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Gli effetti della globalizzazione sulla sicurezza

Nel documento La sicurezza nel Mediterraneo: un'utopia? (pagine 142-144)

La storia e gli avvenimenti passati non hanno di certo contribuito a rendere il mondo uno spazio omogeneo; al contrario a partire dall’avvio dei processi di decolonizzazione si è proprio venuta a creare una profonda disomogeneità tra i vari Paesi. Fu nel 1955, in seno alla Conferenza di Bandung, che venne coniato per la prima volta il termine Terzo Mondo per indicare i Paesi dell’Asia, Africa e America Latina appena usciti dal contesto coloniale ed in lotta per l’indipendenza; la connotazione Terzo Mondo andava contrapponendosi al Primo Mondo dato dalla potenza americana e al Secondo Mondo costituito dalla potenza sovietica. Al termine della Guerra Fredda si verificò, con il crollo dell’URSS la dissoluzione del Secondo Mondo e si venne così a creare un divario non solo a livello economico ma anche sociale e politico fra i Paesi del Nord del mondo cosiddetti sviluppati e i Paesi del Terzo Mondo ancora in via di sviluppo.

In senso generale si può affermare che la globalizzazione seppur porti ingenti benefici, questi purtroppo non sono equamente condivisi in quanto è possibile notare come la fase attuale

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A. COLLINS, Contemporary Security Studies, cfr. pag. 194

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137 della globalizzazione stia generando un numero crescente di ineguaglianze sia economiche che sociali non solo a livello inter-statale ma anche intra-statale. Sono molti i fattori che contribuiscono ad aumentare il divario tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri; tra questi troviamo per esempio l’ineguale distribuzione degli investimenti, la crescente disoccupazione e la presenza di un flusso migratorio sempre più marcato il cui fine ultimo è quello di ottenere migliori standard di vita. Le ineguaglianze tra gli Stati si riferiscono ai diversi impatti che la globalizzazione ha sulle varie regioni e Stati del mondo, per esempio prendendo in considerazione il Prodotto Interno Lordo, la capacità di esportazione e gli investimenti diretti esteri; le ineguaglianze all’interno delle stesse nazioni riguardano la non equa distribuzione della ricchezza tra i diversi gruppi sociali, che nei Paesi poveri sembra essere ancor più marcata a causa della liberalizzazione economica e commerciale. Anche i Paesi industrializzati stanno vivendo oggigiorno una sempre più crescente ineguale distribuzione della ricchezza e assistono in questo modo allo sviluppo di aree caratterizzate da una drammatica povertà in contesti geografici tradizionalmente ricchi e sviluppati. 220

Tutte queste condizioni di ineguaglianza fungono dunque da ostacolo alla crescita economica e alla creazione di aree di stabilità economica e sociale; la globalizzazione continua in questo senso ad incrementare il divario tra ricchi e poveri e tra Nord e Sud del mondo rendendo così il sistema mondiale più insicuro ed instabile. Le differenze economiche rischiano di sfociare in drammatiche ribellioni non solo tra Stati ma anche all’interno degli stessi sia perché all’interno di Stati sviluppati si stanno creando delle aree di crescente povertà e degrado e sia perché le disparità portano comunque a rendere lo Stato e le persone che vi abitano più insicure.

Le disomogeneità globali aumentano l’insicurezza per svariati motivi; in primo luogo il crescente malcontento corre il rischio di sfociare in una vera e propria ribellione. In secondo luogo è probabile che data la presenza di due differenti velocità di sviluppo anche le guerre per l’approvvigionamento delle risorse necessarie per vivere e produrre subiranno un drastico aumento. Osservando i trends delle crisi passate, presenti e presumibilmente future è possibile evidenziare come queste, assieme ai fattori di instabilità, siano più frequenti lungo “ una fascia di contatto tra le due contrastanti realtà geopolitiche che caratterizzano lo scenario di sicurezza attuale: la prima costituita da quella parte del mondo che è soggetto ed oggetto della globalizzazione, la seconda costituita da quella parte che non viene inclusa dalla

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138 globalizzazione e tende ad essere sempre più marginalizzata.” 221 La seconda fascia si localizza prevalentemente attraverso la linea dell’Eurasia, interessando così delle zone piuttosto limitrofe al bacino del Mediterraneo e al contesto dell’Unione Europea.

A partire dagli anni Ottanta sono stati 3 i trends che hanno influenzato le dinamiche strategiche della sicurezza: la fine della Guerra Fredda, l’impatto della globalizzazione e l’ascesa del radicalismo islamico. La fine del sistema bipolare favorì la creazione di nuovi problemi di sicurezza globale; per prima cosa i conflitti interni hanno subito un forte incremento dopo il crollo dell’Unione Sovietica, le rivalità etniche si sono riaccese e come conseguenza è aumentato il numero dei conflitti sia inter che intra statali. In secondo luogo un’ ingente quantità di armi appartenenti ai Paesi dell’ex Patto di Varsavia si è riversata nei mercati illegali di armi, fornendo così un valido supporto alle attività delle organizzazioni terroristiche; infine è cresciuto notevolmente anche il rischio di utilizzo di armi di distruzione di massa.

Il secondo trend strategico prende in considerazione il fenomeno della globalizzazione, aumentata significativamente intorno agli anni Novanta; a livello globale, l’interdipendenza tra i vari Paesi è ben lungi dall’essere prettamente economica poiché sono numerosi i suoi aspetti a carattere politico, culturale e militare.

Il terzo ed ultimo trend si riferisce all’ascesa del terrorismo Islamico, divenuto un fenomeno transnazionale e attivo in tutto il mondo. Una caratteristica determinante del fondamentalismo islamico è l’assoluto rifiuto del modello di società occidentale compresi i suoi valori e principi, la separazione tra stato e chiesa, la parità dei diritti umani e la legge moderna; la globalizzazione e il modello di società occidentale viene percepito dalle società islamiche come una vera a propria minaccia ai propri valori. 222

Nel documento La sicurezza nel Mediterraneo: un'utopia? (pagine 142-144)