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L’ordine di genitura e il momento della nascita

Nel documento Modelli di regalità nell'età di Ottone I (pagine 190-194)

IV. Dinastizzazione della carica regia

IV.2 La descrizione dei figl

IV.2.3 L’ordine di genitura e il momento della nascita

Non in tutte le nostre fonti, come abbiamo visto, l’ereditarietà della carica regia, cioè la successione di padre in figlio alla corona, è presente nella costruzione della legittimità della regalità ottoniana. Per Liutprando, Adalberto e Ruotgerio, cioè in quegli autori dove manca o è molto labile la rappresentazione dinastica della famiglia ottoniana, sono altre le vie della legittimazione: essa passa unicamente per l’electio divina o per il rapporto con i

70 CANTARELLAIl papa e il sovrano cit., pp. 26-28.

71 CANTARELLA, Principi e corti cit., pp. 33-37 e anche CANTARELLA Il pallottoliere della regalità cit., pp. 1-10. Nella descrizione di Ottone queste qualità potrebbero essere state sostituite dalla moles corporis, che mostra tutta la sua dignità regia, e dagli occhi rutilanti, che come lampi emettono un proprio splendore.

principes. In Widukindo, invece, l’ereditarietà ha una funzione importante al fianco degli

altri due princìpi, come dimostrano i numerosi quadri di famiglia, che abbiamo appena analizzato, e le successioni al trono di Germania che vedremo più avanti. Invece, Rosvita e l’autrice della Vita antiquior, rappresentando con decisione la discendenza degli Ottoni come una dinastia, affidano un ruolo assolutamente centrale all’ereditarietà della carica regia nel processo di costruzione della regalità di Ottone I.

Ma una volta affermato il principio che al padre deve succedere un figlio, rimane comunque aperto il problema di stabilire una gerarchia fra i figli a cui sono riconosciuti i requisiti per governare. In questo caso la primogenitura può diventare un elemento di rilievo, se non il principale per dirimere la questione.

Ma, ovviamente, solo se è un principio utile alle finalità dell’autore. Nel caso di Enrico I, che primogenito non era72, assistiamo a strategie di rappresentazione diverse da parte dei nostri autori. Liutprando e Ruotgerio decidono di non parlarci né dei genitori né dei fratelli di Enrico ed evidentemente non si pongono, nei riguardi di quest’ultimo, il problema della sua primogenitura. Così come non se lo pone Adalberto che quando ci racconta dell’elevazione al trono di Enrico introduce quest’ultimo semplicemente come dux

Saxonum e filius Ottonis, a sua volta ricordato come dux Saxonum nella registrazione della

sua morte nell’anno 91273. Ma queste, si è detto, sono le narrazioni nelle quali la successione dinastica non ha alcun rilievo.

Rosvita, invece, apre la sua opera ricordando che Enrico era «filius Oddonis magni ducis et venerandi»74 ma, presentandolo già come re, sceglie di non parlarci né della sua successione al ducato di Sassonia, né della sua elevazione al trono e in questo modo evita anche lei di affrontare il problema dell’ordine di genitura di Enrico.

Nella Storia dei Sassoni, al contrario, si racconta che «patre patriae et magno duce Oddone defuncto, illustri et magnifico filio Heinrico totius Saxoniae [ipse] reliquit ducatum. Cum autem ei essent et alii filii, Thancmarus et Liudulfus, ante patrem suum obierunt». Widukindo non affronta direttamente il problema, non descrive in maniera chiara l’ordine di genitura dei figli del duca Ottone, ma lascia intendere che Enrico non era certo il

72 GLOCKER, Die Verwandten der Ottonen cit. 263.

73 ADALBERTIContinuatio, rispettivamente anno 919, p. 156 e anno 912, p. 155. 74 HROTSVITHAEGesta Ottonis, p. 276, v. 6.

primogenito se è succeduto al padre solo perché gli altri due fratelli, Tancmaro e Liudolfo, erano morti in precedenza.

Nella Vita Mathildis il problema è posto in maniera più diretta: il duca Ottone e sua moglie Hadwig generarono alcune figlie e tre figli «sed divina providentia ad bonum dirigens cuncta, quae disponit, horum unum nomine Heinricum maiori sustulit excellentia, qui, quamvis etate minimus, morum tamen probitate inter ceteros primus enituit». L’autrice sceglie di mettere in evidenza il fatto che Enrico non era il primogenito, ma usa due artifici per esaltare la sua figura su quella dei fratelli: uno retorico, esprimendo solo il suo nome e tacendo invece quello dei fratelli e delle sorelle; l’altro di contenuto, costituito dall’intervento della divina provvidenza che insieme alle qualità personali di Enrico ribalta l’ordine di genitura e lo rende, nonostante sia il minore di età, primus inter ceteros, cioè il primo fra tutti gli altri fratelli.

Vi è invece grande compattezza, da parte dei nostri autori, nel ricordare la primogenitura di Ottone I, elemento storico inoppugnabile75, ma che non è scontato debba essere sottolineato con tale costanza da quasi tutte le fonti76. Si va dall’Ottone che primus rifulse fra i figli di Enrico I e che era prior aetate rispetto ai fratelli Enrico e Brunone presentato da Rosvita77 all’Ottone filius maior natu di Enrico I indicato da Ruotgerio78, dall’Ottone maximus natu della Vita antiquior79, all’amplificazione della stessa definizione dell’Ottone fratrum natu maximus optimus di Widukindo80. E proprio nella Storia dei

Sassoni, più precisamente nella succinta caratterizzazione alla nascita dei figli di Enrico e

Matilde, troviamo l’unica attestazione del termine primogenitus offertaci dalle nostre fonti. Dopo aver narrato del matrimonio fra Giselberto e Gerberga, figlia di Enrico I, Widukindo ci racconta che la clara e nobilissima regina Matilde partorì a Enrico I anche altri figli: «primogenitum mundi amorem nomine Oddonem, secundum patris nomine insignitum, virum fortem et industrium Heinricum, tertium quoque nomine Brunonem, quem pontificis

75 GLOCKER, Die Verwandten der Ottonen cit. 270.

76 Adalberto è l’unico autore che dopo non aver riportato l’ordine di genitura di Enrico I, non indica neanche la primogenitura di Ottone I.

77 HROTSVITHAEGesta Ottonis, pp. 276-277, vv. 33 e 37. 78 RUOTGERI Vita Brunonis, cap. 5, p. 6.

79Vita antiquior, p. 119.

summi ac ducis magni vidimus officium gerentem. (...) Aliam quoque filiam genuit, quae nupserat Hugoni duci»81.

In tutti questi casi l’attestazione di primogenitura, unita quasi sempre alla sottolineatura della preminenza morale di Ottone sugli altri fratelli, ha lo scopo di rafforzare la legittimità di Ottone I come successore del padre sul trono del regno di Germania. C’è però un caso, fra i nostri autori, in cui la primogenitura di Ottone si configura come problema piuttosto che come punto di forza nella costruzione della sua legittimità. L’autore in questione è Liutprando, che prima racconta della morte di Enrico I e di come Matilde, ritiratasi a Quedlinburg, si preoccupi della salvezza dell’anima del marito, poi presenta i figli nati dalla coppia: «Haec (scil. Matilde) ante regni susceptionem viro suo filium peperit, quem vocavit Ottonem, istum, inquam, cuius mundi partes aquilonaris et occidua potentia reguntur, sapientia pacificantur, religione laetantur iustique iudicii severitate terrentur. Post regiam autem dignitatem duos peperit, unum quem patris nomine vocavit Heinricum, facetia satis ornatum, consiliis providum, vultus nitore gratiosum, oculorum vigilantia placidum, cuius recenti pro funere non mediocres adhuc lacrimas fundimus. Tertium deinde Bruno nomine, quem pater sanctus, quoniam Nordmanni Traiectensem destruxerant omnino ecclesiam, ob eiusdem recuperationem eidem voluit militare»82.

Anche nell’Antapodosis, quindi, ritroviamo il terzetto di fratelli che abbiamo visto protagonisti di molti dei quadri familiari analizzati in precedenza. E anche qui ciascuno di loro è contraddistinto da specifiche qualità: Ottone possiede la potenza per reggere le parti occidentali e settentrionali del mondo, la saggezza per pacificarle, la religiosità per allietarle e la severità del giusto giudizio per atterrirle; Enrico, a cui è stato dato lo stesso nome del padre, è ornato di grande arguzia, previdente nei consigli, ben accetto per lo splendore del volto, benigno nello sguardo sveglio; Brunone non ha caratteristiche precise, di lui Liutprando dice solo che il padre lo volle inviare a Utrecht, distrutta dai Normanni, affinché servisse lì per la ricostruzione della chiesa locale. Salta subito agli occhi che sia Ottone sia Enrico sono contraddistinti da qualità regie: ma mentre il primo possiede quelle che attengono alla pienezza del governo regio, il secondo è caratterizzato dalle qualità “sociali” del re.

81Ibidem lib. I, cap. 31.

Ma l’elemento davvero peculiare della presentazione di Liutprando è l’indicazione che Ottone I era nato prima il padre diventasse re, mentre Enrico e Brunone dopo la sua elevazione al trono. É questo l’elemento che non compare in nessun’altra nostra fonte e che trasforma, nel racconto di Liutprando, la primogenitura di Ottone in una condizione pericolosa. Infatti, poco più avanti, troviamo il diavolo che si rivolge a Enrico con queste parole: «rectum ne patrem egisse rere regia tibi in dignitate genito non in eadem genitum praeponendo? (...) Ergo age - neque enim tibi deerunt copiae -, fratrem deice, regnum accipe; sitque tibi regnandi facultas, cui accidit Deo largiente et in eadem dignitate nativitas»83.

Questo diabolico discorso convince Enrico di quanto fosse giusto che proprio lui, generato da un re, e non Ottone, generato solo da un duca, reggesse il regno; Enrico si accende così di bramosia per il trono e, una volta catturato da Everardo e Giselberto, i duchi ribelli, si unisce alla rivolta dietro la promessa di essere fatto re.

Il capovolgimento della primogenitura da fattore legittimante a elemento di debolezza non ci deve sorprendere più di tanto visto che Liutprando, come abbiamo già visto, fonda la legittimità di Ottone fondamentalmente sul suo rapporto particolare con Dio e sul suo status di rex sanctus84.

Nel documento Modelli di regalità nell'età di Ottone I (pagine 190-194)