• Non ci sono risultati.

Il disegno della ricerca e metodologia

Nel documento Persone senza dimora e spazio pubblico (pagine 131-143)

PARTE SECONDA

3. Il disegno della ricerca e metodologia

Per rispondere a queste domande, il disegno della ricerca è stato modellato su una metodologia di tipo prettamente qualitativo, con lo scopo principale di descrivere il fenomeno in due specifici contesti urbani. In particolare, il lavoro sul campo, per entrambe le realtà analizzate, ha privilegiato l'osservazione diretta e sistematica degli spazi pubblici urbani oggetto di indagine e la somministrazione di interviste in profondità a testimoni privilegiati e significativi, ossia persone che, per il ruolo sociale ricoperto, hanno una conoscenza approfondita dei territori oggetto d'indagine. Accanto a questi, sono stati adottati altri strumenti di indagine, quali colloqui con persone senza dimora, oltre all’analisi di documenti di vario genere (politiche sociali, regolamenti, ordinanze, ecc.), e strumenti propri della sociologia visuale. Aspetto di fondamentale importanza è che, nel caso della ricerca qualitativa interpretativista, l’elaborazione teorica e la ricerca empirica procedono intrecciate e vanno di pari passo. Dunque, fin dall’inizio, non mi sono posta ipotesi e domande di ricerca troppo rigide, essendo la formulazione iniziale di una teoria un possibile condizionamento che avrebbe potuto impedirmi di comprendere il tema sotto indagine.

3.1. Strumenti di indagine: alcune considerazioni preliminari

La scelta del metodo qualitativo non è avvenuta a priori ma è stata una necessità verso la quale mi ha condotto l’oggetto stesso della ricerca. In generale, è noto che la scelta della metodologia da impiegare dipende dallo specifico obiettivo cognitivo del ricercatore595. Non vi deve essere dunque alcun pregiudizio nei confronti di questa o quella metodologia596. In particolare, in questa sede, si è

resa necessaria l’adozione di strumenti di rilevazione che fossero flessibili, esplorativi, descrittivi,

595Diana P., Montesperelli P., Analizzare le interviste ermeneutiche, Carrocci, Roma, 2005

596Cipriani R., Cipolla C., Losacco G., La ricerca qualitativa fra tecniche tradizionali ed e-methods, FrancoAngeli,

130

adattabili, interattivi ed induttivi, e che dessero, dunque, la possibilità di scavare nel dettaglio, di studiare in profondità pochi casi, rilevando il non misurabile e il non standardizzabile, favorendo il “contesto della scoperta”597. In tal senso non è da trascurare l’effetto serendipity, che spesso nella

scienza ha svolto un ruolo determinante. Il metodo qualitativo è apparso più adatto alle finalità dello studio, favorendo, in sede conclusiva, l’emergere di una “narrazione”598. La presentazione dei risultati

avviene infatti secondo una prospettiva narrativa, sviluppandosi attraverso racconti di episodi, descrizione di casi e brani di interviste. L’approccio qualitativo consente infatti un’approfondita conoscenza dei fenomeni sociali. In particolare, gli strumenti di cui si avvale producono resoconti, analisi e descrizioni approfondite della realtà sociale in pochi casi particolari ma rilevanti e cercano di spiegare come e perché accadono determinati fenomeni.

L’intervista qualitativa è: «una conversazione provocata dall’intervistatore, rivolta a soggetti scelti sulla base di un piano di rilevazione e in numero consistente, avente finalità di tipo conoscitivo, guidata dall’intervistatore, sulla base di uno schema flessibile e non standardizzato di interrogazione»599. Le interviste qualitative sono, dunque, conversazioni “estese” tra il ricercatore e l’intervistato, durante le quali il ricercatore cerca di ottenere informazioni quanto più dettagliate e approfondite possibili sul tema della ricerca. Questa tipologia di intervista consente di andare in profondità e di scoprire il nascosto e l’imprevisto. In particolare, l’intervista, rivolta a soggetti selezionati secondo un piano di rilevazione, è guidata dall’intervistatore sulla base di uno schema di interrogazione flessibile e non standardizzato. Questo significa che la conduzione può variare sulla base delle risposte date dall’intervistato. Tuttavia, anche se l’intervista non è standardizzata, essa non è lasciata al caso. L’intervistato viene scelto sulla base di determinate caratteristiche che attengono al suo vissuto personale o all’appartenenza ad un determinato gruppo sociale. Lo scopo non è giungere alla generalizzazione dei risultati, ma rilevare ogni informazione possibile sul fenomeno oggetto di ricerca. Inoltre, ciò che conta per quanto riguarda il campione non è la sua rappresentatività, ma la probabilità che i gruppi di popolazione da coinvolgere offrano una percezione/opinione più completa possibile del fenomeno oggetto di studio. In tal senso, non si parla di campione ma di gruppo di riferimento, usato per studiare mondi sociali statisticamente poco significativi e difficilmente definibili. In generale, il problema del campionamento e della rappresentatività non si pongono nell’approccio di tipo qualitativo e la selezione dei testimoni non è stabilita a priori ma subisce

597Reichenbach H., Experience and prediction. An Analysis of the Foundation and Structure of Knowledge, The

University of Chicago Press, Chicago/Illinois, 1938

598Altieri L., “Tecniche dell’osservazione, dell’intervista, della narrazione”, in Altieri L., Valutazione e partecipazione.

Metodologia per una ricerca integrativa e negoziale. Angeli, Milano, 2009, pagg. 349-366

131

variazioni in corso d’opera. In particolare, è necessario seguire i tre criteri di selezione indicati da Altieri: la significatività, la differenziazione e la saturazione600.

Attraverso la conduzione di interviste qualitative, il ricercatore dispone di narrazioni registrate e trascritte integralmente. L’analisi dei testi che ne segue non è impersonale ma neanche arbitraria601.

In particolare, le interviste forniscono materiale sulla cui base occorre lavorare per arrivare a formulare un’interpretazione. L’analisi del contenuto propria delle interviste di tipo qualitativo si presta dunque all’interpretazione, attraverso lo svolgimento di due operazioni: 1) una scomposizione analitica, classificando i contenuti dell’intervista sulla base del tema cui si riferiscono; 2) ricomposizione interpretativa, in cui ogni elemento rilevante emerso dalla prima scomposizione viene comparato con le dichiarazioni, sullo stesso argomento, degli altri testimoni602.

Cosa si intende per osservazione? Osservare, nelle parole di Silverman, non è altro che esaminare, ascoltare, registrare603. Ancora Altieri sottolinea come l’osservazione vada intesa come modalità specifica di rilevazione sul campo, cha va valorizzata in quanto offre notevoli potenzialità. In particolare, il ricercatore è in grado di osservare direttamente con i propri occhi il mondo che vuole studiare, mettendo direttamente in contatto la sua soggettività con gli eventi da analizzare. Si tratta, dunque, di una tecnica per conoscere in modo non superficiale e non parziale un dato oggetto di studio. Ovviamente, mette in guardia il sociologo bolognese, osservare non significa guardarsi attorno nel modo in cui tutti gli attori sociali lo fanno, ma implica “guardare con attenzione ed interesse cognitivo”. Non è realistico per il ricercatore spogliarsi del tutto della sua soggettività; piuttosto occorrono procedure rigorose che guidino il lavoro di osservazione604. In conclusione, l’osservazione,

come parte essenziale e centrale della ricerca, permette di cogliere la complessità dei problemi, la molteplicità degli aspetti.

Aspetto cruciale dell’osservazione in questo lavoro è il focus dell’analisi, ossia lo spazio pubblico. Il lavoro di osservazione è consistito dunque nell’osservare direttamente e sistematicamente gli spazi pubblici significativi nelle due realtà studiate. In tal senso, mi sono posta come osservatore esterno e non si sono posti i problemi relativi al guadagnarsi l’accesso605 al campo da osservare.

L’osservazione, in particolare, è stata accompagnata dalla raccolta su taccuino di note sul campo basandomi su alcune linee guida che ne hanno orientato la raccolta (usi e users degli spazi pubblici osservati, eventuale presenza di persone senza dimora e relazioni tra popolazioni eterogenee). Perché, a malincuore, non ho proteso per l’osservazione partecipante? Purtroppo, l’osservazione partecipante

600Altieri L., “Tecniche dell’osservazione, dell’intervista, della narrazione”, op.cit., pag. 353 601Diana P., Montesperelli P., Analizzare le interviste ermeneutiche, op.cit.

602Altieri L., “Tecniche dell’osservazione, dell’intervista, della narrazione”, op.cit., pag. 357 603Silverman D., Manuale di ricerca sociale e qualitativa, Carrocci, Roma, 2008, pag. 81

604Altieri L., “Tecniche dell’osservazione, dell’intervista, della narrazione”, op.cit., pagg. 331-333 605Ibidem, pag. 95

132

non sempre è fattibile. In questo specifico caso, come avrei potuto prendere parte al mondo dei senza dimora? Infatti, non solo la popolazione in questione è nota per essere difficilmente accessibile, ma anche il fatto che io sono donna avrebbe complicato le cose. Dormire in stazione e prendere parte al rituale della bevuta dei senza dimora non mi sono sembrate strade percorribili. In tal senso, il genere è sicuramente un fattore che impatta la ricerca sociale606.

Infine, qualche parola sulla sociologia visuale, essendo le immagini parte integrante del mio lavoro sul campo. Faccioli e Losacco parlano delle immagini come narrazioni visuali607. I due sociologi, in particolare, distinguono tra il lavorare con le immagini e il lavorare sulle immagini. Il presente lavoro si colloca nell’ambito del primo modo di fare sociologia visuale, producendo e presentando immagini che funzionano da sostegno visivo alle riflessioni che si leggono nel testo. Scrivono, infatti, gli autori: «quando un ricercatore produce immagini nel corso di un’attività di ricerca sul campo, o le usa come strumenti per raccogliere informazioni siamo nel campo della sociologia con le immagini»608.

3.2. Fasi della ricerca

Il disegno della ricerca si sviluppa lungo sei fasi di lavoro. Si tratta di fasi che non seguono una logica progressiva, piuttosto, queste sono profondamente interconnesse. Tuttavia, i piani di analisi su cui mi concentro sono tenuti, fin dal principio, sempre analiticamente distinti.

La prima fase è consistita in una estesa e approfondita ricerca bibliografica e in un'accurata analisi delle fonti, più o meno recenti, presenti in letteratura sul tema “spazio pubblico-senza dimora”. Tuttavia, la ricerca bibliografica, seppur distintiva della prima fase del lavoro, sottostà all'intera ricerca di dottorato. I risultati di questa prima fase sono stati presentati nei primi capitoli, ripercorrendo un excursus della letteratura sociologica che riguarda lo specifico rapporto tra persone senza dimora e spazio pubblico urbano. In particolare, si sono voluti individuare i fattori e le dimensioni che emergono come centrali nella (ri)definizione del rapporto in questione. A tal fine, è stato presentato un quadro generale della situazione nel contesto americano ed europeo, prendendo in considerazione quegli autori che trattano del tema a livello internazionale. In particolare, sono stati analizzati i contributi teorici e alcune ricerche empiriche e che riguardano alcune città americane (New York, Los Angeles ed altre) così come le città di alcuni paesi europei. Il primo step della ricerca, dunque, non si è limitato ad analizzare la letteratura sui senza dimora, da un lato, e dello spazio

606Ibidem, pag. 98

607Faccioli P., Losacco G., Manuale di sociologia visuale, Franco Angeli, Milano, 2003 608Idibem, pag. 34

133

pubblico, dall’altro. Piuttosto, si è trattato di estrapolare tutti gli elementi alla base del rapporto tra i primi e il secondo.

Dopo aver presentato ciò che emerge a livello internazionale per quanto attiene il rapporto tra senza dimora e spazio pubblico, si è passati all’analisi e alla presentazione di alcune stime, volte a specificare l'andamento numerico della popolazione senza dimora nelle realtà urbane indagate. Si sono così utilizzate “fonti secondarie”, procedendo secondo tre livelli di analisi, ossia: europeo, nazionale (Italia e Paesi Bassi) e locale (Bologna e Amsterdam). A tal fine, sono stati consultati e analizzati i dati statistici di alcune banche dati (Istat e CBS per il dato nazionale e locale) e di alcune associazioni (FioPsd e Feantsa per il dato europeo). Al contempo, si è specificata la modalità con cui tali stime sono costruite e calcolate, sottolineando il noto problema di attendibilità dei dati quando ci si confronta con una popolazione marginale come quella delle persone senza dimora. In particolare, è noto che i dati statistici che li riguardano non sono affatto completi o affidabili. Basta considerare il caso, ad esempio, di tutti quei senza dimora “nascosti” che non sono inclusi nel conteggio.

Dopo aver mostrato una panoramica sull’andamento numerico delle persone senza dimora nei due contesti, è iniziata la terza fase, quella della ricerca sul campo vera e propria che ha privilegiato, parallelamente, due strumenti di indagine. Nello specifico, mi concentro su un'analisi dei due contesti mirata a delineare una mappatura degli spazi pubblici che emergono come rilevanti ai fini dello studio dell'esclusione spaziale dei senza dimora. In particolare, in questa fase sono stati utilizzati parallelamente due strumenti di indagine: le interviste in profondità e l’osservazione diretta. I due strumenti sono stati adoperati al fine di individuare più piani di analisi, da tenere analiticamente distinti. In primo luogo, l’attenzione in questa fase verte sull’individuazione delle aree in cui si concentrano le persone senza dimora. Uno degli obiettivi di questa fase è dunque delineare il circuito di sopravvivenza delle persone senza dimora, in rapporto ai bisogni primari e secondari da soddisfare, nei due contesti urbani presi in esame. Per raggiungerlo, mi sono avvalsa dell'ausilio dell'associazionismo (Piazza Grande, La Strada, l'Antoniano, la Caritas e altre per il contesto bolognese; HVO Querido, De Regenboog Groep, Leger des Heils e altre per Amsterdam), procedendo a una mappatura dei luoghi più importanti nella quotidianità degli individui senza dimora e alla descrizione di come vengono usati e perché.

Le interviste in profondità sono state condotte con testimoni significativi e privilegiati, ossia: «persone che, per la loro posizione, come pure relativamente alla conoscenza del problema che si sta studiando, o ancora in quanto referenti di un gruppo o di una comunità hanno una visione d’insieme, diretta e profonda del fenomeno»609. In particolare, gli intervistati (operatori sociali, pubblici ufficiali,

609Gianturco G., “Testimoni privilegiati”, in Cavallaio R., Lexicon. Lessico per l’analisi qualitativa nella ricerca sociale,

134

ufficiali deputati all’ordine pubblico, avvocati, ecc.) sono stati selezionati a partire dalla loro significatività e non rappresentatività, tramite un campionamento teorico a palla di neve: i primi testimoni ascoltati, tramite la loro rete sociale e professionale, mi hanno riferito di altri possibili partecipanti da contattare.

È stata privilegiata la forma di intervista in profondità in modo da stimolare il racconto da parte degli intervistati, messi in grado di narrare il loro modo di vedere il problema. Ma sempre indirizzando la conversazione «verso un tema specifico, ritagliando dunque uno spazio narrativo limitato sin dal principio»610. In particolare, mi sono avvalsa: «di una lista di temi, ma con la facoltà di modificarne

sia la natura sia la successione, seguendo il filo del discorso dell’intervistato e consentendogli divagazioni»611.

Come sottolineano Diana e Montesperelli: ««questo tipo di interviste parte dal principio di centralità dell’intervistato: è lui il vero esperto della propria biografia e del proprio mondo della vita quotidiana, per cui va ascoltato attentamente»612. I testimoni privilegiati, partendo dal loro

“osservatorio privilegiato”613, hanno, infatti, permesso un prezioso confronto tra me e i miei

interlocutori.

Le interviste, in particolare, vertono su 3 temi principali, ossia:

 la quotidianità dei senza dimora;

 il rapporto tra spazio pubblico e senza dimora;  l’aspetto delle politiche pubbliche.

Le interviste, dunque, prendono in considerazione tre piani di analisi, da tenere analiticamente distinti.

Le interviste condotte sono state precedute da vari contatti per fissare un appuntamento. Nello specifico, gli intervistati sono stati contattati telefonicamente e/o via e-mail. Mi sono preoccupata di spiegare immediatamente a tutte le persone contattate quale fosse il mio ruolo, il tema della mia ricerca e il modo in cui sarebbe stato utilizzato il materiale raccolto. Non si è trattato di un approccio facile inizialmente, almeno nel caso di Amsterdam. Nel contesto bolognese, infatti, l’accesso al campo mi è stato assicurato da una persona di grande aiuto, un anello di congiunzione tra l’Università di Bologna e il mondo delle associazioni che lavorano con le persone senza dimora. Ad Amsterdam,

610Bichi R., L’intervista biografica. Una proposta metodologica, Vita e Pensiero, Milano, 2004, pag. 50

611Fideli R., Marradi A., “Intervista”, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, vol. V, Istituto della Enciclopedia Italiana,

Roma, 1996, pagg. 71-82

612Diana P., Montesperelli P., Analizzare le interviste ermeneutiche, op.cit., pag. 31

135

invece, ho portato avanti quella che si può definire una “battaglia sul campo”, in cui mi hanno aiutato la mia testardaggine e costanza. Inizialmente, ho contattato telefonicamente i primi potenziali interlocutori, molti dei quali hanno immediatamente rifiutato. Allora, consultando su internet gli orari di apertura e la dislocazione dei vari servizi e centri dedicati ai senza dimora, ho deciso di recarmi direttamente sui posti di lavoro di queste persone e di incontrarle. L’approccio faccia a faccia si è rilevato senza alcun dubbio fruttuoso. La perseveranza e il “metterci la faccia” mi hanno infatti permesso l’accesso a un mondo che all’inizio sembrava del tutto impossibile raggiungere. Così, nonostante un difficile inizio, tutti i potenziali testimoni contattati sono diventati intervistati effettivi.

Le interviste condotte, in entrambi i contesti sotto indagine, sono state audioregistrate. Ho subito dichiarato agli intervistati della presenza del registratore ed, ovviamente, ho chiesto loro il consenso a poterlo usare. Ho assicurato l’anonimato a ciascuno di loro, spiegando con esattezza come sarebbero state usate le interviste. Da questo punto di vista, non vi sono state barriere. Non solo tutti gli interlocutori hanno accettato di essere registrati, ma ognuno di loro era, in realtà, ben predisposto a “metterci la faccia”. Ciononostante, si è comunque mantenuto l’anonimato di tutti.

Le interviste condotte, in entrambi i contesti, hanno avuto una durata variabile, dai quarantacinque minuti ad un’ora e mezza. Per quanto riguarda il contesto dell’intervista, questo è sempre stato scelto dall’interlocutore. Nella maggior parte dei casi l’intervista è avvenuta nei luoghi di lavoro degli intervistati. Concluse le interviste si è provveduto a trascriverle integralmente, parola per parola (verbatim), e si è proceduto alla loro analisi.

L’ascolto dei diversi attori sociali, essendo tutti con ruoli e funzioni diverse protagonisti del problema, si è rilevato altamente efficace e produttivo. Gli intervistati, testimoni preziosi per esplorare il terreno sotto indagine, hanno infatti fornito tutta una serie di contributi che hanno permesso di approfondire gli aspetti sociali, storici e politici delle aree esaminate e la loro relazione con le persone senza dimora.

Parallelamente, questa fase è consistita in un ulteriore approfondimento sul campo, basato prevalentemente sull'osservazione diretta e sistematica degli spazi pubblici considerati importanti per i senza dimora. In particolare, ho camminato nei parchi, nelle strade, attraverso le strade del centro storico nei vari momenti della giornata, della settimana e dei mesi, prendendo nota di tutto ciò che vedevo. Qui il problema dell’accesso è evitato perché chiunque può avere accesso allo spazio pubblico e non occorre alcun processo di negoziazione. Questo lavoro è risultato in una collezione di note etnografiche raccolte su un taccuino. Obiettivo di questo lavoro etnografico sul campo è stato quello di evidenziare le principali caratteristiche (aspetti ambientali, fisici e sociali) degli spazi pubblici significativi e di presentarli nella loro atipicità. In particolare: cosa c'è in questi spazi che attrae i senza dimora? Perché stanno lì? In questa fase, una particolare attenzione è rivolta alle pratiche

136

e agli usi dello spazio pubblico da parte dei senza dimora, alle interazioni quotidiane con le altre popolazioni urbane e alle dinamiche sociali che si creano.

Il lavoro di osservazione e la conduzione di interviste hanno avuto, ovviamente, tempi diversi a seconda del contesto: a Bologna l’osservazione diretta è stata svolta tra settembre 2014 per interrompersi a fine ottobre 2015 e riprendere a giugno 2016 fino a settembre 2017. A partire dal mese di luglio del 2015 è inoltre iniziata la fase di somministrazione delle interviste in profondità a testimoni privilegiati e soggetti direttamente coinvolti, a vario titolo, nelle dinamiche sotto esame. In totale sono state realizzate 15 interviste (tabella 1).

Tabella 1) Enti- servizi- organizzazioni e istituzioni coinvolti nelle interviste per la città di Bologna (ordine cronologico)

Ente-servizio-organizzazione-istituzione Data somministrazione intervista

Centro di Ascolto Caritas 22-07-2015

Progetto Tutti a casa- Housing First Cooperativa La Strada 22-07-2015 Cooperativa sociale La Strada di Piazza Grande 08-09-2015

Servizio Sociale Bassa Soglia 15-09-2015

Antoniano Onlus 22-09-2015

Centro d'Accoglienza Rostom 23-09-2015

Centro d’Accoglienza Beltrame 29-09-2015

Centro d’Accoglienza Casa Willy 30-09-2015

Rifugio Notturno della Solidarietà 01-10-2015

Laboratorio E20 02-10-2015

Happy Center Bolognina 06-10-2015

Unità di Strada Open Group 07-10-2015

Help Center Stazione Centrale 15-10-2015

Housing First Co.Bo e Progetto Tutti a Casa adulti 09-06-2016 Comune di Bologna- Area benessere di comunità- Adulti

vulnerabili, inclusione sociale e politiche attive del lavoro

01-07-2016

Per quanto riguarda il secondo contesto urbano oggetto d'indagine, Amsterdam, le osservazioni sono state svolte tra ottobre 2015 e maggio 2016 e sono consistite nell'osservare sistematicamente, nei vari momenti della giornata e nei vari giorni della settimana, gli spazi pubblici della città. Sono state inoltre somministrate 18 interviste in profondità a testimoni privilegiati, in quanto coinvolti a vario titolo nel tema oggetto di indagine nella realtà della città olandese (tabella 2). Tra queste, vi è

137

anche un’intervista che definisco “mobile”, condotta, in particolare, durante una notte in cui ho preso

Nel documento Persone senza dimora e spazio pubblico (pagine 131-143)