• Non ci sono risultati.

L’interazione tra costi, prezzi e profitto

Siti web

4. MISURARE I COSTI “CORRETTAMENTE” NON PORTA SEMPRE A UNA DECISIONE MIGLIORE

4.4. L’interazione tra costi, prezzi e profitto

Per valutare l’effetto sul profitto di una errata determinazione dei costi di prodotto è necessario considerare il caso di un’impresa che produce e vende più prodotti 𝑖 1, 2, . . . , 𝑛 . Per semplicità ipotizziamo che l’impresa agi- sca come monopolista2 su ciascun mercato e che la quantità domandata sul

mercato sia pari alla quantità prodotta dall’impresa e definiamo la curva di domanda come segue:

𝑄 𝑀𝑄 𝑐 ⋅ 𝑃 (1)

dove:

 𝑀𝑄 è la dimensione massima del mercato (a prezzo zero);  𝑐 è l’inclinazione della curva di domanda;

 𝑃 è il prezzo del prodotto.

Il costo unitario di prodotto è definito come:

2 Questa ipotesi, largamente utilizzata in letteratura, oltre a permettere una trattazione analitica semplificata della questione, è anche compatibile con l’ipotesi di concorrenza monopolistica. Quest’ultima, più vicina alla realtà, si differenzia dal monopolio per il più alto grado di ela- sticità della domanda.

𝑈𝐶 𝑉 𝐹 /𝑄 (2) dove:

 𝑉 è il costo variabile unitario di produzione;

 𝐹 è il costo fisso totale attribuito alla produzione del prodotto i dal sistema contabile.

Il profitto dell’impresa è dato dalla somma del profitto realizzato su ogni singolo mercato:

𝜋 ∑ 𝜋 ∑ 𝑃 𝑈𝐶 ⋅ 𝑄 (3)

4.4.1. Massimizzare il profitto dell’impresa

Il massimo profitto dell’impresa si raggiunge, come dimostrato dalla teo- ria economica neoclassica, fissando per ciascun prodotto il prezzo in modo che il ricavo marginale sia uguale al costo marginale. Il prezzo che consente all’impresa di massimizzare il profitto in ogni singolo mercato in cui opera è così determinato3:

𝑃∗ ⋅ (4)

Il prezzo è indipendente dai costi fissi sostenuti dall’impresa e dipende solo dal costo variabile e dalla domanda del mercato.

Il massimo profitto realizzabile risulta dunque essere pari alla sommatoria dei profitti massimi realizzabili in ciascun mercato4:

𝜋∗ 𝜋𝐹

3 Questo prezzo è determinato massimizzando la funziona di profitto. In particolare si pone uguale a zero la derivata prima (rispetto al prezzo) della funzione di profitto del singolo pro- dotto 𝑃 𝑈𝐶 ⋅ 𝑄 dopo aver sostituito in essa la (2) e la (1) e si risolve rispetto a P. 4 Anche questa equazione, al pari della (4) è il risultato dell’analisi marginale. Il massimo profitto sul singolo mercato si ottiene sostituendo nell’equazione del profitto 𝑃 𝑈𝐶 ⋅ 𝑄 le equazioni (2) ed (1) e successivamente il prezzo che massimizza il profitto di cui alla nota

4.4.2. Full-cost pricing: fissare il prezzo e massimizzare i profitti

Il prezzo ottimizzante è ovviamente ignoto all’impresa, dato che sono sconosciute le curve di domanda, e l’impresa utilizza invece euristiche deci- sionali coerenti con le condizioni di razionalità limitata in cui deve operare, quali appunto il full-cost pricing.

Per fissare i prezzi attraverso il meccanismo del full-cost pricing l’im- presa aggiunge, per ognuno dei suoi n prodotti, una percentuale di profitto obiettivo (𝑇𝑀 ) al costo unitario pieno di prodotto:

𝑃 1 𝑇𝑀 ⋅ 𝑈𝐶 (5)

L’impresa può ottenere il massimo profitto utilizzando il full-cost pricing solo quando si verificano due condizioni (Coller e Collini, 2015):

 che il markup obiettivo fissato (𝑇𝑀 ) sia uguale a quello che porta alla massimizzazione;

 che i costi di prodotto siano calcolati in modo corretto.

La prima condizione richiede che l’impresa fissi il markup obiettivo per ciascun prodotto ad un livello pari a 𝑇𝑀∗ 𝑃 / 𝑈𝐶1, dove 𝑈𝐶 è il

costo medio unitario del prodotto calcolato nel punto di massimo profitto. Questa condizione è difficile da realizzare, perché richiede una perfetta co- noscenza da parte dell’impresa di tutte le informazioni necessarie, prima fra tutte la forma della curva di domanda5. La seconda condizione richiede una

assoluta precisione del sistema contabile.

Nel modello di analisi qui proposto, l’unico mark-up obiettivo in grado di portare al massimo profitto è quindi quello che consente di ottenere, me- diante il full-cost pricing, lo stesso prezzo di vendita che si otterrebbe esami- nando la funzione di domanda nell’analisi marginale (cioè il prezzo che porta all’eguaglianza tra costo e ricavo marginali). Un’ipotesi che in un contesto di informazione limitata è senz’altro irrealistica6.

5 Questa ipotesi di fatto presuppone la disponibilità di tutte le informazioni necessarie all’ap- plicazione dell’analisi marginale ed è pertanto intrinsecamente incompatibile con l’applica- zione del mark-up pricing che trova nella mancanza di una completa informazione la sua giu- stificazione.

6 In letteratura sono stati proposti approcci alternativi per la determinazione del target mark- up basati sul rendimento atteso dai finanziatori dell’azienda. In particolare, nel recente lavoro di Ray e Gramlich (2016) viene mostrato come l’azienda possa fissare il mark-up obiettivo sulla base del suo “reddito di equilibrio” e viene dimostrata l’equivalenza di tale obiettivo con la massimizzazione del profitto. Non è l’obiettivo di questo lavoro entrare nei dettagli di que- ste procedure alternative per fissare il mark-up obiettivo, ci limitiamo a segnalare che il red- dito obiettivo (la redditività desiderata dagli investitori) non corrisponde necessariamente al

4.4.3. Full cost pricing e massimo profitto a confronto

Chiarito come l’impresa non sia in grado di fissare sistematicamente un mark-up obiettivo (TMi) pari a quello ottimizzante, è utile misurare il minor profitto che consegue alla scelta di un mark-up obiettivo sub-ottimale. In fi- gura 4.1 viene mostrato l’esito di questo confronto rispetto a tre ipotetiche strutture di costo. La curva in figura rappresenta il rapporto tra profitto otte- nuto determinando il prezzo con il full-cost pricing e il massimo profitto pos- sibile 𝑃𝑅 𝑥 𝜋 /𝜋∗, dove x

i è il rapporto tra il mark-up applicato dall’im- presa per determinare il prezzo ed il mark-up che le consentirebbe di massi- mizzare il profitto 𝑥 𝑇𝑀 /𝑇𝑀∗ (dove 𝑥 1 quando 𝑇𝑀 𝑇𝑀)

Applicando un markup uguale a quello che massimizza il profitto (e quindi con xi = 1), l’impresa ottiene un profitto effettivo pari a quello massimo. Più il mark-up obiettivo diverge da quello che massimizza il profitto, più l’impresa ottiene un profitto effettivo inferiore. La forma della funzione che rappresenta il rapporto tra il profitto ottenuto e quello massimo dipende dalla struttura di costo dell’impresa, ovvero dal rapporto costi fissi e costi variabili. L’analisi matematica della funzione è molto complessa, ma il fenomeno può essere ben illustrato e compreso identificando due casi estremi. Nel primo caso (qua- drante A) il costo del prodotto è costituito da soli costi variabili: la funzione 𝑃𝑅 𝑥 ha in questo caso la forma di una U rovesciata ed è simmetrica rispetto ad xi = 1. Nel secondo caso (quadrante B), il costo del prodotto è costituito solamente da costi fissi: la funzione 𝑃𝑅 𝑥 ha in questo caso la forma di una retta che parte dall’origine e termina nel punto di massimo profitto. È dimo- strato (Hanson, 1992; Coller e Collini, 2015) che il punto di massimo profitto è sempre raggiungibile anche fissando i prezzi con il metodo del full-cost.

Entrambi i casi precedentemente descritti sono ovviamente puramente teorici perché nella realtà è molto difficile trovare imprese la cui struttura di costo è caratterizzata da soli costi fissi o da soli costi variabili. La situazione più realistica è invece quella rappresentata nel quadrante C della figura, con la presenza sia di costi fissi che di costi variabili7. Come si vede in questo

caso la forma della funzione 𝑃𝑅 𝑥 è simile ad un uncino. Il punto in cui reddito di equilibrio: secondo Ray e Gramlich (2016) questa corrispondenza è tra le condizioni necessarie perché l’impresa possa massimizzare il profitto. In altre parole, anche con questa procedura alternativa è necessario conoscere o stimare il risultato (ovvero il massimo profitto teorico) per impostare correttamente il markup obiettivo. In estrema sintesi, se non è realistico immaginare che l’impresa conosca (o stimi) la curva di domanda per applicare l’analisi mar- ginale, non è realistico nemmeno ipotizzare che il reddito atteso dai finanziatori sia quello che massimizza il profitto (per conoscere il quale serve conoscere la curva di domanda). 7 I grafici proposti in figura 4.1 sono stati elaborati dagli autori sulla base del modello analitico

termina la curva 𝑃𝑅 𝑥 rappresenta il massimo mark-up obiettivo applica- bile dall’impresa, punto oltre il quale il prezzo fissato è troppo alto e la do- manda di mercato si annulla.

Fig. 4.1 – Rapporto tra profitto effettivo e massimo

Quadrante A: solo costi variabili

Quadrante B: solo costi fissi

Outline

Documenti correlati