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6. Verso nuovi equilibri di governo

6.5 La crisi di maggio

Tra gli appuntamenti che rendevano ancora necessaria la collaborazione con i partiti di sinistra, c’era, nei piani di De Gasperi, l’inserimento dei Patti Lateranensi nella Carta Costituzionale. All’accesa discussione sull’articolo 5 (che poi divenne l’art. 7), la Incom non fa alcun cenno. Dall’uscita del suo primo numero, il cinegiornale ha sempre confermato una tendenza ad occuparsi di questioni religiose limitatamente all’aspetto delle celebrazioni popolari o dei festeggiamenti paesani in onore dei vari Santi, evitando di entrare nel merito dei rapporti tra la Chiesa e la politica, specialmente intorno a questioni che dividevano il Paese. Il dibattito sull’inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione fu caratterizzato dalla contrapposizione di due schieramenti fermi nelle loro posizioni, che si confrontarono a partire dall’autunno del 1946: il mondo cattolico, la Chiesa e la Dc da una parte353, i socialisti, i comunisti, gli azionisti e in generale tutti gli esponenti laici dall’altra. L’approvazione dell’articolo 5, con 350 voti favorevoli e 149 contrari, fu agevolata dalla decisione di Togliatti di sostenere le richieste cattoliche, sia per evitare una pericolosa “guerra di religione”, sia per rendere ancora possibile il dialogo con la Dc, sia per legare la Chiesa alla lealtà verso il nuovo regime repubblicano. Questa decisione creò sconcerto tra gli stessi deputati del Pci354, e, se pose fine alla discussione all’interno dell’Assemblea Costituente, non valse a convincere i settori laici del Paese. Consapevole della delicatezza dell’argomento, la Incom, prudentemente, sceglie di passare oltre.

La rubrica “Vita politica” riapre, dopo una parentesi di quattro mesi355, con la crisi di governo di fine maggio. “La crisi è virtualmente aperta da 15 giorni, cioè dal

353 «Dopo le elezioni per la Costituente l’inserimento dei Patti Lateranensi nella Costituzione divenne un

esplicito «punto fermo» delle richieste della gerarchia e dell’associazionismo cattolico e una «conditio sine qua non» per mantenere il loro appoggio alla Democrazia cristiana», G. Miccoli, op. cit., p. 553.

354 Il gruppo parlamentare comunista si allineò al mutamento di indirizzo di Togliatti, fatta eccezione per

Concetto Marchesi, che, in segno di dissenso, abbandonò l’aula di Montecitorio al momento della votazione, per Fabrizio Maffi e per Teresa Noce, che votò contro.

355

Nel periodo compreso tra il terzo e il quarto governo De Gasperi, gli avvenimenti italiani cui la Incom dà rilievo, accanto alla firma del Trattato e all’esodo da Pola, sono: un raduno di partigiani a Napoli, nel n. 48, declinato in funzione anti-Trattato (“I compilatori della pace hanno pesato con la bilancia dei farmacisti il

contributo dei nostri partigiani. A loro rimane la speranza, comune a tutti gli italiani, nella revisione”);

l’istruttoria sui fatti di Dongo, nel n. 51, liquidata dal ministro Gasparotto nel corso dell’intervista di Pallavicini (“l’istruttoria per i fatti di Dongo continuerà con tutta severità, imparzialità obiettività e senza

troppe indiscrezioni giornalistiche!”); la rievocazione della cattura e condanna di Mussolini da parte del

colonnello Valerio, nel n. 52, di cui «L’Unità» aveva appena rivelato l’identità (“30.000 persone convenute

alla Basilica di Massenzio. Vogliono vedere e ascoltare quel colonnello Valerio rimasto per due anni quasi solo un nome di leggenda. Eccolo, Walter Audisio, il ragioniere con il borsalino, cui è toccato il compito storico, stavolta è il caso di dirlo, di giustiziare Mussolini […]); l’anniversario del 25 aprile, nel n. 56, (“

[…] anche noi, signor ministro, siamo orgogliosi di stringere la mano a chi ha lottato e sofferto per la

radiodiscorso di De Gasperi impostato sulla sfiducia nella struttura e nel programma del suo gabinetto.”356 Non stupisce che il cinegiornale abbia atteso 15 giorni prima di occuparsi della crisi, sia perché durante la settimana precedente l’attenzione generale era stata catalizzata dall’eccidio di Portella delle Ginestre357, sia perché il citato radiomessaggio aveva un carattere contraddittorio che non lasciava presagire le imminenti dimissioni di De Gasperi: da una parte denunciava «la speculazione freddamente calcolatrice, […] [che] nasconde le merci, trafuga all’estero valute e gioielli, e attende in agguato la crisi nella criminosa speranza di farsi ricca nella miseria generale», dall’altra affermava che «se i rappresentanti di tutti gli interessi onesti e di tutte le concezioni economiche fattive fossero dentro il Governo e, consapevoli dell’estremità dell’ora, concorressero alla salvazione del Paese, il popolo che lavora riprenderebbe quel senso di sicurezza, che vuol dire fiducia, e l’estero riconoscerebbe che la nostra solidarietà merita credito»358. Il leader democristiano, che nella seduta del Consiglio dei ministri del 30 aprile fu ancora più esplicito con il famoso discorso sul “quarto partito”359, manifestò la volontà di un allargamento del governo, senza rivelare ancora la decisione di estromettere

Togliatti: «Non si deve credere che il patrimonio di Gramsci sia soltanto dei comunisti: è di tutti gli italiani, di tutti i lavoratori, qualunque sia la loro fede religiosa e politica»”). Per quanto riguarda gli

avvenimenti esteri, numerose sono le notizie riguardanti l’America: la partenza dell’ammiraglio Stone dall’Italia, nel n. 50, (“Rivolgendosi, nel suo discorso di addio, ai collaboratori italiani, l’ammiraglio dice:

«Voi avete fatto il vostro dovere con la stessa lealtà con cui la vostra flotta, il vostro esercito e la vostra aeronautica hanno servito la causa alleata dopo l’armistizio. Non lo dimenticheremo»”); la tragedia in una

miniera dell’Illinois, nel n. 53; la notizia della morte di Henry Ford, nel n. 53 (“ Era nemico dello sciopero,

ma sapeva mettere le sue maestranze in condizione di non dover mai scioperare”); l’esplosione di una nave

carica di nitrati a Texas City, nei numeri 55 e 56 (“Noi italiani sappiano il crepacuore di questi esodi di

sinistrati!”).

356 Cfr. “Vita politica. Crisi del governo”, La Settimana Incom n. 58, 14 maggio 1947. 357

Alla strage in Sicilia la Incom dedica la parte finale del servizio sul 1° maggio, nel n. 57. Dopo una panoramica dei festeggiamenti a Roma, Firenze e Torino - in cui colpisce, tra le immagini delle manifestazioni di piazza, l’inquadratura di un cartello tra le mani di un dimostrante, recante l’effige di Lenin – il cinegiornale mostra le immagini della festa del 1° maggio in una località vicina a quella dell’eccidio: “Presso Palermo, Piana degli Albanesi, è il classico ritrovo dei contadini nei giorni di festa, e

quest’anno la festa sembra annunciarsi ancora più lieta [implicito riferimento alla recente vittoria del

Blocco del popolo?]. Le donne vestono i costumi tradizionali di foggia albanese, coi ricami d’oro, i pesanti

e fastosi monili. Nessuno sospetterebbe che in questo stesso momento nella prossima località di Portella della Ginestra dove i lavoratori tengono il loro comizio, si prepari il bieco agguato [segue uno stacco al

nero con rumori di spari e urla]. 3 maggio, alle ore 11 in tutta Italia sciopero generale di protesta e di lutto.

Nove sono i morti di Sicilia, più di cento i feriti. Il corteo romano è aperto da una doppia fila di ciclisti, mani sulla spalla l’uno dell’altro come al ritorno dall’officina. Silenzio, ordine e dignità nel dolore e nelle protesta. Così il popolo risponde al brigantaggio dei massacratori.”

358

Cfr. A. Gambino, op. cit., p. 329 e G. Sale, op. cit., pp. 213-214.

359 «[…] Oltre ai nostri partiti vi è in Italia un quarto partito, che non può avere molti elettori ma che è

capace di paralizzare ogni nostro sforzo, organizzando il sabotaggio del prestito e la fuga dei capitali, l’aumento dei prezzi e le campagne scandalistiche. L’esperienza mi ha convinto che non si governa oggi l’Italia senza attrarre nella nuova formazione di governo i rappresentanti di questo quarto partito». Il 14 aprile Angelo Costa, presidente della Confindustria, aveva inviato a De Gasperi un memorandum su «quella che dovrebbe essere la politica economica del governo». Tra i provvedimenti proposti, l’abolizione dei prezzi politici, l’eliminazione dei lavori pubblici inutili, la piena libertà di licenziamento, la concessione di tutta la valuta estera agli esportatori.

le sinistre360. Quando Nitti, il 30 aprile, presentò un’interrogazione affinché si affrontasse un dibattito sulla drammatica situazione economica, il Governo fissò per il 13 maggio la presentazione all’Assemblea Costituente del programma economico del governo, ovvero la relazione sul piano di emergenza economico in 14 punti del ministro per l’Industria e il Commercio Morandi361, e quella di Campilli, ministro del Tesoro e delle Finanze. De Gasperi, che aspettava un pretesto per poter aprire una crisi che non fosse, come quella di gennaio, extraparlamentare, avanzò la proposta di presentarsi da solo all’Assemblea Costituente per presentare il piano economico del Governo. Socialisti e comunisti non approvarono la proposta, denunciandola come finalizzata ad aprire di fatto la crisi e ad allargare il governo verso destra. La mattina del 13 maggio i giornali dei due partiti di sinistra scrissero che le dichiarazioni che De Gasperi avrebbe fatto l’indomani all’Assemblea, poiché non avevano avuto l’avvallo del Consiglio dei ministri, erano da considerarsi fatte «a titolo semplicemente personale». Il servizio della Settimana Incom fa la cronaca dell’ultima riunione del Consiglio dei ministri: “Ecco Cappa e Romita.

Cacciatore si dispone a far valere le riserve dei socialisti contro uno spostamento della fisionomia politica del governo. Che cosa dirà De Gasperi? Ormai egli esclude quel rimpasto che forse basterebbe all’applicazione dei 14 punti programmaticamente formulati per fronteggiare la situazione economica e finanziaria del Paese”. In

quell’occasione De Gasperi comunicò ai ministri che l’indomani alla Costituente non avrebbe presentato la relazione economica, ma avrebbe annunciato le proprie dimissioni: «Montecitorio. Molti aspettano ancora le annunciate dichiarazioni di De Gasperi. Invece

egli legge poche parole: Ho rassegnato le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato” Il

servizio si chiude con una frase di difficile interpretazione: “L’epidemia delle crisi del

’21-’22 aprì la strada al fascismo: il disastro non si ripeterà, la democrazia italiana è più forte e consapevole di allora”. Forse la complessità degli eventi che si intrecciarono nel

maggio 1947 e la contraddittorietà delle mosse di De Gasperi, rendevano difficile la previsione degli esiti della crisi politica. O forse evocare il pericolo di un tracollo della democrazia poteva rivelarsi funzionale all’accettazione di un governo forte, che sapesse

360

Il tracollo democristiano alle elezioni regionali siciliane (20 e 21 aprile) aveva rivelato il boicottaggio da parte della Chiesa alla politica degasperiana di alleanza con le sinistre. La Incom dedica un servizio al nuovo parlamento siciliano nel n. 60 del 29 maggio, quando era imminente la formazione del quarto governo De Gasperi: «[…] sta per riunirsi il parlamento siciliano, prima applicazione concreta di autonomia regionale nell’indissolubile unità nazionale». Il servizio glissa sulla composizione dell’Assemblea e si limita a mostrare l’arrivo dei rappresentanti politici al Palazzo Reale, la cerimonia d’apertura alla presenza del Cardinale Ruffino, le immagini dell’on. Lo Presti, Presidente provvisorio del Parlamento, e di Finocchiaro Aprile, e infine l’affissione della targa a ricordo dell’evento.

361 Per la debolezza e l’ambiguità del progetto di Morandi, che introduceva provvedimenti, come l’aumento

far fronte alla crisi. Di fatto, la crisi di maggio aprì la strada ad una svolta che, se consentì di superare la crisi economica, ebbe un costo sociale altissimo e inaugurò un orientamento politico sempre più apertamente anticomunista.

Il numero 59 del 22 maggio riprende il tema della crisi. In apertura, il servizio mostra le immagini della commemorazione dell’Enciclica Rerum Novarum, promulgata il 15 maggio 1891 da papa Leone XIII. “Parla De Gasperi: « L’enciclica quando uscì

stigmatizzava l’usura vorace. Oggi questa usura ha preso altre forme. È dovere del Governo intervenire, ma il Governo è debole per discordia dei partiti.» De Gasperi si trova così nel tema della crisi che egli ha aperto pochi giorni prima.” Mentre le

consultazioni erano ancora in corso, De Gasperi ribadiva la necessità di un Governo capace di affrontare la crisi economica. Il giorno dopo il timone passava a Nitti362, cui De Nicola aveva affidato l’incarico di formare il nuovo governo: “Intanto in via Ludovisi una

casa sta subendo un regolare assedio giornalistico. Le finestre d’angolo sono quelle del salotto di Nitti, e questo è il portiere Raimondo Lorenzini. Riuscirà il suo illustre inquilino a fargli portare i fiori in una guardiola del Viminale?” Il servizio riporta le

posizioni dei rappresentanti politici: la disponibilità di Togliatti (“Ha dichiarato poc’anzi

che i comunisti non ostacoleranno una soluzione cercata e trovata da un uomo come Nitti”), quella di Nenni (“Nenni dice: «La sola nostra condizione è che si facciano le elezioni in autunno. Chi vivrà vedrà!»), le condizioni poste dagli azionisti e dagli altri

partiti di centro-sinistra (“Lombardi: «Nitti appare restio a creare una sezione economica

del gabinetto». Il Partito d’Azione - ecco Cianca - tratta un accordo con i saragattiani - ecco D’Aragona - con i demolaburisti - ecco Molè - insomma un centro unico dei centro-sinistri minori, cosiddetta Piccola Intesa.”). L’indisponibilità di Nitti ad accordare

a questi ultimi la direzione dell’intera politica economica, con i ministeri di Finanze e Tesoro, Industria e Commercio, Commercio con l’Estero e Agricoltura, decretò il fallimento del tentativo del vecchio economista lucano. Non potendo coinvolgere i liberali, contrari alla partecipazione ad un governo con le sinistre, né riproporre la formula del tripartito, per la netta opposizione di De Gasperi, a Nitti non rimase che rinunciare all’incarico, il 21 maggio. Del tentativo di Orlando, fallito anch’esso in appena

362 L’ipotesi di un governo guidato da esponenti del vecchio mondo liberale non era esclusa daWashington,

nel caso De Gasperi e la Dc si fossero rivelati inadatti a rappresentare gli interessi delle forze moderate e a frenare l’avanzata delle sinistre: cfr. P. Scoppola, op. cit., p. 315. Gambino sottolinea però che «il gioco non sfugge mai dalle mani di De Gasperi. L’intero interludio Nitti, con la sua appendice Orlando, avviene con il consenso, e probabilmente con il compiacimento del leader democristiano che, proprio perché ha in mente una ristrutturazione profonda degli equilibri politici del paese, ritiene utile una pausa che ammorbidisca il trapasso e che, distraendo e confondendo l’opinione pubblica, faccia poi apparire meno brutale e repentina l’applicazione del suo disegno», A. Gambino, op. cit., p. 346.

ventiquattr’ore, la Incom non parla: la cronaca della crisi riprende il 5 giugno363, con un servizio incentrato sulla composizione del nuovo governo: “Viminale. Obiettivi puntati

sul nuovo governo che si riunisce per la prima seduta: Gonella Istruzione e Togni Industria, due posti chiave intorno al tavolo su cui saranno portati i problemi di quest’ora difficile. De Gasperi si accinge a guidare la nuova struttura da lui creata. Corbellini ai Trasporti; Merlin le Poste e Cingolani la Difesa; Sforza, indipendente, conserva gli Esteri; accanto a Merlin ecco Tupini, Lavori Pubblici; Fanfani ha il Lavoro; Grassi la Giustizia; Einaudi il nuovo dicastero del coordinamento finanziario. I compiti sono gravi e da fare ce n’è parecchio, soprattutto nel campo dell’economia e della ricostruzione. Il sorriso di De Gasperi [rivolto alle cineprese] significa: «Lasciatemi lavorare»”364. Non si potrebbe immaginare un modo più asciutto e asettico di questo per

dare notizia – senza parlarne apertamente - dell’estromissione dei partiti di sinistra dal governo: il servizio si limita ad elencare i ministri con le relative competenze e a mettere l’accento sulla gravità del momento, implicita giustificazione della svolta politica in atto. Alla conclusione della crisi, nonostante la sobrietà della reazione social-comunista365, il pericolo di una radicalizzazione nel Paese dello scontro politico imponeva la massima prudenza366.

363 La fase compresa tra il tentativo di Nitti e la formazione del quarto gabinetto De Gasperi è assente: La

Settimana Incom del 29 maggio 1947 “salta” l’appuntamento con la cronaca della crisi, dedicando la pagina

di politica interna alla formazione del primo parlamento regionale siciliano. Delle vicende relative all’articolo di Togliatti («Ma come sono cretini») su «L’Unità», il 20 maggio, in risposta alle insinuazioni dell’ex sottosegretario americano Welles, e all’incontro tra De Gasperi e Togliatti, il 26 maggio, in cui lo statista triestino comunicò al leader comunista l’intenzione di formare un governo senza le sinistre, la Incom non fa cenno. Questo, peraltro, non stupisce, dal momento che la Incom non si è mai arrischiata sul terreno minato delle influenze internazionali sui partiti italiani: i legami del Pci con l’Urss, così come i sempre più stretti rapporti tra De Gasperi e Washington, non trovano nei servizi del cinegiornale neanche la più vaga eco.

364 Cfr. “Vita politica. Il nuovo ministero De Gasperi”, La Settimana Incom n. 61, 5 giugno 1947. La

composizione del governo fu leggermente modificata il 6 giugno: i dicasteri economici del Tesoro e delle Finanze, inizialmente affidati entrambi a Einaudi, saranno assegnati rispettivamente all'indipendente Del Vecchio e al democristiano Pella, mentre lo stesso Einaudi, che manterrà la carica di governatore della banca centrale, sarà nominato alla guida del Ministero del Bilancio e alla Vice Presidenza del Consiglio.

365 Su «L’Unità» del 30 maggio Togliatti aveva scritto: «Siamo gente troppo seria e troppo consapevole

delle nostre responsabilità, e troppo strettamente legata a quelle conquiste democratiche per cui abbiamo combattuto per tutta la nostra esistenza di singoli e di partito per farneticare il ricorso alla violenza». La reazione dei socialisti fu più accesa; l’«Avanti!» del 28 maggio ammoniva: «Chi sono coloro che spingono la crisi verso soluzioni anticostituzionali e antidemocratiche? Faccia attenzione l’on. De Gasperi e si fermi in tempo sulla china sdrucciolevole dell’arbitrio antidemocratico.» Anche la corrente comunista della Cgil, lungi dal fomentare la protesta contro il nuovo governo, approvò la decisione di rinnovare per altri sei mesi l’accordo con la Confindustria per la tregua salariale.

366 Più che un tentativo insurrezionale dei socialcomunisti De Gasperi temeva un fallimento del proprio

governo nell’affrontare la crisi economica, che avrebbe agevolato le sinistre decretandone la vittoria alle prossime elezioni.