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La gestione dei cost driver nello sviluppo nuovi prodott

3. ANALISI E GESTIONE DEI COST DRIVER NELLO

3.3. La gestione dei cost driver nello sviluppo nuovi prodott

Come noto, la fase di progettazione e sviluppo di nuovi prodotti è un mo- mento nel quale si possono gestire i costi in maniera efficace (Cooper, e Slagmulder, 1999). In questa fase si decidono, ad esempio, i materiali da utilizzare, la configurazione del prodotto, come sarà utilizzato, recuperato e smaltito ed anche le caratteristiche che influenzano il futuro modello di bu- siness di cui il prodotto sarà parte (Giannetti et al., 2016). Inoltre, come ri- cordato dalla letteratura esaminata nel precedente paragrafo, queste scelte determinano anche gli attributi e le funzionalità del prodotto i quali, a loro volta, condizionano la soddisfazione del cliente e quindi in definitiva il rap- porto costi-valore che si traduce in risultati economici per l’azienda.

Alcune ricerche hanno evidenziato che le aziende nella fase di sviluppo nuovi prodotti utilizzano gli strumenti di CM per: (a) realizzare la strategia deliberata dall’azienda; (b) determinare il livello di costo accettabile del

11 Anche Ittner et al. (1997) hanno svolto una ricerca per verificare l’impatto che alcune va- riabili, identificabili in prima approssimazione come cost driver, possono avere sui costi, sui ricavi e sul profitto. Lo studio ha verificato l’associazione tra volumi di produzione, numero delle parti e dimensioni dei lotti, offerta di prodotti, volume degli acquisti e: a) costi di pro- duzione/supporto, b) ricavi lordi e profitto. La ricerca evidenzia, tra l’altro, la necessità di tenere conto delle interdipendenze tra i costi appartenenti a livelli diversi della gerarchia delle attività (come raccomandato anche dagli Autori che hanno proposto le classificazioni “teori- che” dei cost driver esaminate all’inizio di questo paragrafo).

L’importanza della relazione costi-valore d’altronde è ben evidenziata nell’ampia analisi della letteratura su questo tema svolta da Banker e Jhonston (2007).

prodotto (ad esempio mediante il target costing), (c) identificare e misurare i costi delle attività/processi connessi al prodotto in via di sviluppo (ad esem- pio attraverso il life cycle costing e l’activity-based costing) e (d) riconfigu- rare il prodotto per migliorare il rapporto costi-valore (ad esempio mediante l’analisi funzionale) (Wouters e Morales, 2014; Giannetti e Marelli, 2016; Wouters et al., 2016).

Wouters e Morales (2014), attraverso un’ampia revisione della letteratura (secondo un approccio “structured”) volta a verificare la frequenza di pub- blicazione di articoli riguardanti le tecniche di CM utilizzate nello sviluppo nuovi prodotti12, hanno rilevato che il target costing è l’argomento più trat-

tato seguito dal modular design ed al terzo posto, in una situazione di parità, il life cycle costing e la component commonality13.

Wouters et al. (2016) hanno ripetuto la ricerca sulle quindici tecniche con- siderate da Wouters e Morales nel 2014 ma prendendo in esame ventitré ri- viste di “Innovation and Operations Management” nel periodo 1990-2014. I risultati mostrano una concentrazione delle ricerche su modular design (16%), component commonality (13%) e product platform (12%), mentre il target costing (7%), pur essendo un argomento molto presente nel campione di riviste, si trova più in basso nella graduatoria.

Prescindendo dalle interessanti considerazioni riguardanti l’effetto che la variabile “tipo di rivista” può avere esercitato sui risultati, le due ricerche rivelano un significativo interesse per pratiche di derivazione ingegneristica quali la component commonality e il modular design, meno diffusa invece in entrambe le ricerche (anche se con delle differenze) la tecnica, sempre di matrice ingegneristica, del design for manufacturing/assembly, che comun- que esaminiamo brevemente in quanto utile per l’analisi del caso proposto in questo lavoro.

La logica della component commonality consiste nell’utilizzare gli stessi materiali, parti, componenti, imballaggi e altro ancora su un’ampia varietà di

12 La ricerca ha considerato quindici tecniche di CM verificando su quaranta riviste, classifi- cate come riviste di management accounting, quanti articoli su queste tecniche erano stati pubblicati nel periodo 1990-2013.

13 Riteniamo utile citare le tecniche (o metodi) di CM che sono stati cercati nelle riviste sia perché esprimono efficacemente il contributo che il CM può dare allo sviluppo nuovi prodotti, sia perché comprendono delle tecniche che saranno discusse in questo lavoro: target costing, target costing: cost estimation, value engineering, quality function deployment, functional cost analysis, kaizen costing, total cost of ownership, stage-gate reviews, funnels, design for manufacturing/assembly, design for x, component commonality, modular design, product platform, technology roadmap. Alcuni lavori considerano anche l’activity-based costing/ma-

essi14. I benefici attesi sono un risparmio nei costi di sviluppo, poiché si evita

di progettare componenti diversi per prodotti diversi (Desai et al., 2004), inoltre si possono ridurre i costi di produzione mediante le economie di scala, i costi di acquisto grazie agli elevati volumi ed il rischio di magazzino, poi- ché le rimanenze sono comuni a diversi prodotti. Tuttavia vi sono anche dei possibili “costi”. Infatti, progettare un componente comune a diversi prodotti può essere più costoso rispetto al progetto di un componente specifico per un determinato prodotto. Inoltre il componente comune, per essere utilizzato su vari prodotti, potrebbe avere caratteristiche sovradimensionate per i prodotti di fascia più bassa e viceversa per quelli di fascia più elevata, con eventuali effetti sulle percezioni dei clienti (ovviamente secondo che la comunanza sia o meno visibile ai clienti15).

Labro (2004) ha svolto una revisione della letteratura sugli effetti econo- mici della component commonality esaminando il suo impatto sui cost driver classificati secondo lo schema della gerarchia delle attività descritto nel pre- cedente paragrafo. Secondo questa ricerca c’è bisogno di ulteriori approfon- dimenti, soprattutto di natura empirica, per verificare gli effetti finali della component commonality in quanto le ricerche esaminate spesso mostrano ef- fetti contradditori sui costi delle attività poste a diversi livelli della gerarchia (soprattutto a livello di lotto e di unità).

Il modular design è una tecnica per progettare moduli o sottosistemi in- dipendenti che mediante diverse combinazioni possono dare origine ad una varietà di prodotti o permettere un’elevata personalizzazione di prodotto (Baldwin e Clarck, 1997). I moduli hanno un’interfaccia comune che per- mette il loro assemblaggio, possono essere testati singolarmente e, di solito, sono sottosistemi più grandi dei singoli componenti. Gli effetti attesi sono simili a quelli della component commonality però il trade-off tra i costi ed i benefici si presenta in maniera più importante a causa della dimensione dei moduli16. Attraverso il modular design ci si aspetta una riduzione dei costi di

14 Van Mieghem (2004: p. 419) definisce la component commonality come «[…] strategy to assemble different products from at least one common component and one other product- specific component».

15 Robertson e Ulrich (1998) distinguono tra comunanza interna ed esterna e sottolineano che la comunanza interna non porta necessariamente alla cannibalizzazione della domanda. Se i componenti comuni riguardano, ad esempio, il cablaggio elettrico interno delle auto, il cliente non se ne accorgerà. Tuttavia, se la comunanza è realizzata mediante la condivisione di un solito cruscotto per diverse classi di auto, può verificarsi la cannibalizzazione della domanda. 16 Ehrlenspiel et al. (2010: pp. 318-319) sottolineano che la riduzione dei costi è uno dei van- taggi della progettazione modulare. Gli Autori definiscono due tipi di riduzione dei costi. La prima è la cosiddetta “riduzione dei costi per i clienti” che si verifica quando i clienti possono acquistare gli elementi di base una sola volta e gli elementi speciali possono essere aggiunti in un secondo momento. La seconda è chiamata la “riduzione dei costi per il produttore”, che

produzione per le economie di scala conseguenti all’impiego dei moduli su una quantità elevata di prodotti, una riduzione dei costi di sviluppo che di solito è necessario sostenere per ottenere un’ampia varietà di prodotti, una riduzione dei tempi di evasione dell’ordine17, un miglioramento della qualità

grazie all’esperienza realizzata nell’utilizzo degli stessi moduli per più pro- dotti ed un eventuale incremento dei prezzi di vendita grazie alla differenzia- zione di prodotto realizzabile mediante la combinazione dei moduli. Tuttavia il modulo potrebbe essere costoso da progettare e realizzare a causa delle sue caratteristiche “combinatorie” ed alcuni moduli potrebbero essere sovra o sottodimensionati, rispetto alle esigenze dei clienti, come già detto per la component commonality. Inoltre, se uno stesso modulo è adottato su una grande quantità di prodotti potrebbe incrementare il rischio aziendale rispetto a problemi tecnici o di fornitura (Ehrlenspiel et al., 2010: pp. 320 e ss.).

Nonostante le incertezze che ancora sussistono sugli effetti finali della mo- dular design e della component commonality, bisogna ricordare che sono tec- niche utilizzate per “attaccare” dei cost driver che potrebbero essere trascurati se nello sviluppo di nuovi prodotti non si utilizzassero tecniche di gestione dei costi ad “ampio spettro” come queste (Wouters et al., 2016). In altre parole il target costing oppure le altre tecniche di CM citate in precedenza (nota 16), si concentrano principalmente sui costi di produzione e sul costo di sviluppo di un tipo di prodotto18. Tuttavia, quando un’azienda offre un elevato numero di

prodotti diversi e serve molti clienti/mercati, alcuni costi, e le relative econo- mie, soprattutto di scala, difficilmente possono essere affrontati nell’ambito del progetto di sviluppo di un solo tipo di prodotto (Davila e Wouters, 2007). La gestione dei costi comuni a diverse linee di prodotto o addirittura aree stra- tegiche d’affari è necessaria per rimanere competitivi ed in generale per creare una struttura dei costi conforme alla strategia aziendale (Anderson e Dekker, 2009). I costi della logistica e di ricerca e sviluppo, ad esempio, nelle aziende con un’ampia varietà di offerta, beneficiano di una gestione unitaria, iniziative come la component commonality, il modular design, le product plataform o le technology roadmap rispondono anche a queste esigenze.

Infine, per gli scopi di questo lavoro, è utile ricordare che altre tecniche di gestione dei costi, sempre di derivazione ingegneristica applicabili in fase di sviluppo dei nuovi prodotti, possono essere il design for manufacturing e il design for assembly. Entrambe puntano ad ottenere una riduzione dei costi di consiste nella produzione di alcuni componenti che possono essere installati in più sistemi o in prodotti diversi e quindi possono essere prodotti in quantità maggiori, ottenendo economie di volume e di scala.

produzione e/o di assemblaggio, frequentemente mediante una revisione della progettazione di prodotto che porta, ad esempio, a limitare il numero delle parti e il tempo necessario per il loro assemblaggio (Ulrich et al., 1993; Ehrlenspiel et al., 2010).

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