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De-naturare il sesso

Il sesso è naturale? Butler con Lacan

2. De-naturare il sesso

Butler conosce bene Beauvoir. Del resto, è diffi cile resistere al-la tentazione di citare il famoso adagio de Il secondo sesso: «Donna

10 K. Marx, Manoscritti economico-fi losofi ci del 1844, tr. it. a cura di N. Bobbio, Einaudi, Torino 1968, p. 77.

11 Beauvoir, Il secondo sesso, pp. 493-495.

12 Marx, Manoscritti economico-fi losofi ci del 1844, p. 77.

13 Spivak, Outside in the Teaching Machine, p. 148.

14 Il riferimento è a L’anti-Edipo, su cui torneremo.

15 Ovviamente Lacan non è l’unico obiettivo polemico di Butler, ma è senza dubbio un interlocutore che ricorre costantemente in tutta la sua opera.

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non si nasce, lo si diventa»16. Quasi tutte le femministe lo hanno fatto almeno una volta. Probabilmente perché, almeno in questo, Beauvoir sembra riscattarsi da certe concessioni all’odiosa logica patriarcale, che pure ha tentato di sovvertire. L’idea, in fondo, è semplice: la natura (il sesso) non è un criterio dirimente per sta-bilire l’essere-donna, posto il fatto che si tratta appunto di un di-venire-donna (il genere). Ma forse Beauvoir non intendeva dire questo; forse non poteva nemmeno lontanamente pensare che il femminile fosse una questione di scelta. Non dimentichiamo che è il 1949. Tempi diffi cili per le donne, oppresse su tutti i fronti: dal lato della natura, perché «la donna ha delle ovaie, un utero» che sono «le condizioni particolari che la rinserrano nella sua sogget-tività»17; dal lato della cultura, perché si diventa donna secondo gli stereotipi del discorso maschile18.

Eppure quel ‘divenire-donna’ contiene un potenziale eversivo che a Butler non sfugge: è suffi ciente sganciarlo dal contesto anni ’50 e metterlo in tensione con il moderno scenario ‘trans’ (-gen-der, -sessuale, -genetico). Così ricontestualizzato, il sesso non as-somiglia più a quella parte anatomica che Beauvoir ritiene – tut-to sommatut-to – immodifi cabile19, perché ormai viene traffi cato ben oltre ogni immaginario fallocentrico. Lo dice bene anche Donna Haraway: «Cosa ci può essere di più naturale negli anni Novanta di un traffi co genetico, commerciale, familiare, biotecnologico e cinematico di dimensioni planetarie?»20. Se le cose stanno così, al-lora si può pensare che ciascun soggetto diviene non il sesso che è (che anzi è qualcosa che – come vedremo – viene letteralmente ‘denaturato’), ma diviene il genere che vuole. È così che la pensa Butler: «Se donna non si nasce, ma lo si diventa, il diventarlo rap-presenta il veicolo stesso del genere»21.

16 Beauvoir, Il secondo sesso, p. 271.

17 Ibi, p. 21.

18 «È l’insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna» (ibi, p. 271). Si vede bene allora come

Il secondo sesso oscilli problematicamente tra un determinismo biologico e un

costrut-tivismo sociale.

19 «La divisione dei sessi – scrive infatti Beauvoir – è un dato biologico, non un mo-mento della storia umana» (ibi, p. 24).

20 D. Haraway, Testimone_Modesta@FemaleMan©_incontra_OncoTopoTM. Femminismo e tec-noscienza, tr. it. di M. Morganti, Feltrinelli, Milano 2000, pp. 95-96.

21 J. Butler, La disfatta del genere, tr. it. di P. Maffezzoli, Meltemi, Roma 2006, p. 93.

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Che cosa questo signifi chi concretamente resta ancora da capi-re. Ma intanto si può cominciare a immaginare la portata del di-scorso: quando afferma di voler andare verso un «post-struttura-lismo queer della psiche»22, è evidente che Butler non ragiona più in termini di materia e forma, come se vi fosse una struttura (il sesso) sulla quale è possibile modulare una sovrastruttura (il ge-nere). Questo – casomai – è quello che pensano altre femmini-ste. Prendiamo, ad esempio, Gayle Rubin: per lei, vale la distinzio-ne distinzio-netta ‘sex/gender system’. Tale dualismo le consente di pensa-re al sesso come se fosse la ‘materia prima’ che viene forgiata so-cialmente23. Sulla scorta di Rubin, alcune autrici arrivano a teoriz-zare che il sesso funzioni come una sorta di attaccapanni (‘coat-rack’) rispetto al genere, nel senso che la mascolinità/femminili-tà verrebbe sovrapposta (‘superimposed’) all’anatomia24. Vi è an-che chi parteggia per il cosiddetto Gender realism, dove l’essere ses-suato, per una donna, è giudicato addirittura costitutivo dell’esse-re donna25.

Ebbene, secondo Butler, tutte queste posizioni devono essere superate, dal momento che tendono – poco o tanto – a concepire il sesso come qualcosa di naturale. Ma questo è proprio quello che vogliono farci credere, mentre le cose stanno in un altro modo: il fatto è che viviamo, senza saperlo, «in condizioni di eterosessuali-tà normativa»26. L’argomento (foucaultiano) di Butler è semplice:

22 Ibi, p. 71.

23 In tal senso, il genere è «a set of arrangements by which the biological raw material of human sex and procreation is shaped by human, social intervention» (G. Rubin,

The Traffi c in Women: Notes on the ‘Political Economy’ of Sex, in R. Reiter [ed.], Toward an Anthropology of Women, Monthly Review Press, New York 1975, p. 165).

24 Cfr. L. Nicholson, Interpreting Gender, «Signs», 20 (1994), pp. 79-105; S. Haslanger,

Gender and Race: (What) are They? (What) Do We Want Them To Be?, «Noûs», 34 (2000),

pp. 31-55; N. Stoljar, Essence, Identity and the Concept of Woman, «Philosophical Topics», 23 (1995), pp. 261-293. Contro questa visione ‘attaccapanni’ del sesso, cfr. L. Nichol-son, Per una interpretazione di genere, in S. Piccone Stella - C. Saraceno (a cura di),

Gene-re. La costruzione sociale del femminile e del maschile, Il Mulino, Bologna 1996, pp. 42-65.

25 C. MacKinnon, Difference and Dominance, in E. Hackett - S. Haslanger (eds.),

Theo-rizing Feminisms, OUP, Oxford 2006. Una posizione, quest’ultima, che si riallaccia in

qualche misura alla tradizione femminista francese (Héritier, Irigaray) e italiana (Ca-varero), certamente più fedele all’equazione beauvoiriana natura = anatomia: «La differenza sessuale – dice ad esempio Cavarero – è anzitutto biologica, quindi è un dato di natura» (A. Cavarero, La fi losofi a della differenza sessuale in http://www.emsf. rai.it/grillo/trasmissioni.asp?d=664 2000).

26 J. Butler, Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, tr. it. di R. Zuppet, Sansoni, Milano 2004, p. XVI.

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l’eterosessualità ci appare normale perché pensiamo sia naturale; in realtà è normale in quanto «obbligatoria e naturalizzata»27.

Se dunque esiste una vigilanza sulla ‘normalità’, accettare il dualismo sesso/genere signifi ca fare il gioco del potere: non ba-sta infatti rivendicare una maggior libertà nel decidere se diventa-re femminili o maschili, se poi il diventa-regime discorsivo eterosessuale continua indisturbato a produrre normalità, bollando come pato-logico quanto se ne discosta. La vera contestazione, dunque, non è poter cambiare genere, ma riuscire a smascherare l’inganno ri-guardo al sesso. Come dice Wittig: se «il sesso viene giudicato un “dato immediato”, “un dato sensibile”, un insieme di “tratti fi si-ci” appartenente a un ordine naturale», dobbiamo fi nalmente de-nunciare che «quella che crediamo una percezione fi sica e diret-ta è solo una costruzione mitica e artefatdiret-ta, una “formazione im-maginaria” che reinterpreta i tratti fi sici (di per sé neutrali quan-to gli altri, ma marcati da un sistema sociale) mediante la rete di relazioni in cui vengono percepiti»28.

Butler è totalmente d’accordo: «Il “reale” e il “sessualmente fattico” sono costruzioni fantasmatiche»29. Ne segue che «il gene-re non sta alla cultura come il sesso sta alla natura; il genegene-re è an-che il mezzo discorsivo/culturale attraverso il quale la “natura ses-suata” o “un sesso naturale” vengono prodotti o creati come ‘pre-discorsivi’, come precedenti alla cultura, come superfi cie politica-mente neutra su cui la cultura agisce»30.

È ovvio allora che scoprire l’inganno è solo il primo passo del-la vera rivoluzione: bisogna ancora decidere che cosa possiamo fa-re, come possiamo reagire contro i ‘discorsi dell’eterosessualità’ – come li defi nisce ancora Wittig – discorsi che da sempre «ci op-primono, nel senso che non ci permettono di parlare se non nei loro stessi termini»31. Butler, dal canto suo, non si fa troppe illu-sioni. In ciò, è abbastanza foucaultiana per sapere che il potere discorsivo che regola il sesso non può essere revocato né rifi

uta-27 Ibi, p. 30.

28 M. Wittig, One is Not Born a Woman, «Feminist Issues», 1 (1981), 2, p. 48: «Siamo costretti, nel nostro corpo e nella nostra mente, a corrispondere, tratto dopo tratto, all’idea della natura che è stata fondata per noi […] “Uomini” e “donne” sono cate-gorie politiche, non fatti naturali».

29 Butler, Scambi di genere, p. 290.

30 Ibi, p. 11.

31 M. Wittig, The Straight Mind, «Feminist Issues», 1 (1980), 1, pp. 103-111; cit. p. 105.

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to; del resto, come si può pensare di metterci al riparo se fi n da bambini, non appena ‘entriamo nel linguaggio’, sottostiamo a re-gole che condizionano la possibilità stessa di essere compresi co-me soggetti?32

Quali margini di manovra abbiamo allora? Butler pensa sia più profi cuo prendere in giro il potere, anziché fantasticare la sua tra-scendenza completa. Di qui l’insistenza sulle cosiddette ‘perfor-mance di genere’, concepite a questo punto come parodie di gene-re: moltiplicare le pratiche queer, come ad esempio quelle transgen-der, è una buona tattica che consente di ridicolizzare la ‘normali-tà’. Più sono le performance, infatti, e più si capisce non solo che esiste un ‘fuori’ a partire dal quale il mondo potrebbe essere co-struito diversamente, ma anche che l’orizzonte eterosessuale stes-so è stes-solo una performance. In realtà, «non vi è alcuna identità di genere al di sotto delle espressioni del genere»33. È questo, per Butler, l’unico punto di resistenza rispetto al potere: riuscire a ‘ri-disporlo’34 rispetto alla sua presunta origine naturale35.

Ancora una cosa, però, non è chiara: chi ha ‘inventato’ l’origi-ne eterosessuale del desiderio umano?