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il Pontificale romano-germanico del X secolo

I. 7 Gli ordines coronationis

I.7.1 il Pontificale romano-germanico del X secolo

Il Pontificale romano-germanico del X secolo, che deve il suo nome e la sua identificazione a Michel Andrieu e la sua edizione a Cyrille Vogel e Reinhard Elze143, è innanzitutto una raccolta di testi destinati all’uso liturgico e didattico da parte di un vescovo. È composta da 258 testi di tipologia molto diversa. Si va dalle brevi benedictiones alle lunghe messe da pronunciarsi nelle occasioni più disparate (indubbiamente le due categorie più numerose), dai complessi rituali per il conferimento dei diversi ordini religiosi, dal suddiaconato alla dignità episcopale, alle serie di iudicia Dei destinati a essere usati nelle ordalie, dai sermoni per la dedicazione di chiese, l’apertura di sinodi e altre specifiche occasioni, a singoli canoni estratti dalle collezioni dei concili, da passi della Bibbia a

ordines coronationis, cioè testi che descrivono le cerimonie di incoronazione. Anche

l’origine dei testi è molto varia: alcuni sono stati copiati, interamente o parzialmente, da raccolte di materiali eterogenei redatte a partire dal V secolo, altri provengono direttamente da sacramentari e pontificali di area franca e romana del IX secolo, altri ancora non hanno nessuna attestazione precedente e si può pensare che siano stati redatti appositamente per il Pontificale romano-germanico. Proprio il carattere ibrido in merito alla provenienza geografica indusse Andrieu a scegliere questo nome per la raccolta, una scelta che sottolinea la complessità del testo e che ci fa preferire questo nome agli altri proposti dalla storiografia (Ottonische Pontifikale e Pontificale di Magonza)144.

143 A partire dagli anni Venti Michel Andrieu si dedicò intensamente allo studio dei testi liturgici medievali pubblicando numerosi studi ed edizioni (tra cui i fondamentali: M. ANDRIEU, Les Ordinis Romani du haut

moyen âge, voll. I-V, Louvain 1931-1961 e ANDRIEU, Le Pontifical Romain au moyen âge, voll. I-IV, Città del Vaticano 1938-1941). Nel corso degli anni arrivò anche a identificare quel gruppo di manoscritti che ci ha trasmesso la collezione da lui denominata Pontificale romano-germanico del X secolo. Andrieu aveva iniziato il lavoro preparatorio per la sua edizione quando morì nel 1956. Su sua richiesta e basandosi su questo materiale Cyrille Vogel e Reinhard Elze portarono a termine l’edizione del pontificale: C. VOGEL, R. ELZE, Le Pontifical romano-germanique du dixième siècle, vol. I, Le Texte: nn. 1-98, vol. II, Le Texte: nn.

99-258, Città del Vaticano 1963, vol. III, Introduction générale et tables, Città del Vaticano 1972; per la ricostruzione della vicenda si veda vol. I, pp. VII-X.

144 Cfr. C. VOGEL, Le Pontifical romano-germanique du X siècle. Éléments constitutifs avec indication des section imprimées, «Revue des Sciences religieuses» 32 (1958), pp. 113-167, nonché Pontifical romano- germanique, vol. III, pp. 25-31; per una informazione coincisa ma completa cfr. C. VOGEL, Medieval liturgy:

an introduction to the sources, Washington D.C. 1986, pp. 230-232 (edizione aggiornata e tradotta da W. G. Storey e N. Krogh Rasmussen di C. VOGEL, Introduction aux sources de l’histoire du culte chrétien au

Il Pontificale romano-germanico si diffuse con ampiezza e rapidità notevoli in tutta l’Europa pienomedievale, e infatti ci è stato tramandato da più di cinquanta manoscritti redatti in Germania, Italia, Francia, Inghilterra e Polonia a partire dalla seconda metà del X secolo. Nessuno di questi, però, è l’originale e nemmeno la copia dell’originale, bensì rappresentano redazioni quasi sempre divergenti, che sono caratterizzate dalla presenza o assenza di uno o più testi oppure, più semplicemente, dalla presenza degli stessi testi frutto però di redazioni diverse145.

Attraverso lo studio di questa ricca tradizione manoscritta gli editori sono riusciti a identificare il luogo e il periodo di redazione dell’opera. Il Pontificale romano-germanico è stato con ogni probabilità messo per iscritto nello scriptorium dell’abbazia di Sant’Albano a Magonza nel periodo compreso fra il 950 circa e il 963/964146. L’abbazia fu fondata nel 796 dall’arcivescovo magontino Riculfo su impulso della corte carolingia e acquisì subito, mantenendolo almeno fino a tutto il XII secolo, un ruolo centrale nell’azione politica degli arcivescovi di Magonza147. Nel periodo in cui il pontificale fu redatto si avvicendarono alla guida della sede renana due figure di primo piano della prima età ottoniana: Federico e Guglielmo. Il primo fu nominato arcivescovo nel 937 da Ottone I ma dopo poco tempo entrò in contrasto con il re tanto da essere rinchiuso per circa due anni in monastero (939/940-941). Reintegrato nelle sue funzioni collaborò attivamente con Ottone I per circa un decennio, soprattutto nel suo ruolo di vicario papale per la Germania e dal 942 anche per la Gallia. Durante la rivolta antiottoniana scoppiata nel 951 cadde nuovamente in disgrazia cercando di svolgere una funzione di mediazione fra il re e il gruppo di duchi ribelli guidati da Liudolfo, figlio di Ottone I. Costretto a fuggire dalla sua sede Federico morì in esilio nel 953148.

145 Cfr. Pontifical romano-germanique, vol. III, pp. 112-121 e VOGEL, Medieval liturgy cit., pp. 235-239. 146 C. VOGEL, Précisions sur la date et l’ordonnance primitive du pontifical romano-germanique, in «Ephemerides Liturgicae» 74 (1960), pp. 145-162; per una succinta presentazione degli elementi alla base dell’identificazione del luogo di redazione e della datazione del pontificale cfr. Pontifical romano- germanique, vol. I, pp. XVI-XVII, nonché VOGEL, Medieval liturgy cit., pp. 232-235.

147 Per una visione generale delle vicende della sede arcivescovile e dell’abbazia di Sant’Albano cfr. Mainz, Klöster und Stifte, Domstift, in Lexikon des Mittelalters, Stuttgart 1999, vol. 6, coll. 135-137.

148 Per la biografia e l’azione politica di Federico di Magonza cfr. H. BÜTTNER, Die Mainzer Erzbischöfe Friedrich und Wilhelm und das Papsttum des 10. Jahrhunderts, in Zur frühmittelalterlichen Reichsgeschichte an Rhein, Main und Neckar, a cura di A. Gerlich, Darmstadt 1975, pp. 276-284 e brevemente A. GERLICH, s.v. Friedrich, Ebs. v. Mainz, in Lexikon des Mittelaters, Stuttgart 1999, vol. IV, coll. 964-965.

Anche Guglielmo, figlio di Ottone I e di una non meglio identificata donna slava, ebbe un rapporto complesso con il padre. Dopo essere stato educato per la carriera ecclesiastica, fu eletto nel 954 arcivescovo di Magonza per volontà di Ottone I, che in questo modo cercava di riportare stabilmente sotto il suo controllo la sede magontina. Ma Guglielmo dimostrò subito la sua capacità di indipendenza politica: fin dal 955 si oppose strenuamente al progetto paterno di elevare Magdeburgo a sede arcivescovile. Tale evento, infatti, avrebbe limitato di molto la sua influenza, perché avrebbe tolto a Magonza il controllo di alcune diocesi suffraganee, che sarebbero passate alle dipendenze di Magdeburgo, e le avrebbe fatto perdere a favore di quest’ultima il ruolo di centro principale dell’espansione tedesca nei paesi slavi. Nel corso degli anni successivi Guglielmo arrivò ad appellarsi più volte a papa Agapeto II e al suo successore Giovanni XII contro il progetto di Ottone I, che infatti divenne realtà solo nel 968, subito dopo la morte di Guglielmo. Questo scontro prolungato, in ogni caso, non impedì a Guglielmo di collaborare strettamente con il padre, che lo nominò arcicancelliere del regno tedesco e gli affidò anche la tutela su Ottone II durante la seconda spedizione in Italia (962-965). D’altronde l’importanza e l’integrazione di Guglielmo nello panorama politico ottoniano è confermata anche dal suo ruolo di consacratore, al fianco di Brunone ed Enrico, rispettivamente arcivescovi di Colonia e Treviri, durante la cerimonia di incoronazione a re di Germania di Ottone II nel 961149.

Alla luce di queste vicende e della loro cronologia ci sembra più probabile che la stesura del Pontificale romano-germanico sia avvenuta per iniziativa e con la supervisione di Guglielmo piuttosto che sotto l’egida di Federico. Infatti, anche a voler prendere per buona la datazione più alta (950 circa), questa coinciderebbe quasi perfettamente con la definitiva caduta in disgrazia e l’allontanamento di Federico da Magonza (951-953). Non si può certo escludere che la stesura sia iniziata subito prima lo scoppio di questa crisi, ma è difficile credere che un’impresa di tali proporzioni e complessità sia stata portata a compimento in poco tempo. Più probabile, invece, che la redazione sia avvenuta, o quanto meno sia stata ultimata, durante gli anni in cui Guglielmo è stato arcivescovo di Magonza

149 Sull’azione politica di Guglielmo e i suoi rapporti con il resto della famiglia regia cfr. GLOCKER, Die Verwandten der Ottonen cit., pp. 125-147 e BÜTTNER, Die Mainzer Erzbischöfe Friedrich und Wilhelm cit., pp. 284-301. Per una prima informazione A. GERLICH, s. v. Wilhelm, Ebf. v. Mainz, in Lexikon des

Mittelalters, München 1998, vol. IX, coll. 156-157. La partecipazione di Guglielmo all’incoronazione del 961 è descritta in RUOTGERIVita Brunonis, p. 43, rr. 13-18.

(954-968) vista la sovrapposizione di circa dieci anni con il periodo di datazione del pontificale (950 circa – 963/964). A favore di Guglielmo, inoltre, gioca anche l’enorme successo che la raccolta ebbe già negli anni immediatamente successivi la sua prima stesura, più facilmente spiegabile se fosse nata per iniziativa del figlio del re, nonché arcicancelliere del regno piuttosto che per impulso di un arcivescovo sicuramente di spicco, ma morto in disgrazia150.

All’interno del pontificale romano-germanico, come abbiamo già accennato, sono stati inseriti quattro ordines coronationis. Prima di analizzarli nel contesto generale del pontificale ci sembra importante chiarire la natura di questa particolare tipologia di fonti. Che cos’è, infatti, un ordo coronationis? Innanzitutto un testo che descrive l’andamento di una cerimonia di incoronazione, sia essa regia sia essa imperiale, mostrando più o meno dettagliatamente chi vi dovrebbe prendere parte, quali gesti dovrebbero essere compiuti, quali preghiere dovrebbero essere pronunciate, nonché le vesti e le insegne che vi dovrebbero essere impiegate. E visto che un ordo è un testo composto da rubriche che descrivono le azioni da compiere e da formule che indicano le orazioni, i giuramenti e le frasi rituali da pronunciare lo si potrebbe definire una vera e propria “sceneggiatura” dell’evento che costruisce la legittimità del re. Il condizionale è d’obbligo perché gli ordines

coronationis non possono essere collegati quasi mai in maniera diretta con cerimonie di

incoronazione realmente avvenute, né tanto meno sono stati protocolli vincolanti per chi le organizzava, ma piuttosto debbono essere considerati come una sorta di canovaccio, linee guida per lo svolgimento della cerimonia.151 Una prima conferma di ciò è data dal fatto che gli ordines riportano i nomi del re e degli altri dignitari presenti solo nella seconda metà del IX secolo, nel momento, cioè, in cui vengono messi per iscritto per la prima volta nel regno dei Franchi occidentali. Mentre a partire dal X e per tutti i secoli successivi i protagonisti, dal re ai vescovi, dall’imperatore al papa e tutti gli altri partecipanti sono indicati negli

ordines semplicemente con il loro titolo o al massimo, i primi, con una N. o un Ill. che sono

150 Arriva alla stessa conclusione, ma su basi diverse VOGEL, Precisions sur la date cit., pp. 153-158.

151 Si veda l’introduzione storico-metodologica di Reinhard Elze, Ordines coronationis imperialis. Die Ordines für die Weihe und Krönung des Kaisers und der Kaiserin, ed. R. Elze, MGH Fontes iuris germanici antiqui in usum scholarum IX, Hannover 1960, in particolare pp. VIII e XXIII.

rispettivamente l’abbreviazione per nomen e ille152. Inoltre, se si prova a incrociare i racconti di queste cerimonie contenuti nelle opere narrative con l’andamento descritto negli

ordines coevi è possibile riscontrare molti punti in comune, ma in nessun caso vi è una

totale aderenza fra le due descrizioni.153 Un confronto fra queste due tipologie di fonti non ci permette, dunque, di ricostruire l’andamento reale di una specifica incoronazione, ma è invece proficuo su un altro piano: quello ideologico. Tale confronto è possibile perché, a nostro avviso, anche gli ordines coronationis al pari delle fonti narrative posseggono un carattere di autorialità, come è entrato nell’uso dire, cioè è possibile riconoscervi l’intenzionalità di uno o più autori. Infatti, sebbene queste fonti siano costruite in gran parte con materiali testuali più antichi, riflesso di contesti culturali e ideologici precedenti, non si deve arrivare alla conclusione che siano testi sclerotizzati. La scelta dei singoli pezzi dall’ampio bacino della tradizione liturgica, il loro assemblaggio in maniera diversa dai modelli scelti e l’inserimento di parti scritte ex novo (di solito le rubriche, ma in certi casi anche alcune formule) determinano un testo nuovo legato alla visione ideologica di un determinato redattore/autore e sopratutto a quella del suo committente, entrambi calati in un contesto specifico. Siamo quindi convinti che l’importanza degli ordines coronationis risieda soprattutto nella capacità di indicarci come i loro compilatori - e i loro committenti -

avrebbero voluto che la cerimonia fosse; in altre parole, la natura di queste fonti è

fondamentalmente ideologica, cioè si determina nel dialogo con il contesto politico- culturale coevo.