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Il controllo dello spazio pubblico e l'esclusione dei senza dimora

Nel documento Persone senza dimora e spazio pubblico (pagine 98-106)

Lo spazio pubblico urbano è uno spazio di conflitto. In particolare, lo spazio pubblico rappresenta un vero e proprio campo di battaglia in cui si scontrano i diversi e spesso competitivi interessi degli attori del “pubblico” (residenti, city users, commercianti, senza dimora, pubblici ufficiali, pianificatori, ecc.), dove, nello specifico, le intenzioni, le aspettative e le norme dei passanti e dei residenti si scontrano con quelle di coloro che sono senza dimora, per i quali lo spazio pubblico è inevitabilmente anche il loro spazio privato450.

A fronte degli accesi conflitti che emergono sull'accesso allo spazio pubblico e/o sull'uso dello stesso, una tendenza che accomuna le città europee e le città americane è il crescente controllo e

444Ellickson R.C., “Controlling chronic misconduct in city spaces”, op.cit., pag. 1182

445Amster R., “Patterns of exclusion: sanitizing space, criminalizing homelessness”, op.cit, pag. 207 446Tier R., “Restoring order in urban public spaces”, op.cit., pag. 258

447NLCHP, “Out of sight- out of mind? A report on anti-homeless laws, litigation and alternatives in 50 United States

cities”, op.cit, pag. 46

448Wilson J.Q., Kelling G.L., “Broken windows: the police and the neighborhood safety”, op.cit, pagg. 34-35

449Kelling G.L., Coles C.M., Fixing broken windows: restoring order and reducing crime in our communities, op.cit., pag.

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450Meert H et al., “The changing profiles of homeless people: conflict, rooflessness and the use of public space”, op.cit.,

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l'aumentata sorveglianza nello e dello spazio pubblico, così come i conseguenti limiti posti al “diritto alla città” nei confronti dei gruppi marginali e, in particolare, delle persone senza dimora451. Seppure

i due contesti, quello americano e quello europeo, presentino delle similarità, tuttavia, vi sono importanti differenze che non dovrebbero essere trascurate, riconoscendo che le interpretazioni valide per gli Stati Uniti non possono applicarsi tout court e in toto alle tendenze che si delineano nelle città europee. A questo proposito, Laura Huey critica la tesi avanzata da diversi studiosi che sostengono l'universalismo, nel panorama occidentale, del neoliberalismo e delle pratiche punitive e di esclusione che ne derivano. Secondo la sociologa, in particolare, i paesi occidentali non sperimentano in modo uniforme l'emergere del neoliberalismo così come l'esclusione socio-spaziale nei confronti dei marginali; piuttosto, attraverso l'occidente emergono diverse modalità di governance e diversi gradi di inclusione ed esclusione sociale e spaziale. Alla base della diversità riscontrata nei diversi paesi, secondo Huey, giocano un ruolo fondamentale le differenze culturali. La cultura locale è data, in particolare: «da una combinazione unica di fattori storici, sociali, geografici, politici ed economici che trovano espressione in mutevoli atteggiamenti sociali»452. Ma le differenze nella governance e

nel grado di esclusione delle persone marginali, secondo Huey, non intercorrono esclusivamente tra il contesto americano e quello europeo e, all'interno di quest'ultimo, tra le diverse città europee. Anche tra le città americane, infatti, emergono delle differenze. Dunque, così come non è possibile affermare che le analisi svolte per il contesto americano siano valide anche per le città europee, così anche all'interno dello stesso contesto americano: «una città non può essere esemplificativa dell'atteggiamento e delle pratiche dell'intera nazione»453. Concludendo, secondo Huey occorre

allontanarsi dalle interpretazioni universali e iniziare a “pensare localmente” per poter “agire localmente”.

Le ricerche condotte dall'Osservatorio europeo sul fenomeno dei senza dimora (creato dalla FEANTSA nel 1991), per sondare la situazione in 15 stati membri (Finlandia, Germania, Irlanda, Italia, Lituania, Polonia, Svezia, Repubblica Ceca, Francia, Spagna, Lussemburgo, Slovenia, Ungheria, Belgio, Norvegia), confermano questo dato454. In particolare, dalle indagini emerge che,

nonostante vi siano delle somiglianze tra i processi in atto nelle città dell'America del Nord e dell'Europa occidentale, l'approccio di controllo e di sorveglianza dello spazio pubblico e dei suoi

451Bush-Geertsema V., “Urban governance, homelessness and exclusion. Homelessness and access to space in Germany”,

National Report for Germany, Working Group 1 European Observatory on Homelessness, FEANTSA, Brussels, www.feantsa.org; Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit.; Meert H et al., “The changing profiles of homeless people: conflict, rooflessness and the use of public space”, op.cit.

452Huey L., “Homelessness and the “exclusive society”. Thesis: why it is important to “think local” to “act local” on

homelessness issues”, European Journal of Homelessness, vol. 3, 2009, pag. 262

453Ibidem, pag. 265

454Busch-Geertsema V., “Urban governance, homelessness and exclusion. Homelessness and access to space in

Germany”, op.cit.; Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit.; Meert H et al., “The changing profiles of homeless people: conflict, rooflessness and the use of public space”, op.cit.

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fruitori, soprattutto poveri, in Europa appare meno punitivo e meno pervasivo rispetto a quello dominante negli Stati Uniti455, dove, tra l'altro, gioca un ruolo fondamentale la minaccia del

terrorismo, soprattutto a seguito dell'undici settembre. Low e Smith, a questo proposito, scrivono: «il comportamento pubblico una volta considerato semplicemente eccentrico o persino protetto dai diritti del primo emendamento è ora continuamente trattato come un potenziale attacco terroristico»456. In Europa, le misure di controllo sono raramente connesse alle preoccupazioni

relative al terrorismo, piuttosto, come abbiamo visto, è la più generale nozione di sicurezza ad essere frequentemente invocata dai sostenitori del controllo dello spazio pubblico457, così come

preoccupazioni relative all'economia, all'estetica, alla qualità della vita e alla decenza pubblica. In tal senso, ciò che emerge è un peculiare modello europeo di sorveglianza e controllo458, che differisce,

da un lato, da quello dominante in America, e, dall'altro, dai modelli di controllo presenti nelle città europee in tempi passati.

Infatti, nonostante, come già sottolineato, il controllo delle persone senza dimora sia una caratteristica distintiva della città contemporanea, è possibile identificare precedenti periodi caratterizzati da restrizioni e regolazioni nei confronti di questa categoria di persone. Ciò che caratterizza la fase attuale, dunque, non riguarda tanto il principio di accesso e/o uso limitato allo e dello spazio pubblico, ma la natura “sistematica e pervasiva” dei meccanismi di controllo che “classificano ed escludono”459 con un'intensità senza precedenti. In altri termini, l'attuale fase di

regolazione è caratterizzata da ciò che il sociologo Staples chiama l'esercizio di “rituali di potere meticolosi”: «sono meticolosi in quanto metodici, accurati, efficienti, precisi e dettagliati; ritualistici in quanto praticati ripetutamente e accettati sistematicamente in un modo impersonale; sono potenti in quanto disciplinano le persone e hanno effetti di controllo sociale»460. La conseguenza è la

creazione di “spazi apodittici”, ossia spazi di esclusione e di privilegio dove le persone senza dimora non hanno la possibilità di appropriarsi dello spazio a scopi personali461. In breve, seguendo Waldron,

gli vengono negati spazi in cui possano avere la libertà di esistere462. Potrebbero emergere, in tal

senso, drammatici paralleli con la frase pronunciata dalla premier israeliana Golda Meir che, il 15 giugno del 1969, disse al giornale Sunday Times: “I palestinesi non esistono”.

Accanto alla variabilità, nel contesto europeo, del livello di controllo da un periodo all'altro, un

455Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit., pag. 293 456Low S., Smith N,, The politics of public space, op.cit., pagg. 1-2

457Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit., pag. 293

458Busch-Geertsema V., “Urban governance, homelessness and exclusion. Homelessness and access to space in

Germany”, op.cit.

459Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit., pag. 300

460Ericson R.V., Review of “The culture of surveillance: discipline and social control in the United States” by William G.

Staples, in Social Forces, vol. 73, n.3, 1998, pag. 1154

461Ruddick S.M., Young and homeless in Hollywood: mapping social identities, Routledge, London, 1996, pag. 198 462Waldron J., “Homelessness and the issue of freedom”, op.cit.

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altro aspetto che viene sottolineato dalle ricerche condotte dall'Osservatorio europeo sul fenomeno dei senza dimora, in accordo con ciò che Huey ha rilevato per le stesse città americane, riguarda la significativa variazione dell'intensità e del grado di questo processo da luogo a luogo463. Tali

variazioni dipendono dagli «esistenti legami sociali, pratiche politiche e tradizioni in diversi luoghi e contesti istituzionali»464. In particolare, emergono diverse tradizioni e diversi atteggiamenti nei

confronti dei gruppi marginali e soprattutto delle persone senza dimora. In Germania, ad esempio, i divieti di mendicità sono considerati “incostituzionali” e “legalmente invalidi”, poiché “violano il libero sviluppo della personalità”, un principio racchiuso nella costituzione tedesca465. Ancora, in

Lituania dare dei soldi ai poveri sulle strade è un gesto considerato positivo e socialmente accettato. Anche in Italia è osservabile un paradigma di tipo solidale466. In contrasto vi sono però paesi dove

questi gesti sono mal visti, come in Finlandia, o attivamente scoraggiati dalle autorità locali, come in Gran Bretagna. In generale, sia la variabilità temporale che quella spaziale dei processi di controllo sono dovute ai cambiamenti nei legami sociali, nelle pratiche politiche e nelle tradizioni culturali467.

Riconosciute queste importanti variazioni, veniamo ora alle similarità. Come nel contesto americano, anche nelle città europee, seppure a livelli nettamente inferiori, si osserva l'aumento degli “spazi semi-pubblici”, dove, tra l'altro, l'allontanamento delle persone indesiderate risulta più semplice rispetto agli spazi propriamente pubblici468. In tutta Europa, ad esempio, come già osservato,

le stazioni ferroviarie sono state convertite in aree commerciali con drastiche conseguenze sulle persone senza dimora. A questo proposito, Doherty e colleghi colgono una certa ironia nel fatto che tale conversione delle stazioni ferroviarie abbia: «da un lato sottolineato e enfatizzato il loro carattere pubblico e il fatto che non sono solo utilizzate dai viaggiatori. Ma dall'altro, che solo alcune sezioni del pubblico sono benvenute, ossia coloro che si conformano alle regole di ingaggio dello shopping e del viaggiare»469. In Europa, inoltre, si diffondono anche comunità residenziali chiuse e protette

che, seppur non assimilabili in toto alle gated communities americane, ne condividono molti aspetti, tra cui il bisogno di allontanarsi dai rischi della città reale e da coloro che incarnano questi rischi in primis. Anche la videosorveglianza degli spazi pubblici ha ottenuto un grande successo nei paesi europei così come l'aumento dei servizi di sicurezza privati, accanto al tradizionale controllo svolto dalle forze dell'ordine pubbliche. Il discorso sulle “finestre rotte” e sulle strategie di tolleranza zero,

463Tosi A., Petrillo A., “Urban governance, homelessness and exclusion in Italy”, op.cit.

464McCahill M., The surveillance web: the rise of visual surveillance in an English city, Willian, Cullompton, 2002, pag.

200

465Nagel S., “Disputes about the proibition of begging- The example of Hamburg” FEANTSA Magazine, Summer 2007,

www.feantsa.org, pag. 13

466Tosi A., Petrillo A., “Urban governance, homelessness and exclusion in Italy”, op.cit. 467McCahill M., The surveillance web: the rise of visual surveillance in an English city, op.cit.

468Busch-Geertsema V., “Urban governance, homelessness and exclusion. Homelessness and access to space in

Germany”, op.cit., pag.1

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diffusosi dagli Stati Uniti ai paesi europei, ha conosciuto un boom e un certo grado di successo, ma limitato sia nelle dimensioni che nella durata rispetto al contesto americano470. Ad esempio, in

Germania i tentativi di criminalizzare la mendicità e il consumo di alcolici negli spazi pubblici sono stati limitati dalle decisioni della corte costituzionale tedesca. Infine, l'uso di arredo urbano specificatamente progettato (sedute individuali invece di panchine o panchine sulle quali non è possibile sdraiarsi) per allontanare le persone “indesiderabili” è diffuso in molti spazi urbani europei, sia “semi-pubblici”, quali le stazioni o le metropolitane, sia “propriamente pubblici”, come le piazze. In tal senso, per alcuni si è di fronte ad un impoverimento del carattere pubblico delle città471,

minacciato, in particolare, dai nuovi sistemi di controllo. Tuttavia, secondo altri non sarebbe appropriato parlare, a questo proposito, di declino o perdita dello spazio pubblico, ma piuttosto di “cambiamento”472. Lo spazio pubblico, infatti, come abbiamo visto, non è mai stato accessibile a

chiunque, ma ha sempre rappresentato un luogo di esclusione. Così: «attraverso la storia, le città si sono differenziate nel decidere a chi negare l'accesso agli spazi urbani, quali spazi sono off limits e in che modo l'accesso è negato. Oggi sono colpiti i senza dimora, i tossicodipendenti, gruppi dall'aspetto straniero e i giovani maschi. Nel diciannovesimo secolo erano le donne e il proletariato industriale»473.

Ovviamente le misure di controllo e le esclusioni spaziali sono impiegate secondo modalità diverse, contro diversi gruppi e in diversi spazi. Se in alcuni casi queste sono dirette esplicitamente alle persone senza dimora, raramente queste ultime ne rappresentano il target esplicito474. Con

riferimento alla realtà italiana, ad esempio, Tosi, come abbiamo visto, ha sottolineato che tali misure restrittive sono il più delle volte pensate ed adottate con in mente gli stranieri. Tuttavia, data una “coincidenza dei luoghi” e la dipendenza delle persone senza dimora dallo spazio pubblico per condurre le loro attività quotidiane, o semplicemente, come direbbe Waldron, per esistere, l'impatto di queste stesse misure è sentito particolarmente dalle persone senza dimora, che, in tal senso, costituiscono le vittime che più soffrono sotto queste restrizioni. In generale, dunque, una comune tendenza verso un'aumentata esclusione delle persone senza dimora dalle zone centrali della città e dagli spazi pubblici convertiti in semi pubblici o in zone dello spettacolo è osservabile anche in Europa475.

470Ibidem

471Tosi A., “Homelessness and the control of public space. Criminalising the poor?”, op.cit., pag. 228

472Siebel W., Wehrheim J., “Security and the urban public sphere”, in German Journal of Urban Studies, vol. 42, n. 1,

2003, www.difu.de

473Ibidem

474Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit., pag. 303; Busch-

Geertsema V., “Urban governance, homelessness and exclusion. Homelessness and access to space in Germany”, op.cit., pag. 4

475Busch-Geertsema V., “Urban governance, homelessness and exclusion. Homelessness and access to space in

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Le pratiche di sorveglianza e controllo degli spazi pubblici e dei suoi fruitori “incivili” possono essere distinte in tre tipologie: a) il “controllo dei confini” e la “disciplina”; b) la “deterrenza”; c) infine, l'uso delle legge, nazionale e locale, che appare fortemente in questo processo anche se non in modo uniforme476. I concetti di “controllo dei confini” e “disciplina” sono sviluppati da Ingrid

Sahlin477 sulla base del lavoro di Foucault sulle prigioni478. In particolare, le due strategie individuate

da Foucault, impiegate nelle città medievali per affrontare la lebbre e lo scoppio della piaga, possono essere identificate anche nelle città moderne come strumenti per mantenere l'ordine. Da un lato, le guardie private e i guardiani controllano i confini di territori delimitati per tenere fuori le persone indesiderate, dall'altro, la polizia e il personale di sicurezza usano la disciplina per mantenere l'ordine negli spazi pubblici. Un aspetto importante, secondo gli autori, riguarda il modo in cui tali meccanismi, una volta associati al bene comune, siano accettati e incontestati dagli individui e la comunità, che diventano a loro volta attivi nel loro rafforzamento479. Meert e colleghi, infatti, tra gli

attori che controllano in modo “diretto” lo spazio pubblico, identificano, accanto agli agenti di sicurezza, pubblica e privata, e gli stessi senza dimora, anche la società più ampia, in termini di reazione del quartiere e di opinione pubblica480. Dalle ricerche, in particolare, emerge che se in alcuni

casi tra la persona senza dimora e gli abitanti del luogo che la prima occupa possono stringersi “alleanze”, che rendono la vita dei senza dimora più facile481, in altri emergono reazioni opposte, che

in taluni casi assumono le caratteristiche di reazioni di tipo nimby.

Un'altra metodologia utilizzata per controllare lo spazio pubblico e per limitarne l'accesso e impedire l'emergere, al suo interno, di attività “illegittime” è quella della “deterrenza”. In particolare, una strategia comune e sempre più utilizzata dalle città europee è la “deterrenza tramite il design”482,

o ciò che Meert e colleghi definiscono “controllo infrastrutturale dello spazio pubblico”. Si tratta di una tipologia di controllo “indiretto”, nel senso che: «alcuni piccoli interventi possono essere sufficienti a influenzare e controllare lo stile di vita delle persone senza dimora»483. Così, è possibile

osservare nell'architettura, nell'arredo urbano e nei cartelli indicatori un enorme sforzo nel design urbano mirato ad allontanare le persone senza dimora. Infatti, l'uso di recinzioni per delimitare l'accesso a spazi delimitati, lucchetti chiusi all'entrata dei parchi, sistemi di sicurezza all'entrata dei

476Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit., pag. 291

477Sahlin I., “Urban definitions of places and behaviour”, National Report for Sweden, Working Group 1, European

Observatory on Homelessness, FEANTSA, Brussels, www.feantsa.org

478Foucault M, Sorvegliare e punire. La nascita della prigione, Einaudi, Torino, 1993

479Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit., pag. 294

480Meert H et al., “The changing profiles of homeless people: conflict, rooflessness and the use of public space”, op.cit.,

pagg. 24-29

481Dyb E., “Roofless people and use of public space, a study in Oslo”, op.cit., pag. 30

482Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit., pag. 301

483Meert H et al., “The changing profiles of homeless people: conflict, rooflessness and the use of public space”, op.cit.,

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condomini, l'uso di certe tipologie di arredo sono situazioni comuni nella maggior parte dei paesi europei484.

Un'ultima strategia di controllo riguarda l'emanazione di ordinanze, nazionali o locali, che, direttamente o indirettamente, influiscono sulla presenza dei senza dimora nello spazio pubblico e sui loro comportamenti, aggravando così le loro già difficili condizioni di vita.

Come nelle città americane anche nelle città europee sembra, dunque, delinearsi quella “guerra a bassa intensità” contro i poveri e le persone senza dimora che l'americano Mike Davis aveva rilevato a proposito della realtà losangelina485. I poveri o, ricorrendo alla distinzione di Bauman, i

“vagabondi”, in contrapposizione ai “turisti”, che sono inseriti nella società in quanto ne esprimono i valori e le norme comportamentali producendo ma soprattutto consumando, sono esclusi dalla società in quanto né lavoratori né consumatori; sono piuttosto una popolazione superflua, inutile, un surplus rispetto alle richieste del capitalismo486. Se già inutili come consumatori, con l'aumentata

sorveglianza e regolazione dello spazio pubblico, le persone senza dimora sperimentano un'ulteriore esclusione, dal momento che questi processi riducono i loro spazi di vita, restringono il loro già limitato campo d'azione, minano alla loro sicurezza personale e violano i loro diritti alla dignità e rispetto487.

Tra le vittime di questa “guerra”, tuttavia, non figurano solo i senza dimora ma i cittadini tutti così come la stessa essenza dello spazio pubblico come luogo dell'eterogeneità che Wirth ci ha insegnato essere una delle caratteristiche basilari della vita urbana488. Tutte queste dinamiche

“perverse”, infatti, mirate ad escludere le persone senza dimora dallo spazio pubblico urbano e costruite attorno a dati più immaginati che reali, non fanno altro che aumentare, come più volte sottolineato, il senso di insicurezza e sfiducia che caratterizza l'individuo metropolitano, traducendosi in ciò che Bauman chiama “mixophobia”, ossia la paura di mescolarsi con chiunque sia diverso da sé e la spinta verso isole d'identità e di somiglianza. Eppure, ciò che la città ha storicamente rappresentato ha a che fare con il fenomeno opposto, quello della “mixophilia”, che configura la città come luogo dell'eterogeneità e luogo di celebrazione delle differenze489. Cabrera giustamente ci invita

a rivendicare la normalità della presenza delle persone senza dimora nello spazio pubblico urbano: «...non solo rivendicando il loro diritto ad occupare questi spazi, di fronte ai tentativi di gestire privatamente gli spazi pubblici, ma anche in qualche modo (…) rivendicando la loro presenza come “normale” in uno spazio essenzialmente versatile e ambiguo e che dovrebbe continuare ad essere

484Doherty J. et al, “Homelessness and exclusion: regulating public space in European cities”, op.cit., pag. 301

Nel documento Persone senza dimora e spazio pubblico (pagine 98-106)