• Non ci sono risultati.

Le rappresentazioni dei senza dimora: la malattia e il disordine

Nel documento Persone senza dimora e spazio pubblico (pagine 93-95)

Come abbiamo accennato, i sostenitori dei processi di controllo dello spazio pubblico urbano, per giustificare le pratiche che ne derivano, ricorrono a rappresentazioni stereotipate del pubblico escluso o da escludere, o perlomeno da rendere meno visibile. Con particolare riferimento alla popolazione senza dimora, secondo Amster, il cui discorso prende avvio dall'analisi di Miller414, vi

sono due visioni che contribuiscono alla stigmatizzazione di queste persone e che conducono ai medesimi processi di esclusione. Seppur interconnesse, l'autore le considera concettualmente distinte: da un lato, l'immagine della malattia, dall'altro, quella del disordine. Si tratta di due visioni che dalle persone senza dimora si estendono agli spazi pubblici in cui questi vivono, dal momento in cui, gli spazi pubblici, come le persone senza dimora: «sono spesso visti come sporchi e disorganizzati, e richiedono, dunque, regolazione e sterilizzazione»415.

La prima immagine, quella della malattia, della sporcizia e del declino, si fonda sulla visione delle persone senza dimora come “pestilenza fisica” evocando, così, paure di contaminazione e di disgusto nella maggior parte della popolazione. In tal senso, l'individuo senza dimora è «costantemente respinto dal pubblico in quanto “malato”, “spaventoso”, “sporco”, e “puzzolente”, e un mucchio di altri dispregiativi utilizzati per creare distanza sociale tra le persone con dimora e le persone senza dimora»416. In particolare, tale visione, deriva dalla “disneyficazione” dello spazio

urbano417, un processo che secondo Mitchell è sostenuto dalla “costante produzione e riproduzione

di certi tipi di spazio”, ossia di spazi caratterizzati da un ordine e una pulizia impeccabili, dietro i quali si nasconde, però, un rigido e schizofrenico controllo418. Spazi, dunque, in cui le persone senza

dimora sono, evidentemente, fuori posto. Così, rappresentando gli indesiderabili come “rifiuti di strada”, le autorità politiche ed economiche giustificano come necessari e inevitabili i processi di pulizia, disinfestazione, sterilizzazione e quarantena che ne derivano. Ed è evidente, come spiega Ferrell, che tali sforzi: «promuovono un tipo di pulizia spaziale in base alla quale le persone indesiderate vengono rimosse da particolari luoghi e situazioni, dalla forza della legge e dei soldi. Ma questa pulizia spaziale è, al contempo, una pulizia culturale; poiché le autorità economiche, politiche e legali lavorano per riconquistare e riprogettare gli spazi pubblici della città, lavorano per controllare l'identità pubblica e anche la percezione pubblica, per rimuovere dai nuovi spazi del

414Miller H., On the fringe: the dispossessed in America, op.cit.

415Amster R., “Patterns of exclusion: sanitizing space, criminalizing homelessness”, op.cit., pag. 197 416Wright T., Out of place: homeless mobilizations, subcities and contested landscapes, op.cit., pag. 69 417Amster R., “Patterns of exclusion: sanitizing space, criminalizing homelessness”, op.cit., pag. 197

418Mitchell D., “The annihilation of space by law: the roots and implications of anti-homeless laws in the United States”,

92

consumo e dello sviluppo immagini di identità alternative»419.

La seconda immagine, invece, invoca il disordine, l'illegalità e l'immoralità, fondandosi sulla visione delle persone senza dimora come “pestilenza morale” e “minaccia all'ordine sociale”420.

Come abbiamo visto, l'associazione delle persone senza dimora al disordine si basa, nello specifico, sul contraddittorio e visibile utilizzo che le stesse fanno dello spazio pubblico, trasformandolo nel proprio spazio privato e suscitando, così, un diffuso senso di disagio e malessere nel resto del pubblico che gravita su tale spazio. In particolare, nelle città europee le persone senza dimora rappresentano soprattutto una minaccia alla “decenza pubblica”421 e più diventano visibili più ci si preoccupa del

disordine urbano422. Su questa seconda posizione si basano, in particolare, gli sforzi legislativi che

mirano a controllare i senza dimora, criminalizzandoli e risultando in interventi che, talvolta, prevedono l'uso della forza e l'incarcerazione, ossia in ciò che Don Mitchell ha paragonato, per quanto riguarda la realtà americana, ad un “pogrom”423, un genocidio.

Le ordinanze locali in tema di sicurezza urbana e di difesa della “qualità della vita”, mirate a rassicurare, da un lato, i cittadini e, dall'altro, gli interessi economici, prendono di mira tutta una serie di attività legate alla vita dei senza dimora e alla loro sopravvivenza per ridurne la visibilità. Tra queste ordinanze, ve ne sono alcune che li riguardano a diversi livelli, come, ad esempio, il divieto di mendicare, di bere alcolici o di fare uso di sostanze stupefacenti nello spazio pubblico, ed altre che sono, invece, implicite e necessarie nella loro quotidianità, come dormire o lavarsi negli spazi pubblici. In ogni caso, trattandosi di attività prima perfettamente legali, ciò implica che sono le ordinanze stesse a creare il crimine. In tal senso: «se si vuole eliminare una particolare classe sociale o subcultura o gruppo deviante, bisogna individuare un comportamento particolarmente peculiare a quel gruppo e renderlo illegale»424. Così, rappresentando gli altri indesiderabili come disordinati e

immorali e creando il crimine attraverso la legge, una determinata attività e le persone associate alla stessa diventano illegittime agli occhi del pubblico che ha fiducia nel proprio sistema legislativo e giuridico425.

Nonostante venga invocata l'applicabilità generale di queste ordinanze (dormire sotto i ponti è vietato sia ai ricchi che ai poveri) e l'affermazione secondo cui è la condotta, e non lo status, ad essere

419Ferrel J., “Remaping the city: public identity, cultural space and social justice”, in Contemporary Justice Review, vol.

4, n. 2, 2001, pag. 175

420Amster R., “Patterns of exclusion: sanitizing space, criminalizing homelessness”, op.cit., pag. 199 421Tosi A., “Homelessness and the control of public space. Criminalizing the poor?”,op.cit., pag..231

422Wasserman J.A., Clair J.M., “Housing patterns of homeless people: the ecology of the street in the era of urban

renewal”, op.cit., pag. 78

423Mitchell D., “The annihilation of space by law: the roots and implications of anti-homeless laws in the United States,

op. cit., pag. 309

424Amster R., “Patterns of exclusion: sanitizing space, criminalizing homelessness”, op.cit., pag. 200

425Williams J., “Homelessness as delinquency: how private interests enforce constructs of normalcy in public spaces”,

93

presa di mira, è chiaro che: «ogni tentativo di difenderle sulla base della loro generalità è piuttosto falso»426 e che certi comportamenti sono specifici di certi gruppi e vietarli equivale, dunque, a

criminalizzare la categoria427. E questo è particolarmente evidente nel caso delle persone senza

dimora. Dal momento in cui le ordinanze vietano attività e comportamenti necessari alla sopravvivenza dei senza dimora, questi ultimi, che non hanno alternative se non vivere nello spazio pubblico, non solo sono criminalizzati ma la loro vita è resa impossibile, non potendo sopravvivere fisicamente ed economicamente senza infrangere la legge. Scrive Mitchell: «annientando effettivamente gli spazi in cui i senza dimora devono vivere, queste leggi cercano semplicemente di annientare i senza dimora stessi... L'intento è chiaro: controllare il comportamento e lo spazio in modo che i senza dimora non possano fare ciò che è necessario per sopravvivere senza infrangere la legge. La stessa sopravvivenza è criminalizzata... In altre parole, stiamo creando un mondo in cui un'intera classe di persone semplicemente non può esistere, poiché non hanno alcun luogo in cui esistere»428. Eppure, nonostante diversi autori sottolineino che la criminalizzazione è “disumana”,

“controproducente” e “soggetta a contestazione costituzionale”429, la tendenza è in aumento430.

Nel documento Persone senza dimora e spazio pubblico (pagine 93-95)