• Non ci sono risultati.

Dal biopotere alla “biopolitica affermativa”

L’ultimo percorso teorico della letteratura biopolitica è quello della cosiddetta “biopolitica affermativa”. Con questa corrente di pensiero si assiste ad un radicale rovesciamento delle prospettive di indagine che più comunemente vengono associate alla dottrina del biopotere168. La prospettiva della “biopolitica affermativa” rivendica e valorizza la potenza illimitata della vita umana quale nucleo generatore di nuove esperienze politiche per abbandonare l’orizzonte nichilistico moderno. Così, proprio passando attraverso l’assoggettamento al biopotere si può riuscire ad accedere ad una condizione di piena soggettività, che ne libera le forze vitali immanenti. La vita umana, secondo queste rappresentazioni affermative, già si trova, esiste e dura in natura prima (e dopo) di tale biopotere.

Il potere pertanto, non è più inteso in senso negativo, secondo la logica disci- plinare e repressiva descritta da Foucault, ma ora detto potere acquista una nuova veste divenendo una vera e propria “potenza dell’uomo”. La funzione del potere pertanto, sarà quella di attivare questa forza vitale intrinsecamente umana, di renderla capace i esprimersi, mettendola in grado di produrre nuove relazioni e forme di vita: potenza affermativa, appunto169.

167 Ivi, p. 143.

168 B. CASALINI, L. CINI (a cura di), Giustizia, uguaglianza e differenza, cit., p. 233.

169 Ivi, p. 234. All’interno di questo “alternativo paradigma del biopolitico”, le posizioni espresse da

Michael Hardt e Antonio Negri sono certamente tra le più innovative ed interessanti. Questi autori rifiutano le concezioni dominanti della sovranità moderna che, a partire da Hobbes e passando per Kant, Rousseau, Hegel, Schmitt, sono arrivate fino ad Agamben. Quest’ultimo, in particolare, ritiene che non vi sia alcuna speranza di trasformare il biopotere con metodi democratici. M. HARDT, A.

Questa possibilità implica la persistenza di una parte dell’uomo che non si la- scia avvolgere completamente dai sistemi disciplinari ma che rimane sempre viva in potenza. In questo modo, la biopolitica affermativa può essere in grado di restituire unità all’essere vivente, non più scisso fra sfera razionale e animalità irrazionale170.

La chiave di lettura assunta dal nuovo paradigma “affermativo” è in termini di biopolitica e non di biopotere e consiste nell’utilizzare la biopolitica contro il biopo- tere ritenuto apocalittico e totalizzante.

Il potere politico è del tutto immerso nella vita sociale, manifestandosi in ma- niera frammentaria e fluida tra le sue pieghe e le sue relazioni. Non c’è pertanto un nucleo centrale e trascendente del potere ma una molteplicità di micropoteri in azio- ne disseminati capillarmente sulla superficie dei corpi e concentrati nelle pratiche e nei regimi disciplinari. Tuttavia, è proprio nelle pieghe di queste relazioni di potere, capillari e diffuse, che emergono e si manifestano quelle resistenze, anch’esse capil- lari e diffuse, che tutte insieme costituiscono le nuove soggettività biopolitiche, esprimono i modi e le forme attraverso cui il vivente, attaccato dai dispositivi del biopotere sociale, reagisce, contrattacca, produce e riproduce se stesso. Da queste resistenze si producono nuove “soggettività” de-assoggettate, cioè senza un soggetto che non sia la vita stessa nella sua compiuta immanenza171.

Questa rilevazione è implicita nell’indagine e tesi foucaultiana secondo cui la libertà e la resistenza sono le precondizioni necessarie per l’esercizio del potere. Il potere pertanto si attua su soggetti, individuali e collettivi, che devono essere neces- sariamente liberi172.

NEGRI, Comune. Oltre il privato e il pubblico, Milano, 2010.

170 Al riguardo, v. G. GIARELLI (a cura di), La persona ai confini della vita e della morte. Questioni di

bioetica tra medicina e società, Milano, 2011, p. 34; anche P. BARCELLONA, Il suicidio dell’Europa:

dalla coscienza infelice all’edonismo cognitivo, Bari, 2005, p. 79.

171 È solo attraverso quest’opera di de-soggettivazione – ci dice Esposito commentando Negri – che la

semantica biopolitica può sfuggire alla cattura sovrana. L. BAZZICALUPO, R. ESPOSITO (a cura di),

Politica della vita, cit., p. 236.

172 J. REVEL, Per una biopolitica della moltitudine, in P. PERTICARI (a cura di), Biopolitica minore,

Se questi ultimi non avessero la possibilità della scelta del proprio comporta- mento, se non potessero andare avanti o resistere, obbedire o disobbedire, il potere non avrebbe più alcuno su cui imporsi. Perché ci sia potere ci vuole libertà e non c’è libertà che non si eserciti senza potere: senza libertà paradossalmente il potere si esaurisce. Nei riguardi del potere la resistenza è comunque prioritaria173.

In questo senso la potenzialità vitale del corpo sociale resiste e sovverte il si- stema del biopotere, per rinnovare il pensiero materialista, radicandolo saldamente nella produzione dell’essere sociale. È soltanto all’interno di questa interpretazione post-strutturalista che può effettivamente emergere la dimensione della biopolitica come potenza produttiva di vita: una biopolitica creatrice di affetti e di linguaggi, di corpi e di desideri, di cooperazione e relazioni sociali. Il nucleo della produzione biopolitica è insomma la produzione di soggettività e, in modo particolare, di sogget- tività che si comportano come resistenze e come potenze desoggettivanti. Da questo punto di vista, il terreno attualmente più risolutivo dell’azione politica è quello su cui si svolgono le lotte per il controllo o l’autonomia della produzione di soggettività.

Secondo questo nuovo paradigma è soltanto chi proviene ed emerge dal basso, animato dal desiderio e dalla ricerca di libertà, che può fare la storia e può determina- re lo sviluppo materiale e ideale della società. Sono le soggettività sfruttate ma pro- duttive, povere ma desideranti, emarginate ma piene di amore, che costituiscono il centro e il motore dello sviluppo storico, non i rapporti capitalistici di produzione e, in senso più generale, l’insieme delle relazioni strutturali dell’esistenza sociale.

Il nuovo programma materialistico si basa su tre assiomi: 1. i corpi sono gli agenti costituitivi della biopolitica dell’essere;

2. sul terreno biopolitico, su cui i poteri si applicano e vengono continuamente disattivati, i corpi resistono;

173 J.-L.NANCY, Essere singolare plurale, Introduzione di R. ESPOSITO in dialogo con J.-L. NANCY,

Torino, 2001, p. 237; cfr. M.FOUCAULT, La volontà di sapere, cit., p. 85; P. AMATO, La biopolitica, cit., p. 18.

3. la resistenza dei corpi produce la soggettività, non in una condizione isolata e individualista, ma in un complesso dinamico in cui sono concatenate le resistenze degli altri corpi.

Ed è proprio la formulazione di una nuova teoria della “soggettività”, che operi prevalentemente sul piano della conoscenza, della comunicazione, degli affetti, delle relazioni personali e del linguaggio, ciò che occorre meglio esplicare nel programma di “biopolitica affermativa”174.

Creatività, affetti e virtualità rivelano una natura umana originaria e originale, subordinata al mercato e valorizzata dal capitale, ma allo stesso tempo, capace di rovesciare tale subordinazione per costruire un nuovo mondo sociale al di fuori del capitalismo e del biopotere175.

Tutto questo è indicativo di quante strategie generali e letture della modernità si giocano intorno alla critica della sovranità, punto di convergenza intorno al quale si annodano i temi della fine del moderno e della morte della politica. Il principio di sovranità ha rappresentato il tentativo di mediare potere e diritto e il suo rigetto, pertanto, finisce con il produrre la liberazione del potere dal diritto176.

L’epistemologo Edgar Morin ha speso un’intera vita di ricerca per mostrare che dal modello epistemologico della scienza geometrico-meccanica – vivente nel mito di Laplace secondo i principi della previsione, della determinazione e della riproduzione – siamo transitati al modello della scienza complessa, i cui punti ciechi sono, per necessità ineludibili, il caso, la contraddizione e la parzialità. Inoltre, all’ingrandirsi della potenza del sistema corrisponde l’ingrandirsi della sua impreve- dibilità e della sua vulnerabilità177.

174 B. CASALINI, L. CINI (a cura di), Giustizia, uguaglianza e differenza, cit., p. 240. 175 Ivi, p. 242.

176 L. BAZZICALUPO, R. ESPOSITO (a cura di), Politica della vita, cit., p. 9.

C

APITOLO

T

ERZO

Pericolosità sociale e apparato amministrativo:

sicurezza pubblica, difesa sociale e controllo

“Non è rinchiudendo il vicino che ci si convince del proprio buon senso”.

[Dal saggio Histoire de la folie, in premessa, di Foucault

(frase di Dostoevskij)]