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Se così è, cosa fare per tentare di superare il problema

Un problema non trascurabile è rappresentato dal ruolo che i costi svol- gono nel processo decisionale ed in particolare nell’orientamento dei prezzi di vendita. È appena il caso di ricordare che una non corretta considerazione dei costi specifici di alcune attività possono spingere a privilegiare azioni nelle decisioni di «make or buy» di esternalizzazione immotivate sia in ter- mini strategici che di convenienza economica. In termini di orientamento dei prezzi è impossibile capire quanto costino le personalizzazioni di un prodotto se non si conoscono i costi delle attività aggiuntive che l’impresa deve svol- gere per dare attuazione a tali personalizzazioni.

Il passaggio di cui si desidera discutere in questa sede non riguarda il metodo di calcolo dei costi, ma il modo con cui utilizzare le informazioni di costo e a quali informazioni di costo è più opportuno ricorrere. È qui che nasce il problema. Non si può fare «cost management» se non si colgono a pieno gli scopi di questo approccio ai costi. E questi scopi sono un prevalente supporto allo «strategy process».

Mentre con il «cost control» l’obiettivo è definire i costi che si possono sostenere nella loro entità complessiva come sommatoria dei costi di diverse aree gestionali, con il nuovo approccio la priorità è capire se si sta spendendo bene oppure no e quanto si dovrebbe spendere per realizzare un efficace orientamento al cliente (Customer first). se non dispone di informazioni sul «perché» si spende. Non basta sapere che si sostengono dei costi per il per- sonale e «dove» questi costi vengono sostenuti ma è necessario disporre di informazioni su quali attività svolgono le persone e quindi dall’insieme di questi costi poter definire quanto mi costa una determinata attività.

Questa è un’evoluzione nel calcolo dei costi e non un’involuzione fine a se stessa. Ben conoscono questo tema tutte quelle imprese che lavorano per progetti o hanno iniziato a introdurre una gestione aziendale nel suo com-

plesso per progetti. In queste realtà i costi dei singoli progetti sono dati dai tempi che diverse persone dell’organizzazione dedicano al progetto.

Così il «cost management» per diventare efficace ha avuto bisogno di nuovi strumenti, che sono spesso stati «progettati ad hoc»: in primis l’Acti- vity based Costing e poi il Life cycle costing, il Total cost of process owner, il Target Costing, la Throughput accounting.

Inoltre si pensi agli errori che le logiche del cost control hanno indotto a commettere. Alcune decisioni sono state sbagliate unicamente per la dispo- nibilità di un’informazione di costo che induceva a commettere l’errore.

Si ricorda, come memo finale, che le decisioni «sbagliate» nelle prassi aziendali a causa delle informazioni fornite dalle impostazioni di calcolo «tradizionali» sono state: la determinazione del lotto economico di produ- zione, le decisioni make or buy e la valutazione della convenienza economica dei prodotti, con conseguenze sulla valutazione di congruità dei prezzi di vendita e sulla possibilità di continuare a fabbricare internamente e in Italia determinati prodotti.

Tra le possibili soluzioni al fine di facilitare quest’auspicabile passaggio sembrerebbero esserci:

 una chiara e condivisa comprensione della valenza strategica delle pratiche di cost management; questa valenza è da comunicare cer- cando di cancellare la percezione che si sia in presenza di mere inno- vazioni nel modo di calcolare i costi; l’introduzione di soluzioni di cost management è invece un processo di cambiamento strategico-or- ganizzativo e come tale va gestito; così, come in tutti i cambiamenti organizzativi, sarà opportuno ricordare che molto del loro successo dipende da una diffusa comprensione del «perché» cambiare e del «ritmo» con il quale si riesce a realizzare il cambiamento40; solo così

si può sperare di superare quelle situazioni organizzative che scontran- dosi con una «non comprensione» della reale valenza strategica del processo, possono risultare ostacolanti e, in taluni casi, bloccanti; per evitare di sentirsi dire: «abbiamo sempre calcolato così i costi, perché dovremmo cambiare»; potrebbe essere una strada per superare final- mente l’«Abc paradox»: molti ne parlano, ma nel concreto poche im- prese lo utilizzano;

 aiutare a cogliere l’urgenza, in un confronto competitivo sempre più in- tenso, di attivare procedure di costing del nuovo tipo; analizzare e leg- gere i costi in modo diverso aiuta a pensare strategie competitive

diverse, a partire dal pricing; oggi non deve essere più il prodotto al centro delle analisi, ma il cliente; quando si vende è opportuno cono- scere il «reale» limite inferiore del prezzo di vendita, questo non è più il solo costo variabile di prodotto, ma è un costo specifico diverso da cliente a cliente; ogni cliente o cluster di clienti ha un suo margine di contribuzione complessivo; senza i «costi generati dalla gestione del cliente» si decide in base all’intuito, che è sicuramente utile, ma talvolta non sufficiente;

 una presentazione e una diffusione delle pratiche di cost management con scritti specifici, anche a carattere divulgativo, che evidenzino i mo- tivi che ne suggeriscono l’introduzione , fino a renderle, nell’attuale contesto ambientale, quasi indispensabili; noi aziendalisti dovremmo avere come scopo prioritario quello di fornire alle imprese idee e mo- delli che le aiutino a «durare nel tempo salvaguardando i principi di eco- nomicità»; così in proposito la stesura e quindi la disponibilità di casi aziendali italiani che evidenzino, non solo le soluzioni tecniche, ma pro- prio gli aspetti di cambiamento strategico-organizzativo, sottesi alle nuove pratiche di cost management, potrebbero risultare un contributo concreto e costruttivo per una più diffusa conoscenza dell’utilità strate- gica delle informazioni offerte da un cost management system41;

 il suggerimento di approcci che consentano di verificare, attraverso esemplificazioni numeriche, i risultati spesso tremendamente diffe- renti tra le analisi condotte basandosi sui tradizionali metodi di calcolo dei costi e le impostazioni di cost management; quelle che poggiano sul «perché» si spende; questi diversi risultati porteranno a decisioni differenti e più corrette in termini di convenienza economica (si ricor- dano nuovamente gli errori indotti nelle decisioni «make or buy» dai metodi di calcolo «tradizionali»);

41 Si ricorda, a titolo puramente esemplificativo, l’efficacia di un case study come il «Classic Pen» scritto da Robert Kaplan (Harvard Business School) e utilizzabile in aula per dare evidenza alle differenti indicazioni fornite da un calcolo dei costi di prodotto impostato con i tradizionali metodi (full costing base unica e viariable-direct costing) rispetto all’utilizzo dell’Abc. Mentre sugli aspetti strategico-organizzativi tra i molti si segnala uno dei primi casi rimasto un classico: John Deer components Works (a) e (B) Harvard Business School – 1987; il caso (B) è stato tradotto in italiano pubblicato nel volume: R.S. Kaplan – A.A. Atkinson, Advanced Mana- gement Accounting. Gli strumenti del controllo di gestione (Isedi – Prentice Hall International- Torino), ed. italiana a cura di C. Bianchi – A. Bubbio.

Si ricorda inoltre la raccolta di casi curata da Robin Cooper (1994), Harvarsd Business School dal titolo emblematico: Cost Management in a Confrontation Strategy: Lessons from Japan; una raccolta da cui prende spunto il suo libro When Enterprise Collide (HBSP, Boston 1995), cen- trato su un’accurata analisi e un confronto competitivo tra la realtà statunitense e le imprese giapponesi.

 la diffusione della consapevolezza di dover gestire la complessità ge- stionale non semplificando, ma pensando all’impostazione di «sistemi di cost management» che evidenzino i costi della complessità e con- sentano di elaborare, ad esempio, conti economici di cliente o per ca- nale distribuzione» o per tecnologia, con costi «oggettivi» (traceable), relativi alle risorse ad essi dedicati;

 l’azione di società di consulenza e di professionisti per introdurre gli strumenti di cost management nelle pratiche delle imprese italiane da loro seguite; questo potrebbe consentire anche al mondo della ricerca scientifica di portare a fattore comune molte delle esperienze che si verrebbero a maturare anche nelle Pmi italiane;

 la diffusione di una cultura di «cost management» nelle imprese muo- vendo dai corsi universitari, dalle tesi di laurea e soprattutto non di- menticandosene nei percorsi formativi post-universitari delle Business School.

Si può cogliere come ci sia ancora molto da fare, ma non mancano stimoli e opportunità. Nelle prassi aziendali c’è un elemento che sta eliminando al- cune difficoltà: il contributo delle tecnologie digitali che con una pluralità di computer in rete e, in stabilimento, con le postazioni a bordo macchina stanno rivoluzionando il «data collection». Si possono tracciare i prodotti e i loro tempi di attraversamento in fabbrica. Vi è la possibilità di rilevare in «automatico» molte delle informazioni necessarie per calcolare ed analizzare i costi secondo la logica per processi, quella auspicata. È forse proprio la trasformazione digitale quella che potrebbe facilitare il fatto che le pratiche di «cost management» diventino «realtà diffuse».

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