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Criticità al processo di Barcellona

Nel documento La sicurezza nel Mediterraneo: un'utopia? (pagine 70-72)

2.5 Il Partenariato Euro Mediterraneo

2.5.4 Criticità al processo di Barcellona

Gli ostacoli al raggiungimento degli obiettivi del Partenariato sono sostanzialmente riconducibili a tre fattori di criticità:

1. l’effettiva capacità e volontà delle società civili ad adattarsi alle riforme richieste dallo stesso Partenariato euro-mediterraneo;

2. il rischio di una maggiore introduzione di modelli istituzionali di stampo occidentale che non risulterebbero sempre adatti nei sistemi degli altri partner del Sud del Mediterraneo;

3. la paura di un rapporto troppo sbilanciato tra i 27 paesi membri.

Gli strumenti finanziari a disposizione dell’Unione Europea per guidare gli altri Stati del Partenariato ad un dato processo di transizione, richiesto per le loro strutture economiche, potrebbero portare ad un incremento della già definita divisione tra i paesi delle due sponde del bacino. Questo è legato al fatto che gli aiuti economico-finanziari possono essere considerati come uno strumento di pressione nei confronti di tutti quei paesi che non hanno molte alternative nelle possibilità di reperire le risorse finanziarie sufficienti per attivare le dovute riforme.

Il rischio a cui si incorre è dunque quello di creare un rapporto di squilibrio in cui la partnership tanto desiderata e auspicata viene solo subita e non condivisa; anche se l’idea del Partenariato nasce sulla base di un rapporto paritario, c’è sempre il rischio che questo si trasformi in una sorta di pressione indiretta nei confronti dei Paesi della sponda Sud. Questi infatti non dispongono di valide alternative per raggiungere il tanto desiderato sviluppo in quanto o accettano la cooperazione, accettando di conseguenza anche le pressioni da parte dei paesi industrializzati, o decidono di essere finanziariamente ed economicamente “indipendenti”, rischiando così di minare la stabilità del bacino che è andata via via a creandosi.

Oltre alle possibili situazioni di squilibrio anche la marginalità dei mercati arabi in confronto ai risultati dell’economia globale costituisce un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi del

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65 Partenariato; questo è dovuto al fatto che la marginalità economica costituisce un freno per la realizzazione di una zono euro-mediterranea di libero scambio. Inoltre gli scambi nel Mediterraneo soffrono di un problema di natura bilaterale in quanto l’Unione Europea ha la possibilità di intrattenere negoziazioni a livello individuale con gli stati della sponda sud fornendo in questo modo un ostacolo alla creazione di un unico blocco economico regionale. Un ulteriore freno alla cooperazione euro-mediterranea è dato dall’allargamento dei confini dell’Unione Europea; questa risulta essere sempre più autosufficiente e instaura delle situazioni economiche in cui i prodotti dei paesi del Sud del Mediterraneo vengono direttamente posti in competizione con quelli provenienti dai Paesi di nuova adesione all’UE. Mentre per l’ Unione Europea il Processo di Barcellona viene inteso come un fattore positivo che offre la possibilità di conseguire un ulteriore sviluppo economico grazie al miglioramento delle strutture dei Paesi siti sulla sponda Sud, a parere dei 12 partner mediterranei, che considerano il Partenariato come un insieme di relazioni eurocentriche piuttosto che paritarie, invece questo può portare più svantaggi che vantaggi a causa delle loro rigide condizioni economiche.

Un ulteriore elemento di critica prende in considerazione le riforme ancora ad uno stato embrionale volte a portare la democrazia nei Paesi dove questa era messa ancora in secondo piano; anche le riforme economiche, aventi come scopo l’ammodernamento delle strutture economiche per rendere il sistema economico dei 12 Paesi partner mediterranei del Partenariato più compatibile con quello dell’Unione Europea, sono considerate ad un livello frammentario e non ben definito. Inoltre le riforme finanziarie miranti alla creazione di una zona di libero scambio furono costrette a subire dei rallentamenti a causa dell’arretratezza dei sistemi dei paesi meno sviluppati.88

Il Processo di Barcellona non ha dunque realizzato gli importanti obiettivi politici, economici e culturali che si prefiggeva e non ha fatto sufficienti progressi per giungere alla desiderata “prosperità condivisa”; la Dichiarazione del Processo di Barcellona esplicava come questo avrebbe dovuto intensificare la dimensione politica e culturale verso una cooperazione realmente multilaterale. Questo avrebbe dovuto infatti comportare, soprattutto per iniziativa dei paesi euro-mediterranei, un reale trasferimento di risorse, incluse le risorse umane, culturali, scientifiche e tecnologiche, che ponesse in secondo piano i temi della sicurezza, del

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M. CALABRESI, Il Mediterraneo prossima frontiera, in AffarInternazionali, 2007 [ Disponibile all’indirizzo: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=430 ]

66 controllo dei flussi migratori, dello smercio dei prodotti industriali e della protezione dei mercati agricoli.89 Nonostante gli sforzi di Barcellona il Mediterraneo continua ad essere un mare frammentato all’interno del quale le diversità economiche, politiche e culturali sono ancora fortemente radicate. L’auspicata unità potrà realizzarsi solo nel momento in cui lo schema eurocentrico venga subordinato ad una visione di cooperazione paritetica fra i Paesi della sponda Nord e quelli della sponda Sud, favorita da un dialogo reale fra la cultura europea e quella arabo-islamica. È infatti sin da tempi ormai a noi lontanissimi che queste due culture con religioni, sistemi politici ed economici differenti si trovano nella situazione di dover condividere una porzione di mare comune alle loro terre.

Oltre alle diversità presenti nel bacino, la questione più importante che tutt’oggi rimane un fattore di destabilizzazione per la buona riuscita del Partenariato è la questione palestinese ritenuta la “questione mediterranea” per eccellenza. Dalla risoluzione della questione suddetta dipendono varie situazioni come la pace mediterranea e la pace in Medio Oriente la cui possibile risoluzione del conflitto arabo israeliano costituirebbe un passo probabilmente decisivo anche per ridurre la minaccia terroristica di matrice islamica.

La pace nel Mediterraneo dipende inoltre dalla capacità europea di collaborare con il mondo islamico evidenziando ancora una volta come la cooperazione tra le due civiltà sia l’elemento cardine per rendere il bacino più sicuro e per evitare che questo passi, come già successo nella storia, in secondo piano a causa dell’emergere di nuove potenze mondiali come per esempio India e Cina che sono localizzate lontano dal continente europeo e dal Mediterraneo.90

Nel documento La sicurezza nel Mediterraneo: un'utopia? (pagine 70-72)