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La funzione linguistico-simbolica nell’utilizzo di una certa

Nel citato processo di costruzione del paradigma sull’uomo, grande importanza assume il linguaggio quale strumento che permette di dire ciò “che è ammesso”, ossia “il dicibile”. Foucault va alla ricerca – nel linguaggio e successivamente in altri campi di ricerca – della possibilità di distruggere dall’interno l’egemonia del signifi- cante sulla quale poggia tutta la struttura epistemica moderna. Infatti, attraverso le categorie medico-criminologiche e i loro significanti, la società crea, denominandoli in un certo modo, i diversi illegalismi e il fenomeno della delinquenza39.

Un codice linguistico non è la grammatica di una lingua storica ma una struttu- razione logica del linguaggio, e detta strutturazione logica costituisce la rappresenta- zione del mondo che stabilisce, per esempio, la regola secondo la quale una parola deve “rappresentare” un oggetto, fosse in modo anche del tutto arbitrario. A parere di Foucault, il problema non è inventare “nuovi oggetti” bensì cambiare il codice in virtù del quale noi crediamo che l’oggettività e la verità siano sinonimi40.

A partire da Mallarmè, alla fine dell’ottocento, la letteratura iniziando a con- centrarsi sul proprio linguaggio, afferma un’autonomia nei confronti del mondo. L’estraneità che rivendica costituisce una svolta rispetto all’imperativo realista di fedele rappresentazione della realtà41.

Sul versante materialista, l’estetica Lukacsiana dell’arte come rispecchiamento del reale non cesserà, nei primi decenni del secolo successivo, di ricondurre le prete- se degli scrittori all’ideologia di classe da cui sono permeate, teorizzando specifiche responsabilità della letteratura di fronte alla nascente società socialista42.

39 Ivi, passim.

40 Per un approfondimento sul tema si può consultare anche L. CHIAVERINI, Roland Barthes e Jean

Baudrillard: riflessione sul linguaggio e riflessione sulla società, Tesi di laurea, Università di Pisa

2003-2004.

41 Su tema del linguaggio poetico di Mallarmè v. J.P. SARTRE, Mallarmè: la lucidità e il suo volto

d’ombra, a cura di L. CHIUCHIÙ, Reggio Emilia, 2010, passim.

42 C. PREVE, L’estetica di Lukàcs fra arte e vita. Considerazioni storiche, politiche e filosofiche, in

Fra queste due posizioni per certi versi estreme, si articola tutta una serie di esperienze per ciascuna delle quali si potrebbe individuare un certo indice di rifra- zione fra riflessione sul linguaggio e riflessione sul mondo. F. Nietzsche si situa decisamente dalla parte di Mallarmè, poiché non si stanca di scuotere il linguaggio per costringerlo a confessare i suoi limiti nella possibilità di pensare la verità delle cose43.

È stata necessaria l’edificazione di una teoria originale dei segni affinché que- sto rapporto potesse essere pensato in termini del tutto nuovi, affinché divenisse possibile una critica che fosse al contempo critica del linguaggio e critica della socie- tà: questa teoria è nota come “linguistica strutturale” ed è opera di Ferdinand de Saussure44.

Grazie alla predetta teoria si è potuta concepire l’idea che ogni posizione critica sul linguaggio sia anche una asserzione sul mondo, e che ogni critica della società deve fondarsi su un’analisi del linguaggio. Bisogna riconoscere nella linguistica di Saussure i presupposti di una insolita vicinanza fra discorso e realtà, prossimità in cui ciò di cui si parla e come si parla sono messi contemporaneamente in questione. Ci troveremo allora di fronte a teorie della società e a metalinguaggi critici difficilmente distinguibili dalla scrittura cosiddetta letteraria, in una situazione in cui i tradizionali confini fra i generi del discorso vengono posti fortemente in discussione.

Nel momento in cui la scienza che studia “i modi di produzione del senso” ha incontrato la riflessione letteraria sul linguaggio, è divenuto possibile parlare delle parole e delle cose nella coerenza di uno stesso discorso45.

43 Nietzsche dei suoi consanguinei accoglie il linguaggio e, con esso, la fissazione arbitraria del

significato da attribuire agli oggetti, senza chiedersi se vi sia una reale corrispondenza fra designazioni e cose e se il linguaggio sia espressione adeguata della realtà. Su tale convenzione Nietzsche si sof- ferma, chiedendosi quali possano essere gli effetti sull’uomo di un’esistenza che ha le sue fondamenta su un’originaria finzione e quali possano essere le conseguenze della scoperta della verità relativa alle proprie fallaci convinzioni. V. ROVOLETTO, Le controindicazioni della verità. Nietzsche e la verità in

senso extramorale, in mondodomani.org/dialegesthai/vr02.htm, Introduzione.

44 F. de Saussure distingue tra significante e significato anche se li considera inseparabili, come due

facce dello stesso foglio. V. D. FUSARO (a cura di), F. de Saussure, in

www.filosofico.net/saussure.htm.

La letteratura già molto tempo prima di Saussure aveva cominciato ad interro- garsi riflessivamente sul luogo delle proprie enunciazioni46.

Il linguaggio divenuto oggetto, all’alba di un’epoca moderna la cui soglia è da- tata XVIII e il XIX secolo, segna la fine della possibilità di rappresentare il mondo in un unico discorso classificatorio coerente, e contemporaneamente vede la nascita di forme di sapere il cui nucleo si sottrae all’attività conoscitiva dell’uomo. Esso (così come la vita e il lavoro) si offre nella sua positività allo sguardo degli uomini, i quali tuttavia proprio per suo tramite, apprenderanno la loro finitudine essenziale; è questo il paradosso costitutivo delle scienze umane: l’uomo come “allotropo empirico- trascendentale”, fondamento di ogni conoscenza positiva che gli rivelerà il suo essere radicalmente finito e preso in una storicità che già da sempre lo precede. Da ciò l’importanza accordata alla filologia:

“Esprimendo i loro pensieri in parole di cui non sono padroni, situandoli in forme verbali le cui dimensioni storiche sfuggono loro, gli uomini convinti che il loro discorso si pieghi ai loro intenti, ignorano di sottostare invece alle sue esigenze. Le disposizioni grammaticali d’una lingua sono l’a priori di ciò che può enunciarvi- si... La filologia in quanto analisi di ciò che si dice nel profondo del discorso è dive- nuta la forma moderna della critica”47.

Da ciò la nascita di una sensibilità moderna in ambito letterario, col compito di opporsi alla positività del linguaggio e di recuperare l’essenza della letteratura attra- verso il ricorso all’autoreferenzialità. Foucault, al riguardo, ce ne indica il movimen- to:

descritta da Michel Foucault in modo soddisfacente ne Le parole e le cose. In questo testo denso e spesso difficile, vagamente profetico e inquietante, Foucault individua l’a priori delle scienze umane moderne nella crisi della teoria classica della rappresentazione. M. FOUCAULT, Le parole e le cose, cit.

46 Capitolo 1 – la fondazione saussuriana – 1. lo spazio del linguaggio – p. 5. Introduzione alla lingui-

stica generale. Materiali integrativi al corso di Didattica delle lingue moderne di Manuel Barbera.

47 M. FOUCAULT, Le parole e le cose, cit. L’uomo anziché autoconcepire la propria essenza la subisce

dall’esterno in base alle costruzioni fornite dalle scienze antropologiche che trovano riscontro nelle rappresentazioni fornite dal linguaggio. È come se qualcuno parlasse di sé in terza persona, senza conoscersi veramente.

“Il fatto è che agli inizi del XIX secolo, nel periodo in cui il linguaggio spro- fondava nel suo spessore d’oggetto, e si lasciava, da parte a parte, attraversare da un sapere, il linguaggio veniva ricostituito altrove, in forma indipendente, di difficile accesso, ripiegata su se stessa e interamente riferita all’atto puro di scrivere... Sullo sfondo di tale gioco essenziale, il resto è effetto: la letteratura si distingue sempre più dal discorso di idee, e si chiude in una intransitività radicale”48.

La condizione di possibilità delle scienze umane, dunque, sta tutta nella disper- sione del linguaggio che segue la caduta del discorso classico, o più precisamente nel vuoto da questo lasciato: è l’uomo in quanto nozione epistemologica a costituire una presenza recente tra le figure del nostro sapere.

L’argomentazione di Foucault indica la coscienza epistemologica dell’uomo come lo spazio in cui ogni nostro pensiero filosofico si volge immediatamente in una antropologia; e insieme annuncia, in pagine rimaste celebri e molto controverse, l’imminente scomparsa dell’uomo come evento che renderà possibile un nuovo pensiero.

Ciò che appare importante per la presente ricerca riguarda il ruolo attribuito dalla riflessione foucaultiana alla linguistica quale disciplina capace di contestare lo statuto privilegiato che le scienze umane si sono attribuite. Queste sono insidiate nei pressi del loro limite da una teoria pura del linguaggio perfettamente fondata nell’ordine delle positività esterne all’uomo (suo oggetto infatti è il linguaggio puro) e che, traversando l’intero spazio delle scienze umane, perverrebbe al problema della finitudine (infatti solo attraverso il linguaggio e solo in esso il pensiero può pensare: di modo che il linguaggio è in sé una positività che vale come il fondamentale).

Ciò significa considerare le scienze umane un episodio transitorio del nostro sapere, da situare come tale tra la scomparsa del discorso classico fondato sulla teoria della rappresentazione e il ritorno al problema dell’essere del linguaggio quale è anticipato da Nietzsche e Mallarmè. Alla luce di ciò, saranno forse meno enigmati-

che le affermazioni di Foucault che situano lo spazio del pensiero moderno tra la domanda di Nietzsche “chi parla?” e la risposta di Mallarmè: “il linguaggio stesso”.

Concepire la società in termini semiologici può riguardare o una pura questione di scelta di metodo, oppure un’applicazione analogica di un modello. Al riguardo, se ne potrebbe rintracciare la ragione profonda nell’episteme che vi soggiace, nel signi- ficato particolare che la riflessione sul linguaggio ha assunto nel pensiero contempo- raneo49.