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Liberalismo: tra libertà e controllo

Immunità del soggetto bio-politico. – 5. Dal bio-potere alla bio-poltica affermativa. – 6. L’importanza dell’individuo nella società contemporanea.

1. La costruzione del soggetto bio-politico attraverso il bio-

potere. L’influenza del politico sull’organico

Il processo di “fabbricazione” di un soggetto bio-politico rappresenta uno dei temi più salienti affrontati da Michel Foucault nelle sue opere103.

L’elaborazione da questi effettuata interessa la presente ricerca per quanto at- tiene alla sfera del controllo nell’ambito della sicurezza pubblica perché evidenza le forti implicazioni che si producono nella dimensione soggettiva e collettiva quando i sistemi di controllo diventano particolarmente penetranti e pervasivi.

Il lavoro di “individuazione” o “assoggettamento” (rectius: formazione del si- gnificato di ciò che rappresenta un individuo/soggetto) emerge in tutta la sua dram- maticità attraverso l’analisi delle tecnologie disciplinari, innestantesi a partire dal XVII sec. fino al XVIII sec., sul corpo del soggetto, attraverso lo sviluppo e il potenziamento di alcune abilità.

Tra gli aspetti più interessanti e originali del pensiero di Foucault, a proposito dell’analisi del potere, spicca senz’altro la teorizzazione di quello che viene da lui definito “biopotere” da cui origina la cosiddetta “biopolitica”, ovvero l’insieme delle pratiche con cui il potere entra nella dimensione della vita e ne influenza i suoi mec- canismi più interni. In questa affilata analisi si sottolinea la fondamentale trasforma- zione avvenuta nell’epoca moderna, in corrispondenza con l’ascesa del capitalismo borghese e del liberalismo. Infatti, mentre prima del XVIII sec. il potere sovrano si esercitava come diritto di vita e di morte, a partire dal 1700 è diventato soprattutto “gestione positiva” della vita, quindi biopotere. In questa nuova forma, affinatasi nel corso del tempo e presente tutt’oggi, il potere, paradossalmente, tende a garantire la vita, e l’oggetto privilegiato del potere diventa il corpo degli individui e il corpo- specie della popolazione. Il sistema del potere disciplinare infatti, per poter operare, deve stringere rapporti di solidarietà con la società cui appartiene, allo stesso modo in cui il potere della sovranità aveva fatto a suo tempo. Vi è però una differenza tra questi due poteri. Il potere della sovranità agiva attraverso il cosiddetto “prelievo” sul suddito, in cambio di protezione, che comunque rimaneva integro; il potere discipli- nare rappresenta invece “un’espugnazione totale” del corpo, dei gesti, del tempo, del comportamento dell’individuo.

Il “soggetto di diritto”, oggettivato dalla presa anatomo-politica che ne valuta gesti e attitudini secondo la logica incrementale e ottimizzante della produttività (corrispondente ai meccanismi del sistema economico) diventa l’individuo che la disciplina dello spazio – che propone scuole e caserme, fabbriche ed ospedali – si incaricherebbe, di “spillare” dalla sua singolarità, valorizzando, nel contempo, gli effetti cooperativi determinati dal suo adattamento sociale. L’individuo, in altri ter-

mini, viene deprivato della sua essenza individuale a vantaggio delle componenti sociali che lo inducono a conformarsi a ciò che è bene per la “collettività”104.

Tale meccanismo porta anche alla creazione di tutta una fitta rete di controlli dove i rapporti sono sempre isotopici105 all’interno di questo dispositivo di potere. Ogni elemento occupa un certo posto in questa rete fino a formare una gerarchia di compiti, di classificazioni. Si arriva così al binomio sapere-potere, alla trasmissione dell’informazione dal basso verso l’alto, alla codificazione, al carattere “panottico”, alla perizia, al rapporto scritto, alla biografia e a tutta una letteratura che da qui pren- de forma e si emancipa.

Con l’esercizio di questo tipo di potere si arriva quindi alla creazione dell’individuo. In buona sostanza la nascita dell’individuo è opera di questo potere individualizzante, in quanto “corpo” assoggettato al potere. L’individuo, in questo sistema, è anche “soggetto normale o anormale”. Creando l’anormale attraverso la proprietà anonimizzante che riduce ai margini, questo potere deve poi necessaria- mente creare una serie di meccanismi per riportarlo alla normalità, attraverso la proprietà normalizzatrice (o dispositivo di normalizzazione) che inventa nuovi siste- mi di recupero, dimenticando che è stato esso stesso a creare questa condizione.

Il punto di riferimento di questa analisi è rappresentato dalle “pratiche concre- te” attraverso le quali “passano” gli universali “creati” sullo Stato, sulla società, sul significato del sovrano e dei sudditi, attraverso la griglia delle stesse106.

L’approccio è molto diverso dallo storicismo perché non parte dagli universali per arrivare a ciò che significava un concetto per la collettività ma si parte diretta- mente dalle pratiche concrete impiegate nel sistema per arrivare a determinare il vero senso e il reale significato dei concetti sopra richiamati, smontandoli quindi della loro, solo apparente, significazione.

104 Ibidem.

105 Per “isotopo” si intende “stesso posto”; isotopici sono quei rapporti che hanno la stessa composi-

zione ma agiscono con ruoli diversi, rispondendo tutti ad un’unica logica.

106 Foucault, presuppone l’inesistenza di universali per cercare di stabilire, sulla base delle pratiche

A partire da quel dato periodo storico, mercantilismo, stato di polizia, bilancia europea, hanno costituito, insieme il corpo concreto della nuova arte di governare107.

Lo Stato, in questa logica, non viene definito come mostro freddo bensì quale correlato di un certo modo di governare. Il diritto rappresenta una limitazione alla ragion di stato tradizionalmente intesa. Alla ragion di stato tradizionale viene sosti- tuita la ragione del “corpo sociale” unitariamente inteso108.

Il diritto pubblico arriva a coincidere con l’economia politica109.

La questione economica sarà sempre posta all’interno del campo della pratica di governo e non in funzione di quello che potrebbe fondarla di diritto110.

D’ora in poi, in altri termini, sarà il successo o il fallimento a costituire il crite- rio dell’azione di governo, non più la legittimità o l’illegittimità. Incontriamo qui la filosofia utilitaristica. Il successo o il fallimento si sostituiranno dunque alla contrap- posizione legittimità/illegittimità111.

107 M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, cit., p. 17.

108 “La divisione, infatti, non verrà più stabilita negli individui, negli uomini, nei soggetti; essa si

stabilirà nell’ambito stesso della pratica di governo in quanto tale, tra le operazioni che possono o non possono essere fatte, ovvero tra le cose che devono essere fatte e i mezzi per farle, da una parte e le cose che devono essere fatte dall’altra. Il problema non è dunque quello di stabilire dove si collocano i diritti fondamentali, e in che modo essi separino l’ambito della governamentalità possibile dall’ambito delle libertà fondamentali. La linea di separazione dovrà essere collocata tra due serie di cose: cose da fare e cose da non fare”. V. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, cit., p. 19.

109 “Gli stessi equivoci dell’espressione “economia politica”, e del suo significato a quell’epoca, sono

segnali utili a comprendere quale fosse la posta in gioco in tutto questo. L’economia politica, a diffe- renza del pensiero giuridico del XVI e del XVII secolo, non si è sviluppata contro la ragion di stato e per limitarla, o almeno non in prima istanza. Al contrario, si è formata nel quadro stesso degli obiettivi che la ragion di stato aveva fissato all’arte di governo, visto che, dopotutto, si proponeva l’obiettivo di conseguire l’arricchimento dello stato. v. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, cit., p. 23.

110 Detto in altri termini, ciò che l’economia politica scopre non sono i diritti naturali anteriori

all’esercizio della governamentalità, ma una certa naturalità propria della stessa pratica di governo. La natura è qualcosa che sottende, attraversa, e rientra nell’esercizio stesso della governamentalità. Rappresenta l’altra faccia di qualcosa la cui faccia visibile ai governanti è la loro stessa azione. La pratica di governo potrà fare ciò che deve fare solo a condizione di rispettare tale natura. Se rovescia questa natura, se non tiene conto o se si oppone alle leggi che sono state fissate dalla naturalità degli oggetti che manipola, subirà immediatamente delle conseguenze negative. M. FOUCAULT, Nascita

della biopolitica, cit., pp. 25-27.

111 È un momento fondamentale perché viene stabilito, nelle sue linee essenziali, non tanto il regno del

vero nella politica, ma un certo regime di verità, caratteristico di quello che si potrebbe chiamare l’epoca della politica, e il cui dispositivo di base è, in fondo, lo stesso ancora oggi. Questo momento è contrassegnato dall’articolazione, su una serie di pratiche, di un certo tipo di discorso che, da un lato,

Su questo tema si riscontra lo stesso problema che Foucault si era posto a pro- posito della follia, della malattia, della delinquenza e della sessualità112.

Ovverosia, con queste asserzioni si vuole dimostrare l’assunto secondo cui, ciò che non esiste diventa “qualcosa” perché assoggettato ad un certo regime di verità, alla regola del vero/falso. In altre parole, si crea “un contenuto di senso” corrispon- dente perfettamente alle premesse iniziali, prive però di fondamento reale (quello dell’economia politica fusa nella ragion di stato). La comparsa dell’economia politica e il problema del governo minimo, ad esempio, sono due cose tra loro collegate. Si riscontra infatti una connessione tra la pratica di governo e lo specifico regime di verità creato all’interno del mercato economico, corrispondente alla logica dell’utilità e dello scambio113.

Il mercato costituisce un luogo di verità e di giustizia, precisamente di giustizia distributiva. Costituisce, altresì, luogo di veridizione, di verifica-falsificazione per la pratica di governo.

Il mercato deve dire il vero e deve farlo in relazione alla pratica di governo. È il suo ruolo di veridizione che da quel momento lo porterà a comandare, dettare,

lo costituisce come un insieme stretto da un legame intelligibile e, dall’altro, legifera e può legiferare su queste pratiche in termini di vero o falso. Tra le diverse pratiche che vanno dalla tariffa doganale al prelievo fiscale, alla regolamentazione del mercato e della produzione ecc, dalla metà del XVIII secolo si arriverà a dover stabilire una coerenza pensata, ragionata. Ma una coerenza che verrà stabili- ta in base a meccanismi intelligibili che collegano tra loro le diverse pratiche e gli effetti che ne derivano, permettendo quindi, di giudicarle come buone o cattive non in funzione di una legge o di un principio morale, ma in funzione di proposizioni che saranno a loro volta sottoposte alla distinzione tra vero e falso. Si tratta dunque, di tutto un ambito dell’attività di governo che passerà all’interno di un nuovo regime di verità, il cui effetto fondamentale sarà di collocare su un piano diverso tutte le questioni che in precedenza poteva sollevare l’arte di governare. L’attività di governo deve destreg- giarsi tra un minimo e un massimo che vengono fissati dalla natura intrinseca del governo stesso e da una certa naturalità”. V. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, cit., pp. 28-29.

112 “In nessuno di questi casi si tratta di mostrare in che modo questi oggetti siano stati a lungo nasco-

sti prima di venire finalmente portati alla luce … Si tratta piuttosto di mostrare attraverso quali interfe- renze tutta una serie di pratiche – a partire dal momento in cui vengono coordinate ad un regime di verità – ha potuto far sì che ciò che non esiste (la follia, la malattia, la delinquenza, la sessualità) sia diventato comunque qualcosa, qualcosa che tuttavia continua a non esistere. V. M. FOUCAULT, Nasci-

ta della biopolitica, cit., p. 30.

113 La posta in gioco di tutte queste indagini sulla follia, sulla malattia, sulla delinquenza, consiste nel

mostrare in che modo l’accoppiamento serie di pratiche-regime di verità, formi un dispositivo di sapere-potere che imprime effettivamente nel reale ciò che non esiste e lo sottomette legittimamente alla distinzione tra vero e falso. v. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, cit., pp. 31, 37.

prescrivere i meccanismi giurisdizionali, sulla cui presenza o assenza il mercato dovrà articolarsi114.

2. Liberalismo: tra libertà e controllo

Vi sono due concezioni del tutto eterogenee della libertà: la prima formata a partire dai diritti dell’uomo, la seconda a partire dall’indipendenza dei governati115.

Tutto ciò secondo un criterio basato sul calcolo utilitaristico dell’indipendenza dei governati.

In generale, è proprio la regolazione dell’autorità pubblica in termini di utilità che prevale sull’assiomatica della sovranità in termini di diritti originari. L’utilità collettiva (piuttosto che la volontà collettiva) viene assunta come asse generale dell’arte di governare. Il radicalismo utilità individuale-utilità collettiva porta a far prevalere l’utilità generale su quella individuale e dunque a ridurre all’infinito l’indipendenza dei governati. L’orientamento della governamentalità viene esteso indefinitamente fino a pervadere, in maniera profonda, i rapporti intersoggettivi.

L’utilità degli individui e l’utilità generale diventa alla fine il grande criterio di elaborazione dei limiti del potere pubblico e dell’istituzione di un diritto pubblico e

114 Studiare le istituzioni penali, per Foucault vuole dire considerarle dapprima come luoghi e forme in

cui la pratica giurisdizionale è preponderante e autocratica... analizzare quindi in che modo all’interno delle Istituzioni penali, fondamentalmente legate ad una pratica giurisdizionale, si sia via via formata e sviluppata una certa pratica veridizionale, messa poi pienamente in campo e coadiuvata dalla crimino- logia e dalla psicologia. La domanda veridizionale che è al centro della penalità moderna, destinata ad invadere anche la sua giurisdizione riguarda la questione della verità, posta al criminale attraverso la domanda “chi sei?”. Quando infatti la pratica penale sostituisce alla domanda “che cosa hai fatto?” la domanda “chi sei?”, da quel momento si comprende come la funzione giurisdizionale del penale stia cominciando a trasformarsi, o stia per essere superata, o forse minata dalla questione della veridizione. Si tratterebbe di fare la genealogia dei regimi veridizionali, ovvero l’analisi della costituzione di un certo diritto della verità a partire da una situazione di diritto, considerato che il rapporto diritto e verità trova la sua manifestazione privilegiata nel discorso in cui il diritto si formula, e in cui si enuncia ciò che può essere vero o falso. In definitiva, si tratta di riconoscere l’importanza di rendere visibili le condizioni che si sono dovute osservare per poter tenere sulla follia o sulla delinquenza dei discorsi la cui eventuale verità o falsità è dipesa dalle regole, di volta in volta, della medicina, della confessione, della psicologia, della psicoanalisi. V. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, cit., pp. 39-40, 42.

di un diritto amministrativo. Siamo entrati, dall’inizio del secolo XIX in un’epoca in cui il problema dell’utilità si sovrappone sempre più a tutti i problemi tradizionali del diritto. L’autolimitazione del potere pubblico funziona in ragione dell’interesse. Il governo è diventato qualcosa che manipola degli interessi assumendo il mercato come luogo di veridizione.

In realtà la punizione non avrà più altre radici se non quella legata alla dinami- ca degli interessi degli altri, dell’ambiente, della società, ecc. È lo scambio a deter- minare il valore delle cose, e lo riscontreremo successivamente anche nella pratica carceraria dove si imporrà, nel tempo, una chiara logica di scambio e di premialità, tra amministrazione penitenziaria e detenuto.

La libertà di cui parlavano i fisiocrati coincide assai più con la spontaneità, con la meccanica interna e intrinseca dei processi economici, che non con una libertà giuridica riconosciuta in quanto tale agli individui: si tratta di una sorta di naturali- smo delle pratiche di governo116.

La nuova ragione di governo ha dunque bisogno di libertà, consuma e produce la libertà e pertanto è obbligata anche ad organizzarla. La formula del liberalismo non è “sii libero” quanto piuttosto: “ti procurerò di che essere libero”.

Poiché occorre produrre la libertà, questo stesso gesto implica, che nel contem- po si stabiliscano delle limitazioni, dei controlli, delle coercizioni, delle obbligazioni sostenute da minacce. Il problema della sicurezza, che diventerà il prezzo della pro- duzione di libertà, sarà dunque quello di proteggere l’interesse collettivo contro gli interessi individuali. La libertà e la sicurezza saranno in stretto rapporto quale centro propulsore della nuova azione di governo117.

116 Che senso ha dire che una monarchia amministrativa come questa lasciava più o meno libertà di un

regime che chiamiamo liberale, il cui compito è tuttavia quello di prendere in carico in maniera continuata ed efficace, gli individui, il loro benessere, la loro salute, il loro lavoro, il loro modo di comportarsi, e persino il loro modo di morire? La libertà non è nient’altro che un rapporto attuale tra governanti e governati: un rapporto in cui la misura del “troppo poco” di libertà che c’è è data dall’“ancor di più” di libertà che viene richiesta. V. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, cit., pp. 50-51, 53.

117 La libertà è qualcosa che si fabbrica in ogni istante. Il liberalismo, pertanto, non è di per sé accetta-

zione della libertà, ma è ciò che si propone di fabbricare la libertà in ogni istante, suscitarla e produrla, con ovviamente tutto l’insieme di costrizioni, di problemi di costo che questa fabbricazione comporta.

Il liberalismo si impegna in un meccanismo in cui sarà tenuto, in ogni istante, ad arbitrare la libertà e la sicurezza degli individui attorno alla nozione di “pericolo”. Non a caso si afferma, nel secolo XIX, tutta una educazione del pericolo che è molto diversa dai periodi passati. Irrompono i pericoli quotidiani secondo una cultura del pericolo correlato psicologico interno al liberalismo.

La seconda conseguenza del liberalismo, e dell’arte liberale di governare, è la formidabile estensione delle procedure di controllo, di costrizione e coercizione, destinate a costituire una sorta di contropartita e di contrappeso delle libertà. Libertà economica e tecniche disciplinari sono due aspetti perfettamente collegati. È il famo- so panocticum che il giovane Bentham presenta agli inizi, negli anni tra il 1792 e il 1795, come la procedura che avrebbe reso possibile, all’interno di istituzioni come le scuole, le fabbriche, le prigioni, sorvegliare la condotta degli individui aumentandone la produttività, la redditività118.

Il controllo diventa il motore della libertà119.

Il biopotere o potere sulla vita si è sviluppato nel sec. XVII-XVIII in due dire- zioni complementari: la gestione del corpo umano nella società dell’economia e finanza capitalista, la sua utilizzazione e il suo controllo; la gestione del corpo umano come “specie”, base dei processi biologici da controllare per una biopolitica delle popolazioni. Il controllo delle condizioni della vita umana diventa un affare politico.

Discipline che vanno dalla chimica e biologia alla genetica e alla scienza stati- stica, saperi quali la demografia, la psichiatria, la sociologia, la criminologia, hanno contribuito a tratteggiare le linee della “normalità” e a fornire alla sfera del potere gli strumenti concettuali per la gestione delle attività biologiche. Alcune correnti di

Quale sarà allora il criterio per calcolare il costo di produzione della libertà? Sarà naturalmente la cosiddetta “sicurezza”. Ciò significa che il liberalismo, l’arte liberale di governare, si troverà costretto a determinare in quale esatte proporzioni, ed entro quali limiti, l’interesse individuale e i diversi interessi individuali – individuali in ciò che presentano di divergente gli uni dagli altri, o eventual- mente di opposto – possono diventare un pericolo per l’interesse di tutti. V. M. FOUCAULT, Nascita

della biopolitica, cit., pp. 63, 65-67.

118 Il panottismo non è dunque un congegno da applicare localmente, in relazione ad alcune istituzioni,

per Bentham è piuttosto una formula politica generale che caratterizza un certo tipo di governo. V. M. FOUCAULT, Nascita della biopolitica, cit., pp. 68-69.

pensiero della seconda metà del Novecento120denunciano in modo esplicito i caratte- ri pervasivi, sia individualizzanti che totalizzanti, della attuale sovranità liberale, mirando a svelare l’inconsistenza ontologica dei principi democratici della giustizia e dell’uguaglianza, mostrandone l’impossibile realizzazione nella società che si dice liberale. Questi autori di “un’altra Modernità”, ci dicono che la realtà materiale è un luogo di conflittualità permanente, di esclusioni sociali, di relazioni gerarchiche e tecnologie di assoggettamento. La storia politica degli ultimi quattro secoli è una storia di dominazione che si manifesta come tale persino negli istituti potenzialmente più democratici e innovativi, quali il sistema giuridico e giudiziario121.

Secondo questa corrente di pensiero si dovrebbe abbandonare l’idea Kantiana