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Lo strumento della perizia nella definizione dell’“anormale”

dell’“anormale”

Fin dall’origine la “perizia” ha avuto il compito di permette l’individuazione della linea di confine tra malattia e responsabilità, fra causalità patologica e libertà del soggetto giuridico, fra terapia e punizione, tra medicina e diritto penale, tra ospe- dale e prigione. L’istituzione medica, in caso di follia, deve sostituirsi all’istituzione giudiziaria.

61 Ivi, pp. 97 ss.

62 L’Etnologia ha, tra i suoi obiettivi, la ricostruzione della storia dell’uomo, e la formulazione cultura-

le di invarianti universali, quali il tabù e l’incesto, e la formulazione di generalizzazioni riguardo alla”natura umana”, un concetto ampiamente criticato sin dal XIX secolo da vari filosofi. M. FOU- CAULT, Gli anormali, Corso al Collège de France (1974-1975), cit., Lezione 29 gennaio 1975, p. 99.

A poco a poco si ordisce una specie di continuum medico-giudiziario, la cui massima istituzionalizzazione si vede propriamente nella perizia medico-legale63.

Lo strumento della perizia esprime alcuni asserti ritenuti di verità scientifica, giuridica e sociale, che hanno molti effetti pratici nei sistemi disciplinari. La perizia è l’elemento necessario per la fondazione dell’idea di anormalità. In sede di giudizio se ad enunciare le prove è una perizia psichiatrica allora la prova acquista validità e veridicità. Il medico è detentore del potere in un’istituzione che diventa sempre più un luogo di formazione di discorsi che producono una nosografia e una serie di clas- sificazioni in cui non ci sono vere e proprie teorie ma solo tattiche di potere64.

Nel momento in cui vengono ad interagire l’istituzione giudiziaria e la medici- na abbiamo – sostiene Foucault – il “grottesco”. L’individuo oggetto delle perizie inizia ad assomigliare al proprio crimine prima di averlo commesso. È così che la perizia viene a legittimare l’estensione di un potere disciplinare che non vuole solo punire ma anche correggere la pericolosità (supposta) attraverso il dispositivo di normalizzazione.

In realtà, la puerilità stessa dei termini, delle nozioni e dell’analisi, che è al centro della perizia medico-legale contemporanea, ha una funzione ben precisa: permettere lo scambio tra categorie giuridiche (definite dal codice stesso e che im- pongono di punire solo se c’è veramente intenzione di nuocere o c’è dolo) e nozioni mediche come per esempio quelle di “immaturità”, di “debolezza dell’Io”, di manca- to sviluppo del super-Io, di “struttura caratteriale”, ecc.

La perizia fa di più: permette inoltre di giustificare l’esistenza di una specie di rete di protezione di tutto il corpo sociale, che andrà dall’istanza medica di guarigio- ne fino all’istituzione penale propriamente detta. Alla criminalità patologica la socie- tà risponderà con due modalità: uno espiatorio, l’altro terapeutico.

In realtà, tutto questo continuum, che ha un polo terapeutico e un polo giudizia- rio, tutta questa misura istituzionale, fornisce una risposta al “pericolo”. È

63 Ivi, pp. 37-38.

64 Al riguardo v. A. PASTORE, Il medico in tribunale: la perizia medica nella procedura penale

all’individuo pericoloso – vale a dire che non è né veramente malato né propriamen- te criminale – che questo insieme istituzionale si rivolge. Nella perizia psichiatrica, l’individuo con il quale il perito deve misurarsi nel suo interrogatorio, nella sua analisi e nella sua diagnosi è l’individuo tendenzialmente pericoloso. Sicché abbiamo due nozioni che si fronteggiano e sono visibilmente limitrofe: da un lato la nozione di “perversione” che permette di unire insieme l’una all’altra, la serie dei concetti medici e dei concetti giuridici; dall’altro, la nozione di “pericolo”, di individuo “pe- ricoloso”, che consente di giustificare e di fondare in teoria l’esistenza di una catena ininterrotta di istituzioni medico-giudiziarie. Pericolo e perversione costituiscono il nucleo essenziale, teorico, della perizia medico-legale.

La congiunzione del medico e del giudiziario, assicurata dalla perizia medico- legale, si da solo grazie a quelle categorie elementari della moralità che si ridistribui- scono attorno alla nozione di perversione65. E d’altro canto, il medesimo discorso si organizza non solo intorno al campo della perversità, ma anche attorno al problema del pericolo sociale. Questo significa che sarà anche il discorso della paura: un di- scorso che avrà per funzione di svelare il pericolo e di opporvisi. “Perversità” e “pericolo”: in questi due termini, riattivati attraverso un’istituzione e un sapere che ci sono contemporanei, ritroviamo una vasta pratica che sembrava demolita, alla fine del XVIII sec., in piena efficacia. A mano a mano che il crimine si patologizza, man mano che il giudice e il perito si scambiano i ruoli, tutte queste forme di controllo, di valutazione, di effetto di potere legate alla caratterizzazione di un individuo, diventa- no sempre più attive.

Se in passato la prerogativa del giudice consisteva nell’essere giudiziariamente competente, ora la funzione giurisdizionale diventa terapeutica oltre che giudiziario- punitiva.

La sovrapposizione di questi concetti produce una sorta di potere medico- giudiziario basato su tre elementi:

1. rapporto dello psichiatra

65 M. FOUCAULT, Gli anormali, Corso al Collège de France (1974-1975), cit., Lezione 15 gennaio

2. tribunali speciali dove il giudice è allo stesso tempo istruttore e giudice con funzioni psicologiche, sociali e mediche.

3. servizi medico-psicologici costituiti nell’amministrazione penitenziaria.

Ma la perizia medico legale non deriva né dal diritto né dalla medicina perché si rivolge alla categoria degli anormali. La perizia si dispiega in un campo di grada- zione dal normale all’anormale.

Nella perizia si propongono concetti altri, dati dalla combinazione dei concetti giuridici con quelli medici. Dalle nozioni giuridiche di delinquenza, di recidiva, si arriva alla nozione medica di malattia. Quindi, si è in presenza di un terzo concetto che si riconduce ad un potere che non è né medico né giudiziario, e dunque ad un potere nuovo: il potere di normalizzazione che si costituisce come istanza di control- lo dell’anormale. Un potere quindi di repressione.

In Occidente abbiamo due grandi modelli: il primo è quello dell’esclusione del lebbroso; il secondo, in termini di successione storica, quello dell’inclusione dell’appestato (ossia affetto dalla peste)66.

Nel XVIII sec., età moderna e della monarchia amministrativa, la peste ha so- stituito la lebbra come modello di controllo politico. La sostituzione del modello della lebbra con il modello della peste corrisponde ad un importante processo storico inerente l’invenzione delle tecnologie positive di potere. La reazione alla lebbra è una reazione negativa, di rigetto, di esclusione. La reazione alla peste è una reazione positiva, di inclusione, di osservazione, di formazione di potere, di moltiplicazione degli effetti di potere a partire dal cumulo dell’osservazione e del sapere. Si è passati da una tecnologia di potere che scaccia, che esclude, che bandisce, che marginalizza, che reprime, ad un potere positivo, ad un potere che fabbrica, che osserva, che sa e si moltiplica a partire dai propri effetti.

L’età moderna ha inventato tecniche di potere costituite in modo tale che il po- tere non agisce per prelevamento ma per produzione e massimizzazione della produ- zione. È un potere che non agisce per esclusione ma piuttosto per inclusione serrata e

analitica degli elementi. Tale potere non agisce più per masse indifferenziate ma con una distribuzione secondo individualità differenziali.

Inoltre, non è legato all’ignoranza ma è connesso a tutta una serie di meccani- smi che assicurano la formazione, l’investimento, il cumulo, la crescita del sapere. L’età moderna ha inventato delle tecniche di potere tali da poter essere trasferite a supporti istituzionali molto diversi tra loro, siano essi gli apparati di stato, le istitu- zioni, la famiglia.

Una vera e propria “arte di governare”. Il XVIII sec. ha inventato una teoria giuridico-politica del potere centrata sulla volontà, sulla sua alienazione, la sua tra- sposizione, la sua rappresentazione in un apparato di governo. Una tecnica generale di esercizio del potere trasferibile ad istituzioni e apparati numerosi e diversi. Questa tecnica costituisce l’inverso delle strutture giuridiche e politiche della rappresentanza e detta le condizioni di funzionamento e di efficacia di questi apparati attraverso il dispositivo di normalizzazione. Al riguardo, la norma non si definisce affatto nei termini di una legge naturale ma a seconda del ruolo disciplinare e coercitivo che è capace di esercitare negli ambiti cui si rivolge. La norma di conseguenza è portatrice di una pretesa di potere. La norma non è un principio di intellegibilità ma è un ele- mento a partire dal quale un determinato esercizio del potere si trova fondato e legit- timato. La norma porta con sé, al tempo stesso, un principio di designazione e un principio di correzione67.

Tentando di delineare un’archeologia dell’anomalia si potrebbe partire dal fatto che l’anormale del XIX sec. è il discendente dei seguenti individui: il “mostro” (ov- verosia il proibito, il contro-natura, il trasgressore dei limiti naturali, da un punto di vista giuridico), “l’incorreggibile”, e “l’onanista” (ossia il profilo del patologico degenerato). Questi tre personaggi, nella seconda metà del XVIII sec., iniziano e finiscono per scambiarsi alcuni dei loro tratti e il cui profilo finisce per sovrapporsi.

L’individuo anormale resterà a lungo segnato da una mostruosità che diventa sempre più sfumata e diafana; da un’incorreggibilità correggibile in cui gli apparati disciplinari investono sempre meglio le loro energie.

La “mostruosità” è quell’irregolarità naturale tale per cui il diritto si trova ri- messo in questione, non riesce a funzionare68.

Inizialmente considerata una mostruosità organica (quindi incolpevole) ad essa si affianca nel tempo la cosiddetta mostruosità morale o mostruosità del comporta- mento (quindi colpevole). Con l’idea di una mostruosità di comportamento la vec- chia categoria del mostro è stata trasposta dall’ambito del disordine somatico e natu- rale all’ambito della criminalità pura e semplice. A partire da questo momento si vede emergere un campo specifico: quello della “criminalità mostruosa o della mo- struosità” che non si realizza nella natura e nel disordine della specie, ma nel com- portamento stesso.

E non è l’aberrazione della natura ad essere di per se stessa infrazione ma è l’infrazione che rimanda (come se fosse la sua origine e la sua natura) a qualcosa che è l’aberrazione stessa della natura69.

L’individuo da correggere è il degenerato, il criminale che va punito e riabilita- to. L’“incorreggibile” fa invece riferimento ad un tipo di sapere che nasce dalle tecniche pedagogiche, dalle tecniche di educazione collettiva e di formazione delle attitudini.

Infine vi è il degenerato sessuale: in questo campo l’ingranaggio medico- familiare organizza un campo etico e patologico che funziona come principio di “normalizzazione”70.

68 Ivi, pp. 62- 64. 69 Ivi, pp. 73-74.

70 Foucault ritiene che nelle istituzioni di potere esiste una “volontà di sapere” dettata dall’esigenza di

controllare, attraverso essa, gli individui e il loro piacere. Il sapere sulla sessualità è dunque inteso come strumento e supporto per un controllo dei comportamenti individuali e sociali. Nella nostra società attuale si assiste ad un proliferare di discorsi su questa tematica che tendono a pervadere ogni aspetto della vita quotidiana. Per un approfondimento sul pensiero di Foucault sul tema v. M.FOU- CAULT, La volontà di sapere, Storia della sessualità 1, traduzione di P. Pasquino e G. Procacci, Milano, 2011, p. 50.

7. Influenza delle categorie disciplinari sul fondamento del