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6. Verso nuovi equilibri di governo

6.3 Nenni e Saragat

All’interno del numero 41 vi è un servizio dedicato alla scissione di Palazzo Barberini. È la prima volta, e non a caso339, che la Incom dedica uno spazio così consistente ad un partito della sinistra340. In linea con il suo stile, il cinegiornale non entra nel merito delle ragioni che avevano portato alla spaccatura del Psiup e alla creazione del Psli, ma si limita a mostrare i protagonisti dell’evento, con un sintetico riferimento alle diverse mozioni: “Romita è col gruppo più numeroso che sostiene la cosiddetta mozione base, o

di sinistra. Nenni si batte per l’istanza marxista. Pertini, il popolare direttore de

337 Cfr. A. Gambino, op. cit., p. 266. 338

Cfr. “Vita politica. Le dimissioni di De Gasperi”, La Settimana Incom n. 42, 23 gennaio 1947.

339

La scissione socialista era vista con favore sia dalla Dc sia dagli alleati: essa sottraeva una parte consistente di socialisti italiani alla condizione di subordinazione al Pci; dava vita ad una forza socialdemocratica con la quale era possibile dialogare e, in prospettiva, governare; consentiva alla Dc di superare l’alleanza con le sinistre e di non sbilanciarsi troppo a destra. Togliatti, da parte sua, considerava la scissione dei socialdemocratici come il male minore, rispetto al rischio che all’interno del Psiup potessero prevalere le posizioni moderate e determinare la scissione delle correnti di sinistra.

340 Sino a questa data, tra i congressi di partito che si svolsero nel 1946, solo quello della Dc aveva trovato

spazio tra i servizi della Settimana Incom. Cfr. “Vita politica. Il congresso demo-cristiano a Roma”, La

«L’Avanti», spiegherà tutta la sua energia per evitare la scissione.”341 La gran parte del servizio è dedicata a mostrare i personaggi politici della sinistra, italiana e internazionale, che si avvicendarono sul palco: Terracini per i comunisti, il ministro Macrelli per il partito repubblicano, Alberto Cianca per il Partito d’Azione. A questi seguono i rappresentanti dei socialisti belgi, greci, polacchi e olandesi, in una breve e del tutto inedita panoramica sul socialismo europeo. Sebbene anche il servizio sul Congresso democristiano si fosse attardato sui volti e i nomi, sconosciuti ai più, dei delegati esteri, nel servizio in questione la carrellata sui socialisti provenienti dai vari Paesi e, in generale, la cronaca della giornata, è neutra solo in apparenza: la connotazione negativa, dal punto di vista dello spettatore medio, si rivela in chiusura e “contamina” retroattivamente tutto il servizio: “Nenni si accinge a fare le attesissime dichiarazioni che

fisseranno le direttive del partito dopo la dolorosa scissione: «Nostro fine è la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio, nostro metodo la lotta di classe».”342

Mentre del discorso di Nenni il cinegiornale riporta appena uno slogan avulso dal contesto, alle ragioni degli scissionisti dedica un intero servizio. Il numero successivo, del 23 gennaio, si apre infatti con un’intervista a Giuseppe Saragat, che segna un piccolo punto di svolta nel prudente stile giornalistico della Incom, probabile riflesso della radicalizzazione politica in atto. Alla domanda, rivolta da Pallavicini, circa il programma del Psli, Saragat conferma la matrice socialista (“il partito si propone di ottenere un

ordine nuovo fondato sulla giustizia sociale e sulla libertà”), ma marca la distanza dal

pensiero comunista, al quale si è sempre attribuita la priorità dell’aspirazione alla giustizia sociale sulla difesa della libertà. La domanda successiva è particolarmente significativa, in quanto rinuncia ai giri di parole e alle perifrasi cui la Incom ci aveva abituato343:

341 Cfr. “Vita dei partiti. Il Congresso socialista”, La Settimana Incom n. 41, 16 gennaio 1947.

342 Il vero protagonista del Congresso, la cui leadership si impose su quella nenniana, fu Basso, che

denunciò come illusoria la ricerca di soluzioni riformiste e pose il partito di fronte alla necessità di una scelta tra «una politica sociale e democratica», o una politica «di autentica democrazia socialista». Nenni, che apparve sorpreso da una scissione che non aveva previsto e che non era in grado di gestire, fece riferimento – tra i fischi dei congressisti - anche al problema dei rapporti con la Dc «[…] se questa collaborazione si è avverata in alcuni momenti difficili, difficile non è stata né del tutto negativa. […]», cfr. F. Taddei, Il socialismo italiano del dopoguerra: correnti ideologiche e scelte politiche (1943-1947), Franco Angeli Editore, Milano, 1984, pp. 359-365.

343 A quasi un anno dalla nascita della Settimana Incom, il termine “comunismo” non è mai pronunciato.

Anche il termine “comunista” ricorre pochissime volte (ne abbiamo contate due: nelle parole di Nenni durante l’intervista del 20 marzo 1946 e a proposito della Consulta il 12 marzo 1946). Lo stesso Partito comunista italiano viene citato, di volta in volta, attraverso circonlocuzioni: durante la campagna elettorale per il referendum e la Costituente, il Pci è uno dei “partiti di massa”, o dei “partiti repubblicani” (Cfr. La

Settimana Incom n. 12). Dopo le amministrative di novembre, la vittoria del Pci è definita una “vittoria

“«Quali i rapporti tra il suo partito e il comunismo?»”344 Espressa in questa forma diretta, la domanda sembra richiedere una netta scelta di campo. Alla strettoia posta da Pallavicini, Saragat risponde rimandando al suo discorso di Palazzo Barberini, pubblicato integralmente dal giornale del partito «L’Umanità», e afferma: “«In ogni caso noi non

saremo mai anticomunisti, noi siamo e saremo sempre socialisti.» Rispetto ad altri

politici intervistati da Pallavicini, Saragat si rivela un interlocutore più impegnativo: “Pallavicini: «Quando ha pensato per la prima volta alla scissione?»; Saragat: «Non ci

ho mai pensato e non ci penso neppure adesso. Non si tratta di una scissione ma di una rinascita del partito. Del resto sono certo che presto tutti i socialisti si ritroveranno riuniti nella nuova casa»345 Alla domanda su chi siano i maggiori aderenti al nuovo partito, Saragat offre una risposta politically correct – dal punto di vista socialista - nella forma, che rivela però uno sbilanciamento a destra nella sostanza: “«Non ci sono aderenti

né maggiori né minori, ci sono dei compagni. E tra i compagni quelli a noi più cari sono gli operai, i braccianti e gli impiegati» L’inclusione, nella base sociale del nuovo partito,

dei colletti bianchi accanto alle tute blu è la più sintetica e chiara esplicitazione dell’obiettivo elettorale di Saragat: i ceti medi.