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Lo spazio pubblico urbano

Nel documento Persone senza dimora e spazio pubblico (pagine 47-56)

Cos'è uno spazio pubblico? Si tratta di una domanda specifica, alla quale, tuttavia, oggi sembra difficile dare una risposta. Darne una chiara ed adeguata definizione da una prospettiva sociologica risulta senza dubbio un compito estremamente complesso in quanto sono vari i fattori da tenere in considerazione: le dimensioni giuridica, funzionale, normativa, sociale e simbolica emergono tutte come centrali. Inoltre, ogni paese ed ogni contesto urbano hanno la propria storia e la propria cultura, con diverse condizioni sociali ed economiche, e la natura e il carattere dello spazio pubblico sono strettamente legati alla natura e al carattere propri di ogni città. Nonostante le composizioni sociali e spaziali delle città nel mondo differiscano in modo considerevole, è comunque possibile rintracciare alcune caratteristiche comuni allo spazio pubblico e osservarne alcuni trend generali.

La letteratura accademica non offre una definizione generale e univoca dello spazio pubblico. Piuttosto, sono rinvenibili significati multipli, e talvolta contradditori, del concetto. Sicuramente, gli spazi pubblici come strade e piazze sono elementi strutturali di grande importanza che caratterizzano ogni spazio urbano. Rappresentano parte integrante della città e dell’urbanità e risultano componenti necessari di ogni società aperta. In generale e in termini piuttosto banali, si considera pubblico uno spazio gratuito che sia idealmente aperto e accessibile a tutti, uno spazio in cui: «ci si dovrebbe aspettare di incontrare e confrontarsi con coloro che sono diversi, le cui prospettive sociali, esperienze e affiliazioni sono diverse»183. Alfredo Mela, ad esempio, lo definisce così: «un territorio

non appropriato da nessuno: è un punto di incontro su cui tutti possono accampare gli stessi diritti. Una strada, una piazza, un parco comunale sono di tutti e di nessuno in particolare; stabilire un contatto in quei luoghi non vuol dire certamente vedere annullate le disuguaglianze sociali, ma, quantomeno, significa trovarsi su di un terreno neutro, che non predetermina l'esito del confronto»184.

Ancora, Carr et al. descrivono gli spazi pubblici urbani come: «luoghi aperti e accessibili al pubblico dove le persone vanno per compiere attività di gruppo o individuali»185. Secondo gli autori, in

particolare, questi spazi sono luoghi deputati agli incontri inaspettati, al discorso pubblico, allo svago e al passaggio. Similmente, secondo Brunt e Deben: «lo spazio pubblico è per definizione accessibile

183Young I., Justice and the politics of difference, Princeton University Press, Princeton, New Jersey, 1990, pag. 119 184Mela A., Sociologia delle città, Carrocci Editore, Roma, 1996, pag.156

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a chiunque e utilizzabile per diverse attività. (…) Senza chiedere il permesso, le persone possono accedervi, usarlo come luogo di passaggio, come un posto dove sedersi, incontrare gli altri, fare affari, osservare. Quanto spesso e per quanto tempo uno voglia, giorno e notte, in estate o in inverno, e non importa essere ricco o povero, maschio o femmina, nero o bianco»186. In altre parole, questi

autori evidenziano tre importanti caratteristiche dello spazio pubblico: l’accessibilità, la gratuità e la possibilità di scambi e interazioni.

Se ci riferiamo ad un luogo qualunque della città (una piazza, un cinema, una stazione ferroviaria) possiamo cogliere almeno due significati, intrinseci, dello spazio pubblico. In primo luogo, si tratta di uno spazio fisico che, con le sue estensioni, i suoi limiti e il suo spazio architettonico, definisce l’immagine della città formale differenziandola dalle altre. A questo proposito va sottolineato come il recente dibattito sul tema stia portando la definizione di spazio pubblico oltre la struttura fisica che lo contraddistingue. In particolare, alcuni autori fanno riferimento a forme di spazio pubblico di tipo virtuale, come Internet e le chat room. In questa sede non si intende negare l’emergere di questa nuova tipologia di spazio pubblico, tuttavia, ai fini della mia ricerca, mi focalizzo sulla concreta espressione spaziale dello spazio pubblico. In secondo luogo, si tratta di uno spazio relazionale: lo spazio pubblico assolve a una funzione di incontro sociale, offrendo l’opportunità per il contatto sociale. In particolare, è un luogo di scambio fatto di persone e di interazioni che possono essere più o meno conflittuali. In tal senso, lo spazio pubblico è ogni luogo della città nel quale coloro che entrano non sono predefiniti. Insomma, per accedervi non occorrono permessi: qui persone tra loro estranee si incontrano e interagiscono casualmente187. Lo spazio pubblico è, quindi, anche il

luogo dove l'eterogeneità si esprime in maniera più evidente e il luogo degli incontri fortuiti e della serendipità, termine che indica la capacità che hanno talvolta gli uomini di trasformare gli imprevisti o gli incontri sgradevoli in opportunità, in nuove relazioni, nuovi progetti, nuove idee188. Come

sostiene Craig Calhoun: «una delle caratteristiche sociali più importanti della città è quella di fornire spazi pubblici in cui persone estranee possono interagire e osservarsi a vicenda, discutere, imparare politicamente e crescere psicologicamente attraverso svariati contatti»189. In tal senso, l’accessibilità

va intesa sia in termini spaziali che sociali: lo spazio pubblico è accessibile fisicamente e socialmente a un mix di persone diverse.

Lo spazio pubblico occupa un'importante, seppur contestata, posizione nelle società democratiche190. Dall'accesso allo spazio pubblico, infatti, dipende la possibilità di far parte del

186Brunt L.N.J., Deben P.L.L.H., De ijle zone: het stedelijk wonen onder druk, Nethur, Utrecht, 2001, pag.13 187Bauman Z., Vita liquida, Laterza, Roma, 2006, pagg. 80-81

188Lèvy J., “Serendipity”, in EspacesTemps.net, Mensuelles, 13.01.2004

189Calhoun C., “Computer Technology, large scale social integration and the local community”, in Urban Affairs

Quarterly, vol. 22, n. 2, 1986, pag. 341

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“pubblico”, di prendere parte alla sfera pubblica in quanto cittadini. In tal senso, lo spazio pubblico è anche uno spazio politico. In quanto concetto, si può far risalire all’agorà dell'antica Grecia, mentre nel corso della storia si identifica via via nel foro, nei parchi, nelle piazze civiche e del mercato, nelle strade, fino a comprendere una vasta gamma di luoghi, spazi e istituzioni molto diversi fra loro. L'agorà greco rappresentava il luogo degli scambi e del dibattito, in cui i cittadini (gli uomini liberi) si recavano per incontrarsi, discutere, trattare, votare; insomma, i concetti di democrazia e cittadinanza si intrecciavano con lo spazio pubblico. Ma il “pubblico” che fruiva tali spazi, che vi interagiva e vi si incontrava, era attentamente selezionato e omogeneo nella sua composizione191. I

diritti di cittadinanza erano, infatti, riconosciuti a pochi privilegiati, mentre le donne, gli schiavi e gli stranieri erano esclusi dal dibattito pubblico. Sembra, dunque, che gli spazi pubblici, le strade, le piazze, i parchi della città, così come l'agorà greco o ancora i fori romani, non sono mai stati caratterizzati da un'inclusione totale. Piuttosto, come scrive Anna Minton: «la mancanza di inclusione, dunque, così come per la cittadinanza, caratterizza la natura dello spazio pubblico già in partenza»192. Anche Don Mitchell conferma questo aspetto, nel già citato studio su People's Park,

quando analizza l'importanza dello spazio pubblico nelle società democratiche. Secondo Mitchell gli spazi pubblici, dall'agorà alle nostre piazze: «non sono mai stati semplicemente spazi di libera, non mediata interazione; spesso costituivano spazi di esclusione»193. Ma, con riferimento agli spazi

pubblici urbani contemporanei, fortificati e spettacolarizzati, Mitchell va oltre, scrivendo che: «questi spazi dello spettacolo controllato accorciano la lista delle persone che hanno il diritto a formare “il pubblico”. Gli spazi dello spettacolo, del teatro e del consumo creano immagini che definiscono il pubblico, e queste immagini, appoggiate dalla legge, escludono come “indesiderabili” i senza dimora e gli attivisti politici. Poiché esclusi da questi spazi pubblici e pseudopubblici, la loro legittimità come membri del pubblico viene messa in discussione. E così, non rappresentati nelle nostre immagini del pubblico, sono esiliati in un regno al di fuori delle politiche perché banditi dagli spazi di incontro nella città»194.

Dunque, l'accessibilità è chiaramente una componente chiave degli spazi considerati comuni e condivisi. Come accennato, il criterio di accessibilità implica non solo che lo spazio pubblico sia fisicamente accessibile, ma, al contempo, che sia socialmente accessibile a una mescolanza di “pubblici” eterogenei tra loro. Gli spazi pubblici, infatti, facilitano l’accesso a rilevanti risorse e opportunità, sia in termini di beni materiali che di beni non tangibili. In tal senso, accessibile significa anche inclusivo: lo spazio pubblico accessibile, oltre a far sentire le persone benvenute in questo

191Ibidem, pag.116

192Minton A., “What kind of world we are building? The privatisation of public space”, 2006, www.rics.org, pag.9 193Mitchell D., “The end of public space? People's park, definitions of the public and democracy”, op.cit, pag.116 194Mitchell D., The right to the city. Social justice and the fight for public space, op.cit., pag. 141

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spazio, idealmente facilita gli incontri tra persone diverse, socialmente e culturalmente, risultando nello sviluppo di legami sociali e nel rafforzamento della tolleranza e della familiarità con l’alterità. L’accessibilità è determinata, nello specifico, sia dal design fisico che dalle norme che governano gli spazi pubblici. Infatti, tutti gli spazi, siano essi privati o pubblici, hanno regole. Insieme, le dimensioni dell’accessibilità e del tipo di controllo di uno spazio, che determina i “pubblici” e gli usi “legittimi”, potrebbero essere considerate quelle che più definiscono cosa sia pubblico, rispetto a ciò che intendiamo come privato. Lo spazio privato è uno spazio regolato da norme chiare e precise, quelle della proprietà privata, secondo le quali vi è un unico soggetto, il proprietario, ad essere legalmente ammesso ad accedervi (senza permesso) e ad avere il diritto di determinare chi può o meno entrare in questa stessa proprietà195, insieme alle norme comportamentali. Low e Smith, nel

delineare la differenza tra spazio pubblico e spazio privato, scrivono: «tradizionalmente lo spazio pubblico si distingue dallo spazio privato in termini di regole d'accesso, fonte e natura del controllo sull'accesso a uno spazio, comportamento individuale e collettivo sanzionato in specifici spazi e regole d'uso. Se lo spazio privato è demarcato e protetto da norme statuali che regolano l'uso della proprietà privata, lo spazio pubblico, lontano dall'essere libero di regolamentazione, è solitamente concepito come aperto a una maggiore o minore partecipazione pubblica»196. Quindi, anche se lo

spazio pubblico, a differenza di quello privato, è maggiormente aperto e “libero”, ciò non implica che non sia soggetto a norme, siano esse esplicite o implicite. In particolare, secondo Low e Smith, gli spazi pubblici e privati sono entrambi regolati, in termini di accesso e di uso, dalla legge, dalla cultura e dalle norme generali di comportamento. Questo implica che la concezione di che cosa sia uno spazio pubblico cambia a seconda delle diverse società, dei diversi luoghi e tempi. Anche Mitchell sostiene che lo spazio pubblico sia: «sempre storicamente e socialmente contingente»197. Low e Smith

continuano evidenziando come, oggi, il significato dello spazio pubblico sia fortemente legato alla contrapposizione tra spazio pubblico e spazio privato, essendo quest'ultimo prodotto della moderna società capitalistica. La categoria di spazio pubblico comprende una vasta serie di luoghi e istituzioni molto diversi fra loro, tra cui le strade, i parchi, i media, internet, i centri commerciali, le Nazioni Unite, i governi locali e i quartieri locali198, le cui funzioni e le cui regole di accesso e di uso sono

altrettanto diversificate. In particolare, i due autori, con riferimento allo spazio pubblico, scrivono: «la misura e il grado del suo carattere pubblico è diverso da caso a caso. Sia legalmente che culturalmente, il centro commerciale suburbano è un posto molto diverso dal parco nazionale o

195Waldron J., “Homelessness and the issue of freedom”, op.cit., pag. 296

196Low S., Smith N., The politics of public space, Routledge, New York, 2006, pagg.3-4 197Mitchell D., The right to the city. Social justice and the fight for public space, op.cit, pag.130 198Ibidem, pag. 3

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dall'interno di un aereo di linea. Chiaramente, quindi, il termine ha un'ampia definizione»199. In altri

termini, la “publicness”, ossia quanto pubblico sia uno spazio pubblico, è una questione di gradi. Dunque, i diversi spazi pubblici mostrano livelli diversi di accessibilità e controllo. A questo proposito, potrebbe essere utile distinguere tra due tipologie principali: da un lato, lo spazio propriamente pubblico e, dall'altro, lo “spazio quasi pubblico”, anche chiamato “spazio semi pubblico”200, o “spazio pubblico privato”201 o, ancora, “pseudopubblico”202. Tra gli esempi più

lampanti di spazio propriamente pubblico, dove l'accesso, idealmente, è libero e aperto a tutti, vi sono, senz'altro, le strade, le piazze, i parchi della città. Lo “spazio pubblico quasi privato”, invece, è un territorio aperto potenzialmente a tutti ma di proprietà privata, come ad esempio i centri commerciali, i negozi o i ristoranti, chiaramente designati per specifiche funzioni (in un ristorante ci si aspetta che le persone entrino per sedersi e mangiare, non per usufruire liberamente del bagno). Tuttavia, anche lo spazio propriamente pubblico sembra rispondere a determinate funzioni, piuttosto che altre. Si pensi ad un semplice, ma altamente problematico, elemento di arredo dello spazio pubblico urbano, la panchina. Qui ci si aspetta che la gente si sieda per chiacchierare, per leggere il giornale o godere del tempo libero, ma non che ci si sdrai per dormirci, attività considerata privata. In tal senso, l'importanza della “generalizzazione sociale dello spazio privato”203, di cui ci ricordano Low e Smith,

nel particolare caso dei senza dimora, che fanno dello spazio pubblico il loro spazio privato, assume una notevole centralità.

Anche se forme di controllo dello spazio pubblico, in termini di accesso e uso, sono rintracciabili sin dall'antico agorà, tanto da poter affermare che: «in pratica, sia nell'antica Grecia che nel mondo occidentale odierno, lo spazio realmente pubblico è l'eccezione, non la regola»204, oggi, il controllo

e la sorveglianza sembrano assumere proporzioni piuttosto evidenti, tali da rendere questo momento particolarmente: «cruciale per analizzare le politiche dello spazio pubblico»205. E lo è soprattutto in

riferimento a una particolare questione: cosa accade a coloro che tendono ad essere esclusi dagli spazi pubblici dei nuovi suburbi privati o dei centri urbani gentrificati, dove la riorganizzazione dello spazio, in termini di sicurezza, estetica e design, è mirata ad allontanarli dai paesaggi che ne derivano? Secondo molti degli studiosi urbani citati, il crescente senso di paura dell'altro e di sfiducia nella città postmoderna e la conseguente videosorveglianza e fortificazione all'interno della città, da un lato, e la crescente mercificazione degli spazi urbani e la trasformazione della loro immagine in zone

199Ibidem

200Dyb E., “Roofless people and use of public space, a study in Oslo”, 2006, www.feantsa.org, pagg. 5-6

201Bianchini F., “The crisis of urban public social life in Britain: origins of the problem and possible responses”, in

Planning practice and research, vol. 5, n. 3, 1988, pagg. 4-9

202Davis M., Geografie della paura. L’immaginario collettivo del disastro, Feltrinelli, Milano, 1999 203Low S., Smith N., The politics of public space, op.cit., pag.4

204Ibidem 205Ibidem, pag.1

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di consumo, dall'altro, hanno messo in crisi lo spazio pubblico per come siamo abituati a considerarlo, spingendo verso la privatizzazione degli spazi urbani e relegando le pratiche sociali in spazi chiusi e privati206. In particolare, a fronte della conversione dei centri storici in luoghi del consumo, della

diffusione dei centri commerciali panottici che dominano il paesaggio suburbano e della tendenza di una classe media a ritirarsi in case sempre più blindate, c’è persino chi si chiede se lo spazio pubblico esista ancora. «Abbiamo allora raggiunto la fine dello spazio pubblico?» si chiede Mitchell: «abbiamo creato una società che si aspetta e desidera solo interazioni di tipo privato, comunicazioni private e politiche private, e che riservi gli spazi pubblici unicamente alla ricreazione e allo spettacolo mercificati?»207. Davis sembra rispondere in modo affermativo a questa domanda quando analizza la geografia urbana di Los Angeles, la “città fortezza”. In particolare scrive: «la conseguenza universale e ineluttabile di questa crociata per la “difesa della città” è la distruzione dello spazio accessibile al pubblico»208. Anche Sennett, dal canto suo, parla di “morte dello spazio pubblico”209, come una delle conseguenze ineludibili del fallimento di costruire un contesto favorevole alla diversità. Quest’ultima è vista come disorganizzata, sgradevole e pericolosa e l’odierna progettazione dello spazio urbano tende a promuovere, piuttosto, l'omogeneità, la sicurezza, il consumo e il profitto. Così, si creano: «ambienti basati sul desiderio di sicurezza piuttosto che di interazione, per l'intrattenimento piuttosto che per la politica (probabilmente di divisione)»210. Gli spazi collettivi

appaiono direttamente dipendenti dalle strategie del consumo e di conseguenza sono controllati, filmati, registrati, configurandosi come spazi senza libertà. Così: «gli spazi pubblici, se mai lo sono stati, non sono più spazi democratici dove una diversità di persone e attività sono incluse e tollerate. Piuttosto, sono diventati centri del consumo e del commercio così come spazi di controllo politico»211.

Questi autori, insomma, dipingono un quadro piuttosto pessimistico dell’odierna vita urbana, caratterizzata, nello specifico, dal consumerismo, da restrittive misure di sicurezza e dall’esclusione sociale. Lo spazio pubblico, in queste analisi, sembra, dunque, aver cessato di essere uno spazio “open-minded”212, luogo progettato per molti differenti usi, accessibili a tutti e dove la tolleranza era

un aspetto fondamentale, poiché vi convivevano persone, anche sconosciute le une alle altre e a volte radicalmente diverse fra loro. Oggi diversità e turbolenza sono negate, rifiutate e lo spazio pubblico è malvisto, in quanto sinonimo di disordine urbano, di caos, di conflitto; lo si considera territorio di

206Davis M., Città di quarzo, op.cit.; Mitchell D., “The end of public space? People's park, definitions of the public and

democracy”, op.cit.; Sennett R., Flesh and stone: the body and the city in western civilization, Faber, London, 1994; Sorkin M., Variations On a Theme Park: the New American City and the End of Public Space, Hill and Wong, New York, 1992

207Mitchell D., The right to the city. Social justice and the fight for public space, op.cit., pag. 142 208Davis M., Città di quarzo, op.cit. pag.199

209Sennet R., The fall of public man: on the social psychology of Capitalism, Vintage, New York, 1978

210Mitchell D., “The end of public space? People's park, definitions of the public and democracy”, op. cit, pag.119 211Low S., Smith N., The politics of public space, op.cit, pag. vii

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caccia dei gruppi devianti. Così, per molti cittadini lo spazio pubblico ha cessato di essere un luogo per gli incontri collettivi e democratici per diventare uno spazio problematico, difficile e di conflitto. Si pensi alle ordinanze locali, alle nuove tattiche di “design urbano” o alla richiesta in alcune zone di maggiori controlli da parte della polizia per rimuovere alcuni soggetti considerati indesiderati, come mendicanti, spacciatori, senza dimora, prostitute, soggetti che vivono nelle aree pubbliche e che sono accusati, per questo, di aver degradato e stigmatizzato l'ambiente. A prescindere dall'andamento dei dati statistici, dunque, ciò che è certo è che la crescente paura e insicurezza del cittadino contemporaneo ha causato una reale e concreta tensione fra i diversi gruppi in molte aree urbane per l'accesso, l'uso e la fruizione dello spazio pubblico. In particolare, si assiste, oltre ai grandi cambiamenti, in termini fisici e identitari, dello spazio pubblico, anche all'esclusione di certe popolazioni dal pubblico che possono usufruirne. Tutto ciò, dunque, pone all'attenzione una domanda posta un tempo da Henri Lefebvre: “Chi ha il diritto alla città?”213, dove con città si intende, in primis,

spazio pubblico urbano.

Va sottolineato, tuttavia, che lo spazio pubblico ha da sempre rappresentato un luogo di conflitto e di tensione. Si pensi alle lotte per l'estensione della cittadinanza, ad esempio, da parte delle donne. Lo spazio pubblico è stato ed è soprattutto “sfera pubblica”: «area dove si forma l'opinione pubblica, dove ci si confronta e si discute; è lo spazio non intenzionale, quello che viene occupato dagli immigrati delle varie etnie, nazionalità, lingue, culture, dai non rappresentati, da quelli che non hanno voce, dai giovani; è il luogo dove i conflitti si manifestano e dove sono esplicite le differenze»214. Lo spazio pubblico è “ambiente di vita”, spazio determinato: «dalle imprevedibili

destinazioni che un ambiente urbano pensato per una serie di funzioni precise sceglie di opporre a

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