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Il disordine urbano nelle politiche di sicurezza

Nel documento Persone senza dimora e spazio pubblico (pagine 56-60)

Chi si occupa di sicurezza, ed in particolare di sicurezza urbana, di una città sa che questa definizione non riguarda unicamente gli atti cosiddetti criminosi e che investe invece uno spettro molto ampio di contesti che includono il rischio reale, la paura, il disagio, la percezione. In particolare, da alcune ricerche emerge che sono tre le componenti principali che generano la domanda di sicurezza223:

• l’insicurezza civile, legata al rischio effettivo di essere vittima di violenze, intimidazioni o aggressioni (reati predatori, micro e macrocriminalità, ecc.);

• lo stress culturale, derivante dalla percezione di estraneità e di isolamento legata al rapido cambiamento del proprio ambiente di vita;

• il disagio dovuto al “disordine urbano”, comprendente due dimensioni: i fattori di “disordine fisico o ambientale” e i fattori di “disordine sociale”.

Dunque, la richiesta di sicurezza da parte dei cittadini non è indirizzata solo alla criminalità ma è rivolta a tutti gli elementi che tendono a rendere lo spazio urbano un'area "insicura". Questo “concetto allargato”224 è importante per poter collocare in modo corretto il rapporto fra urbanistica e

sicurezza, in quanto, “allarga”, appunto, l'interesse della prevenzione urbanistica a tutto ciò che rende insicuro l'ambiente urbano, non limitandosi al solo aspetto legato alla criminalità, che pur rimane fondamentale nei confronti della prevenzione in tema di sicurezza urbana.

Ai fini della mia ricerca, di particolare interesse appare la terza categoria individuata dall'Anci, quella del disordine urbano, in particolare nella sua declinazione sociale, dove il disagio che ne deriva va considerato come una delle tante espressioni di un sentimento più ampio: la paura, sentimento soggettivo, non necessariamente legato all'aumento del rischio, ma derivante da una serie di fattori molto più ampi e spesso molto lontani dal contesto specifico in cui si ha paura225.

Quali sono i fattori di disordine urbano che, soprattutto nello spazio pubblico, intimoriscono i cittadini? Il disordine urbano ha a che vedere con le cosiddette incivilities, o con ciò negli Stati Uniti viene chiamato early warning signal (comportamenti e presenze sgradite, segni di degrado e incuria, rumori), segnali che permettono di identificare lo “street code” o la “street etiquette”. Il tema delle

223Consiglio Nazionale Anci, “Esame delle problematiche e delle proposte in materia di sicurezza urbana”, 5 febbraio

2009, www.anci.it

224Cardia C., “La sicurezza dell'ambiente urbano”, Laboratorio Qualità urbana e Sicurezza, DiAP- Politecnico di Milano,

Milano, 2005

225Chiesi L., “Le inciviltà: degrado urbano e insicurezza”, in Salmini R., La sicurezza urbana, Il Mulino, Bologna, 2004,

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inciviltà si pone a livello internazionale con la teoria delle “broken windows” (finestre rotte) proposta da Wilson e Kelling; il concetto di base si fonda sulla convinzione che se in un edificio i vetri rotti non vengono riparati: «la tendenza, per i vandali, è quella di romperne altri» fino ad arrivare: «a occuparlo o ad accendere fuochi all'interno»226. In altri termini, se il degrado ambientale e sociale

non viene controllato, lo stesso può incentivare la proliferazione della criminalità. L’impatto di questa teoria sull’opinione pubblica si rivela vincente, tanto da alimentare molte politiche anticrimine statunitensi, compresa la famosa “tolleranza zero” del sindaco di New York Rudolph Giuliani. Le “inciviltà” sono fenomeni che pur non rientrando in ambito penale, manifestandosi producono una intensa domanda di sicurezza da parte dei cittadini227. Se questi hanno costanza nel tempo, infatti,

contribuiscono enormemente all'aumento dell'insicurezza urbana dato che la maggior parte dei cittadini li interpreterà come segnali dell'assenza delle istituzioni e come un'ostentata offesa alle norme di comportamento comunemente ammesse. Dunque, non è il singolo disordine o la singola inciviltà a non essere tollerata dalla collettività ma l'accumulo dei segni di inciviltà negli spazi pubblici228.

Generalmente, all'interno dei “segni di inciviltà e del degrado urbano” si distingue tra fenomeni di disordine fisico e sociale229. A questo proposito, prenderò in prestito sia un elenco presente in un

lavoro di Angelino Mazza230, La gestione securitaria degli spazi urbani come deriva delle politiche

integrate di sicurezza urbana: i casi di Barcellona e Bologna, sia altri aspetti che emergono in un lavoro di Nobili, Disordine urbano e insicurezza: una prima indagine a Bologna231.

Tra i fattori di “disordine fisico”, ossia: «segni permanenti del territorio che attribuiscono un'immagine ostile ad un determinato spazio urbano»232, abbiamo:

• abbandono, scarsa illuminazione, percorsi non chiari; • muri ciechi, recinzioni non trasparenti;

• alberi e piante divelte, arredi rotti, cabine telefoniche danneggiate o panchine sfondate;

226Wilson J.Q., Kelling G.L., “Broken windows; the police and the neighborhood safety”, in The Atlantic Monthly, New

York, Marzo 1982, pagg. 29-38

227Rochè S., Tolérance Zero? Incivilités et insécurité, Odile Jacob, Paris, 2002 228Ibidem

229Vedi Barbagli M., “L'insicurezza nelle città italiane”, in Barbagli M., Egregio signor sindaco. Lettere dei cittadini e

risposta dell'istituzione sui problemi della sicurezza, Il Mulino, Bologna, 1999, pagg. 9-55; Sampson R.J., Raudenbush

S.W., “Systematic social observation of public spaces: a new look at disorder in urban neighborhoods”, in American

Journal of sociology, vol. 105, n.3, 1999, pagg. 603-651; Skogan W.G., Disorder and decline: crime and the spiral of decay in American neighbourhoods, University California Press, Berkeley, 1990

230Mazza A., “La gestione securitaria degli spazi urbani come deriva delle politiche integrate di sicurezza urbana: i casi

di Barcellona e Bologna”, www.fedoa.unina.it, pagg. 132-133

231Nobili G.G., “Disordine urbano e insicurezza: una prima indagine a Bologna”, in Quaderni di città sicure, n.28, 2003,

pagg. 91-122

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• accumulo di sporcizia e rifiuti in strada, escrementi; • presenza di graffiti;

• case vuote ed edifici abbandonati o in cattive condizioni, vetri rotti; • auto e motorini abbandonati;

• cassonetti incendiati, lavatrici e frigoriferi lasciati per strada; • buche, fognature non funzionanti.

Le inciviltà fisiche possono essere attive, ossia intenzionali (ad esempio, danneggiare una cabina telefonica), o passive, non intenzionali (si pensi all'incuria di una casa abbandonata).

Il disordine sociale, invece: «riguarda la presenza nel territorio di particolari soggetti potenzialmente pericolosi o fastidiosi oppure di specifici eventi che rivelano situazioni di conflitto e che quindi suscitano stati d'ansia e paura nella collettività»233. In particolare, comprende:

• gruppi di giovani che schiamazzano; • accattonaggio aggressivo;

• giochi violenti, skateboard, corse con i motorini sui marciapiedi o nei parchi; • gruppi di giovani con cani;

• dormitori e bivacchi negli spazi pubblici;

• presenza di tossicodipendenti, immigrati, nomadi, senza dimora; • orinare in pubblico;

• vandalismo;

• violenza sessuale, atti osceni; • aggressioni, rapine;

• risse, intimidazioni, minacce; • prostituzione;

• spaccio e consumo di droghe.

Questo elenco non esaurisce tutti i casi possibili di disordine urbano, tuttavia ciò che si vuole sottolineare è come gli stessi siano capaci di accrescere l'insicurezza dei cittadini, data la loro caratteristica di visibilità234, nel senso che si impongono agli occhi di tutti.

Un altro aspetto che può aiutare a comprendere meglio il ruolo dell'urbanistica è considerare

233Ibidem

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l’insieme delle politiche utilizzate oggi per ottenere un certo livello di sicurezza urbana. In particolare, si hanno tre grandi categorie235:

 un primo approccio fa riferimento principalmente al controllo attraverso due strumenti: la legge, in particolare l'efficacia del sistema di giustizia, e interventi di rafforzamento dell'ordine pubblico da parte delle diverse forze dell'ordine. Si tratta di quello che gli americani chiamano law and order;

 un secondo approccio concentra la propria attenzione sulla prevenzione del crimine in termini sociali (politiche di inclusione e coesione sociale, mediazione culturale, ecc.);

 un terzo approccio mira a intervenire sull'ambiente urbano, la città e i suoi spazi pubblici, per evitare che questi diventino o siano percepiti come luoghi insicuri, agendo sia sulla prevenzione del crimine che sulla rassicurazione dei cittadini. In questo tipo di azione rientrano gli interventi di riqualificazione urbana, la mobilitazione dei cittadini, così come strategie meno evidenti, come l'uso di arredo “escludente” per allontanare certi “individui sociali problematici e disturbanti”.

L'ultimo approccio, quello ambientale, è quello in cui, ovviamente, si muove la progettazione urbanistica. I tre approcci appena delineati corrispondono, rispettivamente, alle tre tipologie di politiche individuate da Amendola: politiche repressive, politiche preventive e politiche “situazionali”. Con queste ultime si intendono: «azioni e politiche tendenti a contrastare il pericolo e la paura agendo sul contesto in cui il reato deve avvenire o si ritiene che possa avvenire. Questa, quindi, proprio per la sua definizione è la tipica politica urbana, perché la città è, per definizione, il contesto del crimine»236. Tali politiche si traducono in due tipologie di azione principali: il panopticon

e la fortezza237. Amendola ci offre anche un'altra utile distinzione nelle politiche di sicurezza urbana,

ossia tra politiche di sicurezza e politiche di rassicurazione238. Le prime sono mirate al contrasto del

pericolo, le seconde, invece, a rassicurare i cittadini e a diminuire la paura o la percezione di insicurezza. Anche i titolari di queste strategie sono differenti: la sicurezza è monopolio assoluto dello Stato centrale, mentre i poteri locali giocano invece un ruolo centrale in tema di tranquillità collettiva.

235Cardia C., “La sicurezza nella progettazione architettonica ed edilizia”, in Quaderno 2-supplemento al n.17 di

Metronomie, Atti del convegno “La sicurezza nella progettazione urbana, Bologna, 2000, pagg. 30-31

236Amendola G., “I nuovi scenari della città contemporanea”, www.sociologia.unical.it, pag. 58 237Ibidem

238Amendola G., “La paura diffusa e la domanda di sicurezza nella città contemporanea”, in Quaderno 2- Supplemento al

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