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La misurazione dei costi: contabilità analitica per centri di costo

DUE MONDI PARALLELI?

6.3. La misurazione dei costi: contabilità analitica per centri di costo

La contabilità analitica è l’insieme delle risultanze economico-quantita- tive che consentono di determinare il costo degli oggetti di calcolo ritenuti essenziali nella gestione delle aziende sanitarie.

Sebbene la normativa nazionale e talvolta quella regionale diano degli input per circoscrivere la metodologia e i criteri al quale lo strumento deve rispon-

dere, come evidenziato nel paragrafo precedente, i bisogni di gestione e con- trollo allargano le risultanze a molteplici configurazioni (Caglio et al., 2020).

La normativa nazionale, ad oggi, obbliga tutte le aziende sanitarie alla rilevazione del “solo” costo pieno utilizzando una contabilità analitica per centro di costo e responsabilità. I centri di costo sono centri di responsabilità in cui il responsabile ha l’obiettivo di ottimizzare i costi, ossia le risorse im- piegate per l’esercizio della propria attività. In altri termini, i centri di costo sono le unità di base, determinate con riferimento ad aree omogenee di atti- vità in cui si articolano le competenze istituzionali, che costituiscono un’azienda sanitaria e sono utili per l’analisi degli andamenti economico- gestionali. Le caratteristiche di omogeneità dell’attività svolta, di attribu- zione oggettiva dei costi e di indipendenza da altri centri di costo sono es- senziali per l’identificazione delle unità di base.

La costruzione di un sistema di contabilità analitica per centri di costo si articola in diverse fasi, ciascuna con elementi da valutare in modo appro- priato. Come noto, i costi diretti vengono allocati sugli oggetti finali di costo senza transitare dai centri di costo. I costi indiretti invece vengono attribuiti ai centri di costo per poi essere attribuiti agli oggetti di costo finali (Ricca- boni et al., 2018).

La definizione del piano dei centri di costo rappresenta la prima attività utile all’implementazione di un sistema efficace di contabilità analitica. Co- stituiscono input di tale attività la struttura organizzativa aziendale definita in molte regioni in accordo con le linee di indirizzo regionali e le Linee Guida al controllo di gestione indicanti, per ogni Regione, il livello di analiticità richiesto per la rilevazione dei flussi periodici.

Ogni azienda/unità sanitaria locale e ogni azienda ospedaliera deve per- tanto costruire un piano dei centri di costo che consenta di rilevare le infor- mazioni utili alla gestione interna e al contempo alla rilevazione regionale. Il livello minimo di dettaglio dei centri di costo potrebbe, di conseguenza, es- sere maggiore di quello indicato dallo schema regionale qualora vi siano esi- genze interne di esplicitazione di più unità operative di degenza o di più am- bulatori, ad esempio. L’azienda, dopo opportune valutazioni, potrebbe anche decidere di adottare un piano dei centri di costo ad hoc e differente da quello indicato dalla Regione di appartenenza, ma non può però esimersi dal co- struire un’interfaccia per l’allineamento con lo schema regionale.

I centri di costo (cdc) sono solitamente classificati in centro di costo finali, centri di costo intermedi e centri di costo comuni o generali (Zangrandi, 1984; Cascio et al., 2001). I centri di costo finali identificano le prestazioni erogate per il perseguimento delle finalità aziendali, come ad esempio le pre- stazioni di assistenza ospedaliera (e.g. ricoveri ordinari, day hospital, etc.),

le prestazioni medico specialistiche ambulatoriali e tutti i servizi erogati al cittadino che manifesta il bisogno. I centri di costo intermedi ove vengono erogate prestazioni intermedie, si riferiscono a quelle unità di base che svol- gono attività sia per il cittadino, sia a supporto dei centri di costo erogatori di prestazioni finali. Il laboratorio analisi e la radiologia ne costituiscono gli esempi più comuni. Altre attività come il servizio mensa, il servizio lavan- deria e il servizio manutenzione a volte rientrano nei centri di costo inter- medi, altre volte vengono associati ai centri di costo comuni o generali al pari delle attività amministrative, di formazione, di ricerca, di direzione ge- nerale, etc. Qualora alcuni tra i servizi esplicitati, come la mensa, la lavan- deria, etc. siano affidati ad aziende esterne specializzate potrebbe essere in- teressante una rilevazione separata dagli altri centri intermedi o generali. Ad esempio, la Regione Abruzzo invita a distinguere tra centri di costo delle prestazioni intermedie e centri di costo ausiliari, ove nei primi rientrano le attività del laboratorio analisi e di radiologia e nei secondi le attività gestite in outsourcing.

Una volta definito il piano dei centri di costo e aver imputato i costi diretti all’oggetto di calcolo, la seconda attività utile all’implementazione è la scelta dei costi indiretti da inserire nei centri di costo individuati e la definizione dei criteri di localizzazione. I costi indiretti di esclusiva pertinenza di un centro di costo vengono ad essi attribuiti direttamente, mentre i costi indiretti che sono comuni a più centri di costo necessitano di un’opportuna base di ripartizione per poter essere localizzati. Come evidenzia Del Bene (2000), la scelta delle basi di ripartizione deve essere accurata in quanto può rappresentare una leva per indurre comportamenti di efficientamento nei responsabili dei centri. Per ciascuna categoria di costo vanno identificate delle basi di ripartizione coerenti con il flusso informativo generato dalla contabilità generale. Alcuni esempi di basi di ripartizione che un’azienda sanitaria può utilizzare sono: il numero ore (o percentuale sull’ammontare totale delle ore giornaliere o settimanali) che il personale dedica all’attività, le ore che un macchinario o un’attrezzatura im- piegano per l’attività (ex. sterilizzazione ferri e altro materiale chirurgico), i mq utilizzati, numero SDO immesse nel sistema, etc.

Una volta che ciascun centro di costo è popolato dai rispettivi costi si rende necessaria l’operazione di chiusura dei centri di costo comuni o gene- rali e di quelli intermedi sui finali. Per poter fare ciò è necessario chiarire le basi di imputazione, ossia i parametri utili per chiudere gli altri centri di costo sui finali, e la metodologia per la chiusura. In merito alle basi di imputazione, Del Bene (2000), Del Bene e Ceccarelli (2010) e Baraldi e Devecchi (1995) identificano tre tipologie: gli indicatori di impiego, gli indicatori di attività e gli indicatori di capacità.

Gli indicatori di impiego presuppongono una correlazione tra costi del cen- tro intermedio e la sua attività e i costi vengono, di conseguenza, imputati al centro finale in misura di un parametro coerente con l’attività che il singolo centro intermedio ha svolto per ciascun centro finale. I costi inerenti al centro intermedio di diagnostica per immagini, ad esempio, possono essere imputati direttamente sulla base del numero ponderato di radiografie e similari richieste dai centri finali di medicina generale, di chirurgia generale, etc. L’utilizzo de- gli indicatori di attività è indicato quando invece non è possibile correlare il centro di costo intermedio al centro di costo finale. Nel caso ad esempio della farmacia ospedaliera è possibile imputarne il costo indirettamente ai centri fi- nali individuando un indicatore che può rappresentare il livello di attività dei centri finali, di chirurgia generale e di medicina generale. Tale indicatore può essere il valore del consumato, il numero pazienti, il numero pazienti ponde- rato per le giornate di degenza, etc. L’utilizzo, infine, degli indicatori di capa- cità è opportuno nei casi in cui non è possibile misurare l’attività del centro di costo intermedio e tale centro è caratterizzato dalla prevalenza di costi fissi. In questo modo è possibile utilizzare un parametro evocativo della capacità pro- duttiva dei costi fissi presenti. Un esempio può essere l’utilizzo dell’ammorta- mento di un’attrezzatura di diagnostica per immagini come espressione del li- vello di attività (i.e. numero di prestazioni) del centro intermedio.

Infine, è possibile anche identificare un prezzo di trasferimento che sia op- portuno dal punto di vista contabile, ma soprattutto utile ad indurre comporta- menti negli attori operanti nelle aziende sanitarie (Zangrandi, 1990; Del Bene e Ceccarelli 2010). I prezzi di trasferimento sono «quantità economiche di na- tura monetaria non certe tese a valorizzare gli scambi di beni e servizi tra unità appartenenti ad una stessa azienda o ad un gruppo avente unico soggetto eco- nomico» (Riva, 2013). I centri di responsabilità individuati, in questo caso, non possono più essere chiamati centri di costo, ma come centri di profitto al pari della medesima azienda sanitaria. La medicina generale, ad esempio, se nor- malmente è identificata come centro di costo, ossia l’esigenza primaria affidata al responsabile è l’ottimizzazione dei costi, se si considerano i prezzi di trasfe- rimento come indicatore di chiusura, implicitamente si considera la medicina generale come un centro di profitto, nel quale il responsabile ha l’obiettivo di massimizzare il risultato economico dato dalla differenza tra ricavi e costi. Le tipologie di prezzi di trasferimento sono molteplici e le più note si posizionano in un continuum che va dalla libera negoziazione tra i centri di profitto indivi- duando dei prezzi di mercato alla negoziazione regolata a livello centrale con la definizione di un prezzo amministrato (Young, 2008).

In merito alla metodologia di chiusura dei centri intermedi e generali sui finali, in presenza di prestazioni incrociate tra i centri, la letteratura definisce

il metodo diretto, il metodo a cascata e il metodo reciproco. Il metodo diretto non considera le relazioni tra i centri intermedi. Infatti, in questo caso l’attri- buzione dei costi dei centri intermedi è diretta ai centri di costo finali che sono interessati. Nel caso del metodo a cascata, invece, è importante decidere una gerarchia tra i centri di costo, in modo da poter attribuire i costi dei centri in- termedi ad altri centri intermedi e ai centri di costo finali. Questa procedura consente di valorizzare le relazioni tra centri intermedi grazie alla struttura- zione della gerarchia tra centri di responsabilità. Il metodo reciproco è l’unico caso in cui si verificano imputazioni reciproche da ciascun centro intermedio a tutti i centri intermedi e finali. Il processo avviene mediante la costruzione di una serie di equazioni con un numero di incognite pari al numero di equazioni. Infine, l’ultima attività utile all’implementazione della contabilità analitica per centri di costo è l’imputazione dei costi dei centri di costo finali all’output (i.e. alla prestazione erogata) tramite un’opportuna base di ripartizione. Per fare ciò è necessario verificare se all’interno dei centri di costo finali vi sono delle tipologie di costo prevalenti, in modo da poter individuare delle basi di riparto adeguate. Nelle aziende ospedaliere molte volte si utilizza come indi- catore di ripartizione la pesatura delle prestazioni erogate mediante il DRG ad esse associata (Del Bene, 2000). Altri criteri possono essere: il numero pazienti medi annui che hanno utilizzato la prestazione e il numero ore medie dedicate dai centri finali per l’erogazione della prestazione.

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