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9. La campagna elettorale

9.2 Rimpasto ministeriale e Costituzione

Il processo di avvicinamento tra le correnti moderate del socialismo italiano e la Democrazia cristiana, cominciato con la scissione di palazzo Barberini nel gennaio del 1947, si era concluso a fine anno con l’inclusione del Psli, insieme ai repubblicani, nella

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compagine governativa. A premere per questo allargamento della base del governo, erano stati anche gli americani, i quali, all’indomani della formazione del quarto governo De Gasperi nel giugno del 1947, si erano rammaricati per l’assenza dei socialdemocratici. Nel numero 105 del 19 dicembre La Settimana Incom dedica un servizio al rimpasto ministeriale : “Palazzo Giustiniani. Preceduti dal Presidente De Gasperi giungono i

nuovi ministri per il giuramento al Capo dello Stato: Fachinetti ha il dicastero della Difesa, D’Aragona quello delle Poste, Pacciardi sarà Vicepresidente e così pure Saragat. Togni ministro senza portafoglio e Tremelloni dell’Industria. Brevi dichiarazioni di Saragat sull’atteggiamento del suo partito e di De Gasperi sul significato del rimpasto.”484 Come di consueto, il cinegiornale fornisce un’informazione di superficie, attardandosi a mostrare i nomi e i volti dei personaggi politici, senza un approfondimento delle dinamiche in atto. Le “brevi dichiarazioni” del leader socialdemocratico e di quello democristiano sul significato del rimpasto non sono riportate. “Poi primo Consiglio dei

Ministri: Tupini, Scelba, Pacciardi, Corbellini, Tremelloni, il sottosegretario Andreotti. Tra le decisioni principali della seduta quella che le elezioni tanto della Camera quanto del Senato abbiano luogo entro il 18 aprile ’48. Ecco anche Einaudi. «Le nuove correnti rappresentate nel governo – ha spiegato De Gasperi – si aggiungono a quelle che finora vi hanno operato, nello sforzo comune di far sì che la repubblica italiana sia definitivamente costituita sul popolo, col popolo e per il popolo».” Il governo De Gasperi

si presenta ora come la più completa espressione degli interessi del Paese. Nelle settimane successive, il cinegiornale non manca di sottolineare la maggiore attenzione prestata dalla nuova compagine governativa ai problemi del lavoro, evidente effetto della recente inclusione dei socialdemocratici. Nei numeri 111 e 112 troviamo due servizi dedicati al problema della disoccupazione, cui il governo mostra di voler far fronte attraverso un fondo di solidarietà nazionale485. Mentre gli effetti positivi della «linea Einaudi» sui prezzi e sui salari erano ormai sotto gli occhi di tutti e rappresentavano un buon argomento elettorale, gli effetti negativi sull’occupazione rischiavano di favorire i partiti della sinistra. I provvedimenti a sostegno dei disoccupati, che la Incom puntualmente

484 Cfr. “Vita politica. Rimpasto ministeriale”, La Settimana Incom n. 105, 19 dicembre 1947. 485

«Caro Saragat - scriveva De Gasperi - Scelba richiama la mia attenzione sulla complessità delle agitazioni sociali elettorali che si svolgono quotidianamente specie nel settore disoccupazione. E’ chiaro che il Governo deve reagire con un’azione coordinata, efficace e, per quanto riguarda il lato politico, illuminatrice dell’opinione pubblica» […]Nel Consiglio dei ministri del 30 dicembre 1947, Fanfani, dopo aver riferito del problema della disoccupazione, propose, su iniziativa della CGIL, una sottoscrizione in favore dei disoccupati. Il Consiglio si espresse favorevolmente alla campagna per il “soccorso invernale”, e diede mandato a Saragat, Fanfani e Del Vecchio di stilare una manifesto che fu letto alla radio da De Gasperi il giorno di Capodanno», Michele Donno, Giuseppe Saragat e la socialdemocrazia italiana, 1947-

1952, Dottorato di ricerca in Storia dell’età contemporanea nei secoli XIX e XX “Federico Chabod”,

sottolinea, hanno il duplice scopo di esibire la politica sociale del governo e di sottrarre voti all’avversario, laddove la politica economica einaudiana aveva mietuto più vittime. A parlarne è, non a caso, Saragat, ripreso dalle cineprese Incom durante l’annuncio radiofonico: “Rai di Roma. Sulla pedana dell’Arcobaleno l’on. Spataro introduce gli

oratori che parleranno in pro del fondo di solidarietà nazionale per i disoccupati. Ecco Saragat: «Tra i problemi sociali che assillano il paese, quello della disoccupazione è certamente il più grave. In un paese a territorio limitato e una popolazione densissima come il nostro sarebbe arduo, anche in tempi normali, risolvere il problema dell’impiego totale della manodopera. L’impresa diventa addirittura difficilissima nelle circostanze attuali.» Ecco la situazione, Fanfani vi dirà le cifre: «Oggi contano negli uffici di collocamento 1.852.667 italiani che richiedono lavoro» [scorrono immagini di mense per

i poveri] Oltre che di fame si tratta di dignità della creatura umana. Sottoscrivere al

fondo di solidarietà per i disoccupati è contribuire alla ricostruzione morale d’Italia.”486

La disoccupazione appare come un fenomeno del tutto naturale, connesso all’insufficiente

estensione del territorio italiano in rapporto alla popolazione. Questa analisi di tipo malthusiano, che abbiamo già incontrato nelle parole di Brusasca, non individuando le reali cause del fenomeno, tra le quali vi era la stretta creditizia e lo sblocco dei licenziamenti, esclude la possibilità di provvedimenti rivolti a combatterlo e indirizza gli interventi governativi unicamente verso l’assistenza o, come esplicitato dall’intervista a Brusasca, verso l’emigrazione487. Nel numero successivo troviamo nuovamente Saragat, accanto al Presidente del Consiglio, in occasione della conferenza stampa per il fondo di solidarietà: “Al Viminale il presidente De Gasperi - sono con lui Saragat, Pacciardi e

Scelba - ha convocato i giornalisti per un appello alla solidarietà nazionale. Bisogna raccogliere 6 miliardi per alimentare durante l’inverno quasi due milioni di disoccupati. «Vi sono doveri morali e sociali – ha detto De Gasperi ai presenti, tra cui vediamo anche Andreotti – altrettanto imperiosi se non più di quelli scritti nelle leggi». Si è costituito un comitato a cui partecipa anche la Cgil affinché i fondi rapidamente giungano al loro destino. Battaglia che bisogna vincere, tregua di fratellanza capace di riunire, in uno

486 Cfr. Solidarietà nazionale. Aiutiamo i disoccupati”, La Settimana Incom n. 111, 9 gennaio 1948. 487

Gli esponenti del Psli tenevano però a precisare che il provvedimento a favore dei disoccupati era una misura d’emergenza in attesa di un piano organico della sicurezza sociale che sarebbe stato presentato al nuovo parlamento: «L’iniziativa per un fondo nazionale a favore dei disoccupati – che è stato il primo atto del governo, dopo l’entrata nel Ministero dei socialisti di Turati e Matteotti – è una manifestazione di consapevolezza e insieme un esempio ai cittadini: ma nessuno pensi che il problema dei disoccupati possa risolversi nello spirito paternalistico o elemosiniero dell’abbiente che dona qualche cosa di proprio al bisognoso. In verità l’assistenza non deve più considerarsi una iniziativa di privati, o una attività dilettantistica dello stato…Non è possibile immaginare una società moderna che non disponga di un “sistema” assistenziale severamente organizzato […]», E. Vigorelli, Il diritto dei disoccupati, in “L’Umanità”, 17 gennaio 1948.

slancio unico, la disparità delle tendenze.”488 Lungi dal celebrare, se non in apparenza, la capacità di collaborazione mostrata dalle diverse parti politiche per il bene delle classi sociali più svantaggiate, il servizio mostra la completa autosufficienza raggiunta dal governo con il recente rimpasto, data la sua capacità di affrontare le più spinose questioni sociali e di dialogare proficuamente con il sindacato. In un panorama siffatto, la presenza dei partiti di opposizione appare del tutto superflua.

Al problema dell’occupazione è dedicato un terzo servizio, nel n. 117 del 30 gennaio, in occasione della Conferenza internazionale per la mano d’opera, svoltasi a Roma alla presenza dei delegati di sedici paesi. Questo incontro, finalizzato alla costituzione di un Comitato per le emigrazioni europee, rispondeva al bisogno di alleggerire il peso della manodopera in eccesso attraverso l’aumento dei flussi di emigrazione dalla penisola verso i Paesi dell’Europa centro-settentrionale, e conferma la linea del governo in tema di disoccupazione. Francia, Inghilterra e Belgio mostrarono, in quell’occasione, la loro indisponibilità a superare la fase degli accordi bilaterali ad hoc che di volta in volta stabilivano le quote di lavoratori ammessi. Nel resoconto della Incom, la Conferenza appare come un contenitore vuoto: metà del filmato si spende nei saluti di Sforza ai delegati esteri e nelle poche e vaghe parole che il commentatore riferisce degli interventi di Fanfani e Tremelloni. Nessun riferimento è fatto ai contenuti dell’incontro, disoccupazione ed emigrazione. Il servizio assume il suo vero significato nella conferma dell’attenzione del governo, e in particolare di Saragat, presidente della Conferenza, alle tematiche del lavoro. “Dialogo eterno di fontane e di pini di Roma nel cortile di Palazzo

Venezia restituito alla vita democratica. S’inaugura nella Sala del Mappamondo la Conferenza della manodopera, presenti i delegati di sedici nazioni, nazione invitante l’Italia. Sforza dirà: «vi salutiamo riuniti a Roma, ove ogni pietra dice l’atmosfera universalistica della nostra capitale». Fanfani auspica un mondo aperto alla collaborazione di tutti i lavoratori. Ascoltano e approvano De Gasperi, Einaudi e Parri. Tremelloni definisce problema centrale della rinascita europea l’impiego di tutti i fattori produttivi. Per la Francia parla il delegato […] . Presidente è Saragat, vicepresidenti il belga […] e l’inglese […]”.

Il numero successivo, del 4 febbraio, ospita la cronaca del Congresso del Psli. Nel corso degli ultimi mesi la Incom ha dedicato spazio ai Congressi di tutti i principali

488 Cfr. “Aiutiamo i disoccupati. Conferenza stampa al Viminale”, La Settimana Incom n. 112, 14 gennaio

partiti:489 Democrazia cristiana (n. 97 del 21 novembre 1947), Pli (n. 101 del 5 dicembre), Pci (n. 110 del 7 gennaio 1948), Psi (n. 115 del 23 gennaio 1948). I servizi sui Congressi di partito seguono uno schema che si ripete pressoché identico: elenco dei personaggi di spicco presenti, eventualmente anche dei delegati esteri, e brevissima sintesi di alcuni interventi490. Nel caso del filmato sul Congresso socialdemocratico questo schema appare stravolto: “In tre mozioni fondamentali si apre al Mercadante di Napoli il primo

Congresso del Partito socialista lavoratori italiani. Ascoltate direttamente una parte del discorso di Saragat: «Ci sono oggi in Italia degli uomini i quali si credono investiti di una missione, badate che quando dico questo non credo che quegli uomini lo facciano per il loro interesse personale, no!, sono dei fanatici, i quali si credono investiti di una missione, sono convinti che le loro idee siano infallibili e pensano di poter imporre queste idee alla classe lavoratrice, affinché la classe lavoratrice le segua, convinti che soltanto in quel modo la classe lavoratrice potrà essere salvata. Ebbene, noi invece abbiamo un’altra concezione, noi crediamo che la classe lavoratrice non può salvarsi che da se stessa, se essa stessa creerà gli strumenti della sua emancipazione, se essa stessa porterà il contributo delle forze …»”491. La consueta sintesi degli interventi, offerta dalla voce fuori campo a commento delle immagini, lascia in questo caso il posto alle parole pronunciate direttamente dal palco dal leader socialdemocratico. È una modalità insolita492, che cattura l’attenzione dello spettatore con un’efficacia di gran lunga maggiore rispetto al monotono, per quanto rapido, susseguirsi dei volti dei personaggi politici e delle mozioni. La novità è rappresentata anche dalla parte dell’intervento al quale il cinegiornale sceglie di dare rilievo, che si caratterizza come un’aperta e ironica

489 Non c’è traccia, invece, della riunione del Comitato centrale del PdA (19-21 ottobre 1947) che votò lo

scioglimento del partito e l’adesione della maggioranza dei suoi membri al Psi.

490 “Al Teatro Astoria di Roma XXVI Congresso del Partito socialista. Più di 700 delegati in sala, oltre le

rappresentanze straniere. Ecco Nenni con lo spagnolo Del Vayo, ed eccolo con l’austriaco Deutsch. Vernocchi, Pieri, Lizzadri. L’on. Lina Merlin e il firmatario di una delle due mozioni Romita. Lelio Basso segretario del partito è il firmatario dell’altra. Fra gli invitati, accanto all’on. D’Onofrio,Palmiro Togliatti. Anche Ivanoe Bonomi è interventuo. Alberto Cianca è nella Presidenza. Sotto il palcoscenico giornalisti di ogni tendenza. Apre i lavori Lizzadri , che sottolinea il significato di questo Congresso, il primo dopo la scissione del ’47. Calorosi saluti portano a nome dei bulgari, Asen Nejkoff, Jaffe, per il Bund israelitico di New York, Guy Mollet, che parla per i francesi. Per il Fronte della gioventù ringrazia Enrico Berlinguer. L’on. Bruni si fa interprete dei cristiano-sociali; per i comunisti prende la parola Togliatti, riconoscendo al socialismo l’iniziativa del Fronte democratico popolare”, “Vita dei partiti. Congresso socialista a Roma”, La Settimana Incom n. 115, 23 gennaio 1948.

491 “Vita dei partiti. Congresso del Psdi”, La Settimana Incom n. 118, 4 febbraio 1948.

492 Domenico Paolella, redattore capo e poi direttore artistico della Settimana Incom, detestava questo

cambiamento stilistico: «A poco a poco il cinegiornale peggiorò. Cominciarono a entrarci […] gli orrendi primi piani dei discorsi, delle facce che parlano, che bisognerebbe proibire per legge anche alla televisione. Non è possibile pensare che vedere sia vedere della gente che dice! E allora diciamo, facciamo la radio! […] Le cose io le voglio vedere. Se sono avvenimenti che non si vedono allora non bisogna farli. […]», F. Faldini e G. Fofi (a cura di), L’avventurosa storia del cinema italiano raccontata dai suoi protagonisti

invettiva contro il partito socialista. Poiché, come sappiamo, la Incom aveva sempre evitato i toni accesi e le polemiche, a costo di fornire una cronaca di pura superficie, questo servizio appare, per più di una ragione, come una deroga al suo consueto stile composto. Eppure è proprio la modalità adottata che consente alla Incom, ancora una volta, di dissimulare la sua posizione: il ricorso al “discorso diretto” offre infatti al cinegiornale l’opportunità di proporre contenuti nettamente di parte ed espressi con vivacità di toni, senza ‘sporcarsi le mani’. La violenza della campagna elettorale si fa strada all’interno della Incom, che la veicola e incanala in modo da preservare l’immagine della sua apparente equidistanza.

Prima di entrare nel vivo dello scontro tra i due schieramenti, occorre soffermarsi un momento sullo spazio dedicato dalla Incom ad un avvenimento di importanza epocale per la storia della democrazia italiana: l’entrata in vigore della Costituzione, il 1° gennaio 1948. Il cinegiornale dedica all’argomento due servizi, contenuti nei numeri 81 del 26 settembre 1947 e 111 del 9 gennaio 1948. Nel primo servizio troviamo un’intervista all’on. Terracini, in cui il presidente dell’Assemblea si esprime sul contributo dei costituenti all’affermazione di uno spirito democratico e parlamentare (“[…] L’Assemblea

Costituente si sente l’erede di tutta la più sana esperienza parlamentare prefascista nel quadro delle rinnovate istituzioni repubblicane”493), e sottolinea la eco suscitata all’estero dai dibattiti sulla Costituzione («[…] basti citare le visite che parlamentari di tanti paesi

fanno alla nostra Assemblea, assistendo ai suoi lavori, intrattenendosi con deputati di ogni settore, recando via con sé i resoconti delle nostre discussioni»). Il numero 111

mostra invece il momento in cui il testo venne firmato da De Nicola e dai rappresentanti del governo. Un’atmosfera di grande solennità accompagna il commento: “Entriamo a

Palazzo Giustiniani con i vicepresidenti del Consiglio e i ministri. L’orologio della biblioteca scoccherà tra poco un’ora destinata a rimanere memorabile nella storia della nostra democrazia. A cento anni di distanza l’Italia celebra il ’48 dello Statuto con il ’48 della Costituzione. Sono le ore 17 quando il Presidente della Repubblica prende posto al tavolo della firma. Due calamai, quattro penne da ufficio, rievocano la frugalità tra cui sono nate tutte le grandi carte democratiche, a cominciare dalla settecentesca e americana Dichiarazione dei diritti.

«

L’ho letta attentamente, possiamo firmare con sicura coscienza

»

ha detto poco prima De Nicola a De Gasperi. L’avvocato De Nicola è un grande giurista, siamo tranquilli anche noi. […] Da queste cartelle di cuoio la

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Costituzione passa ora nello spirito e nelle forme della vita nazionale. Noi, tutti gli italiani, giuriamo di osservarla.”494

Nei mesi in cui l’Assemblea Costituente era nel vivo dei lavori, la eco suscitata all’estero dai grandi temi in discussione non ha trovato riscontro nei cinegiornali Incom: né l’acceso dibattito sull’articolo 7, né quello sull’indissolubilità del matrimonio entrarono nelle cronache della Settimana Incom. Solo nel n. 71, in pieno agosto e a discussione ormai conclusa, troviamo un servizio dal titolo: “Le nostre inchieste. Il divorzio in Italia”, che analizzeremo nel capitolo sulle donne. La Incom sembra aver voluto tutelare il delicato lavoro che si svolgeva all’interno dell’Aula, costantemente teso alla ricerca di un compromesso tra parti politiche che provenivano da esperienze diverse e che, in alcuni casi, erano state accomunate unicamente dalla lotta antifascista.