preso la posizione giusta - col senno di poi, ovviamente - mentre i grandi dei Franchi si erano mostrati troppo poco intraprendenti, salvo farsi coinvolgere dalle entusiasmanti parole del servo. Ciò che conta è che in entrambi i casi Widukindo ci mostra Irminfrido e Tiadrico mentre coinvolgono i principes nel processo decisionale e, inoltre, che i grandi esprimono posizioni, giuste o sbagliate che siano, indipendenti rispetto alle scelte prese dai due re.
D’altronde i principes dimostrano poco più avanti tutta la loro capacità di influenzare il re.
I Sassoni, che su invito di Tiadrico erano intervenuti al fianco dei Franchi, avevano inflitto una pesante sconfitta ai Turingi facendo così avverare le paure espresse a suo tempo dai loro principes. A questo punto, però, Iring viene mandato da Tiadrico per chiedere di far pace e offrire la spontanea deditione di Irminfrido. E i principes dei Franchi, corrotti dall’oro del nemico, perorano al causa dei Turingi affermando «decens foret clementiae regali, quo talem supplicationem non sperneret, communium quoque naturae rerum non oblivisceretur, utiliusque esse eum in fide suscipere, quem iam superatum haberet tamque contritum, ut numquam se contra eum possit levare, quam illud genus hominum indomabile et ad omnem laborem perdurabile, a quo nichil expectaret Francorum imperium nisi solum periculum»67. Le argomentazioni qui addotte, pur essendo smaccatamente antisassoni, mettono in evidenza il timore dei principes franchi nei confronti della forza militare dei Sassoni e quindi finiscono per essere elogiative nei confronti di questi ultimi.
Per una volta i principes riescono così a imporre il proprio parere, convincendo Tiadrico ad abbandonare l’alleanza con i Sassoni e a stipulare una pace separata con
potestate, et discessione nostra victis occasionem vincendi prestabimus? (...) Indecorum est victoribus victis vincendi locum dare”».
67Ibidem: «Mittitur igitur Iring ab Irminfrido cum supplici legatione et omnibus suis thesauris ad Thiadricum pro pace ac spontanea deditione. Et accedens Iring: "Haec", ait, "misit tibi quondam tuus propinquus, modo servus, ut, si non sui miserearis, miserae saltem tuae sororis miserearis, nepotum quoque tuorum in ultima necessitate constitutorum". Dum haec lacrimans dixisset, interpellatio principum auro corruptorum adiecit, quia decens foret clementiae regali, quo talem supplicationem non sperneret, communium quoque naturae rerum non oblivisceretur, utiliusque esse eum in fide suscipere, quem iam superatum haberet tamque contritum, ut numquam se contra eum possit levare, quam illud genus hominum indomabile et ad omnem laborem perdurabile, a quo nichil expectaret Francorum imperium nisi solum periculum. In peracto quoque bello considerare posset, quam duri et insuperabiles existerent Saxones, ideoque melius esse, ut susceptis Thuringis pariter eos eicerent de finibus suis».
Irminfrido. Anche se poi questa si rivela ancora una volta la scelta sbagliata visto che i Sassoni, grazie al dux Hatagat, riescono ad avere la meglio sui Turingi e a far rispettare i patti ai Franchi, come abbiamo visto nel capitolo precedente68.